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Racconti erotici sull'Incesto

Saggezza di madre

By 31 Marzo 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Saggezza di madre

La famiglia di Michele era stata a lungo un modello di famiglia unita, come nelle migliori tradizioni meridionali, e la morte prematura del padre Salvatore non aveva fatto altro che cementare ancora di più la solidarietà affettiva al suo interno. Ma, da oltre un anno, una grave rottura si era prodotta tra Michele e sua sorella Luciana, rea di aver creato un grave scompiglio nella famiglia di lui, introducendo il veleno del sospetto nella cognata Adele. Era accaduto che, nel corso di una discussione piuttosto accesa con la moglie del fratello, lei aveva irriso alla spavalderia della cognata rivelandole con malignità che aveva visto il fratello in luogo piuttosto appartato in compagnia di una certa Rosanna, una sua vecchia fiamma di gioventù. E si sa bene quanto il tarlo del sospetto agisca sulla gelosia femminile.
A causa di quella improvvida delazione, Michele aveva dovuto fronteggiare un durissimo conflitto con la moglie e i due erano andati vicini alla rottura definitiva. Da quel giorno il gelo era calato tra Luciana e la cognata, ma anche tra fratello e sorella; le relazioni familiari fino a quel momento quasi quotidiane si erano interrotte bruscamente e Michele non rivolgeva più la parola a Luciana.
Chi soffriva maggiormente di questa situazione era naturalmente la loro madre, Rosalìa. La donna aveva ormai 64 anni, aveva dedicato tutta la sua vita ai suoi due figli, caricandosi di sacrifici inenarrabili, soprattutto da quando era rimasta vedova, ed ora sentiva una stretta al cuore nel vedere quella guerra in famiglia, i suoi adorati figli divisi da un muro di odio e di silenzio. Ne soffriva tanto che non dormiva più serenamente e, di tanto in tanto, non tratteneva le lacrime.
In realtà, Luciana si era resa conto del guaio che aveva combinato e, sia pure a malincuore, pressata dalla madre, si era dichiarata disposta a fare il mea culpa e a riconoscere il suo errore. Ma Michele era un macigno, aveva promesso alla moglie che non avrebbe più avuto a che fare con quella vipera e dunque continuava a non volerne sapere di incontrare la sorella.
In tal modo alla povera Rosalìa veniva negato il piacere cui più teneva, quello di avere insieme a pranzo la domenica e nelle feste comandate le famiglie dei suoi due figli e di potersi godere la compagnia di tutti i suoi nipotini. Del resto, fratello e sorella non si incrociavano mai dalla madre, perché Michele evitava accuratamente di andarci negli orari prediletti dalla sorella. Si comprendeva dunque l’insistenza con cui Rosalìa, ogni volta che il figlio andava a farle visita, tornava alla carica supplicandolo di chiarirsi e riappacificarsi con Luciana.
Michele aveva una adorazione per la madre, di più, un attaccamento quasi morboso, intensificatosi dopo la morte del padre, che l’aveva reso l’unico maschio della famiglia. Lui la venerava; per la verità, nell’adolescenza, l’aveva a lungo desiderata in silenzio, l’aveva spiata nelle sue nudità, e si era segato tantissime volte sognando di far l’amore con lei. Naturalmente si era sempre trattenuto dal fare la benché minima avance, per vergogna e per riverenza.
E tuttavia questo attaccamento ombelicale alla madre soccombeva dinanzi al risentimento verso la sorella, per cui spesso le visite finivano in discussioni accese che lasciavano in lacrime la madre.
Così anche quel sabato pomeriggio, dopo i soliti convenevoli, Rosalìa aveva ripreso la sua litania perorando per l’ennesima volta la riappacificazione familiare:
– Ho quasi 65 anni, sto facendo vecchia’ devo morire vedendo la famiglia distrutta, sapendo che i miei figli non si parlano? Luciana ha ammesso il suo errore, perdonala, fallo per me!
Michele come al solito rispondeva alla madre di piantarla, e, dinanzi alle sue insistenze, stavolta alzò la voce minacciando che altrimenti non sarebbe più venuto a farle visita. Rosalìa era sul divano con le lacrime agli occhi e, con voce rotta dal pianto, rivolse al figlio un’estrema preghiera:
– Figlio mio, fallo per me, non ti chiedo altro ‘ e tu chiedimi tutto quello che vuoi, qualsiasi cosa!
A quel punto qualcosa scattò nel subconscio di Michele che, dopo qualche attimo di silenziosa meditazione, improvvisamente cambiò tono e, con voce seria, le rispose:
– Stai attenta a dire che faresti tutto, non sai cosa potrei chiederti!
La madre vide in quelle parole uno spiraglio promettente e insistette:
– Tutto, tutto! Farò tutto quello che vuoi, basta che mi fai contenta!
– Dici tutto? Ma proprio tutto?
– Sì sì, te lo ripeto: tutto, tutto!
All’improvviso il rancore verso la sorella cominciò ad evaporare, nella mente di Michele si stavano riaffacciando le morbosità rimosse sin dalla fanciullezza. Restò ancora qualche attimo a meditare, poi si accorse che, senza che lui ci avesse pensato, il cazzo gli era diventato duro come un marmo. Fu un lampo e, improvvisamente, si trovò a ripensare a quel desiderio sacrilego che aveva represso da una vita e che ora, a sorpresa, si riproponeva prepotentemente.
Si trovava a pochi centimetri dalla madre, si strinse con la mano la patta come per tenere un po’ a bada il cazzo duro; il movimento non sfuggì allo sguardo della madre che ebbe un piccolo trasalimento, anche se riuscì a contenere e mascherare abilmente il suo sconcerto.
Per quanto la cosa le apparisse inopinata, temette di intuire cosa volesse suo figlio, perché in quel momento tornò d’un tratto alla sua mente il ricordo, anch’esso rimosso, dei turbamenti adolescenziali di Michele. In tutti quegli anni se ne era dimenticata, non sospettava minimamente che anche adesso che il figlio, che era un uomo sposato di 38anni, potesse covare ancora quell’antico desiderio verso una donna ormai avviata all’età anziana, con i capelli bianchi e le forme sì ancora prosperose, ma assai appesantite. Guardò col fiato sospeso la patta rigonfia del figlio, poi alzò lo sguardo incrociando i suoi occhi, tornò a riabbassarlo compunta.
Quello sguardo della madre significava che lei aveva capito e la cosa diede a Michele il coraggio della improntitudine, tanto che, con una disinvoltura che lui stesso non avrebbe mai immaginato di poter dimostrare, le chiese con volto acceso dalla voglia:
– Anche questo?
La madre, rossa in viso e con gli occhi bassi, gli rispose quasi tremando:
– Va bene’ se è quello che vuoi’
Michele era come invasato, si era liberato di un tabù ancestrale, la riverenza filiale si era dissolta in un baleno dando via libera ad un furore troppo a lungo represso. Si tolse subito pantaloni e mutande e, sventolando il cazzo duro e dritto davanti alla madre, la incoraggiò in maniera sconcia e irriverente a darsi da fare:
– E allora dai, prendilo ‘ vedi come è impaziente!
Rosalìa sentì una stretta allo stomaco, non avrebbe mai immaginato di dover affrontare una prova così difficile. Inoltre, dalla morte del marito non aveva più fatto sesso con un uomo, arrangiandosi di tanto in tanto con qualche ortaggio. Ma ricomporre la famiglia valeva per lei qualsiasi sacrificio.
Quando la mano di Rosalìa afferrò il suo cazzo, Michele fu percorso da un brivido di piacere irresistibile:
– Mmmhhh’ sììì’ cosììì’ dai’!
Rosalìa lo scappellò e cominciò a muoversi per fargli la più classica delle seghe, intanto il figlio le sfilò la maglia e le slacciò il reggiseno. Due tettone enormi, bianche, morbide, rimbalzarono in avanti penzolando verso la sua pancia, mettendo in bella vita le aureole brune, dilatate, e i capezzoloni scuri, grossi e sorprendentemente ritti.
Lei prese a segarlo, lui si fiondò a palpeggiare quelle grosse prominenze carnali che tanto aveva desiderato. Poi si avvicinò ancora di più e introdusse il suo membro palpitante nel solco delle mammellone materne e Rosalìa capì che doveva passare a fargli una bella spagnola.
In pochi minuti Michele stava scalando, in un delirio dei sensi, tutti i gradini della scala del piacere:
– Mmmhhh’. Brava mamma ‘.. mi fai morire di gioiaaaa ”
Il cazzo di Michele era in fiamme, per allungare il piacere e ritardare l’esplosione aveva bisogno di rinfrescarlo. Perciò avvicinò alla bocca di sua madre la cappella infuocata:
– Dai, mamma, ora prendilo in bocca ‘ sì, succhiamelo!
Rosalìa, piena di vergogna ma incapace di opporsi ai voleri sempre più perversi del figlio, accolse in bocca il cazzo e cominciò a succhiarlo, dapprima timidamente e senza enfasi, poi mettendoci più impegno e cominciando ad avvertire anche lei un insospettato piacere.
– Ah, sì, mamma ‘. così’. sì, dai ‘. me lo succhi divinamente!
Rosalìa ci metteva sempre più impegno, ora glielo ciucciava rumorosamente andando avanti e indietro con la testa e facendo saettare la lingua sulla cappella gonfia.
Michele sentì rapidamente montare l’orgasmo, allora afferrò la testa di sua madre con forza e, muovendosi freneticamente dentro la sua bocca, le scaricò quattro-cinque interminabili fiotti di sborra, gridando:
– Aaahh’ sììì! Magnificooo!…. Sìììì, dai, mamma, ingoia tutto, beviti la sborra di tuo figliooo!…
Gli abbondanti schizzi di crema pastosa invasero la bocca di Rosalìa, che, come le aveva chiesto il figlio, la mandò giù tutta, deglutendo a fatica. Poi respirò forte, fissò negli occhi Michele ed esclamò:
– Dio, quanta ne hai cacciata! ‘
Michele si sentiva davvero in paradiso. Aveva raccolto da anni quella sborra per sua madre ed ora finalmente gliene faceva dono.
Rosalìa si sentì sollevata, pensò che era stato meno difficile , e più piacevole, del previsto; respirò profondamente e si affrettò subito a ricordargli l’impegno preso:
– Spero che ora ti senta meglio, figlio mio ‘ ma adesso, ti ricordo, devi mantenere la promessa.
Michele annuì, ma siccome non aveva mancato di cogliere negli occhi dell’anziana madre un qualche cedimento al piacere, le rispose con aria maliziosa:
– Mamma, io la promessa la manterrò, puoi starne certa… ma mica crederai che, dopo averti desiderata tutta la vita, mi accontenti di un pompino? Guardalo!… non si è neanche riabbassato, tanto è il desiderio che ho per te’.
Era vero, benché svuotato, il cazzo si manteneva ancora proteso, tanto che Michele lo aveva ricacciato tra le immense tette della madre, lasciando che le ultime gocce di sperma colassero in quel solco abissale. Rosalìa aggrottò le sopracciglia e chiese al figlio:
– Figlio mio, ma cosa vuoi ancora da una povera vecchia?
Disse quelle parole con aria un po’ ironica, ma anche con un certo, compiaciuto orgoglio femminile.
– Macchè vecchia! ‘. Non ho mai goduto tanto con una donna!… Ma anche tu, è inutile che ti nascondi ‘. Lo vedo dai tuoi occhi che ti è piaciuto!…. Dai, giacchè ci siamo facciamolo come si deve’.
Rosalìa non battè ciglio, lasciò che il figlio la tirasse su e, continuando a palparle oscenamente il petto ed il culo, la portasse lentamente verso la sua stanza da letto.
Si lasciava portare docilmente, non più passivamente, la passione di Michele l’aveva coinvolta più di ogni previsione. Erano 10 anni, cioè da quando era rimasta vedova, che nessuno l’aveva più scopata, quel pompino aveva riacceso le sue voglie represse. Si spogliò davanti al figlio, che vedendo quell’abbondanza di carne, quelle enormi tette che ricadevano sulla pancia, quel culone grosso, quelle coscione larghe ed avvolgenti, si arrapò come un riccio.
Quando sua madre si distese sul letto aprendo le gambe, Michele volle prima di tutto assaporare la figa di sua madre e, mettendo la testa tra quelle due colonne di carne, le regalò un’appassionata leccata. Un piacere violento per Rosalìa, che godeva spingendo la passera slabbrata contro il viso del figlio e guaiva come una cagna in calore.
Lui la fece godere con la lingua e, quando la sentì bella calda, montò su quel corpo giunonico, puntò il cazzo verso la figona sbrodolante e lo spinse con energia facendolo entrare con un solo colpo sino all’utero.
L’incantesimo era rotto, Michele era dentro sua madre e la pistonava con forza continuando a riempirsi le mani di quella generosa carne materna.
-Ti piace così, mamma? Dai, dimmelo che ti piace ‘ non ti vergognare di sembrare una troia!
Rosalìa ormai aveva mollato ogni freno inibitorio e si stava lasciando andare alla goduria più indecente:
– Sì, sì Michelino mio, mi piace! ‘. Se lo vuoi sapere, avevo proprio bisogno di un pò di cazzo ‘ Non giudicarmi male ‘ mi piace che mio figlio mi sbatte come una troia!
Il cazzo di Michele andava avanti e indietro dentro la figa di sua madre che godeva e grugniva come una vacca. In quel trambusto incontrollato dei sensi, Michele si sfilò dalla figona e puntò il suo trapano tra le chiappone cellulitiche di Rosalìa:
– Ehi, vuoi mettermelo nel culo, porco?… ahhh, ma sei un demonio. Così mi fai diventare sempre più una puttana’. Ma sì, dai, sì’ metticelo!… spaccamelo il culo! questa verginità non voglio portarmela nella tomba!
Incoraggiato da queste parole della madre, Michele umettò l’ano materno con gli stessi umori che colavano dalla figa, poi, con un colpo di reni, fece entrare una buona metà del suo cazzo nel culo di sua madre, la quale emise un urletto di dolore, non essendo il canale stato mai sfondato prima. Ma, nonostante sentisse le sue carni più intime lacerate dal punteruolo del figlio, Rosalìa ormai non sarebbe voluta per nessuna ragione tornare indietro:
– Michele, mi stai squartando ‘. mmhhh ‘.. ma non ti preoccupare’ continua ‘. fai piano, ti prego, ma vai avanti’.
Ancora due-tre colpi di reni e Michele sodomizzò la madre con forza, quasi con violenza, facendola trasalire di dolore misto a piacere. Mentre la pistonava da dietro le leccò con lussuria le spalle ed il collo, alla fine le sborrò dentro il canale posteriore ed anche stavolta gliene schizzò tanta che, nel tirar fuori il suo uccellone, una parte dello sperma fuoriuscì dallo sfintere e colò tra le coscione di Rosalìa.
Restarono distesi sul lettone, toccandosi reciprocamente; lui le succhiò a lungo i capezzoloni, mentre lei gli massaggiava con maestria i coglioni. I loro occhi si scambiavano nuovi sentimenti che mescolavano voglia e tenerezza. Dopo aver limonato per una ventina di minuti, si alzarono, si rivestirono, ma continuarono a palpeggiarsi carichi di desiderio.
Prima di congedarlo Rosalìa, dopo aver ricordato nuovamente al figlio l’impegno di chiamare la sorella e di fare la pace con lei, aggiunse maliziosamente:
– Credo che da oggi ti vedrò più spesso, o no?
Michele fece pace con la sorella e naturalmente moltiplicò le visite a sua madre. Ma ora anche Rosalìa ci aveva preso gusto. Si curava di più e aspettava le visite del figlio come una vera amante: si faceva trovare con vestaglie semitrasparenti e con calze e reggicalze e, quando lui entrava in casa, non perdevano tempo, si buttavano subito sul lettone e scopavano come due forsennati, senza alcun freno. Ed ormai lei si dimostrava ancora più allupata e porca di lui. Peraltro, concedendosi al figlio, sentiva anche di non offendere la memoria dell’amato marito.
Era davvero felice Rosalìa. A 65 anni aveva realizzato un piccolo capolavoro: con la sua saggezza aveva riportato armonia nella sua famiglia e, soprattutto, si era fatto un amante giovane e sempre arrapato!


roki_rae@hotmail.it

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