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Basta! – Parte 3

By 27 Gennaio 2021Febbraio 3rd, 2021No Comments

Mi svegliai alle nove e, dopo un quarto d’ora, entrai nella sala da pranzo per farmi una robusta e tranquilla colazione.
Ormai cominciavamo a conoscerci di vista un po’ tutti e, seguendo il trend lanciato dagli animatori, era un continuo scambio di ‘Buongiorno!’
Al di là della leggera noia di salutare praticamente una volta al minuto, mi divertiva vedere quanto certa gente, dall’aria decisamente scorbutica, fosse trascinata in questo vortice di saluti: gente che probabilmente a casa non salutava un cristiano manco a morire…
Riflettei brevemente che il mio umore stava migliorando… Merito della vacanza od anche di aver beccato i due? Boh!
Andai in spiaggia e l’inserviente egiziano mi sistemò il lettino col cuscino ed il telo di spugna, poi mi sistemò il paravento (vento freddino, sulla pelle nuda, in piedi: ma allungati li dietro, invece, ci si rosolava come papi…) mi portò un tavolino col portacenere pieno di sabbia (Tutto il villaggio era pieno di cestini e portacenere: ogni tanto facevano il giro, levavano i mozziconi e così anche il più maiale si sarebbe vergognato di buttare una cicca in terra…) e mi augurò buona giornata.
Passai un’oretta tranquilla a leggere od a guardare ammirato le evoluzione dei kite surfers, gente che faceva surf nella tranquilla laguna, trainata da una specie di paracadute.
Dopo un’oretta vidi avvicinarsi un’animatrice, mentre dal bar lì vicino cominciava la musica; da lontano le feci un sorriso e segno che no, che non volevo unirmi alle attività: ero lì per QUIETARE!
Lei capì l’antifona, rispose al sorriso e veleggiò verso altra gente.
Stavo leggendo una parte abbastanza complessa, quando sentii un «Ciao Giorgio, buongiorno!» con la voce cinguettante di Lorella.
Alzai gli occhi e li vidi ad un paio di metri da me; decisi che, visto che sembrava apprezzassero i modi ruvidi… «Buongiorno a voi! Sto leggendo una cosa un po’ complicata -dissi, mostrando la copertina del libro storico- Ci vediamo a pranzo, alle 13 in punto, va bene?»
Riabbassai subito lo sguardo, cercando il segno e disinteressandomi visibilmente di loro, che subito si dichiararono d’accordo e se ne andarono da un’altra parte.
Stavo considerando l’eventualità di fare due passi nell’acqua bassa della laguna, poco prima di mezzogiorno, quando si avvicinò un inserviente egiziano vestito della tuta d’ordinanza.
In un italiano accettabile, mi chiese se volevo sottopormi ad un massaggio.
Riflettei rapidamente e mi informai: i massaggi li faceva nel suo ‘atelier’, nel blocco dove sono tutti i vari negozietti del resort.
Mentre mi informavo sulle tariffe e le prestazioni, lo studiavo: alto, piuttosto scuro di carnagione, bel fisico, sguardo orgoglioso (non come buona parte del personale lì, pagato tra l’altro due soldi!), sicuro di sé e della propria abilità.
Ero tentato per via un certo piccolo, costante, noioso indolenzimento alla schiena, ma poi mi venne l’idea!
Prenotai per le 15 pensando che avremmo goduto di un paio d’ore tranquille, visto che grazie all’ora ‘legale’ usata nel villaggio, anche a gennaio si riusciva a stare in spiaggia fino a poco oltre le 17 e gli ospiti presenti in quel turno erano proprio pochi.
Mamoud, il massaggiatore se ne andò un po’ perplesso, ma avevo fatto i miei ragionamenti e quindi io sorridevo, divertito.
Alle 13, ci trovammo in sala da pranzo; mangiammo, chiacchierammo un poco e poi, ai dessert, buttai lì: «Oggi pomeriggio, Gino, ti do mezza giornata di libertà: Lorella alle 15 viene con me, in un posto»
Lui era spiazzato, probabilmente per nulla felice del mio imperio, ma si guardò bene dal protestare.
Lorella, invece, mi guardava con gli occhioni sgranati, pieni di curiosità e aspettativa.
Dopo il caffè preso sul bordo della piscina, li congedai, precisando a lei che ci saremmo visti alla reception e che doveva indossare solo una minigonna, una maglietta i sandaletti e null’altro sotto.
Poi, regalmente, tornai alle mie letture sul lettino, in spiaggia.
Alle tre, incontrai Lorella.
Le sorrisi, con aria complice e a braccetto andammo nella palazzina dei negozietti.
Bussammo all’atelier dei massaggi e subito Mamoud ci accolse, sorridente: finalmente aveva capito perché avessi prenotato per due persone!
Chiesi un massaggio solo alla schiena per me ed uno completo per Lorella e lui, allora andò a chiamare il suo collega.
Dopo pochi minuti, tornò con Ahmed, un sudanese molto più scuro e ben piantato di lui, alto almeno dieci centimetri più di me -che pure sono poco meno di uno e novanta!- e che aveva uno splendido sorriso strafottente.
Ci dissero di levarci gli abiti -indossavo solo una polo ed un paio di short, sopra al mio Speedo da nuoto- e di allungarci sui lettini, divisi da una tenda.
Con un’occhiata feroce, feci capire a Lorella di fare quanto richiesto, poi feci un sorriso complice ai massaggiatori ed infine andai nella mia metà dell’atelier, mi levai i due indumenti e mi stesi a pancia sotto.
Subito le mani di Mamoud cominciarono a sciogliermi i muscoli, a muovermi le vertebre una per una, deliziosamente!, mentre immaginavo Lorella nuda sotto le mani del sudanese.
Sentivo il tipico ciaccolìo delle loro dita sulle nostre pelli cosparse di olio profumato e, dopo un pochino, sentii che i due si scambiavano qualche frase, ovviamente in arabo, e facevano qualche risatina.
Evidentemente, lo scenario che avevo immaginato si stava realizzando… Sorrisi.
Nel frattempo, i massaggiatori, parlavano e ridacchiavano tra loro sempre più spesso, come se avessero preso maggiore sicurezza.
Sentii le mani di Mamoud che, dopo avermi massaggiato all’altezza delle reni, cominciavano a massaggiarmi i glutei e, devo dire, la mia condizione era a quel punto di assoluto benessere, beatamente ad occhi chiusi.
Sentendo le sue dita che sfioravano il bordo del costume -e pensando divertito che Ahmed non aveva lo stesso impiccio sulle natiche di Lorella- mi inarcai ed abbassai lo slip da bagno fin sotto le natiche.
Le sapienti mani dell’egiziano mi massaggiavano i glutei, ora, ed erano arrivate alla sommità delle cosce; sentii le sue dita andavano verso l’interno e, senza neanche pensarci, allargai le gambe fino a far penzolare i piedi ai lati dello stretto lettino: mmmhhh… che piacere!! Lo sentivo che massaggiava la parte interna delle cosce e poi, forse per sbaglio, mi ha sfiorato il buco…
Mi ha fatto aprire ancora di più le gambe e poi è tornato a massaggiarmi le natiche, da fuori a dentro; anzi, per farlo ancora meglio mi ha versato ancora un po’ di olio profumato proprio nel solco e poi…. mmmmhhhh! Anche il buchetto, mi ha massaggiato… Ero perplesso (prima volta che mi sottoponevo ad una seduta di massaggi!), ma era così piacevole…
Le sue dita danzavano sulle mie natiche e sulle mie cosce e poi, mi massaggiavano lì e… ohhh, ma cosa fa? Mi sentii scivolare dentro un dito, un attimo.. poi due… e l’altra mano mi accarezzava i coglioni… e le due dita, adesso, mi masturbavano il culo e, lo ammetto, mi stavo eccitando.
Ho capito che il massaggio sarebbe stato anche… per così dire, prostatico: non sarebbe stata la prima volta, che qualcuno mi penetrava e quindi ero solo curioso di sapere come la cosa sarebbe andata avanti.
Le dita nel culo diventarono tre e sempre oliate: ormai mi ero inarcato all’indietro, oscenamente offerto a quelle dita che mi procuravano piacere e che, dopo un poco, diventarono quattro… Oddioooohhhh….
Le mani del massaggiatore mi fecero capire che dovevo andare indietro, fino ad appoggiare i piedi in terra e con la pancia sul lettino;con un gesto, feci cadere fino ai piedi il costume e lo sfilai da una gamba, pronto -ormai- ad essere inculato.
Sentii le mani dell’egiziano sulle spalle e un qualcosa di grosso che spingeva ed entrava lentamente dentro di me; nonostante la dimensione ragguardevole, il dolore era pochissimo e dopo un po’ sentii il suo ispido pube contro le mie chiappe, colmato del suo cazzone.
Allungai una mano e, sotto le mie palle, lo toccai e lo strinsi tra le dita per valutarne la dimensione: accidenti! Come una bottiglietta di birra! E mi stava fottendo nel culo, lentamente, ma aumentando ad ogni affondo la velocità, riempiendomi proprio tutto: dio, che piacere! Avevo il cazzo mezzo duro, ma mi smanettavo convinto, per godere.
Un «Mppphhhfff» mi fece ricordare dell’esistenza di Lorella e proprio in quel momento cadde la tenda: Lorella era seduta sul lettino, con la mano del sudanese piantata nella fica mentre lei, con un certo sforzo, cercava di prendergli più cazzo possibile in bocca.
Anche lei mi vide e le sue sopracciglia schizzarono in alto per lo stupore.
«Allora, ‘taliani: contenti del massaggio generale? Ormai, qui, vi conosciamo bene e sappiamo capire al primo sguardo che tipo di massaggio volete…»
Ahmed fece una risata sguaiata e continuò: «Anni trascorsi in vostro paese ci hanno insegnato molto sulla vostra vita, su vostra maniera di comportarvi e su cosa vi piace… Come questo, sbaglio?» Entrambi annuimmo.
Mamoud mi interrogò, fermandosi un attimo: «Come definite la tua donna in Italia? Troia?»
«Non è la mia donna… me l’ha solo imprestata suo marito… comunque sì: troia va più che bene!» Vidi Lorella serrare le cosce sulla mano di Ahmed, colpita da una staffilata di eccitazione.
«E tu invece, culattone, vero?» L’offesa, mentre mi stava inculando alla grande, mi eccitò ancora di più: «Sì, culattone o culorotto sono corretti»
«Ahmed: vuoi fottere la fica di troia o il culo di culattone? E’ bravo, sai?»
Lui fece una risata grassa: «Adesso che lo hai preparato, preferisco culorotto: tu prepara un po’ la fica di troia»
Mamoud mi premette la mano aperta tra le scapole: «Tu fermo, non ti muovere!»
Poi si sfilò dal mio culo ed andò da Lorella.
Ahmed venne verso di me e vidi il più grosso cazzo che abbia mai incontrato in vita mia: sembrava una lattina di birra da mezzolitro!! Capivo perché Lorella facesse così fatica, a prenderlo in bocca!
Feci per alzarmi e scappare, ma la manona del sudanese mi inchiodò al lettino: «Fermo! Ti perdi la parte più bella!» disse, appoggiandomelo e cominciando subito a spingere lentamente.
Mi sentivo aprire, allargare, forzare… sentii anche un po’ male… un po’ tanto; pensai che non sarebbe mai entrato, che mi avrebbe lacerato, spaccato in due come un quarto di manzo e che… OHHHHHhhhhhhhhh!!!!!!!!
Bruciava, avevo sentito la fiammata tipica dell’inculata a freddo, ma adesso era tutto dentro di me e danzava e mi riempiva e scorreva dentro, fuori, dentro-fuori, dentrofuori, dentrofuoridentrofuori… diocchebbellohhhhhh!!!!!!!!
Il sudanese mi fece alzare e, tenendomi infilzato al suo cazzone, mi portò fino al lettino di Lorella che, intanto veniva scopata alla pecorina da Mamoud.
«Succhiaglielo!», le impose e lei cominciò a spompinarmi, mentre lui mi teneva in piedi e mi fotteva nel culo.
A poco a poco, il cazzo mi diventò duro, durissimo e poi fu come essere in una galleria e sentire il treno del piacere che arriva, sferragliante, violento, velocissimo e poi ti travolge, ti disintegra, ti porta via e ti fa volare e ti fa sentire brividi di freddo….
Quando riacquistai il controllo di me, ero sul ‘mio’ lettino, gettato come una marionetta, mentre Lorella, trapanata in fica da Ahmed e in culo da Mamoud, gemeva, uggiolava, cercava di muoversi tra quei due colossi e godeva come una fontana….
Un ruggito degno della savana, salutò l’esplosione di piacere dei due africani, a pochi istanti l’uno dall’altro, che riempirono i due orifizi di Lorella di un fiume di sborra densa.
Ci abbracciammo brevemente, riprendendo fiato, sotto lo sguardo divertito dei due.
Ci misero a disposizione il piccolo lavabo per per pulirci -io mi toccai il culo e lo sentii spaventosamente e deliziosamente aperto e morbido- e sciacquarci il viso.
Alla fine, stavamo per uscire, ma Mamoud ci bloccò: «Scusate… ma sarebbero trentacinque euro per il massaggio totale e quindici per la sola schiena…»
Lo guardammo: era serissimo!
Intimidito, presi il portafogli e gli diedi una banconota da cinquanta; lui la prese e poi con sarcasmo aggiunse: «Ed anche altri cinquanta euro a testa: ci siamo stancati molto, a servirvi!»

Considerai che doverli anche pagare, dopo aver abusato di noi, sarebbe stato il massimo dell’umiliazione… Gli diedi subito il denaro richiesto!

Usciti dall’atelier di massaggio, ci sbirciammo con uno sguardo vagamente impacciato; poi, scoprendoci entrambi così goffi e imbarazzati, pensando dell’altro “ma che razza di troia!”, scoppiammo a ridere in un’ampia e liberatoria risata.
Era forte, la piccolina!
La presi a braccetto e, continuando a ridacchiare, andammo al bar della piscina a prenderci una tazza di tè.
Poi ci andammo a sedere ad uno dei tavolini di vimini, da una parte, accostati ad uno degli immancabili paraventi.
La guardai e le sorrisi, con simpatia: «Allora, commenti?»
Lei sorrise, divertita: «Beh, che dire? E’ stato un po’ inconsueto, un po’… eccessivo ma… piacevole, dai!
Solo… beh, come dire…. Non vorrei che ti offendessi, ecco…»

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