Skip to main content
Racconti di DominazioneRacconti Erotici Etero

Il loro primo incontro

By 6 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Si erano conosciuti su internet, lui alla ricerca di una donna che stesse ai miei piedi, lei alla ricerca di uomo che la usasse, che la facesse sentire un oggetto, che la facesse sentire nelle mani di qualcuno.
Era giunto il giorno del primo incontro dal vivo. Doveva andare a casa sua. Immaginava come potesse essere tesa, ma allo stesso tempo eccitata. Aveva ricevuto le istruzioni per raggiungerlo, una volta arrivata doveva salire all’ultimo piano, dove avrebbe trovato una porta socchiusa. Lì avrebbe trovato nuove istruzioni.
Era arrivata alla porta, emozionata, tesa, su un paio di tacchi alti, autoreggenti, una gonna non molto lunga ed una camicetta. L’intimo si riduceva a poca stoffa. Sulla porta un foglio piegato a metà. Non si vedeva niente dietro la porta, era tutto buio. Con mano tremante prese il foglio e lo aprì.
Ciao schiava, questa &egrave la tua ultima possibilità di tirarti indietro. Se non vuoi proseguire voltati e vattene, non farti più sentire. Se invece decidi di proseguire ecco cosa devi fare: entra e chiuditi alle spalle la porta. Sulla destra c’&egrave l’interruttore della luce, accendila, hai 30 secondi per toglierti gli indumenti che hai addosso. Se impieghi più di 30 secondi sarai punita. Una volta nuda, davanti a te ci sarà una benda per gli occhi, indossala, poi mettiti in posizione per l’ispezione mettendo le mani dietro la nuca e le gambe divaricate. Non ti muovere da quella posizione.
Era titubante, la ragione le diceva di andarsene, ma il cuore e il suo sesso le dicevano il contrario. Già, il suo sesso; lo sentiva ardere, era bagnata, era eccitata, era dentro casa del suo padrone.
Chiuse la porta, accese la luce, mentre si spogliava si guardava attorno. Un ingresso semplice, qualche foto, uno specchio. Uno specchio dove ora poteva vedersi nuda, con una benda in mano. Osservò per qualche istante il suo corpo nudo, i capelli raccolti all’indietro, i capezzoli erano duri, aveva la pelle d’oca. Si mise la benda, il mondo sparì. Passarono dei momenti che le sembrarono un’eternità. Poi si aprì una porta e le si congelò il sangue nelle vene. Poteva sentire i suoi passi e il suo respiro mentre lui le girava attorno; anche se non lo vedeva poteva sentire benissimo i suoi occhi addosso mentre la studiava da cima a fondo. Si sentiva impotente, non riusciva muovere un solo muscolo.
Poi tutto d’un tratto, ecco la mano di lui sulla sua faccia, la accarezzò quasi dolcemente. Lei trattenne il fiato, mentre le dita del suo padrone passavano sulle sue guance e poi sulle sue labbra. Sentiva l’eccitazione crescerle dentro.
Le mani del padrone iniziarono a scendere verso i seni, verso quei capezzoli turgidi che ben presto vennero dolcemente tirati e girati. Poi le mani passarono su tutto il resto del corpo, sempre con delicatezza. Era eccitata come non mai. Nessuno l’aveva mai toccata in quel modo. Le sembrava quasi di vivere un sogno, un sogno che non tardò ad infrangersi.
Venne tirata per i capelli in un’altra stanza, le fu tolta la benda, ora oltre a sentire poteva vedere quello che le stava accadendo. Fa fatta mettere davanti ad un bracciolo del divano, le mani messe su di esso, le gambe dritte. Era completamente esposta.
‘Non credere che l’ispezione sia finita troietta che non sei altro’
Lei non riuscì a replicare.
Le mani che prima l’avevano toccata con dolcezza ora erano diventate più forti, le divaricò il sedere, lasciando ben scoperto il buco. Un dito ci girò attorno, spinse un po’ ma senza entrare. Poi scese verso il sesso e mentre lui le infilava due dita’ ‘senti qua troia, sei tutta eccitata. Solo alle nullità come te la figa diventa un lago in queste situazioni’che non sei nulla lo sai vero?’
Lei non rispose, abbassò mestamente la testa, così lui la prese per i capelli e le disse ‘senti nullità, quando ti faccio una domanda tu rispondi, hai capito?’
‘sì’
‘devi dire sì signore!’
‘sì signore, ho capito’
‘ e allora cosa sei?’
‘non sono nulla signore’
‘brava’però non hai risposto prima, e non hai detto signore’questo ti comporterà una punizione’
Lei non fece in tempo a capire cosa le stesse per succedere che una sberla le colpì il sedere, poi un’altra ancora ed ancora, sempre più forti, sempre più dolorose, sempre più eccitanti. Qualche lacrima cominciò a rigarle il viso.
Fu fatta mettere a quattro zampe, così come stanno le cagne e le nullità come lei. Lui si mise in piedi, con il suo corpo tra le ginocchia, la riprese per i capelli e la costrinse a guardare in alto. In mano teneva un collare.
‘lo vedi questo collare? Se te lo metto tu sarai mia, ma non credere che succederà adesso, questa &egrave una cosa che va guadagnata. Una cosa che indosserai quando ti sarai totalmente annullata a me’
Lui si tolse, poggiò il guinzaglio, e le se si mise davanti con una scatoletta in mano. La fece alzare in ginocchio, lui si abbassò poggiando un ginocchio a terra. Dalla scatoletta tirò fuori un paio di mollette, lei emise un gemito di dolore, una sberla la colpì in volto. ‘nessuno ti ha dato il permesso di parlare o lamentarti’. Lei fece un cenno con la testa.
Dalla scatoletta spuntò del dentifricio, se ne mise sulla punta del dito e iniziò a massaggiarle il clitoride. Una senso di bruciore e di dolore la attraversarono per tutto il corpo. Trattenne l’urlo di dolore, voleva resistere, ma ormai tremava e piangeva. Lui la guardava dall’alto in basso con aria soddisfatta. Mentre lei continuava a sentire questo fuoco bruciare nel suo sesso, lui prese una candela, la accese, fece sdraiare la ragazza supina, le infilò le calze che portava quando era arrivata in bocca ed iniziò a cospargerla di cera calda. Stesa sul pavimento freddo era in preda ad un fuoco ed ad un dolore che non avrebbe mai pensato potesse sentire. Ma allo stesso tempo la sua eccitazione saliva. Com’era possibile? La stava torturando e le piaceva? Era il sentirsi nelle sue mani che faceva quell’effetto? Erano domande a cui nemmeno lei sapeva rispondere, ma che in quel momento erano domande inutili. Adorava essere in quel posto.
Ancora tremante e gemente lui la prese e le disse ‘andiamo, hai bisogno di una doccia’. Un inaspettato gesto di gentilezza. Niente affatto, fu fatta entrare in doccia, e lui aprì l’acqua fredda tenendo la doccia in mano ed indirizzando il getto. Le mollette ai capezzoli saltarono via provocando dolore. Il getto gelido non trascurò nessuna parte del suo corpo. Se prima tremava dal dolore, ora tremava per il freddo. I tremolii per l’eccitazione invece non se ne andarono mai. D’un tratto l’acqua si vede tiepida. Fu fatta mettere in posizione in cui sembrava seduta su una sedia che non c’era, con le mani dietro la schiena. Il getto si andò a concentrare sul suo sesso. Ben presto l’eccitazione salì, era bellissimo, stava godendo come non mai. Avrebbe voluto toccarsi anche con le mani per fare arrivare ancora prima e ancora più forte l’orgasmo. Orgasmo che non arrivò, il getto si spense e poi arrivò sibillino il suo padrone ‘non vorrai mica venire? Sono io che decido se e quando potrai venire. Ora esci dalla doccia che con te non ho ancora finito, troia’
La riportò in salotto, la mise vicino al divano, sempre a quattro zampe, si sedette sul divano e la usò come poggia piedi. Lei non aveva il coraggio di muoversi, sapeva che sarebbe stata punita, non sapeva come, ma lo sarebbe stata di sicuro. Dopo un tempo interminabile fu sollevata dal reggere il peso dei piedi del suo padrone, fu tirata a lui che le strinse il seno con delle corde. Ai capezzoli tornarono le mollette e con loro il dolore. Le mani furono legate dietro la schiena. Lui la fece mettere in ginocchio, ma con le gambe aperte e lasciata lì, esposta. Lei si sentiva impotente, privata della sua dignità, ma con gli umori dovuti all’eccitazione che colavano lungo le cosce. Dopo un po’ quella posizione cominciava ad essere scomoda, le facevano male le gincchia, sapeva che non doveva muoversi, ma senza che nemmeno se ne accorgesse cambiò posizione e lui era lì ad osservarla. A quel movimento lui rispose alzandosi e prendendo il frustino. Gli occhi di lei sgranarono. Era terrorizzata.
La fece alzare, sempre con le gambe divaricate.
‘A me non sembra di averti detto di poterti muovere troia’
‘Ti sbagli, non mi sono mossa’
Avrebbe voluto rimangiarsi quelle parole nel momento esatto in cui le aveva pronunciate, ma ormai era troppo tardi.
‘Non ti ho dato il permesso di parlare, sarai punita. &egrave inconcepibile come una merda come te abbia osato rivolgersi a me con quel tono, sarai punita. Mi hai contraddetto, sarai punita.’
Nel pronunciare quelle parole, alzò il frustino e iniziò a colpirla sulle tette ormai di un colorito violaceo per via delle corde. Lei iniziò ben presto a singhiozzare. Il dolore cresceva ad ogni colpo. Voleva chiedere scusa, ma le mancava il fiato, non ce la faceva.
Lui si fermò, lei riprese fiato, pensava che la tortura fosse finita, ma ovviamente si sbagliava ancora. Le frustate cominciarono a colpirla di nuovo, sul sedere e sull’interno coscia. Cominciava a non sentire più la forza per stare in piedi. Non sapeva mai dove aspettare il colpo successivo, non capiva più nulla, sperava che finisse quella punizione derivata dalla sua stupidità.
Fu fatta mettere nuovamente in ginocchio, il viso era rigato dalle lacrime, i capelli ordinati erano ormai un lontano ricordo, ora erano sudati e trasandati. Lui le si parò davanti, tirò fuori il proprio membro duro come il marmo, lo avvicinò alla bocca della schiava e le disse ‘vediamo se sei veramente inutile o se almeno i pompini li sai fare visto che sei una troia’. Nonostante tutto, lei non vedeva l’ora di avere dentro di sé il padrone, non importava in quale buco. Iniziò a baciarlo, a leccare la cappella, a succhiarla, a scendere lungo l’asta fino a farla scomparire, con qualche difficoltà, dentro la sua bocca. Iniziò a muoversi avanti e indietro, cercò di fare del suo meglio, cercava di gustarsi il sapore del cazzo del suo padrone. Quando le venne in bocca lei cercò di non perderne nemmeno una goccia, era felice, aveva fatto godere il suo padrone. Ma come ormai continuava a succedere, ben presto arrivò la doccia fredda.
‘Puliscilo per bene, troia. Non ti illudere, ti ho permesso di prenderlo in bocca e di ingoiare solo perché volevo farlo prima della tua prossima punizione. Perché? Ora capirai’
La trascinò nuovamente in bagno, le avvicinò la faccia alla tazza..
‘lecca la tazza su, la voglio splendente’
Esitò un istante, quel tanto da far arrivare una sonora sberla sul culo. Lentamente tirò fuori la lingua e iniziò a leccare. Fortunatamente non sembrava sporca. Si fece sempre più coraggio e andò avanti a leccare cercando di fare il lavoro al meglio. Ad un tratto la mano del padrone la afferrò per il collo e la spinse verso il l’interno della tazza, sentì il peso di una gamba sulla schiena, e il rumore dello sciacquone. Il getto d’acqua le prese in pieno la faccia. Lui la ritirò su tenendola per i capelli, la guardò in faccia e le sussurrò ‘questo per lavarti la bocca dalle parole che hai detto prima’ e dicendo questo la spinse a terrà, vicino al wc, bagnata ed umiliata, e se ne andò.
Tornò qualche istante dopo con delle calze intere, le ordinò di metterle, la fece alzare ed entrare in doccia, di nuovo, di nuovo con le mani dietro la schiena. Iniziò a farle bere bicchieri d’acqua su bicchieri d’acqua.
Poco dopo lei suppilcò di il suo padrone di poter fare la pipì, lui le assestò una sberla e le disse ‘che stupida che sei, perché credi di trovarti così? Falla pure tutta, ma senza uscire da questa doccia. Oltre che inutile sei anche stupida’
‘ma’ma’devo farmela nelle calze’
‘certo troia, forza!’
Ormai era in balia del suo padrone, non aveva la forza per opporsi, così le prime gocce cominciarono a scendere e a bagnare le calze. Sentì ben presto il rivolo caldo scendere lungo le cosce fin giù ai piedi. Lui scattò una foto di lei e la fece vedere alla sua schiava. Lei pensava sarebbe inorridita ed invece le scappò un mezzo sorriso. La foto non mentiva, il volto stanco, il seno stretto nelle corde, le mollette, le calze piene dei suoi liquidi; eppure era dove voleva essere, al servizio del suo padrone.
Le tolse tutto quello che aveva addosso, lei si gettò ai suoi piedi per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto per lei. Le concesse di farsi una doccia.
Finito di lavarsi, tornò in salotto a quattro zampe dove il suo padrone la stava aspettando.
Prese un vibratore, lo lubrificò infilandolo nella bocca della sua schiava, le girò attorno e lo infilò nel buchetto ancora vergine. Lei sussultò, nessuno lo aveva mai violato quel buco, ma era felice che fosse stato il suo padrone.
Qualche istante dopo sentì il membro del padrone entrarle nel suo sesso prendendola da dietro. Iniziò ad ansimare
‘grazie mio padrone, mi scopi quanto vuole, sono sua, sono la sua troia’ furono le parole che istintivamente le uscirono dalla bocca. Ormai il vibro del suo padrone era nel suo culo, il cazzo del suo padrone nella sua figa, ma soprattutto il suo padrone era entrato nel suo cervello.

Leave a Reply