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Racconti di Dominazione

Anna e Luca

By 1 Agosto 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Anna ed Enrico si conoscevano da sempre. Le loro famiglie, per qualche misteriosa ragione che loro non avevano mai ben capito fino in fondo, si frequentavano regolarmente nonostante una evidente distanza sociale e politica.

I genitori di Enrico rappresentavano l’upper class della piccola città di provincia: lui avvocato, lei servizievole mogliettina da provincia americana degli anni 50 che riempiva la noia con inutili attività di beneficienza. La famiglia di Anna era, invece, decisamente più modesta: erano, infatti, agricoltori e allevatori.

Anna era cresciuta libera in mezzo ai campi ed era sempre stata una studentessa modello. Divorava libri sognando di poterne un giorno scriverne di suoi.

Enrico era decisamente meno brillante ma un grande secchione, anche se, a differenza di Anna, sembrava fare le cose più per dovere che per piacere. Quello che faceva ben volentieri però era andare a fare I compiti nella “fattoria” insieme alla sua compagna di banco.

Così quando si fidanzarono a 16 anni non fu una sorpresa per nessuno. Il primo bacio, la scoperta del sesso insieme, I pomeriggi al cinema, le pizze con gli amici, le lezioni all’università. Una vita fin troppo tranquilla per due ventenni del 2014.

Una sera Anna, mentre cazzeggiava su fb, si ritrovò a parlare con un amico di un suo amico che aveva commentato in modo ironico un suo post. La serata prima e la nottata poi passarono velocemente in una conversazione leggera ma non banale. Quando iniziò ad albeggiare Anna aveva scoperto che:

‘ Luca aveva 20 anni più di lei

‘ Era gentile, padre e separato

‘ Aveva vissuto da protagonista una stagione politica di cui lei ignorava l’esistenza

‘ Per le sue scelte aveva pagato un prezzo anche se ora era un professionista di un certo successo

Anna colse un certo carisma in quella persona che non la lasciò del tutto indifferente. Nei giorni seguenti si scoprì a controllare il cell in modo compulsivo con la speranza, inconfessata anche a se stessa, di trovare un suo messaggio.

Anna era sempre stata una ragazza sicura di s&egrave, spigliata e intraprendente soprattutto quando si rapportava ai maschi, nonostante avesse avuto solo un’esperienza (o forse proprio per questo). In qualunque altra condizione avrebbe scritto a Luca la mattina seguente per continuare la conversazione che l’aveva così intrigata ma questa volta non riusciva; ogni messaggio che pensava di scrivere le sembrava inadeguato, o forse non voleva accettare i suoi desideri: lei che non aveva mai preso in consideraqzione uomini più grandi ora si scopriva a pensare a uno che poteva essere suo padre. Si ripeteva che era stata solo una piacevole chiacchierata e che non aveva fatto niente di male ma nei confronti di Enrico provava un sottile e indefinito senso di colpa e così cercava di essere con lui ancora più gentile e disponibile del solito. Allo stesso tempo aveva però meno voglia di fare l’amore con lui. Per la prima volta simulò anche un orgasmo che quella sera non voleva proprio arrivare. Per compensare questa quasi colpa decise di concedersi completamente a lui, donandogli quello che fino ad ora gli aveva sempre negato. Anna era certa che Enrico avrebbe molto apprezzato, da un lato per un banale fatto statistico (aveva letto su una rivista nella sala d’attesa del medico che &egrave la più frequente fantasia maschile) ma soprattutto perch&egrave negli anni lui aveva più volte, e più o meno velatamente, cercato di farle capire questo suo desiderio.

Quel pomeriggio di giugno con le serrande abbassate per non far entrare troppa luce e troppo caldo e lo sguardo curioso dei vicini, lei iniziò a baciargli e a leccargli il pisello. Poi, rivolgendosi direttamente a “Lui” , gli disse “oggi voglio farti un regalo: avrai finalmente quello che desideri da tanto”. Si girò, si mise in ginocchio piegandosi in avanti, le gambe larghe e la schiena inarcata completamente esposta e disponibile. Enrico rimase quasi incredulo e bloccato, lo stupore durò però poco. Dopo qualche minuto aveva il cazzo dentro il suo culo e la tirava a s&egrave prendendola per i fianchi e stringendoli molto più del necessario. Il rumore delle chiappe di lei che sbattevano contro il suo bacino, quel contatto, quel gesto quasi violento che non gli appartenevano lo facevano impazzire di piacere e di voglia. Per pochi minuti il ragazzo gentile e sensibile lasciò il posto a qualcun altro che quasi non conosceva. Enrico era così eccitato dalla inattesa situazione che dopo pochi minuti si svuotò nel culo della sua donna.

A Enrico Anna piaceva tanto e da sempre. L’aveva però sempre trovata un po’ troppo brava ragazza. Ora questa piccola svolta troieggiante gli suscitava due sentimenti contrastanti: da un lato apprezzava il cambiamento arrivando ad immaginare scenari ancora più erotici e perversi. Dall’altro però sentiva una labile e fastidiosa vocina interna che gli diceva che questo repentino cambio nell’atteggiamento della sua fidanzata fosse perlomeno sospetto. ‘Se &egrave stata solo con me, dove ha imparato certe cose?’, non poteva fare a meno di chiedersi. Se era così troia con lui non aveva nessuna garanzia che non potesse esserlo anche con altri, magari con qualcuno più dotato di lui. In anni di docce collettive negli spogliatoi di calcetto, Enrico aveva attentamente confrontato il suo pisello con quello degli altri per arrivare alla conclusione che sicuramente non era sopra la media e probabilmente neanche in media.

Per quanto riguarda Anna gli effetti della sua prima volta di sesso anale furono:

1) la decisione per la volta successiva di prendere un lubrificante che sicuramente avrebbe funzionato meglio della saliva di Enrico

2) il culo dolorante per un paio di giorni

3) la scoperta che la cosa l’aveva molto eccitata. L’Enrico che le stringe i fianchi fino a farle male e le dice “piccola troia &egrave vero che ti piace?” era stato una piacevole novità.

4) pensava a Luca e a quella strana conversazione notturna e alle sensazioni che gli aveva procurato ancora di più

5) il senso di colpa nei confronti di Enrico che non era completamente sparito ma si era trasformato in qualcosa di più riconoscibile e “accettabile” .

6) ultima conseguenza, decisamente la più importante, quella notte stessa Anna trovo il coraggio di scrivere a Luca e, come spesso accade nella vita, questo gesto piccolo e quasi insignificante, fu quello che fece cambiare il corso della sua esistenza.
Il testo del messaggio fu il seguente: “ciao come stai? Ti ricordi ancora di me? Abbiamo parlato un po’ in chat la settimana scorsa. Volevo approfittare della tua “esperienza” per un consiglio, ovviamente se posso. Dovrei chiedere la tesi e sono indecisa fra due possibilità: La prima é diritto costituzionale, una materia che adoro, il prof però é uno stronzo; la seconda opzione &egrave diritto romano con una prof che mi stima moltissimo. Questa scelta sarebbe ovviamente più facile e mi potrei anche laureare prima. Cosa faccio?”
Anna scrisse questo messaggio accucciata nel letto, ancora nuda e con lo sperma di Enrico che iniziava a scivolare fuori dal suo buchetto. La scrittura era cadenzata dal respiro profondo del suo fidanzato sdraiato al suo fianco. In genere lui era sempre molto attento a farle raggiungere almeno un orgasmo e quando gli capitava di venire troppo presto, cosa che ultimamente capitava con troppa frequenza, poi si dava almeno da fare con la lingua, in maniera decisa fino a quando anche Anna non raggiungesse il suo piacere. Questa volta invece, non appena portato a compimento il suo sogno segreto, era svenuto, lasciando Anna con un non soddisfatto fremito in mezzo alle gambe e i capezzoli duri come non le capitava da un po’. Capezzoli con cui cominciò a giocare mentre scriveva alternando le carezze al seno a quelle alla fica per mantenere il più a lungo possibile la sua eccitazione.
L’unica cosa che indossava era il crono Swatch, regalo di Enrico per i suoi 24 anni. Erano esattamente le 15,59 quando inviò il messaggio. La risposta di Luca arrivò allo 16,01.
In realtà non fu una vera risposta ma un asettico e interlocutorio: “tu come stai?”. Anna fissava allibita la risposta che le sue dita digitavano velocemente “nuda e eccitata. 10 minuti fa é stata l’ultima volta che ho fatto una cosa per la prima volta. Una cosa che mi brucia un po’, ma non in senso metaforico”
Anna rilesse quanto aveva appena scritto e fu realmente tentata di inviarlo. Poi fissò la sua bella mano affusolata che teneva il cellulare e la fedina al sua anulare, anche questa regalo del suo Enrico. Avevano 18 anni e avevano fatto l’amore per la prima volta.
Superò il desiderio di colpire Luca con un messaggio ad effetto e cancellò quello che aveva scritto sostituendolo con un meno impegnativo: “un po’ irrequieta, ma non so perché”.
Dalle sue poche esperienze in chat, Anna sapeva che gli sconosciuti, o semisconosciuti, tendono a portare la conversazione verso il sesso, si immaginava quindi che il suo messaggio volutamente criptico fosse immediatamente colto da Luca, o forse lo sperava, ma lui, come poi si sarebbe abituata in seguito, aveva una sua originalità. Si disinteressò completamente della sua risposta e le diede invece il suggerimento richiesto. “ma parli del professor Manzi, vero? Lo conosco da anni. Ultimamente &egrave anche capitato di fare qualche regata insieme. Un tipo pignolo, severo, molto appassionato alla sua materia però non direi stronzo, anche se posso immaginare che dal punto di vista di una giovane studentessa come te questa definizione &egrave forse quella che più si avvicina alla realtà. Comunque non c’&egrave nessun dubbio, anche perch&egrave la prof Orlandi e il suo diritto romano sono noiosissimi… “voglio che chiedi la tesi a quello stronzo di Manzi”.
Anna rimase stupita dalla risposta non tanto per la conoscenza fra Luca e il severissimo professor Manzi; ripensandoci bene i due dovevano essere più o meno coetaniei ed erano concittadini di questa piccola città universitaria, così come lei ed Enrico.
La scelta di rimanere a studiare ad Urbino era anche stata fonte di un piccolo litigio con Enrico, uno dei pochi. Lui avrebbe preferito andare in un’università più titolata, possibilmente a Milano, ma lei aveva insistito perch&egrave rimanessero nella loro città. Fra le varie ragioni sicuramente c’era quella che i suoi genitori avevano bisogno anche del suo aiuto per mandare avanti il lavoro, soprattutto da quando avevano adibito un paio di stanze del loro casolare ad agriturismo.

Ripensando poi alla conoscenza fra Luca e Manzi si ricordò anche che una volta, solo una, il professore prima dell’inizio della lezione, commentando l’ennesimo scandalo che aveva coinvolto politici corrotti e amministratori pubblici infedeli, si era lasciato scappare qualcosa su un suo giovanile impegno politico extraparlamentare chiosando con una cosa un po’ patetica tipo “volevamo cambiare il mondo invece eccomi qui a raccontarvi dei padri costituenti” e anche Luca le aveva parlato della sua esperienza in quello che lui aveva definito genericamente il movimento.
Inoltre Luca, da quello che aveva intuito, era un professionista, e in quella piccola cittadina invasa dagli studenti tutta l’upper class locale si conosceva.
Ciò che le provocò invece un piccolo brivido fu l’uso del verbo modale; non aveva detto, come sarebbe stato normale, ‘ti consiglio’, ‘per me’ , ‘credo che sarebbe meglio’ o cose simili. No, aveva detto ‘voglio’. Appena letto quel messaggio, ogni dubbio su quale tesi chiedere sparì dalla mente di Anna. La mattina dopo con un vestitino leggero, corto ma non troppo, i sandali con un tacchetto da segretaria e un trucco leggero ma molto curato, Anna era fuori la porta del professo Manzi aspettando il suo arrivo. L’attesa non fu lunga. Il professore arrivò abbastanza presto; jeans, giacca di velluto fuori tempo e fuori stagione, polacchine. Insomma sembrava uno che era stato ibernato negli anni 60, sotto il braccio portava il classico pacco di giornali. Entrò nella sua stanza senza notare la ragazza impalata davanti la sua porta che cercava di farsi notare, si mise alla scrivania e sprofondò nella lettura dei giornali; con una penna in mano sembrava quasi che volesse correggere l’articolo di fondo del corriere come se l’editorialista Pigi Battista fosse un suo allievo. Anna fece timidamente un passo nella stanza. Fino a quel momento si era sentita molto sicura di s&egrave, aveva scelto accuratamente cosa mettersi, si era truccata con attenzione, insomma si sentiva bella e attraente, ma appena fece un passo in quella stanza tutta la sua sicurezza svanì.

“Buongiorno professore, posso?”

Passarono alcuni secondi di silenzio che le sembrarono eterni. Quello stronzo di Manzi l’aveva sicuramente sentita eppure continuava a leggere come se di fronte non avesse nessuno. Lei, con un piede dentro la stanza e uno fuori, non sapeva come comportarsi. Finalmente alzò lo sguardo, indugiando un attimo più del necessario sulla sua terza abbondante e questo ridiede a Anna un po’ di sicurezza. Sicurezza che aumentò quando si accorse che il professore guardò con una certa attenzione anche le gambe abbronzate scendendo fino ai suoi piedi.

“Mi dica.”

“Buongiorno, ho sostenuto il suo esame lo scorso anno e mi farebbe molto piacere se potesse prendere in considerazione l’idea di seguirmi per la tesi.”

“Quanto ha preso al mio esame?”

Anna era stata interrogata da uno stronzo di assistente che aveva continuato a farle domande fino a quando aveva risposto ad una di queste con una leggera esitazione, dandogli così la scusa di metterle 29.

Lui fece una piccola smorfia di disapprovazione poi, sempre sfogliando i suoi giornali, disse: “Signorina ha visto cosa &egrave successo ieri alla camera nella I commissione? Cosa ne pensa?”

Quello stronzo la voleva mettere in difficoltà e poi lei il giorno prima era stata troppo presa dalla sua prima sodomia per preoccuparsi di quello che facevano a Montecitorio. A stento si ricordava che era la commissione Affari costituzionali. Non sapeva cosa rispondere e lo stronzo con un sorriso di piacere disse: ‘Ho già molti tesisti, molto bravi e molto motivati, non credo proprio che riuscirò a seguirla’.

Anna si sentiva umiliata ma soprattutto le venne un pensiero assurdo: non voleva deludere Luca. Lui le aveva detto ‘voglio’ e quindi lei doveva.

Fece due passi decisi verso la scrivania.

“Professore io sono molta motivata Il suo corso é stato il più interessante fra tutti quelli seguiti fino oggi, e poi un mio carissimo amico mi ha suggerito di farmi seguire da lei. Ha detto che é il miglior docente della facoltà e che con lei avrei fatto una splendida tesi, e che avrei avuto molto da imparare”

Il prof le fisso nuovamente le tette e chiese con indifferenza “Mi dica: chi sarebbe questo mio estimatore?”.

“Luca”, Anna pronunciò quel nome provando un certo piacere ma appena detto si rese conto che non conosceva il cognome. Anzi non conosceva praticamente nulla di lui.

Che cazzo di figura stava per fare.

Sicuramente lui le stava per chiedere ‘Luca chi? Un carissimo amico e non sa neanche come si chiama o che lavoro fa?’

Invece, incredibilmente, lui sollevò gli occhi dalle tette fino a incrociare il suo sguardo e per la prima volta gli sembrò interessato a lei e le chiese: ‘Ha già pensato ad un argomento, signorina?”

Anna tornò a casa in bicicletta con una felicità che non provava da tempo, anche difficilmente spiegabile. Sicuramente il suo stato non derivava dalla passione per il diritto costituzionale, o almeno, non solo per quello. L’aveva eccitata scoprirsi capace di tanta sfrontatezza e ora sii sentiva capace di tutto. Una specie di potere che non aveva mai realmente pensato di possedere. Si rivedeva mentre avanzava verso la scrivania dello stronzo. Il passo deciso. Lo sguardo alto. Il vestitino che lascia scoperte porzioni generose di coscia. Si ripensò mentre si spostava i capelli con un gesto della mano che solo di recente aveva scoperto risultare sensuale alla maggioranza dell’universo maschile.

Nella conversazione che era seguita il prof Manzi le era sembrato quasi imbarazzato. L’aveva fatta accomodare e aveva iniziato a parlare di possibili argomenti per la tesi mentre sembrava non sapere dove guardare. Lei si era divertita ad agganciare e a sostenere il suo sguardo, era sempre stata orgogliosa dei suoi grandi occhi scuri e ogni volta lui non era riuscito a sostenerlo che per pochi secondi, tornando alla prima pagina de ‘ Il sole 24 ore’ che ormai avrebbe dovuto conoscere a memoria.

Ma quello che più le aveva procurato piacere era stato pronunciare il nome di lui in un modo così decontestualizzato. Quelle quattro lettere le avevano riempito la bocca. Più il prof diventava timido e più lei acquisiva sicurezza. L’arroganza, come un fluido invisibile, si trasferì da un lato all’altro della scrivania. Si accorse anche di come lui, nel movimento continuo del suo sguardo, tornasse con regolarità a guardarle i piedi, e quando, con un gesto fintamente innocente, dopo aver accavallato le gambe, iniziò a far dondolare il sabot sulla punta del piede, il sussulto dello stronzo fu evidente. A quel punto si era alzata con un gesto finale mentre lui ancora biascicava qualcosa sul bilanciamento dei poteri dicendogli che si era fatto tardi e che doveva andare.

Lui si affretto ad allungarle un suo biglietto da visita “c’é anche il mio cellulare, mi può chiamare quando vuole. Io, intanto, le trovo un po’ di bibliografia utile”.
Lo prese, salutò senza ringraziare e si girò con movimento studiato uscendo senza voltarsi ma sentendo lo sguardo di lui sul suo culo.
Appena fuori digit’ con una strana frenesia e soddisfazione: “Ho fatto quello che volevi” e, anche in questo caso, la risposta si fece attendere solo pochi secondi: “Non avevo nessun dubbio”.

Da quel giorno Luca divenne il suo misterioso, sconosciuto, saggio, consigliere a cui iniziò ad affidarsi completamente.

Le parole “affidarsi”, “obbedire”, “consigliarsi” iniziavano ad avere un eco del tutto particolare tra la sua mente e il suo sesso: l’eccitazione le passava come una sottile scossa elettrica tra il pensiero, la lingua, i capezzoli inturgiditi che accarezzava, la pancia e la sua fica che iniziava ad aprirsi bagnandosi.

Da principio iniziò con consigli “ufficiali”: università e bibliografia per la tesi. Le sue richieste passarono poi a libri, film, ristoranti, mostre, viaggi. Lui non le scriveva quasi mai ma si limitava a rispondere alle sue richieste. Come era stato per la prima volta, Anna interpretava i “consigli” che riceveva come una specie di ordini. Questa sorta di doppia vita la faceva sentire sempre più sicura e serena. Più rinunciava a parte della sua autonomia nei confronti di Luca e più si sentiva consapevole di s&egrave e, forse, anche superiore nei confronti del resto del mondo.

Col passare del tempo iniziò a chiedergli consigli su cose sempre più futili e personali: cosa regalare al suo fidanzato, quale vino portare a una cena, cosa indossare per una serata particolare o anche solo per andare la mattina in facoltà fino a spingersi a chiedergli quale completino intimo indossare e, per rendergli la scelta pià semplice, gli inviava anche qualche foto. Anna voleva essere bella per lui, voleva essere intelligente per lui, spiritosa, informata. Adorava apparire interessante ai suoi occhi. Leggeva di più, andava più spesso al cinema, si truccava con maggiore attenzione, cercava nei negozi di abbigliammento cose più carine da indossare. Passava più tempo con persone da cui sentiva che poteva imparare qualcosa. E in questa fase della sua vita inevitabilmente Enrico non era fra questi. Aveva, però, come fra l’altro tutto il resto del loro mondo, notato questi piccoli cambiamenti e, forse in modo inconscio, aveva percepito il pericolo di perderla.

E proprio per questa paura Enrico iniziò a commettere gli errori più classici.

Più lei voleva essere lasciata in pace e più lui le girava intorno, più lei non aveva voglia di parlare e più lui le chiedeva in continuazione particolari della sua giornata. Più lei non aveva voglia di fare l’amore con lui e più Enrico la guardava con occhi imploranti.

Era diventato ancora più gentile e disponibile nei suoi confronti e questo suscitava in lei due reazioni contrastanti: la prima, più immediata e diretta, che ormai neanche si sforzava più di nascondere, era di fastidio.

Aveva sempre apprezzato uomini, e in realtà anche donne, con le palle. Anna divideva il genere umano con un populistico e semplicistico approccio dicotomico: “nel mondo c’é chi crea problemi e chi li risolve”, oppure “il mondo si divide fra chi guida e chi si fa guidare”. Per arrivare al top della distinzione “fra chi sceglie e chi viene scelta”. Ogni volta che si diceva con tono solenne questa grande verità, come per un riflesso condizionato, le tornava alla mente quella volta che bambina, poteva aver 7 o 8 anni, partecipò a una partita di pallone con i compagni del suo cortile, maschi e femmine. La regola prevedeva che i due capitani chiamassero a turno i giocatori in ordine decrescente di abilità. Anna vide i suo compagni man mano abbandonare il mucchio e andarsi a posizionare ordinatamente dietro il proprio capitano. Alla fine rimase sola, inevitabile se si &egrave dispari, e con una cattiveria, di cui solo i bambini sono capaci, il secondo a dover scegliere pronunciò la tipica espressione “scarto o palla?” e lei era lì ad aspettare se il ‘roscio’, il figlio di uno che aiutava suo padre nei campi quando c’era più attività, la preferisse almeno alla possibilità di dare il calcio di avvio al gioco.

Lo stronzo del roscio la guardò, soppesò per un attimo le due possibilità e, come se fosse la cosa più naturale del mondo, disse ‘palla’. Anna si ricorda ancora oggi le lacrime che volevano uscire e il suo sforzo per trattanerle, sapeva che nessuno avrebbe capito la sua rabbia e che anzi l’avrebbero presa ancora di più in giro. Come quella volta che tutti ridevano di lei perch&egrave suo padre allevava le mucche e tutti le dicevano che lei puzzava di latte e di merda di vacca e la sua reazione fu quella di farsi la pipì addosso.

Fu in occasione della partita di calcio che decise che si sarebbe buttata nel fiume piuttosto che farsi vedere mentre piangeva da quel branco e decise anche che quella sarebbe stata l’ultima volta per lei di essere l’ultima scelta, il ripiego per qualcuno. Sarebbe stata lei a scegliere: anche adesso aveva scelto da chi farsi consigliare.

Quel giorno solo un bambino gentile capì cosa stava provando, le sorrise, la prese per mano e la portò al fiume a caccia di lucertole con la fionda.

Oggi le &egrave un po’ più chiaro perch&egrave sono 10 anni che sta con Enrico e perch&egrave gli &egrave sempre stata fedele nonostante le mille proposte ricevute. Enrico, con la sua gentilezza, le ha, dal primo momento, ricordato quel bambino.

Questo eccesso di disponibilità ora, però, le sta diventando insopportabile.

Tutto questo le sembra comprensibile, quello che invece le risulta più difficile da capire &egrave la sua seconda reazione, più sfumata e irrazionale: la mancanza di iniziativa e di autonomia da parte di Enrico la fa incazzare ma poi le rimane la sensazione di un sottile godimento. Più lei alza l’asticella, più &egrave stronza con lui, più gioca a fare la bambina viziata che cambia idea cento volte sperando, o forse no, in un suo gesto di dignità che puntualmente non arriva, e più queste due sensazioni contrarie si rafforzano e si allontanano fra loro.
Una sera in cui era in chat con Luca mentre Enrico era a giocare a calcetto, Anna gli parlò del suo stato d’animo. Luca la stupì con queste parole: “Voglio che questa sera quando lui rientrerà tu lo faccia godere come non mai. Dovrai essere la sua geisha, la sua piccola troia. Fagli vedere quanto sei brava a leccarglielo, a succhiarlo. Voglio che in futuro, ogni volta che penserà a te, per prima cosa dovrà ricordarsi di come l’hai fatto godere. Lavati, mettiti il profumo, depilati la fica e quando torna fatti trovare nuda che l’aspetti; non dovrà dire niente, ma solo ‘rilassarsi e godere”. A queste parole, Anna sentì la necessità impellente di toccarsi la fica. Si sentiva donna, bella, in grado di dare piacere, un piacere sottile e profondo che non tutte sanno dare.

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