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Racconti di Dominazione

Io, mia figlia e il mio datore di lavoro

By 6 Novembre 2011Dicembre 16th, 2019One Comment

Il lusso dell’ingresso che precede la business room del mio datore di lavoro non ha eguali. Anche quel giorno prima ancora di varcare la soglia dell’ufficio del cav. Leonardi avvertii, come le altre volte, il netto senso d’inferiorità che quell’elegante sontuosità è deputata a trasmettere. Quella volta però la mia inquietudine era maggiore. Non mi aspettavo quella convocazione improvvisa e non riuscivo a immaginarne la ragione.
Leonardi mi ricevette, dopo un’attesa non breve, dietro una massiccia scrivania di legno nero. Accanto a lui la sua splendida, giovane e raffinata segretaria, elegantemente vestita con una camicetta e una gonna bianca attillata lunga fino al ginocchio.
– Vieni, accomodati ‘ mi disse ‘ scusami se ti ho fatto aspettare ma ho dovuto mettere insieme alcune cose che voglio mostrarti.
Aprì dei grossi registri che erano sul tavolo e li girò verso di me.
– Ecco, guarda. Questi sono i registri degli acquisti impianti e altri beni strumentali della nostra società. Ti ho chiamato perché so che li conosci bene, dato che il settore acquisti beni strumentali lo gestisci tu. Ci sono alcuni punti che non mi sono chiari. Queste cifre, in particolare, sono un po’ alte rispetto al normale e non riesco a capire perché.
Questa richiesta di chiarimenti così brusca, senza convenevoli preliminari, mi colse del tutto alla sprovvista. Nel mare dei registri contabili della nostra grossa società, che ogni anno acquista beni per svariati milioni di euro, il cav. Leonardi mi stava sottoponendo, evidenziate in giallo, le poche cifre che il mese precedente mi ero permesso di gonfiare di qualche migliaio di euro per pagarmi una ‘tredicesima’ personale. Da tempo sapevo che i miei colleghi facevano altrettanto, peraltro in modo molto più smaccato, senza essere scoperti. E mi sembrava incredibile che il cav. Leonardi si fosse preso la briga di eseguire dei controlli su importi così modesti. Tentai una debole difesa, ma il cavaliere mi stoppò quasi subito.
– Prima che tu dica qualcosa di cui poi potresti pentirti ‘ caro Guido ‘ ti voglio precisare che ho già fatto verificare queste cifre dal nostro ufficio ragioneria e dai riscontri effettuati è risultato che sono inesorabilmente falsificate. Si, certo, non si tratta di alterazioni molto significative, hai sottratto in tutto poco più di duemila euro, ma è più che sufficiente per licenziarti.
Non mi pareva vero. Un quarto d’ora prima ero alla mia scrivania a lavorare pensando a cosa avrei fatto il week-end e ora stavo per essere licenziato. Iniziai a sudare freddo. Non sapevo cosa fare. Mi sembrava che qualunque cosa avessi detto o fatto avrei peggiorato la situazione.
– Io sono qui da molti anni ‘ balbettai ‘ ho sempre lavorato sodo, senza risparmiarmi. Credo che lei l’abbia capito, perché altrimenti non mi avrebbe promosso più di una volta in questi anni.
– Si, lo so ‘ m’interruppe Leonardi ‘ anche se questa non è una buona ragione per rubare, anche solo qualche spicciolo. Quando mi è stato confermato quello che hai fatto non volevo crederci, tanto più che stavo per promuoverti di nuovo.
A queste parole seguì un lungo silenzio durante il quale mi sentii sprofondare. Maledissi la mia incredibile stupidità.
– Tra l’altro ‘ proseguì Leonardi con un accenno d’ironia ‘ sei costato all’azienda più di controlli che per ciò che hai fatto. Perché quando sei stato scoperto abbiamo dovuto accertare se c’era dell’altro, se le annotazioni alterate non fossero la punta di un iceberg. Anzi ‘ aggiunse ‘ mi dispiace dirtelo, ma abbiamo dovuto invadere un po’ la tua privacy, verificare i tuoi contatti, i tuoi spostamenti. Abbiamo anche temuto che potessi venderti i segreti industriali della nostra azienda.
– Sono stato spiato e pedinato? ‘ chiesi con uno stupore un po’ indignato, come se cercassi di recuperare delle posizioni sottolineando la violazione che avevo subito.
– Si. E a lungo anche ‘ rispose Leonardi imperturbabile ‘ Per tua fortuna non abbiamo scoperto niente più di quello che già sapevamo. O meglio, qualcosa abbiamo scoperto. Forse abbiamo capito perché negli ultimi tempi hai sentito il bisogno di avere in tasca qualche soldino in più. Qualche extra di cui non dare conto a nessuno, neppure a tua moglie. Guarda qua!
Da un cassetto della scrivania Leonardi sfilò un incartamento con dentro delle foto. Le vidi. Ero io con Monica, una collega d’ufficio, in un ristorante. Ci tenevamo per mano. In una foto ci baciavamo appassionatamente, mentre in altre ancora eravamo in macchina, di giorno, in un posto isolato. Dalla posizione dei nostri corpi s’intuiva che stavamo facendo l’amore.
– Come vedi la lista dei tuoi peccatucci si allunga ‘ disse Leonardi. Certo, queste sono cose che non mi riguardano. Ma non c’è dubbio che se tua moglie vedesse queste foto, difficilmente ti perdonerebbe, tanto più se dovesse perdonare un marito rimasto senza lavoro.
Mi sentii precipitare in un baratro. Ero paralizzato dallo stupore e dalla paura. Leonardi mi fissava immobile senza dire nulla. Il suo sguardo che non trasmetteva rancore era ancora più inquietante, perché pareva aver già scritto una sentenza di condanna senza appello. A un tratto si alzò e venne verso di me.
– Vieni qui ‘ disse ‘ sediamoci sul divano. Sei molto scosso. è comprensibile. Hai bisogno di bere qualcosa.
– Vedi Guido ‘ mi disse mettendomi un braccio intorno alle spalle ‘ io ho fondato questa società oltre trent’anni fa e in tutti questi anni questa bella creatura è cresciuta così bene perché ho sempre saputo scegliere le persone che mi stanno intorno. Prendi per esempio Anna. è la mia segretaria da cinque anni, conosce ormai i segreti dell’azienda quasi quanto me, eppure questo non mi preoccupa per niente, perché io so di potermi fidare ciecamente di lei.
Il cav. Leonardi si voltò verso la segretaria. Avvertii tra loro un impercettibile sguardo d’intesa. Silenziosamente Anna s’avvicinò a noi e si fermò in piedi accanto a Leonardi.
– Anna è molto bella ‘ disse ‘ ma soprattutto è molto devota. Io so di potermi fidare di lei perché lei è mia. Capisci questo concetto?
Leonardi mi fissò e mentre mi guardava le infilò con naturalezza una mano in mezzo alle cosce. Vidi il suo braccio scomparire lento sotto la gonna. Immaginai la sua mano indugiare sulle parti intime della segretaria. Attraverso la stoffa leggera s’intuiva un movimento, lieve e costante, proprio all’altezza del ventre.
– Vedi ‘ mi disse ‘ Anna non porta mai mutandine, né collant, per mio ordine. Il suo sesso dev’essere sempre pronto e disponibile, oltre che perfettamente depilato. Eppure guarda il suo viso. Vedi com’è sereno, com’è gioioso e pulito? Nessuno direbbe che in questo momento ha due dita immerse nella fica. Questo risultato non si ottiene in due giorni e neppure in due settimane. Ci vuole tempo. Tempo e passione.
Assistevo alla scena stupefatto. Non mi ero ancora ripreso dalle rivelazioni di un attimo prima e non sapevo dove Leonardi volesse arrivare con quello strano discorso. Tuttavia, quella mano sotto la gonna, affondata nell’intimità della bellissima e imperturbabile segretaria, era estremamente eccitante.
– Ti piace Anna? ‘ mi chiese a bruciapelo. Potrebbe anche essere tua se solo lo volessi.
– Non mi permetterei mai ‘ risposi esitante.
– Fai bene. Ma sarei io a offrirtela. A me piace Anna, ma non mi dispiace vederla con altri. D’altronde, anche a me piace cambiare. Conoscere delle ragazze più giovani, delle belle fanciulle ancora in fiore. Ad esempio, da qualche mese ne ho in testa una bellissima, che mi attrae in modo particolare. Voglio fartela vedere.
Non capivo cosa stava accadendo. Mi sentivo molto confuso. Sul tavolino accanto al divano comparvero senza ch’io capissi bene come alcune foto di una ragazza molto bella di cui s’intravedeva appena il profilo del viso. Erano foto fatte negli spogliatoi di una palestra. La ragazza era nuda. Alcune foto erano scattate mentre lei era sotto la doccia, girata di spalle. Era splendida. Le immagini nitide permettevano di ammirare due cosce tornite e un meraviglioso sederino sodo. Dalla freschezza della pelle s’intuiva che doveva essere piuttosto giovane.
– Cosa te ne pare? ‘ mi chiese. Non è incantevole? Guarda che corpicino sodo! Deve fare molto sport. Forse fa danza perché ha delle coscettine muscolose.
Leonardi mi mostrò altre foto. Erano zoomate sul ventre. Un ciuffetto di peli rasi e insaponati si stagliava su una pelle candida, nascondendo solo in parte la linea delle labbra esterne della vagina. In alcune immagini s’insaponava, ma dall’insistenza delle mani nel solco delle labbra del sesso sembrava quasi che si stesse toccando.
– Allora, non ti sembra che abbia un fichino delizioso? A me pare che stia approfittando della doccia per masturbarsi. Magari pensando al suo istruttore di ballo. Tutte le ragazze di quell’età finiscono per innamorarsi del loro insegnante di danza.
Leonardi osservò compiaciuto i segni del mio turbamento. Quelle foto sprigionavano una sensualità senza pari.
– Ora dimmi, caro Guido, sii sincero. Te la faresti? Ti piacerebbe prendere questa graziosa e disinibita signorina e sbatterla senza pietà?
Rimasi ammutolito. Prima la segretaria Anna, ora le foto di questa ragazza. Leonardi stava giocando con me come il gatto con il topo, senza che potessi capire cosa c’entrava tutto questo con il mio lavoro in bilico e la scoperta della mia relazione adulterina con Monica.
– Forza, perbacco! ‘ mi esortò ‘ Dì qualcosa! Non hai ancora capito che al mio fianco voglio persone che dicono quello che pensano e non persone che fanno cose che non dicono.
Quella frase mi tolse ogni inibizione.
– Si ‘ risposi convinto ‘ è senz’altro una bella troietta, se potessi me la farei senz’altro.
– Bravo, così ti voglio. Finalmente un po’ di sincerità. Anch’io da quando ho visto queste foto non desidero altro. E sono molto contento che la pensi come me, perché tu puoi aiutarmi a riuscirci.
– Io? ‘ replicai interdetto con aria interrogativa ‘ E come potrei?
– E’ semplice. Basta che dai un’occhiata a quest’altra foto.
Leonardi si accostò alla scrivania, prese un’altra foto dal cassetto e me le porse. Ora il viso della ragazza si vedeva bene. Rimasi pietrificato. Era mia figlia. Sollevai la testa. I nostri sguardi s’incrociarono. Un lampo d’odio uscì dai miei occhi.
– Su su, non fare quella faccia! ‘ mi disse ‘ Lo so, ti ho giocato un brutto scherzo. Ma, credimi, ho dovuto farlo, altrimenti non avresti capito. Avevo bisogno che saggiassi sulla tua pelle quant’è desiderabile tua figlia. E la tua pelle ha reagito bene. Dal rigonfiamento che avevi fino a un attimo fa direi che quella del tuo membro fosse alquanto tesa.
Aveva ragione. Quelle foto mi avevano procurato una poderosa erezione. Arrossii violentemente. Il piano di Leonardi iniziava a divenirmi chiaro. Aveva organizzato tutto per ricattarmi, per costringermi a cedergli mia figlia. Che bastardo! Avrei preferito morire piuttosto che piegarmi a un simile ricatto. Leonardi me lo lesse negli occhi e mi prevenne.
– So cosa stai pensando ora ‘ mi disse ‘ che sono uno stronzo che vuole farsi tua figlia con un vile ricatto. Beh, t’invito a riflettere, forse le cose non stanno esattamente così.
Fece una pausa.
– Vedi, Guido, tu hai preso i miei soldi e hai usato l’orario di lavoro per corteggiare Monica, riducendo la produttività di entrambi. Così facendo, in modi diversi, hai rubato. Certo, potresti offrirti di restituire il maltolto, magari aggiungere qualcosa. Ma non sarebbe sufficiente. Ripagheresti il danno economico, ma non mi restituiresti la fiducia in te, che è la condizione essenziale per restare qui. La fiducia non si può comprare. Tu l’avevi e l’hai persa. Ora, se vuoi riottenerla, devi darmi una prova di fedeltà. E la prova che ti chiedo è che tu mi faccia conoscere tua figlia.
– Ma lei è pazzo! ‘ ebbi il coraggio di dire.
– No, non sono pazzo. E non ti sto domandando nulla che tu non possa fare. Non ti sto chiedendo di convincere tua figlia Martina a venire a letto con me. è sufficiente che la porti a cena da me la settimana prossima. Per farla venire le dirai che vuoi presentarla a un produttore cinematografico. Non è una balla. C’è un regista di mezz’età mio amico, poco noto perché ha diretto quasi solo fiction e telefilm, che ha ottimi contatti nell’ambiente. Non è detto che non trovi davvero un lavoro per tua figlia. Questo è tutto, non ti chiedo altro. Soltanto la possibilità di trascorrere una piacevole serata insieme a te e tua figlia.
Ascoltai con la massima attenzione. Leonardi era molto abile nel trattare con le persone. Aggiunse:
– In ogni caso la decisione finale spetta solo a te. Puoi scegliere di tenerti i miei soldi, conservare il tuo lavoro, salvare il tuo matrimonio e avere anche la mia bella Anna in cambio di questo piccolo favore. Oppure puoi rifiutarti di farmelo, ma in questo caso devi accettare l’idea di perdere tutto il resto. Pensaci. Ti lascio qui a riflettere, in compagnia di Anna, che in quanto donna è più saggia di me e di te.
Leonardi si allontanò. Io giacevo inerte, accasciato su una poltrona di pelle. Sentivo il mondo crollarmi addosso. La sua proposta era oscena, per quanto avesse cercato di renderla più accettabile. Ma tirarmi indietro significava la fine. Non avrei avuto più il mio lavoro, avrei perso la faccia con tutti, mia moglie mi avrebbe senz’altro lasciato perché non avrebbe voluto accanto un marito ladro e infedele. Avrei perso le mie abitudini, il mio tenore di vita e molti dei miei amici. Probabilmente avrei perduto anche la stima di mia figlia Martina. Insomma sarei stato un uomo finito. Queste riflessioni generarono in me un senso d’impotenza mai provato prima.
Ero lì lì per piangere quando sentii due mani posarsi sulle spalle. Era Anna. Quasi avevo dimenticato la sua presenza. Percepii il tocco di dita lunghe e sottili. D’istinto chiusi gli occhi. La sua voce risuonò nella stanza.
– Non devi vedere tutto nero ‘ mi disse ‘ Leonardi non è cattivo. è un bell’uomo, colto e raffinato. Una persona che potrebbe insegnare molto a chiunque. Tanto più a una ragazza diciottenne appena diplomata. L’ha vista in foto, gli è piaciuta e ora vuole solo conoscerla, non certo violentarla. Non devi avere timore, non c’è nulla di male che possa accaderle.
Le dita affusolate di Anna sulle mie spalle mi stavano procurando una gradevole sensazione di sollievo. Sentivo i muscoli distendersi e il respiro divenire meno affannoso. Mi venne davanti fissandomi con aria dolce. Allungò una mano per carezzarmi il viso. Per la prima volta notai il suo seno prosperoso spuntare dalla camicetta sapientemente sbottonata. Quella vista e il suo odore intenso e sensuale m’inebriarono.
Senza distogliere lo sguardo da me, s’inginocchio tra le mie cosce, poggiò la mano sulla patta dei pantaloni e restò in attesa che quella delicata pressione facesse il suo effetto. Il mio membro non si fece attendere. Anna aprì con lentezza la cerniera dei pantaloni, sfilò il mio membro già quasi completamente eretto e iniziò a masturbarmi con sapiente maestria. Aveva un tocco meraviglioso. Non ero mai stato masturbato così bene. Sapeva perfettamente come dosare i movimenti e quando cambiare ritmo. La sua mano si era già impadronita del mio piacere. Quando accelerò i movimenti capii che stavo per venire. Ma a un tratto squillò il telefono e Anna si fermò di colpo. Senza lasciare la presa, allungò l’altra mano per rispondere. Mi disse:
– E’ Leonardi. Vuole sapere se tu e Martina potete andare a cena la lui venerdì prossimo. Gradirebbe avere una conferma.
La mano di Anna stringeva con forza la base del pene mentre mi guardava fissa negli occhi con aria sicura. Il glande era rossissimo, sembrava stesse per esplodere. Esitai un istante. Poi annuii. Un ampio sorriso le si sciolse sul viso.
– Hai fatto la scelta migliore ‘ mi disse. Vedrai, non te ne pentirai. Ora però non pensarci più. Pensa solo a liberare la tua tensione nella mia bocca.
La mano di Anna riprese il suo irresistibile movimento, mentre la lingua si muoveva intorno al glande. Prese il pene tra le labbra e iniziò a succhiarlo. Pochi secondi di quel trattamento furono sufficienti a farmi salire dentro un orgasmo fortissimo e irrefrenabile. Un attimo dopo tre, quattro, cinque fiotti di sperma le invasero la bocca. Smisi di contarli. Fu una sborrata interminabile. Anna serrava il cazzo tra le labbra, aspettando che mi svuotassi completamente. Quando ebbi finito si staccò piano e mi sorrise. Aveva già inghiottito tutto.
– Sai, hai proprio un buon sapore ‘ mi disse ‘ E’ stato un drink diverso dal solito. A metà mattinata prendo sempre qualcosa da bere.

La residenza di Leonardi era una bellissima villa con un grande parco intorno. All’ingresso incontrammo Julius, la guardia del corpo di Leonardi. Un ragazzo sui venticinque anni di colore, alto e muscoloso, dai lineamenti molto marcati. Appena entrati fu Leonardi stesso a riceverci.
– Ben arrivati ‘ disse ‘ vedo che avete già conosciuto Jiulius, la mia ombra. Io a volte lo chiamo scherzosamente il Negro. Tanto non si offende, non è razzista lui ‘ aggiunse con tono ironico.
– Ma veniamo a noi. Finalmente ho il piacere di conoscere Martina, la nostra attrice in erba.
– Molto lieta ‘ disse mia figlia stringendogli la mano, mentre arrossiva leggermente per quell’appellativo inatteso.
– Il mio amico regista, il dott. Conti, non è ancora arrivato. Ma direi che è un bene, visto come ti sei vestita ‘ sentenziò Leonardi rivolgendo a mia figlia uno sguardo di affettuoso rimprovero.
– Perché? ‘ chiese Martina un po’ sorpresa.
– Perché i registi vivono d’immagini, di colori. Vanno stupiti. Non puoi presentarti a lui in jeans e maglietta. Devi mostrarti come se fossi già sul set. Prepararti come potrebbe essere il suo personaggio preferito.
– Ma non preoccuparti ‘ aggiunse ‘ avevo previsto questo problema e ho già pensato a tutto. Ti affido nelle mani di Anna. Lei ha quel che occorre per trasformarti nella ragazza dei sogni del nostro regista.
Anna prese per mano Martina e la condusse fuori dalla stanza. Rimasti soli, ben presto anche Leonardi mi congedò spiegandomi che aveva ancora del lavoro da svolgere. Mi disse che nell’attesa ero libero di fare ciò che volevo: visitare la villa, il giardino, oppure trattenermi nel salone a leggere e a bere qualcosa.
Quella solitudine improvvisa generò in me un turbinio di pensieri. Avevo portato lì Martina perché non potevo farne a meno e adesso l’avevo lasciata con Anna, che l’avrebbe resa elegante e sensuale per compiacere i desideri di Leonardi. Come potevo aver fatto questo?
Per cercare di non pensarci scesi in giardino. Era immenso e perfettamente curato. Lunghi viali s’inerpicavano tra alberi enormi e una vegetazione lussureggiante. In quel pomeriggio d’estate passeggiai quasi un’ora prima di accorgermi di averlo visitato tutto. All’improvviso mi sentii chiamare. Era Anna.
– Ah, sei qui! ‘ mi disse ‘ Ti ho cercato dappertutto. Martina sta finendo di prepararsi. Vieni, per la cena c’è ancora un po’ di tempo, voglio farti vedere una cosa.
La seguii. Era splendida. La carnagione chiara lasciava intravedere alcune vene in trasparenza che le conferivano una vulnerabile sensualità. Mi portò in una zona isolata del parco, lontana dalla villa, dove nel mio girovagare avevo già notato una piccola baita in legno al termine di un sentiero.
– Questo è il mio rifugio ‘ disse ‘ Qui vengo quando ho bisogno di stare sola. Vieni, entriamo!
L’interno della baita era molto carino. C’era anche un piccolo camino di fronte a un grosso divano. Sulle pareti erano appesi articoli in rame e altri utensili che davano all’ambiente un aspetto rustico. Mi soffermai a guardare alcune simpatiche statuine in legno intagliate a mano.
– Allora, ti piaccio?
Mi voltai di scatto. Anna era nuda. Senza che me ne accorgessi si era completamente spogliata. Rimasi ammutolito. Era senz’altro la donna più bella che avessi mai visto. Il fisico snello, la pelle chiara e i grossi seni le conferivano un erotismo regale, che contrastava con l’impudicizia del ventre, così oscenamente rasato. Si avvicinò a me. Posò le labbra sulle mie. Le nostre lingue s’intrecciarono in un bacio lento e passionale. Mi disse:
– Abbassati! Voglio che tu mi dia un giudizio estetico.
Mi chinai. Ora il mio viso sfiorava il suo sesso. Vista da così vicino la vagina di Anna aveva un potere quasi ipnotico.
– Spero che ti piaccia così depilata. Sai, adesso anche quella di Martina è così. Le ho fatto un bel lavoretto. è così liscia che sembra che non abbia mai avuto un pelo in vita sua. Ho usato una crema speciale, che la rende glabra come un glande.
Ebbi un sussulto. Mia figlia era stata depilata.
– Non ti spaventare. è una cosa che non fa male. Anzi, si è divertita. Mi ha detto che da tempo avrebbe voluto radersi, ma che non sapeva come fare a non irritarsi.
Anna mi sorrise maliziosa.
– Quando siamo così belle depilate ‘ proseguì ‘ ci assomigliamo un po’ tutte lì sotto. Ma devo dire che la micetta di tua figlia è davvero speciale. è piccola, con le labbra sottili e l’interno roseo. Un vero piccolo bijou.
Sentendo la descrizione del sesso di Martina non riuscii a celare il mio turbamento. Anna se ne accorse.
– Ti eccita sentir parlare della fica di tua figlia non è vero? Non devi mica vergognartene. Ti confesso che anch’io mentre la depilavo quasi quasi ci ho fatto un pensierino. Per quanto mi piacciano gli uomini, non so resistere all’armonica bellezza di un corpo femminile.
Anna si aprì le labbra della vagina con le dita di entrambe le mani.
– Su, leccamela adesso. Ho voglia di sentire la tua lingua dentro di me.
Obbedii. Affondai la lingua in quell’anfratto godurioso con la foga di un cane impazzito dinanzi al suo boccone più prelibato. La sentivo ansimare mentre m’immergevo in quella carne lasciva facendo la spola tra le pieghe della vagina e il buchetto plissettato dell’ano.
– Vieni sul divano ‘ mi disse ‘ non resisto più. Voglio il tuo cazzo.
Fu una scopata memorabile. Anna si muoveva con la sensualità di una regina e l’abilità di una troia. Affondavo dentro di lei con spinte sempre più poderose, montandola selvaggiamente. Sentivo l’eccitazione salire e l’orgasmo avvicinarsi. Ero a un passo dal venire, quando Anna mi bloccò. Si sfilò da sotto e si mise a cavallo su di me. S’inserì di nuovo il cazzo nella vagina e restò così, ferma, senza muoversi.
– Adesso facciamo il gioco della verità caro il mio paparino. Prima non mi hai risposto. è vero che ti sei eccitato quando ti ho descritto la fica di Martina? Dì la verità, non negare. Altrimenti mi arrabbio e ti lascio così, con il pisello duro.
– No, ti prego ‘ la supplicai.
– Allora rispondi! Ti sei eccitato o no?
– Si ‘ dissi ‘ mi sono eccitato da morire.
– Bravo il mio paparino, che si arrapa pensando alla fica della figlia. Chissà cosa proverai tra poco allora, quando la vedrai vestita per la cena di stasera. Le ho fatto indossare un abitino nero, corto e scollato e dei sandaletti a tacco alto. Niente intimo. Né reggiseno, né mutandine. Le ho detto che il vestito era troppo sottile e attillato per poter mettere qualcosa sotto senza che si vedesse.
– Allora ‘ proseguì ‘ cosa ne pensi? Cosa ne pensa questo papino depravato di sua figlia vestita come una troietta da stupro? Quando Leonardi e il dott. Conti la vedranno se la mangeranno con gli occhi. Faranno fatica a non saltarle addosso. E mi sa che anche questo papino avrà qualche difficoltà a contenersi.
Mentre diceva questo Anna aveva ripreso a muoversi sopra di me con studiata lentezza. Le sue parole unite ai suoi movimenti mi stavano facendo morire dal desiderio.
– Il tuo cazzo è diventato di marmo. Lo sento dentro di me. Ti eccitano questi discorsi brutto maiale? Ti piace pensare che stasera tua figlia verrà scopata senza ritegno? Su, rispondi, porcello! Ti eccita pensare che dopo cena le daranno una bella sistemata? Leonardi ha un bel cazzo, scommetto che l’aprirà per bene. Per non parlare di Julius. Ha un cazzo enorme. Se Martina finisce fra le sue mani l’allargherà a dismisura.
A quel pensiero non seppi resistere. L’immagine di Martina presa da Julius mi fece esplodere in un’eiaculazione violentissima. Anna continuò a muoversi su di me finché il mio cazzo non smise di pulsare nella sua fica. Poi si alzò in piedi, si rimise le mutandine e si rivestì senza neppure andare in bagno a lavarsi.
– Forza, andiamo ‘ mi disse ‘ si sta facendo tardi e a Leonardi non piace aspettare.

Quando giungemmo alla villa il dott. Conti era già arrivato. Trovammo tutti ad attenderci nel salone prendendo un aperitivo. C’era anche Martina. Quando la vidi trasalii. Era ancora più sensuale di come Anna l’aveva descritta. L’abito nero aderente, corto e un po’scollato, metteva in risalto le sue forme e soprattutto delle bellissime spalle. Quando si girava, si poteva ammirare la sua schiena, atletica e lievemente muscolosa come quella di una giovane danzatrice. Le unghie laccate rosso vermiglio e le décolletées a tacco alto le davano poi un aspetto decisamente provocante. Conversava amabilmente con il regista e con Leonardi senza apparente imbarazzo.
La cena fu squisita. Da cultore dei piaceri della vita Leonardi aveva organizzato un banchetto memorabile. Il servizio e la presentazione delle portate rivelavano una cura maniacale. Mangiammo e bevemmo per oltre un’ora. Martina assaporò tutto di gusto e dietro le insistenze di Leonardi assaggiò anche un po’ di vino.
La sala da pranzo era progettata per inspirare nei commensali una serena eleganza, ma dentro di me covava un misto di frenesia e eccitazione. Di tanto in tanto incrociavo lo sguardo di Anna, che mi lanciava delle occhiate sfrontate. Arrivati al dolce, Leonardi chiese a Martina di avvicinarsi. M’irrigidii.
– Vieni qua, Martina ‘ disse Leonardi ‘ siediti un po’ qui, vicino a me, sulle mie gambe.
Martina esitava.
– Su, non temere ‘ aggiunse ‘ con l’età che ho potrei essere tuo padre.
Pronunciò quelle parole senza guardarmi, ma l’allusione fu sufficiente a farmi sentire male.
– Allora Martina, tuo padre mi ha riferito che sin da piccola dicevi che volevi fare l’attrice. è vero?
– Si ‘ rispose Martina.
– è senz’altro un bel mestiere. Non c’è nulla di meglio che fare della sublimazione di un istante la propria professione. Certo, nel mondo del cinema bisogna sapersi muovere. è un ambiente dove il confine tra la realtà e l’immaginazione può diventare molto sottile a volte. Ma anche questo ha il suo fascino non ti pare?
Martina annuì incerta, senza capire bene il significato di quelle parole.
– Ma proprio per questo ‘ continuò Leonardi ‘ se vuoi lavorare nel cinema devi tenere sempre i piedi per terra. Non perdere mai di vista la differenza tra la realtà e la finzione.
Martina lo guardò interdetta.
– Ti faccio un esempio, così sarò senz’altro più chiaro. Guido mi ha detto che hai un ragazzo giusto?
– Si ‘ rispose Martina ‘ da circa un anno.
– E credo che con questo ragazzo tu faccia anche l’amore ogni tanto, no?
Martina restò in silenzio.
– Dai, non c’è niente di male. Non credere che Guido non lo sappia. Stai tranquilla che tuo padre se lo immagina bene.
Leonardi non perdeva occasione di stuzzicarmi.
– Beh, insomma ‘ proseguì ‘ diamo per scontato che l’hai fatto. Ora, dimmi, ti è mai capitato qualche volta di fingere durante i momenti d’intimità?
– No ‘ rispose Martina dopo una lunga pausa di silenzio.
– Bene! Questo ti fa onore. Ecco, se fossi su un set cinematografico dovresti fare esattamente l’opposto. Dovresti fingere di provare il più forte orgasmo della tua vita anche se non avverti alcun piacere. Pensi di esserne capace?
– Non saprei ‘ rispose Martina visibilmente imbarazzata.
– è normale che tu non lo sappia ‘ replicò Leonardi ‘ Ma è proprio quello che dobbiamo scoprire. Nella parte che il dott. Conti ha pensato per te c’è una scena d’amore con un giovane uomo di colore. Te la senti di provarla qui, adesso, con Julius?
Martina era ammutolita. Un visibile rossore le colorò le gote.
– Hai ragione a non sentirtela ‘ proseguì Leonardi con tono paterno ‘ qualunque ragazza 18enne s’inibirebbe a recitare una scena d’amore dal vivo con il padre presente. Facciamo così. Io, te e il regista abbiamo parecchio lavoro da fare stasera. Dobbiamo provare questa scena, qualche altra e vedere insieme le parti del copione dove recita il personaggio che il dott. Conti ha pensato per te. Quindi, adesso è meglio che tuo padre se ne vada a casa, mentre noi, belli tranquilli, ci mettiamo all’opera. Quando avremo finito puoi dormire qui, tuo padre verrà a riprenderti domattina.
Detto questo Leonardi si alzò dalla sedia e s’accostò al mio lato del tavolo.
– Guido ‘ mi disse ‘ è stata una bellissima serata. Anna ti accompagnerà alla porta. Domattina vieni a riprendere Martina quando vuoi. La troverai a dormire tra quattro guanciali. Noi ci vediamo domani in ufficio, oppure qui a colazione. Buona notte.
Il suo tono era molto cordiale, ma non ammetteva repliche.
Mentre parlava, Anna s’era già avvicinata. Mi prese sottobraccio e mi condusse fuori dalla stanza.
– Non posso lasciare mia figlia qui ‘ le dissi una volta fuori dalla sala ‘ non me la sento. Cosa penserà di me?
– Su forza, non essere sciocco ‘ replicò Anna ‘ cosa deve pensare? Tu credi che sia ancora una bambina ma non è così. Se ora tornassi dentro a riprendertela e le facessi perdere quest’occasione, lei te lo rinfaccerebbe per tutta la vita. E poi non devi mica andartene, è sufficiente che lei l’abbia creduto. Seguimi.
Anna mi condusse in un corridoio dal quale attraverso una porticina entrammo in una piccola stanzetta buia con le pareti dipinte di nero. Sembrava una camera oscura d’altri tempi. Dentro non c’era nulla tranne una sedia posta proprio al centro della stanza. Senza accendere la luce Anna si diresse verso il lato della stanza dal quale trapelava un lieve chiarore. Con delicatezza, senza fare rumore, tirò una tenda nera che scorreva lungo l’intera parete. La stanza si rischiarò. Dietro la tenda, al posto del muro, c’era un vetro che dava sulla sala da pranzo. Quello che di là sembrava solo un enorme specchio era in realtà una finestra invisibile che permetteva di spiare dalla camera accanto. Rimasi sbalordito.
– Ecco qua ‘ disse Anna ‘ come vedi, da qui hai il pieno controllo della situazione. Ti ho fatto mettere anche una sedia per stare più comodo. Goditi lo spettacolo! Quando vuoi andar via, l’uscita e di là.
Mi sedetti. Al di là del vetro si vedeva tutto e potevano anche sentirsi abbastanza distintamente le voci. Nella sala era entrato Julius, il Negro, come lo chiamava Leonardi. La sua guardia del corpo. Parlava animatamente con Martina. Forse le stava spiegando la scena, pensai, oppure avevano già iniziato a provare. Gli altri si erano riuniti tutti dall’altro lato del tavolo, compresa Anna che era appena rientrata. Dopo alcuni minuti Julius afferrò Martina per le braccia e la baciò appassionatamente sulla bocca. La differenza di altezza tra i due era notevole. La sollevò quasi da terra con le sue braccia forti. Si baciarono un tempo che mi sembrò lunghissimo. Decisamente troppo per qualunque scena d’amore.
A un tratto Juilius si staccò, rivoltò Martina su se stessa e la piegò a novanta gradi sul tavolo. Lei sembrava sorpresa, ma non fece resistenza. Iniziò a toccarla in mezzo alle cosce. Martina cercò di rialzarsi e di girarsi, ma Julius con l’altra mano la schiacciò contro il tavolo, impedendole di muoversi. Vedevo le sue dita nodose immergersi nella vagina di mia figlia e ravanare dentro tra la soddisfazione degli astanti. Dopo essersi divertito ad esplorare per bene le profondità di Martina estrasse le dita e si abbassò la lampo. Anna non aveva esagerato: aveva un membro enorme. Lo puntò contro il sesso di mia figlia e senza tanti riguardi iniziò a spingere con forza. Martina gridava e si dibatteva come una farfalla trafitta. Julius aveva un sesso gigantesco per qualunque donna. Tanto più per il fichino delicato di mia figlia. Immaginai le pareti della sua vagina dilatarsi fino allo spasimo nel tentativo di accogliere dentro di sé quello smisurato palo di carne.
Dopo molti sforzi e molte urla di mia figlia Julius riuscì a entrare. Allora diede un colpo di reni poderoso e le infilò il cazzo fino in fondo. Martina emise un urlo acutissimo. Quel cazzo sproporzionato che le stava perforando il ventre mi richiamò alla mente un disegno erotico surreale che avevo visto a una mostra alcuni anni fa: ritraeva una donna urlante presa da un sauro con sembianze umane il cui membro era così enorme da trapassarle l’intero corpo e fare capolino dalla sua gola.
Mentre Julius squassava il corpicino di mia figlia scopandola senza sosta, Leonardi si avvicinò alla testa di Martina riversa dall’altro lato del tavolo.
– Allora ‘ disse prendendola per i capelli ‘ cosa te ne pare di Julius? Non ti sembra proprio un bravo attore? Certo, forse non ha ancora ben chiara la differenza tra i reality e le fictions e si è spinto un po’ oltre. Ma in fondo ha superato il confine della finzione di appena una trentina di centimetri. Quelli che adesso ballano nel tuo pancino.
Detto questo Leonardi aprì la cerniera dei pantaloni. Un cazzo perfettamente eretto svettò davanti al viso di Martina.
– Forza ‘ proseguì ‘ ora apri la boccuccia puttanella. Con Julius stai facendo la brava. Vediamo come te la cavi con due cazzi insieme.
Leonardi l’afferrò per i capelli, le tirò la testa all’indietro e si conficcò nella sua bocca. Adesso Martina era costretta a subire l’invasione di due membri. La vista di mia figlia utilizzata in quel modo mi eccitava da morire. Iniziai a masturbarmi senza quasi rendermene conto.
I membri di Julius e di Leonardi penetravano Martina all’unisono. Leonardi si divertiva a tenerle ferma la testa e ad affondarle il cazzo fino in gola, dandole appena il tempo di respirare. Il Negro si compiaceva di farla ansimare, dandole spinte sempre più brutali. Martina era divenuta un mero strumento di godimento.
– è un piacere abusare di questa giovane troia ‘ esclamò Leonardi. Chi l’avrebbe mai detto che la figlia di Guido fosse così puttana? Forza Julius, facciamole capire cosa significa una vera sborrata. è arrivato il momento di regalare a questa puttanella una bella dose di sperma.
A quest’incitamento il Negro rispose accelerando ancora di più i suoi movimenti, mentre Leonardi usava la bocca di Martina come se fosse una seconda vagina. Dopo pochi secondi Julius emise un grugnito liberatorio. Stava eiaculandole nella fica. Allora Leonardi tirò fuori il cazzo e iniziò a menarselo, mentre con l’altra mano teneva la testa di Martina schiacciata contro il tavolo. Quando fu sul punto di venire s’inserì di nuovo nella cavità orale di Martina e ci restò finché non si fu svuotato del tutto.
– Bevi, Martina, bevi ‘ disse Leonardi ‘ alla tua età lo sperma fa bene. Una cura intensiva di seme maschile è proprio quello che ci vuole per aiutarti a crescere sana. Sana e troia.
In tutto questo tempo Anna e il dott. Conti erano rimasti seduti ad assistere allo spettacolo sempre più visibilmente eccitati. Quando Julius ebbe finito, il regista s’accostò alle spalle di Martina.
– Diamine Julius ‘ esclamò il regista ‘ non si può dire che tu ti sia risparmiato. Hai trasformato la fica di questa povera ragazza in uno sborratoio. Non si sarebbe ridotta così neppure se Leonardi l’avesse fatta montare da un cavallo.
A riprova di quanto affermava il dott. Conti affondò due dita nella vagina di Martina e le ritirò gocciolanti.
– Non mi va di fotterla qua dentro ‘ disse il regista ‘ più che una fica sembra diventata un canale di scolo.
– Hai ragione ‘ intervenne Anna, la quale nel frattempo gli si era accostata accanto ‘ ma forse ho la soluzione al tuo problema. Aspettami un attimo!
Uscì dalla stanza. Quando tornò aveva in mano un tubetto di gel. Si avvicinò a Martina, che giaceva riversa sul tavolo e fece colare un po’ di gel sul suo buchetto posteriore. Con le dita cominciò a massaggiarle l’ano come se volesse spargerle una crema emolliente. Dopo un po’ iniziò a esercitare una pressione sempre maggiore.
– Credo che tu possa essere accontentato ‘ disse Anna ‘ il culetto di Martina sembra abbastanza cedevole. Ancora qualche minuto di questo trattamento e la tua apertura preferita sarà pronta.
Anna si versò dell’altro gel sulle dita e riprese il suo lavoro. Infilò il dito medio nel culo di Martina e lo tenne fermò dentro per un buon minuto, in attesa che i muscoli dell’ano si decidessero a rilassarsi. Poi iniziò a muovere il dito con lenti movimenti circolari, al fine di convincere il culetto ad allargarsi ancora. Continuò questa paziente operazione per diversi minuti. Adesso nel sedere di Martina si riuscivano a inserire anche due dita senza problemi.
– è pronta! ‘ esclamò Anna soddisfatta, rivolgendosi al regista ‘ Non ci è voluto molto in fondo. è probabile che questa zoccoletta non sia vergine neppure qui dietro. Il fidanzato deve averle già fatto il culo qualche volta.
– Bene! ‘ replicò il dott. Conti slacciandosi i pantaloni.
– Vacci piano però ‘ disse Anna ‘ anche se l’ho dilatata abbastanza, il tuo cazzo resta di dimensioni notevoli per il culetto di una 18enne.
Il regista appoggiò la punta del cazzo contro l’ano di Martina e spinse con delicatezza. Vidi il suo membro sparire centimetro dopo centimetro nella carne ansimante di mia figlia. Quando fu entrato del tutto cominciò a muoversi con spinte lente e regolari. Dalla calma con cui si muoveva sembrava che quella sodomizzazione dovesse durare un tempo infinito. E così fu infatti. Il dott. Conti non aveva alcuna fretta. Sembrava potesse continuare per ore. Inculava Martina artigliandole i fianchi in modo fermo, pacato e deciso. Ogni tanto estraeva il cazzo e restava immobile a contemplare il lato posteriore di mia figlia, soddisfatto del fatto che il suo ano aveva ormai rinunciato a richiudersi, come se il cazzo che l’arava si fosse impresso nella sua carne.
– Forza ‘ proruppe Leonardi un po’ spazientito ‘ non puoi passare lì dentro tutta la notte! Datti da fare perbacco!
A quest’esortazione il regista cambiò ritmo. I suoi colpi si fecero più forti e decisi. Adesso si poteva sentire il rumore sordo delle palle che sbattevano contro il culo. Martina, che fino a quel momento era rimasta quasi inerte, iniziò a gemere. Per la prima volta mi resi conto che stava chiaramente godendo. Inarcò la schiena per offrirsi meglio alle spinte del regista, che sembrò apprezzare molto questo gesto di sottomissione. Diede una serie fortissima di colpi e si sciolse in un urlo liberatorio. Era venuto. Immaginai l’intestino di mia figlia allagato dallo sperma di quel grasso maiale.
– Fantastico! ‘ disse Leonardi rivolto al regista ‘ Credo proprio che a questo punto Martina si sia guadagnata la parte. Quella di reginetta delle cagne senz’altro. Adesso però basta restare qui. Se vogliamo continuare dobbiamo trasferirci in un posto più comodo. Anche per la povera Martina, che è su questo tavolo da circa un’ora.
– Anna! ‘ chiamò a gran voce Leonardi ‘ Abbiamo qualcosa per incoronare Martina reginetta delle cagne?
– Abbiamo questo ‘ rispose Anna consegnandogli una striscia di pelle nera borchiata lunga circa quaranta centimetri.
Leonardi la prese. Vidi che trafficava vicino alla testa di Martina. Quando si scostò capii. Le aveva messo un collare.
– Ecco ‘ disse Leonardi sorridendo ‘ ora sembri proprio quella cagnolina tenera che ho sognato tanto quando ho visto le tue foto la prima volta. Vieni, mettiti per terra. Imparare a camminare a quattro zampe non è difficile, basta solo andare un po’ indietro con gli anni.
Leonardi prese Martina e l’adagiò sul pavimento. Poi infilò un dito in un anello laterale del collare e tirò leggermente.
– Su, Martina! ‘ disse ‘ Forza. Andiamo!
Martina si mise carponi per seguirlo. Percorsero così tutto il lato lungo del tavolo da pranzo. Venivano verso di me. Giunti davanti allo specchio Leonardi si fermò, si girò verso lo specchio e sorrise. Sapeva che ero lì, al di là della parete di vetro. Ora potevo vedere mia figlia da vicino. La fica e il culo erano completamente imbrattati di seme. Dovevano averne riversato in lei una quantità incredibile, che le sue aperture non riuscivano a contenere. Infatti stava colando. Leonardi se ne accorse.
– Cosa fai, Martina? ‘ le disse ‘ Ti sembra bello sporcare un pavimento di marmo così lindo e pulito? Guarda che chiazza che hai fatto!
Leonardi la prese per il collare e con la mano le spinse a terra la testa per farle vedere da vicino le gocce di liquido seminale finite per terra.
– Su forza, pulisci! ‘ la esortò, facendole capire che avrebbe dovuto usare la lingua.
Alla vista di Martina che ripuliva il pavimento dallo sperma che le era fuoriuscito dalla fica e dal culo non riuscii a trattenermi e venni anch’io sul pavimento, assalito dall’incontenibile desiderio di rendermi in qualche modo partecipe di quello sperma che mia figlia stava leccando a terra a pochi centimetri da me.
Mentre ero ancora sprofondato sulla sedia, scosso dai sussulti dell’orgasmo, vidi Martina allontanarsi a quattro zampe con Leonardi.
– Vieni ‘ le diceva Leonardi ‘ non abbiamo ancora finito. Andiamo in camera da letto.
Uscirono dalla sala seguiti da tutti gli altri. Io invece restai lì, seduto, con il pene ancora parzialmente eretto e una grossa chiazza di sperma ai miei piedi. La solitudine improvvisa e l’allentamento della tensione successivo all’orgasmo mi riportarono alla realtà. Un lungo brivido di terrore mi gelò il sudore nelle spalle. Dovevo essere completamente impazzito per essermi comportato così. Mi ricomposi in fretta e fuggii dalla villa a gambe levate. Erano circa le 11:00 quando trovai la forza di ripresentarmi davanti al cancello d’ingresso della villa del cav. Leonardi. Percorsi il viale alberato che conduce alla villa. Dinanzi al portone c’era Anna ad attendermi.
– Ti aspettavo ‘ mi disse ‘ Martina sta ancora dormendo. Dopo stanotte è comprensibile. Ma sta bene, non preoccuparti, è solo stanca. Stanca ma felice ‘ aggiunse ammiccando.
Mi condusse dove Martina stava riposando. La stanza era in penombra. Entrammo. Martina giaceva sul letto supina, coperta solo da un lenzuolo che le lambiva i seni. Anna s’avvicinò e con delicatezza fece scivolare lentamente il lenzuolo fino a renderla completamente nuda. Sebbene la sera prima l’avessi vista in pose più oscene, l’immagine di quel corpo così inerme mi fece salire il sangue alle tempie. Anna percepì il mio desiderio e s’accostò al mio orecchio per sussurrarmi qualcosa.
– Stamattina all’alba, quando abbiamo smesso di divertirci, il cav. Leonardi le ha impedito di lavarsi. Credo l’abbia fatto perché intendeva fartela trovare così, ancora tutta imbrattata di seme. Guarda qua!
Anna m’indicò una chiazza di forma irregolare che si era formata proprio in mezzo alle cosce di Martina.
– Se vuoi puoi toccarla ‘ mi esortò Anna ‘ stai certo che non si sveglierà. Non dopo quello che ha passato stanotte.
Esitai. Sapevo che era una follia, ma il desiderio di sfiorare il suo tenero corpo era troppo forte. Allungai una mano e le carezzai delicatamente le labbra della vagina. Il contatto con la pelle di Martina mi provocò un brivido. Indugiai. Insinuai pian piano l’indice nel solco delle labbra. Era molto bagnata. Pensai a quanto doveva essere stato abusato quel passaggio perché il dito potesse affondare così, senza incontrare alcuna resistenza.
– Se vuoi puoi esplorarle anche l’altro ingresso ‘ disse Anna con tono malizioso ‘ credo che lo troverai nelle stesse condizioni.
La guardai spaventato.
– Allora usciamo ‘ mi disse.
Anna mi portò nella camera dove la sera precedente si erano riuniti quando io ero fuggito dalla villa. Al centro della stanza c’era un grande letto ancora disfatto. Si avvertiva odore di sesso. Anna mi spinse sul materasso morbido e si distese accanto a me.
– Sai – mi disse – credo che tua figlia abbia la stessa passione che ho io, perché ha una vera e propria adorazione per il membro maschile. Ieri, quando sei andato via, il cav. Leonardi ci ha sbattute sul letto e mi ha ordinato di leccarla. Ripuliscila mi ha detto, ma non ingoiare nulla. Allora ho capito cosa voleva e mi sono data da fare. Non vedevo l’ora che la pelle soda di quel corpicino finisse tra le mie mani. Ho iniziato a leccarla con cura. Ho aspirato lo sperma dalla fica e poi dal culo, stando ben attenta a trattenere il seme in bocca. Poi Julius le ha tirato i capelli all’indietro, io mi sono accostata al suo viso e le ho risputato tutto in gola. Poverina! Con Julius che le teneva fermi i capelli all’indietro ha dovuto bere tutto senza fiatare.
Quindi ci siamo baciate. Le nostre lingue vischiose si sono intrecciate in un bacio languido e sensuale. Quando mi sono staccata ho visto che Julius aveva di nuovo il cazzo eretto. Allora il cav. Leonardi gli ha fatto un cenno e lui s’è avvicinato a Martina da dietro. Ho capito che Leonardi gli aveva silenziosamente ordinato d’incularla. Essere presi lì da Julius è un’esperienza che non si dimentica. Per quanto il sederino di Martina fosse già stato dilatato dal regista, ho temuto che non sarebbe riuscita ad accogliere quel palo sproporzionato. Allora ho cercato di farla rilassare baciandola e carezzandola. In un primo tempo Julius è stato molto attento a procedere con cautela per timore di lacerarla. Ma il cav. Leonardi si è innervosito. Devi incularla senza pietà gli ha detto. Voglio sentirla strillare e dibattersi come una cagnetta che sta per partorire. Allora Julius ha rotto gli indugi e si è messo a premere con forza il suo cazzo poderoso contro l’ano di Martina, che ha cominciato a piangere e a strillare. Più si dibatteva più Leonardi incitava Julius. Devi sfondarla gli diceva, voglio che dopo stanotte non sia più la stessa. Martina tremava e piangeva. Ho temuto davvero che la spaccasse. Ma per fortuna tua figlia è proprio una troia e quando una donna è veramente puttana non c’è membro che non riesca a prendere. Così, pian piano, le urla di Martina si sono affievolite e la sua carne si è adattata a quell’assalto possente.
Mentre raccontava queste cose Anna aveva iniziato a massaggiarmi il membro sulla stoffa dei pantaloni. Il suo tocco, unito al racconto che stavo ascoltando, me lo fecero diventare durissimo. Allora lo tirò fuori per masturbarmi.
– Sei proprio un papino depravato. Ti ecciti come un porcello nel sentire questi discorsi. Tua figlia è una vacca ma tu sei un maiale. Pensa che a un certo punto mentre Julius la inculava Leonardi ha deciso di prenderla nella fica. Le è salito sopra e le è entrato dentro senza tanti riguardi. Non credevo che riuscisse a sopportare anche questo, invece lei ha allargato per bene le cosce e si è fatta montare. è lì che ho capito la natura di tua figlia, il suo desiderare il cazzo più di ogni altra cosa. Leonardi e Julius l’hanno scopata selvaggiamente prima d’inondarla di sperma. I loro cazzi si contendevano ogni centimetro di quella carne, scontrandosi attraverso la sottilissima parete che divide la fica dall’ano. Pensa che anche il regista, che l’aveva inculata poco prima, non è riuscito a trattenersi. Si è avvicinato al viso di Martina e ha iniziato a strusciarle il cazzo contro la guancia. Poi le si è conficcato in gola, sfruttando l’ultimo ingresso rimasto libero.
Mentre diceva queste cose Anna mi masturbava vigorosamente, facendomi ansimare.
– Ti ecciti eh! Che porco che sei! Scommetto che piacerebbe anche a te riempire di sperma quella puttanella in calore di tua figlia. Che ne dici? Rispondi, maiale! Tanto, anche se resti in silenzio, il tuo cazzo parla per te.
– Voglio confessarti una cosa ‘ proseguì Anna ‘ tu non lo sai, ma in parte il tuo desiderio si è già avverato. Quando ho smesso di leccare Martina, prima che Julius la prendesse ho preteso che mi ricambiasse il favore. Mi sono messa a cavalcioni sulla sua faccia e l’ho costretta a baciarmela. Ma mentre si dava da fare mi sono ricordata che dopo il nostro incontro frettoloso nel casolare non mi ero lavata, per cui la mia fica era ancora piena del tuo sperma. L’idea che Martina bevesse il tuo seme colante dalla mia fica mi ha eccitato moltissimo, al punto che le sono venuta in bocca.
Quelle parole mi fulminarono. Non aveva smesso di parlare che venni anch’io all’istante nella sua mano.
– Quanto sperma ‘ disse Anna ‘ Peccato solo che Martina non sia qui, altrimenti avrebbe potuto assaggiarlo bello caldo, appena sgorgato dalla sorgente. Non hai idea quanto sia piacevole per una donna ricevere un fiotto bollente dritto in gola.
Per dare concretezza a quelle parole Anna si portò la mano alla bocca per nettarla. La guardai. L’immagine di quella mano dalle dita lunghe e affusolate, con le unghie scarlatte contrastanti con il candore degli schizzi di seme era l’essenza dell’aristocratica sensualità di Anna.
– Bene! Vedo che qui ci stiamo divertendo!
Mi voltai di scatto. Sulla soglia della stanza era apparso Leonardi. Dietro di lui una donna. Era mia figlia. Trasalii. Cercai disperatamente di ricompormi prima che entrassero, ma ogni tentativo di assumere un aspetto decente era vano. Mi coprii il membro floscio con un lembo del lenzuolo con la stessa goffaggine di un adolescente sorpreso a masturbarsi dai genitori. Leonardi aveva previsto tutto. Aveva organizzato tutto, compreso quell’ingresso teatrale affinché mia figlia potesse vedermi nel peggiore dei modi, precludendomi ogni tentativo di spiegazione.
Martina si avvicinò a me. Cercò di guardarmi negli occhi ma io non riuscii a sostenere il suo sguardo neppure per un istante. Poi dopo un lungo silenzio prese la parola.
– Non volevo credere che ieri sera mi avessi davvero lasciata qui, deliberatamente, in mezzo a questi porci. Ma ho dovuto arrendermi all’evidenza. Prima, quando sei entrato nella mia stanza, ti ho sentito frugare con le dita nella mia intimità. E ora ti ho visto venire mentre ascoltavi il racconto degli abusi che ho dovuto subire stanotte per colpa tua.
– Papà! ‘ esclamò Martina dopo una pausa ‘ Sei un maiale! Molto più di loro.
Ero paralizzato. Il peggio del peggio era accaduto. Non riuscivo a pensare a nulla che avesse senso dirle per migliorare la situazione.
– Ci sono delle cose che non sai ‘ trovai la forza di rispondere.
– Cosa non so? ‘ replicò Martina rabbiosa ‘ che hai tradito mia madre con una collega di lavoro? Che hai rubato alla tua azienda falsificando i bilanci? Che ti ha convinto a portarmi qui la mano di Anna serrata attorno al tuo membro? La stessa mano che ora è impiastricciata del tuo sperma?
Leonardi le aveva raccontato tutto. Ero perduto.
– Io non so più chi sei papà. In poche ore ho capito che non l’ho mai saputo. Mi sento stranita. Mi rendo conto soltanto del fatto che non voglio più tornare a casa. Io ho deciso, resto qua.
– Ma cosa stai dicendo? Sei impazzita? Per fare cosa?
– Ora che ho preso il diploma ‘ disse Martina ‘ mi aspetta l’estate più lunga della mia vita. Immaginavo che sarebbe stata anche la più spensierata. Ora so che non sarà così. Ma il cav. Leonardi mi ha invitato a trattenermi qui, in questa bella casa con la piscina, i cavalli e tutto il resto. Preferisco mille volte restare che tornare a casa per avere davanti agli occhi un padre che non riconosco. Un padre che passa il suo tempo a fantasticare di fottermi.
– Non esiste che tu resti qui! ‘ replicai ‘ Nonostante quello che è successo non puoi decidere di punirmi così. Se non vuoi più vedermi me ne andrò io via di casa, ma tu devi tornare da tua madre. Lei non ti permetterà mai di trasferirti qui, neppure solo per quest’estate. Anche se hai 18 anni sei ancora una bambina.
– Io non sono più una bambina. Non lo ero prima di venire qui e non lo sono certo ora. A convincere mamma devi pensarci tu, a meno che non vuoi che le dica come stanno realmente le cose. Io non voglio farlo perché soffrirebbe troppo. Ma se non fai come ti dico non avrò scrupoli a raccontarle tutto, perché in questo momento non m’importa più di niente, salvo che di non tornare a casa per nessuna ragione al mondo.
– Ora parli così perché sei infuriata ‘ dissi ‘ e hai mille ragioni. Ma un giorno ti pentiresti di questa scelta che fa male soprattutto a te stessa. Devi venire con me.
– Io non vengo da nessuna parte ‘ disse Martina ‘ E se mi tocchi con un dito ti denuncio. A casa verrò stasera ma solo per salutare mamma e prendere la mia roba. Quindi, vedi di prepararla alla notizia perché quando arrivo non voglio storie: se cercherai di convincermi davanti a lei le dirò tutto all’istante. Non so se faccio male a me stessa, ma preferisco farmi del male da sola piuttosto che sia tu a farmene. E adesso me ne torno a letto, perché chissà per quale ragione mi sento un po’ stanca.
Martina si girò su se stessa e si allontanò seguita da Leonardi. Rimasi solo con Anna. Mi facevo schifo. Più di quanto sia umanamente possibile esprimere. Anna lo capì e non disse nulla. Mi rivestii e mi allontanai lentamente verso la porta. Uscii senza voltarmi.
Trascorsero quasi due mesi senza rivedere mia figlia. Tramite mia moglie, con cui di tanto in tanto si telefonava, seppi che era partita per Formentera assieme al cav. Leonardi, che lì è proprietario di un resort. Poi era tornata alla villa. La stessa davanti alla quale giunsi trafelato, tremante al pensiero di ciò che avrei potuto trovarci.
Martina aveva chiesto espressamente di vedermi. Anch’io lo desideravo, ma avrei preferito mille volte non essere costretto a rincontrarla in quella casa maledetta. Mi aprì il giardiniere, un vecchio piegato in due dal lavoro che m’indicò la direzione da percorrere. A quell’ora ‘ mi disse ‘ probabilmente avrei trovato tutti in piscina. M’incamminai tra i vialetti dell’ampio giardino. La frescura degli alberi e un leggero venticello non erano sufficienti a neutralizzare l’ansia e il sudore. Dopo un po’ mi resi conto di essere giunto in prossimità della piscina. Sentivo il vociare degli ospiti che d’estate frequentano la villa di Leonardi e il suo padrone. Rallentai il passo fino a fermarmi. Il cuore batteva forte. Sapevo che a distanza di pochi metri c’era mia figlia e il mondo che me l’aveva portata via.
Mi addossai all’ultimo albero del vialetto prima dell’ingresso della zona piscina e sbirciai. Era lì, distesa a bordo vasca, intenta a prendere il sole molleggiando un piede nell’acqua. I miei peggiori timori si materializzarono alla vista della sua silhouette sensuale e sinuosa. Era nuda e aveva qualcosa che le brillava tra le labbra del sesso. Probabilmente un piercing. Giocava a scalciare l’acqua della vasca con il piede, incurante di esporre il rigonfiamento del pube e la fessura del ventre alla vista di tutti. Sarei voluto scappare via subito, ma le gambe erano inchiodate al terreno e lo sguardo ipnotizzato da quel corpicino così meravigliosamente indecente.
Mentre giacevo inebetito mi sentii chiamare. Era Leonardi che, avendomi adocchiato, fece segno di avvicinarmi. Un istante dopo anche Martina si voltò verso di me. Mi sentii perduto. Mia figlia si alzò di scatto e mi corse incontro. La vista mi si annebbiò di colpo. Sentii la pelle fresca e bagnata del viso di Martina contro la mia guancia e le sue braccia stringermi forte.
– Oh papà! ‘ esclamò ‘ Che bello rivederti! Non sai quanto sono felice!
Quell’abbraccio caloroso e inaspettato mi travolse. Avrei voluto sciogliere tutte le tensioni accumulate in un pianto dirotto. Ma ero in territorio nemico e dovevo cercare di fare ogni sforzo per non far trapelare ulteriormente la mia fragilità. Rimasi quindi impassibile. Avevo pochi istanti per decidere se adirarmi per la nudità di Martina, oppure fare finta di nulla. Ma i suoi capezzoli irrigiditi dalla brezza settembrina che strusciavano contro la stoffa leggera della mia camicia non mi lasciavano lo spazio per riflettere. Avvertivo il desiderio fisico di mia figlia salirmi dentro e impadronirsi di me. Probabilmente Leonardi se ne accorse perché mi guardò compiaciuto.
– Su, vieni papà! ‘ mi scosse Martina ‘ Non restare lì impalato! Ti voglio presentare i miei nuovi amici.
Martina mi trascinò presso il lato della piscina dov’era radunata la maggior parte degli ospiti della villa. Rideva e scherzava con tutti. Sebbene fosse l’unica a essere interamente nuda, la cosa appariva a tutti assolutamente normale. Mi sembrò una situazione surreale. Dopo un quarto d’ora di chiacchiere vuote con persone a me sconosciute Leonardi si accostò e mi chiese di seguirlo. Mi condusse all’interno della villa, nel suo studio.
– Come sai, non ti ho fatto venire qui solo per darti modo di rivedere tua figlia ‘ mi disse ‘ Ci sono anche alcune questioni delicate di lavoro che dobbiamo affrontare.
– Certo! ‘ replicai con aria zelante ‘ Ho qui il piano industriale dell’azienda con tutti gli allegati.
Discutemmo a lungo. Si trattava di un’operazione molto importante da cui dipendeva buona parte del futuro della società di Leonardi. Su molti punti il cavaliere appariva perplesso e pretendeva spiegazioni dettagliate. Mi trovò preparato.
Era trascorsa circa un’ora quando sentimmo bussare alla porta. Era Martina. Non era più nuda. Ora indossava una t-shirt che le arrivava poco al di sotto del pube. Ma quando si girò per richiudere la porta capii che non aveva altro sotto. Conciata così, era ancora più sensuale.
Non sapevo come reagire. Dopo quello che era accaduto due mesi prima, se l’avessi rimproverata per il suo abbigliamento sarei apparso ridicolo. Ma non riuscivo neppure a rimanere indifferente alla vista di quel corpo che mi turbava.
– Vieni Martina ‘ la esortò Leonardi ‘ tuo padre ed io siamo a buon punto. Mi deve solo illustrare qualche altro aspetto finanziario e abbiamo finito. Mettiti qui bella comoda!
Martina fece il giro della scrivania e andò a sedersi sulle gambe di Leonardi. Sentii il sangue salirmi alle tempie. Non potei fare a meno di ricordare che così era cominciato tutto quella malaugurata sera in cui Leonardi era entrato per la prima volta nella vita di Martina. Pensai che almeno allora lei indossava un vestito da sera, mentre adesso aveva solo una t-shirt che appena si fu seduta le salì al di sopra del ventre, scoprendolo del tutto. Quella posa così brutalmente sconcia mi lasciò esterrefatto. Non mi sembrava possibile che mia figlia fosse diventata tanto spudorata!
Cercai di riannodare i fili del discorso per recuperare un po’ di dignità. Ma non tardai ad accorgermi che Leonardi, senza indugiare troppo, aveva intrapreso quello che ormai sapevo essere uno dei suoi passatempi preferiti: trastullarsi con la vagina delle donne che si accomodano sulle sue cosce. L’abbigliamento discinto di Martina m’impediva di sottrarmi al supplizio dello spettacolo del mio datore di lavoro che giocava con le labbra del sesso di mia figlia. Di tanto in tanto le inseriva un dito o due nella fica, rigirandole dentro con ricercata lentezza. Martina restava tranquilla, impassibile. Subiva quell’invasione senza il minimo sussulto. Mi risuonarono in testa le parole che pronunciò Leonardi quando lo vidi fare la stessa cosa con Anna: ‘Guarda il suo viso. Vedi com’è sereno, com’è gioioso e pulito? Nessuno direbbe che in questo momento ha due dita completamente immerse nella fica. Questo risultato non si ottiene in due giorni e neppure in due settimane. Ci vuole tempo. Tempo e passione’. Già. Tempo e passione pensai. Almeno del primo non ce n’era voluto molto. Mi resi conto che Leonardi mi aveva fatto tornare alla villa solo per mostrarmi la metamorfosi di Martina. Voleva farmi assistere al suo completo e definitivo trionfo.
Ad un tratto Leonardi distolse lo sguardo da me per incrociare quello di mia figlia. Le carezzò amorevolmente una guancia. Fu un gesto intenso, ma anche un segnale convenuto. Martina scivolò lungo il corpo di Leonardi e s’inginocchiò tra le sue cosce. Udii il suono della zip dei pantaloni. La scrivania che mi separava da loro era piuttosto alta, ma ciò nonostante ogni tanto la testa di Martina spuntava al di sopra del bordo del tavolo con un movimento inconfondibile. M’interruppi. Leonardi mi redarguì.
– Su, continua! ‘ mi disse ‘ Non distrarti! Devi ancora chiarirmi quali garanzie pretendono le banche per finanziare l’operazione.
Essere costretto a discutere di piani industriali mentre la propria figlia succhia l’uccello del principale era una tortura che non avrei mai pensato di dover subire. Così come non avrei mai potuto immaginare che l’umiliazione di quella vista avrebbe prodotto in me un così profondo senso di eccitazione. Solo allora capii fino in fondo quanto desideravo che mia figlia diventasse una troia. E capii anche che volevo, in modo altrettanto intenso, espiare il senso di colpa generato da quel desiderio immondo mettendo a nudo la mia meschinità.
Leonardi posò una mano sulla testa di Martina per costringerla a trattenere il membro in bocca e ingoiarlo in profondità. Anche allora Martina non fece alcun cenno di protesta, ma lasciò che Leonardi si divertisse a usarla come meglio gradiva.
– Sei stato lungimirante a portarla qui ‘ sbottò Leonardi, squarciando di colpo il velo d’ipocrisia che c’era stato fino ad allora ‘ Quando Martina è arrivata in questa casa era solo una ragazzina viziata e confusa. E non c’è da stupirsi, perché, sia detto senza offesa, le ragazze per crescere hanno bisogno di figure forti e autoritarie e non di un padre rammollito e segaiolo come te.
– Guardala adesso invece! ‘ proseguì ‘ Vedi com’è rispettosa! In soli due mesi l’ho educata più io di quanto tu non abbia mai fatto!
Nel dire questo Leonardi le sollevò la testa, afferrandola per i capelli. Martina ansimava, era in debito d’ossigeno. Leonardi le passò tre dita sulle labbra. Poi le conficcò il pollice in bocca. Martina s’affrettò a leccarlo, rigirandogli la lingua attorno più volte, mentre fissava Leonardi negli occhi con uno sguardo adorante.
– Guardala! ‘ disse Leonardi ‘ Guarda quant’è bella quando tira fuori la sua linguetta e mi fissa come una cerbiattina gioiosa! Anzi, gioiosa e golosa! Sai Guido, al termine di una dura giornata di lavoro non c’è niente di meglio che liberarsi delle tensioni accumulate durante il giorno.
Martina capì dove Leonardi intendeva scaricare le sue tensioni e abbassò la testa per portare a termine il suo lavoro. Dovetti assistere in silenzio alla scena di Leonardi che ansimava mentre mia figlia si adoperava per farlo venire. Quando le mise una mano sul capo e un’altra sulla nuca, capii che stava per raggiungere l’orgasmo. Poco dopo il suo corpo fu scosso da cinque, sei, sette fremiti. Pensai a Martina immobilizzata lì sotto che per ogni sussulto doveva ingoiare un altro fiotto di sperma. Poi Leonardi si staccò da lei, si prese il membro in mano e prima di congedarla se lo ripulì strusciandoglielo su entrambe le gote. Ammirai rapito le scie di sperma che solcavano quel viso che, nonostante tutto, riusciva ad apparire ancora un po’ innocente. Leonardi notò il mio sguardo voluttuoso e mi sorrise.
– Quando le spruzzo il seme in gola ‘ mi disse ‘ lascio sempre che qualche goccia le ricada sul viso, perché anch’io adoro vedere il suo faccino schizzato. Ora vai a lavarti e a riposarti! ‘ proseguì rivolto a Martina ‘ Stasera, come sai, c’è molto da fare.
– Guido! ‘ disse poi girandosi verso di me, mentre Martina si allontanava dalla stanza ‘ io adesso devo assentarmi. Ma per stasera ho organizzato una cena con pochi affezionati amici e anche tu sarai mio ospite. Dopo cena è previsto anche uno spettacolino teatrale. Quindi, al mio ritorno mi aspetto di ritrovarti qui; cerca di non deludermi.
Il suo tono di voce era perentorio. Dopo avermi ammonito, si alzò e uscì. Anche stavolta era accaduto tutto all’improvviso, come quella prima sera. Mi accasciai sul divano lì accanto privo di forze.
Ero immerso in un sonno profondo quando sentii scuotermi.
– Mi scusi, signore. Mi perdoni se la sveglio, ma il cavaliere mi ha chiesto di avvertirla che di là stanno servendo l’aperitivo.
– Che ore sono? ‘ chiesi in stato di dormiveglia.
– Le venti e un quarto signore.
– Cribbio! ‘ esclamai ‘ ho dormito su questo divano per oltre due ore.
Il cameriere restò in silenzio.
– Può indicarmi un bagno per cortesia? ‘ chiesi mentre tentavo di farmi forza sulle gambe.
– Certo. L’accompagno.
Mi recai in bagno per cercare di riprendermi in fretta. Qualche minuto dopo ero diretto verso la sala allestita per la cena. Dalle parole di Leonardi avevo già capito che si sarebbe trattato di una cosa tra pochi intimi, ma restai comunque sorpreso quando, una volta entrato, vi trovai solo Leonardi e altre due persone.
– Vieni Guido! ‘ esclamò il cavaliere nel vedermi ‘ Dovevi essere davvero molto stanco se hai dormito tutto il tempo che sono stato via. Voglio presentarti una coppia di carissimi amici di vecchia data: la contessa Eleonora S. e suo marito Riccardo.
– Molto piacere ‘ dissi sfoggiando un grande sorriso in modo da celare il mio sguardo ancora in parte assonnato.
Il cameriere mi versò da bere e iniziammo a conversare amabilmente. La contessa era una donna poco oltre la quarantina, molto piacente, che da giovane doveva essere stata splendida. Indossava un tailleur nero estivo senza calze e dei sandali a tacco alto. Il marito invece era un uomo sulla cinquantina, alquanto panciuto e dall’aspetto decisamente più trasandato. Pensai che se lui era più vecchio, più brutto e meno nobile doveva essere senz’altro molto ricco.
La contessa era anche una donna brillante e acuta. Affrontava con padronanza qualunque argomento, prediligendo un linguaggio diretto. Il marito in prevalenza ascoltava. A un certo punto Leonardi, approfittando di una pausa, fece un annuncio.
– Stasera vi presenterò una cameriera un po’ particolare ‘ disse ‘ nel senso che non è proprio una cameriera. In realtà è la figlia di un mio amico che vive qui in villa da qualche tempo.
Impallidii vistosamente. Non era difficile immaginare che il cavaliere si riferisse a mia figlia. Temetti che l’avrebbe presentata a loro come tale. Ma per fortuna presto capii che non aveva intenzione di svelare il nostro legame filiale.
– Se è la figlia di un tuo amico, come mai stasera ci fa da cameriera? ‘ chiese la contessa incuriosita.
– Non per mancanza di personale ‘ scherzò Leonardi ‘ la verità è che questo mio amico mi ha fatto una richiesta un po’ particolare. Lui ha sempre sofferto la sregolatezza della figlia. In casa non è mai stato capace di farsi rispettare veramente, d’impartirle un’educazione rigorosa. Allora ha pensato di punirla facendole passare l’estate qui a studiare e a lavorare, anche nella speranza che con il mio carattere più deciso del suo io riesca a darle finalmente un po’ della disciplina che le manca.
La naturalezza con cui Leonardi mentiva era impressionante. Capii com’era arrivato dov’era.
– E finora hai raggiunto dei buoni risultati con lei? ‘ domandò la contessa con una punta di malizia.
– Si ‘ affermò Leonardi ‘ anche se per ottenerli credo di essere andato un po’ al di là del mio mandato.
– In che senso? ‘ chiese la contessa, stuzzicata da quel discorso.
– Nel senso che non ho tardato a rendermi conto che l’educazione di Martina, si chiama così questa ragazza, per essere efficace avrebbe dovuto coinvolgere ogni aspetto della sua personalità, compresa la sfera sessuale.
– Ahh! ‘ esclamò la contessa ‘ Ora comincio a capire. Povera ragazzina caduta nelle tue grinfie! E povero il papino sprovveduto che te l’ha messa in mano! A meno che non conosca i tuoi gusti ‘ aggiunse la contessa dopo una breve pausa ‘ nel qual caso però è un bel depravato!
Restai impassibile, ma dentro di me stavo per sprofondare dalla vergogna.
– No ‘ replicò Leonardi ‘ forse il mio amico aveva intuito qualcosa, ma non poteva immaginare. E neanch’io per la verità, molte cose sono venute da sé.
– Sentiamo un po’ ‘ chiese la contessa sempre più interessata ‘ quali sarebbero queste pratiche educative a sfondo sessuale a cui questa ragazzina inerme è dovuta sottostare?
– Beh ‘ rispose Leonardi ‘ innanzitutto l’ho affidata a Julius, il mio negretto.
– La invidio allora ‘ replicò la contessa guardando il marito.
– Ho pensato che Julius avrebbe avuto i giusti argomenti per educarla a fondo ‘ aggiunse Leonardi.
– E quali profondità ha dovuto educare Julius? ‘ domandò ironica la contessa.
– Soprattutto quelle posteriori. E’ da circa un mese che ho dato a Julius l’incarico d’incularla ogni mattina appena si sveglia. Anzi, per maggiore comodità dormono insieme. Credo che Julius non abbia mai svolto un compito così di buon grado. Ogni mattina al risveglio Martina riceve la sua dose di cazzo nel culo. E devo dire che in un mese la cosa ha dato i suoi frutti. Julius è stato così bravo nel suo lavoro che ora anche in posizione di riposo l’ano di Martina è sempre un po’ dilatato. Più della fica senz’altro, che è ancora bella stretta e ‘ aggiungerei ‘ tale deve restare.
– Quindi Julius ha allargato l’ano di Martina per sempre! ‘ sentenziò la contessa.
– Si ‘ confermò Leonardi ‘ e non posso dire che mi dispiaccia. Il mio scopo era lasciarle addosso un segno, come un marchio inciso nella carne. E adesso quel marchio è la forma del pene di Julius scolpita nell’ano.
– A me sembra incredibile! ‘ intervenne Riccardo con evidente scetticismo ‘ Il tessuto lì è particolarmente elastico. Come può essersi allargato in modo definitivo?
– In una certa misura è possibile ‘ rispose Leonardi infastidito da quell’incredulità ‘ E in ogni caso, se ne vuoi la prova, non hai che da attendere qualche minuto. Martina sarà qui tra poco.
Queste parole mi gelarono il sangue. Non riuscivo a immaginare di dover assistere a quel tipo di controllo.
– E a quali altre esperienze educative l’hai sottoposta? ‘ incalzò la contessa.
– Tante. Per esempio, ho cercato d’insegnarle che le cose non cadono dal cielo, ma bisogna guadagnarsele. I ragazzi di oggi non ci sono più abituati. Vivono come parassiti della loro paghetta settimanale. Per cui ho fatto un piccolo esperimento. Ho detto a Martina che per 24 ore avrebbe mangiato e bevuto solo ciò che sarebbe riuscita a procurarsi con le sue sole forze, ovviamente senza comprare nulla e senza prendere nulla in casa. Lei ha accettato. Allora l’ho accompagnata a piedi di buon mattino a pescare al lago qui vicino. Il patto prevedeva che non avrebbe potuto usare nulla che possa essere acquistato in un negozio, per cui l’ho aiutata a costruirsi una specie di lenza rudimentale da usare assieme a mosche e vermi trovati lì intorno come esca. Martina si è data subito da fare, ha mostrato tanta buona volontà, ma è stato tutto inutile. Nonostante i miei consigli in un’intera giornata non è riuscita a prendere neanche un piccolo pesce. La sera al ritorno a casa era stanca e affamata. E soprattutto aveva sete, voleva rinunciare alla prova. Ma io le ho risposto che non sarebbe stato possibile, perché una cosa ancora più importante della prova era capire che i patti si mantengono fino in fondo.
– Povera piccola! – Esclamo’ la contessa.
– Si – prosegui’ Leonardi – L’ho vista affranta. Si è messa sul letto a piangere.
– Non ti facevo cosi’ crudele – interruppe di nuovo la contessa con un velo d’ipocrisia.
– Infatti mi sono impietosito – replico’ Leonardi – Ho chiamato qui sei amici fidati e ho detto a Martina: ‘senti, ormai è tardi per uscire a cercare qualcosa da mangiare o da bere senza poter spendere soldi. L’unica possibilità che ti resta, se vuoi dissetarti un po’, è di far godere i miei amici e di bere il loro sperma’. Martina dapprima ha esitato, ma poi la sete ha avuto la meglio. Li ha eccitati, toccandosi davanti a loro e li ha fatti venire tutti e sei in bocca, qualcuno anche due volte. Quando sono andati via era stanca, ma almeno si era reidratata. Prima di metterla a letto io e Julius abbiamo pensato che durante la notte avrebbe potuto avere ancora sete. Allora abbiamo sborrato anche noi in un bicchiere e gliel’abbiamo lasciato sul comodino. E abbiamo fatto bene, perché la mattina dopo era vuoto.
Mentre Leonardi terminava il suo lungo racconto apparve una figura sulla soglia della stanza. Era proprio Martina, vestita da perfetta cameriera. O, più precisamente, com’è vestita una cameriera nell’immaginario erotico maschile. Indossava un abitino nero corto con una scollatura molto generosa, che dietro le lasciava completamente scoperta la schiena. Sul davanti il vestitino era completato da un grembiulino bianco in pizzo chiuso dietro da un grosso fiocco. Il grembiulino era coordinato con un collarino e un cerchietto ferma capelli, entrambi con una piccola balza in pizzo bianco avente il medesimo disegno. Sotto Martina indossava delle calze autoreggenti nere a maglia piuttosto larga e delle eleganti scarpe a tacco alto. La gonna del vestito era così corta da terminare al di sopra dell’orlo delle calze. Nel vederla così stavo per sentirmi male.
– Ohh! ‘ esclamò Leonardi ‘ Ecco qui la nostra Martina. Vieni, ti presento i miei ospiti, stavamo giusto parlando di te. La contessa Eleonora S. e suo marito Riccardo. Guido invece già lo conosci.
– Molto lieta ‘ disse Martina avvicinandosi alla coppia.
– Il cavaliere ci stava dicendo che qui ti stai trovando bene ‘ disse la contessa carezzandole una guancia.
– Si ‘ rispose Martina ‘ in questi due mesi mi sento molto cresciuta. E anche molto cambiata.
– Bene ‘ intervenne Leonardi ‘ questo vuol dire che tuo padre in fondo non ha avuto una cattiva idea a volerti qui o sbaglio?
– Si, infatti ‘ confermò Martina ‘ gli sono molto grata per avermi condotta qui dove ho imparato tanto. Molto più di quello che avrei mai immaginato d’imparare.
– Ottimamente ‘ replicò Leonardi ‘ allora adesso vedi di dimostrare a tutti noi che tra tante cose hai appreso anche come si serve una cena in modo perfetto. Forza, accomodiamoci!
Ci sedemmo attorno a un grande tavolo sontuosamente imbandito. Martina sparì in cucina per rientrare poco dopo con una zuppa di verdure e crostini che doveva fungere da antipasto. Iniziammo a mangiare di gusto. Martina era in piedi, pronta a versare da bere all’occorrenza. Eravamo circa a metà della zuppa quando Leonardi riprese la parola.
– Riccardo! ‘ esclamò ‘ A proposito, ma tu non dovevi controllare quella cosa?
Riccardo restò in silenzio, senza capire. Poi dovette ricordarsi di aver manifestato la propria incredulità sul cambiamento indotto da Julius al buchetto posteriore di Martina, perché accennò a un lieve sorriso.
– Scusa Martina, sii gentile, avvicinati un attimo a Riccardo per cortesia. I dubbi amletici è sempre meglio scioglierli al più presto.
Martina s’accostò al marito della contessa, il quale però restò immobile.
– Su! ‘ lo esortò Leonardi ‘ Non dovrebbe essere difficile fare questa verifica. Non preoccuparti, lei è sempre disponibile a soddisfare le curiosità. Non è vero? ‘ chiese rivolto a Martina.
– Si ‘ rispose Martina ‘ sono abituata ormai.
Riccardo allora prese coraggio e le carezzò una coscia. Poi risalì pian piano verso l’alto. Presto la sua mano scomparve sotto la gonna. Nella stanza regnava il silenzio. Dopo un tempo che apparve infinito esclamò.
– E’ incredibilmente liscia! Sia davanti che dietro!
– Si! ‘ confermò Leonardi con malcelato orgoglio ‘ Radersi è il suo rito mattutino. è la prima cosa che fa.
– Anzi la seconda ‘ si corresse ‘ perché la prima già la sapete.
– Però, Riccardo ‘ proseguì Leonardi con tono di ammonimento ‘ non mi sembra questo ciò che dovevi controllare.
– Hai ragione ‘ disse Riccardo ‘ Provvedo subito!
Il marito della contessa continuò la sua esplorazione. Nella sala calò di nuovo il silenzio. Per tenersi meglio in equilibrio Martina aveva appoggiato le punte delle dita delle mani sul tavolo, divaricando leggermente le cosce. Teneva gli occhi fissi sul tavolo, ma sul suo volto s’intravedevano i segni di un turbamento represso. Avrei voluto avere la forza di distogliere lo sguardo da quella scena, ma mi era impossibile. Fu Riccardo a prendere nuovamente la parola.
– E’ fantastico! ‘ disse ‘ Ora le ho inserito tre dita nell’ano e non avverto ancora quasi nessuna resistenza. Caspita, ma non l’hai fatta allargare, l’hai fatta sfondare!
Leonardi sorrise accondiscendente. Poi però precisò.
– Non è del tutto esatto. è stata dilatata, certo, ma la totale mancanza di resistenza che stai avvertendo non è dovuta solo a questo. Il suo ano non ha perso la capacità di contrarsi. Semplicemente l’ho educata a non farlo. Il fatto è che tutte le donne d’istinto stringono il sederino quando si cerca di penetrarlo. E solo dopo molti sforzi si abituano ad accettare di essere invase senza protestare. Ora questo può essere senz’altro piacevole, perché è eccitante assistere a questa lenta trasformazione dei loro orifizi. Ma in un certo senso io lo trovo un po’ offensivo, almeno per quello che secondo me la donna dovrebbe trasmettere all’uomo con il suo corpo. Allora le ho insegnato a non serrarsi. Può farlo, se vuole, ma solo dopo che quello che deve entrare è già entrato. C’è una bella differenza! In questo modo è come se anziché dire al maschio non voglio che entri, gli comunicasse non voglio che esci.
Mentre Leonardi parlava, Riccardo ispezionava il sedere di Martina con crescente impegno. Ormai i movimenti di quella mano che roteava senza sosta nel culo di mia figlia erano evidenti nonostante lo schermo della gonna. All’improvvisò la contessa si girò verso il marito e lo rimproverò.
– Caro ‘ sbottò ‘ non vorrai mica passare tutta la serata a esplorare il culo di questa puttanella spero! Su, togli la mano di lì e va a lavarti! La zuppa si sta raffreddando!
Riccardo obbedì, leggermente rosso in volto. Uscì dalla stanza insieme a Martina che lo accompagnò per indicargli il bagno.
– Non essere gelosa ‘ disse Leonardi rivolgendosi alla contessa.
– Non è un fatto di gelosia ‘ replicò la contessa ‘ si vede benissimo che mio marito non desidera altro che riempirla di sperma. E mi sta anche bene ‘ aggiunse ‘ ma devo concedergliela io. E soprattutto prima deve soddisfare me.
Quella frase mi rimbalzò nelle orecchie come una frustata. Avevo messo in conto che Riccardo avrebbe potuto provare un interesse per Martina, ma mi auguravo che la contessa l’avrebbe tenuto a freno. Ora invece capivo che la contessa pretendeva solo la sua parte. Il senso di quella cena si stava rivelando in tutta la sua perversione. Martina era il bocconcino da dare in pasto a quella coppia di porci e io il convitato di pietra condannato ad assistere alla degradazione di mia figlia.
Poco dopo Riccardo e Martina rientrarono in sala. Finimmo di mangiare la zuppa. Con puntuale professionalità Martina riportò in cucina i piatti vuoti e servì il primo. Una lasagnetta estiva di verdurine fresche, deliziosa già dall’aspetto. Leonardi cosparse la sua porzione di abbondante formaggio. Ma quando addentò il primo boccone, sbatté il pugno sul tavolo con una smorfia di disgusto.
– Martina! ‘ urlò ‘ questo non è parmigiano, è pecorino! Cosa ti salta in mente!
– Chiedo scusa ‘ disse Martina visibilmente imbarazzata ‘ devo aver sbagliato formaggiera. Ora rimedio subito.
Martina uscì dalla sala e tornò con un’altra formaggiera e un’altra porzione di lasagne. Sostituì il piatto di Leonardi e fece per avviarsi di nuovo in cucina.
– Dove stai andando? ‘ la bloccò Leonardi, afferrandola per un braccio.
– In’in cucina ‘ rispose Martina, che non capiva in cos’altro stesse sbagliando ‘ Porto via la porzione con il pecorino.
Ah! ‘ esclamò Leonardi, senza mollare la presa ‘ E una volta in cucina che fine farà questa lasagnetta negletta?
– Non so ‘ rispose Martina interdetta ‘ se nessuno la vuole credo che sarà gettata via.
Leonardi la guardò severo.
– Vieni qua! ‘ ordinò, tirandole il braccio.
La presa forte di Leonardi costrinse Martina ad abbassarsi. Si accoccolò.
– No ‘ disse Leonardi spazientito ‘ Non così! Devi metterti composta.
Quello che vidi allora mi lasciò di stucco. Senza fiatare Martina s’inginocchiò, allineando perfettamente i talloni sotto ciascuno dei glutei. Le punte dei tacchi a spillo si conficcarono impietose nella tenera carne delle natiche. Martina teneva la schiena dritta, il capo chino e le braccia lungo i fianchi, senza lasciar trapelare alcun disagio per la scomodità di quella postura.
– Martina! ‘ l’apostrofò Leonardi carezzandole i capelli in modo paterno ‘ Non te l’ho mai detto e forse neppure le altre persone qui presenti lo sanno, ma io vengo da una famiglia molto povera. E come tutti quelli che dal basso riescono a sfondare porto sempre dentro di me l’orgoglio delle mie origini.
– In casa eravamo in tanti ‘ proseguì Leonardi ‘ e per il cibo, che era sempre insufficiente, vi era un rispetto sacro. Mi ricordo che un giorno stavo giocando nella stalla. Mio padre era lì a lavorare. Io avevo in mano una fetta di pane che addentavo ogni tanto. A un certo punto il pane mi cadde di mano proprio accanto allo sterco di una mucca. Io guardai schifato il pezzo di pane che giaceva lì per terra e mi girai, riprendendo a giocare. Allora mio padre s’alzò, si avvicinò a me e mi tirò un ceffone fortissimo. Mi fece mettere in ginocchio tirandomi per un orecchio e mi disse: ‘mangia!’. Io mangiai.
Quando Leonardi smise di parlare mia figlia lo guardò impaurita. Senza aggiungere altro lui prese dal tavolo il piatto con la lasagna incriminata e lo poggiò a terra davanti a Martina. Poi le afferrò i capelli e le spinse la testa in avanti verso il piatto. Per non cadere Martina si ritrovò a quattro zampe.
– Mangia anche tu! ‘ disse perentorio ‘ E senza usare le mani. Solo con la bocca.
Leonardi teneva Martina per i capelli a pochi centimetri dalla lasagna. Mia figlia esitava, perché non sapeva come fare e da dove cominciare. Allora Leonardi esercitò una pressione ulteriore sulla sua testa, fino a farle affondare il naso nella pietanza. Istintivamente Martina spalancò la bocca e addentò la lasagna con un gran morso.
– Brava! ‘ esclamò Leonardi ‘ Ora sta bene attenta, perché io ti lascio i capelli. Ma tu devi continuare finché non avrai finito.
Martina si mise all’opera. Mangiare una lasagna in quel modo non era affatto facile. Gli occhi di tutti si concentrarono su di lei, che s’industriava a tranciare gli strati di lasagna con i denti e a rincorrere le polpettine che sgusciavano fuori dal piatto. Tutti eravamo attratti da quello spettacolo ammantato da un fine educativo all’apparenza nobile, ma che celava il gusto di ammirare una giovane fanciulla nutrirsi come una cagna affamata. Martina continuò senza fermarsi. Quando terminò di masticare l’ultimo boccone Leonardi le indicò il piatto. Mia figlia capì. Senza protestare si mise a leccarlo con dovizia, ripulendolo dai residui di cibo finché non tornò lindo al punto da essere indistinguibile da uno pulito.
– Bene! ‘ disse Leonardi ‘ ora alzati, prendi il piatto e va’ in cucina a lavarti il viso.
Martina eseguì.
– Di questo passo non avrai più bisogno della lavastoviglie ‘ esclamò la contessa Eleonora visibilmente elettrizzata.
Leonardi le sorrise. Poi si rivolse a me con uno sguardo beffardo e penetrante. Avvertii i suoi occhi che mi dicevano “guarda come ho ridotto tua figlia!”.
Quando Martina rientrò in sala l’eccitazione era palpabile. La mia dolce figlia si posizionò in piedi dietro di noi in attesa che finissimo di mangiare. A un tratto il tovagliolo della contessa cadde a terra, finendo sotto il tavolo. Prima ancora che la contessa avesse il tempo di chiedere a Martina di raccoglierlo, mia figlia s’infilò sotto per raccattarlo. Lo porse alla contessa, la quale lo poggiò in grembo. Poi Martina fece per uscire da sotto il tavolo, ma la contessa la bloccò.
– Aspetta un attimo ‘ disse ‘ già che sei lì fammi un altro piccolo favore. Mentre mangiavo la lasagna, mi è caduta una goccia di sugo sul piede. Proprio lì vedi, tra la striscia di pelle del sandalo e le ultime dita. Puoi togliermela per cortesia?
Allora Martina, sempre restando sotto il tavolo, allungò una mano per prendere il tovagliolo che la contessa aveva posato in grembo. Ma questa, intuendo le sue intenzioni, glielo strappò di mano in modo secco.
– Non vorrai usare questo! ‘ disse la contessa adirata ‘ Secondo te poi dovrei pulire la bocca sul tovagliolo usato per nettare una scarpa! Tra l’altro non è adatto, perché la macchia di sugo si è già seccata, quindi per toglierla bene ci vuole qualcosa di umido.
– Prendo un fazzolettino imbevuto allora ‘ disse Martina.
– Non è necessario che ti scomodi ‘ replicò la contessa ‘ Sotto il tavolo c’è già qualcosa di umido, idoneo allo scopo.
Martina guardò la contessa con aria interrogativa.
– Ma è la tua lingua, sciocchina! ‘ esclamò ‘ Prima sei stata molto brava con il piatto. Quindi la tua lingua andrà benissimo.
Dalla posizione in cui ero non potevo vedere mia figlia e non volevo alzare la tovaglia per guardarla. Ma capii che dovette rimanere interdetta perché la contessa la incalzò.
– Forza! ‘ disse ‘ Datti da fare senza tante storie. E ringrazia che la goccia mi è caduta sul piede, perché se fosse finita a terra e per errore l’avessi calpestata, ora avresti dovuto leccare il pavimento e la suola.
La durezza di quelle parole e il tono imperioso della contessa non lasciarono a Martina nessuna possibilità di sottrarsi a quell’umiliante richiesta. Ed infatti qualche attimo dopo lo sguardo soddisfatto della contessa evidenziò che Martina stava eseguendo i suoi ordini. Mia figlia ripulì per bene la scarpa e la parte nuda del piede e leccò anche oltre la zona sporca di cibo. Nel frattempo la contessa aveva iniziato a toccarsi, strofinandosi il pube al di sopra della stoffa del vestito.
– Mmm…come sei brava Martina! ‘ esclamò emettendo dei leggeri mugolii ‘ Hai davvero una bella lingua. Sarebbe un autentico delitto sprecarla per un piede. C’è un altro posticino, un po’ più recondito, che ha molto più bisogno di lei.
Nel dire questo la contessa s’alzò la gonna con un gesto deciso, si sfilò le mutandine e spalancò le cosce davanti al viso di Martina. Poi, con ostentata spavalderia, si divaricò le labbra della vagina con le dita di entrambe le mani. Il suo sesso era umido e roseo.
– Vieni Martina ‘ ansimò la contessa ‘ fammi sentire quant’è docile e calda la tua linguetta qui dentro!
Martina avanzò a quattro zampe verso la vagina della contessa. Vidi congiungersi due meravigliose bocche, rese ancor più sensuali dall’incontro delle loro diversità. Martina aveva completamente perso il controllo. Leccava e suggeva come una cagnetta vogliosa. La contessa afferrò la testa di Martina per tenerla ferma mentre le strusciava la fica contro il viso con veemenza. In quel modo Martina aveva enormi difficoltà a respirare, ma questo alla contessa sembrava non interessare affatto, concentrata com’era sul proprio personale godimento.
– Questa puttanella mi sta facendo impazzire! ‘ disse ‘ Nessuno mi aveva mai leccato così in profondità.
– Ci credo! ‘ intervenne Leonardi ‘ In questi mesi la lingua di Martina ha imparato a fare di tutto. è stata abituata a infilarsi ovunque, tracciando itinerari inconfessabili.
Queste parole eccitarono ancor più la contessa, nonché il marito, che non riuscendo a contenersi estrasse il cazzo eretto dai pantaloni. La contessa emetteva degli urletti ritmici e strozzati. Era il segno che stava per raggiungere l’orgasmo. Martina accelerò sapientemente i movimenti della lingua. La contessa non resistette. Il suo pube fu squassato da violenti sussulti. Era venuta. La lingua di Martina non si fermò, ma si fece lenta e morbida per assecondare quel nuovo stadio del piacere, senza disdegnare di aspirare gli umori sgorganti dal corpo della contessa, la quale giaceva inerte con la testa riversa all’indietro. Rimase così per qualche minuto. Poi, ripreso il controllo, chiese a Martina di alzarsi in piedi e di spogliarsi. Mia figlia, eccitata com’era, non si fece pregare. Si spogliò completamente, mettendo in mostra una carne fresca e soda. La contessa attirò Martina a sé e, restando seduta, le infilò due dita dentro con un gesto secco. Poi le ritirò fuori con la stessa violenza. A Martina sfuggì un grido di dolore. Nel ritrarsi la contessa doveva averle graffiato la parte interna della vagina con le unghie affilate.
– Scusa, Martina, se sono stata un po’ brutale ‘ disse la contessa ‘ ma credevo che tu fossi abituata a questo genere di cose. Il piercing che hai qui sotto il clitoride lo dimostra, perché per farlo devi aver penato parecchio.
La contessa si mise a giocherellare con il piercing di Martina, mettendo a dura prova l’elasticità della carne di mia figlia.
– E’ proprio un bel piercing ‘ proseguì la contessa rivolgendosi a Leonardi ‘ l’aveva già quando è venuta qui, oppure gliel’hai fatto tu?
– Sono stato io ‘ rispose Leonardi compiaciuto ‘ adesso ne va orgogliosa anche lei, ma all’inizio non voleva assolutamente.
– E come hai fatto a convincerla? ‘ chiese la contessa.
– Non l’ho convinta ‘ replicò Leonardi ‘ non ci sono riuscito. Per farglielo l’ho dovuta legare. Ma devo dire che alla fine è stato meglio così. Immobilizzarla con le cosce allargate è stato piacevole. E ancora più divertente è stato vederla dibattersi e urlare mentre le prendevo il clitoride tra le dita per trapanarlo alla base. Attraversarle con lentezza quella tenera carne mi ha inebriato.
– Sei proprio un maiale! ‘ esclamò la contessa ‘ Scommetto che dopo te la sei anche scopata, giusto per il gusto di farlo mentre sanguinava.
– Ci ho pensato ‘ disse Leonardi ‘ ma mi sono trattenuto.
– E hai fatto molto male! Hai perso l’occasione di provare la sensazione di sverginarla.
Mentre assisteva a questa gara di sadismo tra sua moglie e Leonardi, Riccardo aveva iniziato a masturbarsi. La contessa, che fino ad allora sembrava essersi completamente dimenticata di lui, lo notò.
– Guarda il cazzo di mio marito! ‘ disse la contessa rivolta a Martina ‘ Che ne dici? è un attrezzo interessante, non ti sembra? Vero o no? Rispondi!
La contessa stringeva la vagina di Martina tra le dita, mentre con l’altra mano le tormentava i capezzoli.
– Si ‘ disse Martina ansimando ‘ E’ bello.
– E lo vuoi? ‘ incalzò la contessa ‘ Ti piacerebbe farti impalare da mio marito?
– Si ‘ confessò Martina.
– E allora va, puttanella! Siediti sopra di lui e scopalo finché non ti viene dentro!
Martina si avvicinò a Riccardo, che era seduto con il membro in mano fremente di desiderio. Osservai mia figlia infilarselo dentro con grande disinvoltura, mentre le loro lingue s’intrecciavano. Iniziò a cavalcarlo selvaggiamente, strusciandosi contro il suo ventre. Quell’immagine mi ricordò Martina da piccola, quando giocava con il cavalluccio nella sua stanza rosa. Che differenza vederla lì ora su quel cazzo, tesa a dimostrare di essere diventata non solo una cagnolina servizievole, ma anche un’esperta zoccoletta. Mentre mi lasciavo trasportare dalla delizia dell’innocenza perduta di mia figlia, la contessa intervenne.
– Ma tu guarda questa troietta schifosa! ‘ disse osservando la scena ‘ Le ragazze di oggi non hanno proprio più alcun ritegno. Deve ringraziare che le ho dato il permesso. Se in casa mia una della servitù facesse questo con mio marito a mia insaputa a lui terrei il broncio per mesi, ma lei non se la caverebbe così a buon mercato.
– La licenzieresti in tronco? ‘ chiese Leonardi.
– No, la terrei, ma solo per frustarla a sangue, fino a farle rimpiangere di avere la fica. E quanto al tronco lo userei nel modo che merita.
– Uhm ‘ mugugnò Leonardi perplesso ‘ e io che avevo pensato di affidartela per un po’.
– E’ un’ottima idea ‘ esclamò la contessa entusiasta ‘ stavo giusto per chiedertelo per la verità.
– Ma i tuoi propositi verso di lei non mi sembrano molto benevoli. Per Martina sarebbe una settimana molto lunga. Mi sa che sfrutteresti ogni istante per dare sfogo al tuo vasto repertorio di sevizie.
– Forse ‘ rispose la contessa ‘ ma devi riconoscere che i miei metodi, per quanto severi, non hanno mai fallito.
– Anche i miei non sono male ‘ replicò Leonardi quasi piccato.
– Non c’è dubbio, tant’è che l’hai resa docile. Ma io farei di più! Te la restituirei strisciante.
– Strisciante? Però! Mi stai tentando.
– Fidati di me ‘ disse la contessa ‘ ti ho mai deluso? Non te ne pentirai!
Riccardo, nell’udire questi discorsi, impazzì di desiderio. Il pensiero di avere a disposizione il corpicino di Martina per una settimana intera lo fece sborrare in un attimo. Nella fusione di quei corpi s’intuivano gli spasmi del suo cazzo che si scaricava nell’intimità di mia figlia, la quale da brava donnina era intenta a declinare la più primordiale tra le forme femminili di accoglienza.
– Mio Dio! ‘ esclamò Riccardo girandosi verso di me ‘ questa Martina è fenomenale. Dovresti provarla!
Divenni paonazzo. Fino a quel momento avevo assistito a tutto senza profferire parola, al punto che pensavo che nessuno si ricordasse più nemmeno della mia presenza. Restai in silenzio senza sapere cosa rispondere per sottrarmi a quell’invito molto più immondo di quanto l’offerente avrebbe mai potuto sospettare. La fronte s’imperlò di sudore. Ma Leonardi per una volta mi venne in soccorso.
– Non mi sembra una buona idea ‘ disse ‘ Martina sarà affaticata ed è opportuno che ora vada a lavarsi e a riposare un po’. Come vi ho già accennato, a mezzanotte ci sarà uno spettacolino teatrale qui in villa. è una cosa carina. Martina ha provato a lungo la sua parte e sarebbe un vero peccato se non rendesse al meglio a causa della stanchezza. Quindi, ora è il caso che ci saluti. Finiremo la cena senza di lei.
Martina eseguì in silenzio anche quell’ordine di commiato. Estrasse il cazzo di Riccardo dalla fica, raccolse il costume da cameriera sparso per terra e si dileguò. Poco dopo l’uscita di scena di Martina mi alzai da tavola con la scusa di andare in bagno e mi diressi invece a passo svelto verso il terrazzo soprastante. Avevo bisogno di solitudine. Mentre camminavo spedito lungo il perimetro dell’ampio loggiato un pensiero fisso mi tormentava. Leonardi stava trasformando Martina in ciò che il mio inconscio aveva desiderato sin dall’inizio, ma stava anche portandomela via per sempre. Per evitarlo, dovevo trascinarla lontano da quella casa al più presto. Soltanto così avrei avuto qualche possibilità di ristabilire un equilibrio tra noi. Avremmo custodito entrambi terribili segreti l’uno dell’altro e questo ci avrebbe reso complici. E soprattutto nel chiuso delle mura domestiche sarei stato io a decidere se assecondare o meno il suo sentiero di perdizione.
Discesi freneticamente le scale, percorrendo come un forsennato i lunghi corridoi della villa. Bussai e aprii tutte le porte dove non ricevevo risposta, allontanandomi quando la voce dall’altro lato denunciava una presenza estranea. Quando risalii le scale nella speranza di trovare Martina al piano di sopra incrociai Anna.
– Dove vai così di corsa? ‘ mi chiese.
– Anna, ti prego, mi devi aiutare. Dov’è Martina? Ho bisogno di parlarle immediatamente.
– La sua stanza è di sotto, ma è nell’altra ala del fabbricato. Se vuoi ti accompagno.
– Grazie.
Ci avviammo insieme verso la stanza di Martina. Ma giunti a metà percorso Anna si bloccò.
– Guido ‘ mi disse ‘ non ti ho mai visto così agitato. Cosa ti sta succedendo?
– Niente ‘ risposi un po’ esitante ‘ ho soltanto necessità di parlare con mia figlia. Di comprendere cosa vuole, cosa pensa di me, se è proprio questa la vita che ha scelto. Tu mi capisci non è vero?
– Certo ‘ disse Anna ‘ ma se vuoi parlarle senza attirare l’attenzione questo è proprio il modo peggiore per farlo. Leonardi e gli altri commensali ti staranno sicuramente aspettando. Hai lasciato la cena a metà e si staranno domandando dove sei finito. Credo sia meglio che torni da loro e continui a mangiare tranquillo. Appena avrai terminato di cenare troverai Martina nella mia stanza e potrai dirle tutto ciò che vorrai.
Mi fermai un attimo a riflettere. Anna non aveva torto. Se dovevo portare Martina via con me era meglio farlo nel modo più discreto possibile. Decisi di tornare indietro.
– Scusatemi ‘ esclamai rivolto ai commensali rientrando nella sala ‘ qualcosa deve avermi fatto male allo stomaco.
– Spero non lo spettacolo di prima! ‘ scherzò la contessa.
– No ‘ risposi un po’ imbarazzato ‘ Anzi quello è stato molto interessante.
– Lo sarà ancora di più l’arrosto al forno che assaggerete tra poco ‘ annunciò Leonardi ‘ l’ho provato prima in cucina ed è squisito.
Alcuni minuti dopo arrivò l’arrosto. Per quanto l’agitazione mi avesse tolto l’appetito dovevo riconoscere che era eccellente. Soprattutto la salsetta ai funghi aveva un sapore irresistibile. Il clima conviviale e l’atmosfera familiare che si era creata a tavola placarono a poco a poco la mia inquietudine. Fui pervaso da un forte senso di serenità e mi stupii nell’accorgermi di quanto mi sentissi estremamente stanco, nonostante il lungo riposo pomeridiano. Gli occhi mi restavano aperti a fatica. All’improvviso la voce di Leonardi e della contessa si fecero lontane. Sempre di più. Sui miei occhi calò il buio.

Il risveglio fu amaro. Quando ripresi conoscenza mi ritrovai seduto in una sala in penombra. Accanto a me c’erano una quarantina di persone, in prevalenza uomini. Realizzai di essere in un piccolo teatro. Provai ad alzarmi, ma non potevo muovermi, perché ero stato legato ai polsi e alle caviglie. Girai la testa di lato e vidi Anna. Si voltò verso di me.
– Scusami ‘ mi bisbigliò ‘ ma ho capito subito che stavi per fare una sciocchezza. Leonardi non ti avrebbe mai permesso di andartene via con Martina e tu eri troppo agitato. Mi dispiace, ma ho dovuto addormentarti. Ti ho messo del sonnifero nell’arrosto.
– Dove siamo? ‘ le chiesi.
– Come, non ricordi? è lo spettacolo organizzato da Leonardi. è già iniziato da un bel po’. Ma sei fortunato, Martina non è ancora entrata in scena.
– Perché il sipario è chiuso? ‘ domandai.
– E’ appena finito il primo atto e non è ancora iniziato il secondo. Ora ti riassumo quello che ti sei perso.
Anna mi raccontò che lo spettacolo era ambientato in Virginia all’epoca della guerra di secessione. Il proprietario di una piccola azienda agricola di tabacco si era arruolato nell’esercito dei Confederati assieme ai suoi figli maschi per difendere i propri ideali e interessi. I tre schiavi che vi lavoravano ‘ tre neri di origine africana ‘ approfittando della partenza dei loro aguzzini si erano impossessati dell’azienda e della casa annessa, facendo prigionieri gli occupanti, ossia la moglie, la figlia e l’anziano padre di lei. Nel primo atto i tre schiavi ribelli avevano concentrato le loro attenzioni sulla moglie del piccolo proprietario terriero, riversando su quest’ultima, alla presenza del padre, anni di odio covato per le angherie subite. L’atto era terminato con una lunga scena di fustigazione di lei, le cui urla dovevamo avermi svegliato. Anna mi riferì che nella parte iniziale della rappresentazione i tre avevano già dichiarato di nutrire un forte rancore anche verso la figlia del padrone, per il disprezzo da questa mostrato nei loro confronti sin da quando, ancora adolescente, non perdeva occasione per umiliarli.
Quando si alzò il sipario comparve Martina. Era in ginocchio, completamente nuda, intenta a pulire il pavimento con uno straccio. La gola era cinta da un rudimentale collare di ferro un po’ arrugginito, che doveva essere alquanto pesante, legato a una lunga catena assicurata all’altra estremità a un gancio posto nei pressi del camino davanti al quale i tre neri stavano chiacchierando rumorosamente. Quell’immagine di mia figlia mi turbò moltissimo. Pensai che era esattamente il modo in cui avrei desiderato punirla tutte le volte che mi aveva mancato di rispetto.
Martina si dava da fare con lo straccio, incitata di tanto in tanto dai neri, che tirando la catena le indicavano le zone da pulire. A un tratto uno di loro la strattonò un po’ più forte, facendole capire di avvicinarsi. Martina avanzò a quattro zampe. Mi accorsi che si muoveva carponi in modo perfettamente naturale, procedendo con un movimento lento e regolare. Il suo corpo sprigionava in ogni posa una sensualità ferina.
– Ti ricordi di mio figlio? ‘ le domandò il nero che l’aveva attirata a sé ‘ Un giorno è venuto da me piangendo perché gli avevi sputato in faccia dicendogli che non doveva più permettersi di avvicinarsi a te, perché era solo il figlio di uno schiavo.
Martina lo guardò in silenzio.
– Beh, cosa mi dici ora? ‘ la incalzò il nero.
Senza attendere risposta, l’uomo le afferrò i capelli, costringendola a reclinare la testa all’indietro. Poi la guardò fisso negli occhi. Un grosso sputo partì dalle sue labbra per stagliarsi sul viso di Martina.
– Mi sembra che adesso la schiava sia tu! ‘ sentenziò senza lasciare la presa.
Martina si limitò ad annuire atterrita.
– Perché non facciamo un gioco? ‘ suggerì uno degli altri due ‘ Mettiamola davanti a noi e vediamo chi riesce a colpirla più volte.
– Buona idea! ‘ esclamò l’uomo, che raccogliendo al volo la proposta prese Martina e la trascinò per i capelli in mezzo alla stanza.
– Ecco! Piazzati qui e resta immobile! ‘ le disse.
Martina fu collocata a circa due metri di distanza da loro. I tre iniziarono a bersagliarla di sputi, divertendosi a sperimentare varie tecniche di lancio. Alcuni finivano a terra, ma la maggior parte coglieva nel segno, spiaccicandosi sulla testa, sul viso, oppure sul petto di Martina. Uno di loro si rivelò particolarmente bravo. Formava in bocca dei grossi boli di saliva che finivano quasi sempre per centrarla in pieno volto. In breve tempo fu letteralmente sommersa. Sulla sua pelle iniziarono ad accavallarsi mille rivoli che le colavano lungo il corpo, alimentati dalla foga dei tre, fino a formare una ragnatela vischiosa e tante piccole chiazze sul pavimento intorno a lei. Il gioco andò avanti finché Martina non venne completamente ricoperta di saliva. A questo punto il nero che aveva suggerito quel gioco perverso l’afferrò per il collare e le schiacciò il viso a terra.
– Guarda! ‘ le disse ‘ Ti sembra un pavimento pulito questo? Il tuo corpo sta gocciolando in maniera indecente. Forza, datti da fare con la lingua!
Martina, minacciata da quella voce imperiosa, iniziò a leccare gli sputi da terra. Presto si rese conto di non riuscire a fare un buon lavoro, perché la saliva le scivolava via e doveva rincorrerla all’infinito. Allora cambiò tecnica e cominciò ad aspirarli con la bocca. Questo sistema si rivelò molto efficace. In breve sul pavimento sparì ogni traccia degli omaggi che i tre le avevano gentilmente offerto. Mentre si consumava il degradante spettacolo di Martina trasformata in sputacchiera mi accorsi che qualcuno dei presenti si stava masturbando, compreso un uomo seduto accanto a me.
Quando Martina ebbe portato a termine il suo triste compito, uno dei neri si alzò, prese il secchio d’acqua usato per pulire il pavimento e glielo riversò sulla testa. Martina fu presa alla sprovvista. Alzò le mani al cielo cercando di ripararsi inutilmente.
– Lavati un po’ anche tu ‘ disse il nero ridendo.
Poi prese uno straccio pulito e glielo porse.
– Tieni, asciugati!
Mentre Martina cercava di asciugarsi nel migliore dei modi, scossa da brividi di freddo, uno dei neri incominciò a spogliarsi. Aveva una stazza e una muscolatura incredibili. Ogni parte del suo corpo era almeno il doppio di quella di mia figlia. Il braccio aveva lo spessore di una gamba di Martina, mentre ogni gamba corrispondeva quasi al girovita di mia figlia. Il torace poi era spettacolare. Immaginai quell’enorme massa di carne e muscoli sul corpicino indifeso di mia figlia.
Il nero le si avvicinò con lo sguardo trionfante e il membro eretto. L’afferrò da sotto le braccia, la sollevò come un fuscello e si conficcò dentro di lei tenendola alzata da terra. Era impressionante constatare come riuscisse a prenderla restando in piedi, senza bisogno di alcun appoggio. La muoveva su e giù con la stessa facilità con cui un barman shakera un cocktail. Martina teneva il capo riverso all’indietro. Sembrava quasi svenuta, come sopraffatta da quell’assalto. Guardai Anna sbalordito.
– Non preoccuparti ‘ mi disse ‘ tua figlia sta solo provando la gioia dell’abbandono.
A un certo punto l’uomo decise di cambiare posizione. Adagiò Martina sul pavimento e si mise sopra di lei. In questo modo poteva scaricare tra le sue cosce tutta la sua terribile potenza. Schiacciata tra il corpo dello schiavo ribelle e la durezza del pavimento Martina iniziò a essere scopata in modo quasi inumano. Il nero le teneva un braccio intorno al collo affinché il suo bacino non potesse sottrarsi neppure di un centimetro alla violenza di quelle spinte poderose. Martina non poté trattenersi dall’urlare a ogni colpo. Mi girai di nuovo verso Anna.
– Ma siete impazziti? ‘ le dissi.
Anna per tutta risposta mi sorrise.
– Ti ho già detto di non preoccuparti. Goditi la scena piuttosto.
– Ma cosa dici? ‘ replicai ‘ Non vedi che la sta stuprando?
– Non esagerare ‘ disse Anna ‘ Martina sta recitando alla perfezione. Sembra che soffra ma non è così. Osserva i suoi piedi. Quei bei piedini la tradiscono. Guarda come li tende, sembra una troietta in calore!
Lo spettacolo andò avanti fin quando il nero, dopo una scarica di colpi ancora più impetuosi, emise un grugnito di piacere. Di colpo s’immobilizzò. Doveva essere venuto. Alcuni istanti dopo si staccò da Martina e la girò verso di noi, tenendole le cosce divaricate. Un sottile rivolo di seme le sgorgava dalla fessura. Quando lo sperma smise di defluire, il nero le infilò due dita nella fica e le tirò via in modo violento affinché altro sperma fuoriuscisse dalla vagina. Capii che quella manovra serviva a dimostrare ai presenti quanto fosse stata riempita. Mentre faceva questo gli altri due s’apprestavano a spogliarsi.
– Ora non ti spaventare ‘ mi avvisò Anna ‘ Leonardi stavolta ha voluto fare le cose in grande. I tre che vedi sono tutti attori porno professionisti e anche la loro attrezzatura lo è. Come hai potuto notare, il primo aveva soprattutto i muscoli dalla sua. Gli altri, invece, hanno delle qualità più penetranti.
Ben presto le parole di Anna si palesarono in tutta la loro crudezza. Quando si calarono il boxer non volevo credere ai miei occhi. I loro membri avevano delle dimensioni enormi. Uno era di lunghezza poco più che normale, ma aveva una circonferenza che non credevo potesse appartenere alla razza umana. Assomigliava più al pene di un equino tagliato a metà. L’altro, invece, aveva la forma di un serpente: non molto spesso, ma di un’estensione al di là della mia immaginazione.
– Come vedi ‘ mi disse Anna ‘ Leonardi si è procurato una certa varietà di ‘utensili’ per il suo spettacolo. Li ha scelti così diversi perché ognuno di quegli affari dovrà svolgere una sua specifica funzione.
Mentre ascoltavo Anna sgomento, il nero dal pene lungo s’avvicinò a Martina, la fece inginocchiare e le insinuò la punta del suo interminabile attrezzo tra le labbra. Martina ne accolse senza esitare un bel pezzo. Quando la cavità orale fu piena, l’uomo diede una leggera spinta, lenta ma decisa. La mascella di mia figlia si contrasse in un conato di vomito. Il nero rimase immobile, senza avanzare né indietreggiare, in modo da darle il tempo di abituarsi a quell’invasione.
A questo punto accadde una cosa che mi lasciò stupefatto. Dopo alcuni secondi di stasi Martina spinse in avanti la testa verso il membro affinché questo le sprofondasse ancora di più in gola. Poi si bloccò per un po’ in quella posizione prima di sottrarsi con un gesto rapido che le permise di riprendere a respirare. La sequenza fu ripetuta varie volte e in ognuna Martina cercava d’ingoiare qualche centimetro in più di quella pelle turgida e nera. Ogni volta che il membro veniva sfilato si poteva ammirare quanta parte era riuscita a ingurgitarne. Tenuto conto delle dimensioni della sua bocca, era chiaro che una porzione sempre più significativa di quel cazzo smisurato doveva oltrepassare il confine della gola per inoltrarsi nei meandri dell’esofago.
– Hai visto che brava che è diventata? ‘ m’incalzò Anna sorridendo ‘ Pensa che si esercita da oltre un mese per ottenere questo risultato. Un mese di banane, zucchine e falli di gomma flessibili. Sedute estenuanti passate a inghiottire oggetti di ogni tipo per abituare la valvola esofagea a non serrarsi. Certo, ogni tanto le viene ancora qualche conato di vomito, ma si può dire che ha imparato a controllare i muscoli della faringe in modo magistrale. Ormai potrebbe lavorare in un circo come mangiatrice di spade.
Il tono di Anna era sfrontato. Aveva capito che di fronte a quel fallo interminabile che si faceva strada negli organi interni di mia figlia non riuscivo a restare indifferente. Mi stavo eccitando e lei se n’era accorta. Mi poggiò una mano sul pisello.
– Porcellino! ‘ mi redarguì ‘ Ma come? Tua figlia è lì sul palco a mostrare a tutti di essere diventata peggio dell’ultima delle zoccole e tu ti ecciti? Ma allora sei proprio un maialino senza speranza!
Anna mi aprì la zip dei pantaloni e afferrò il membro, stringendolo alla base. In breve il pene diventò durissimo.
– Bravo, paparino, bravo! ‘ esclamò ‘ Sono contenta che tu ti stia divertendo. Temevo non avessi preso bene il mio scherzo. Poverino, qui tutti si stanno masturbando e tu non puoi neanche sfiorarti. Ma non preoccuparti, a te ci penso io. Martina è diventata una professionista ormai, quindi non hai nulla da temere. Peccato solo per lei che gli ospiti che ha invitato Leonardi stasera siano un po’ bastardi. Per non parlare delle signore a cui piacciono le emozioni forti. Te lo dico perché ora purtroppo dovrà soffrire un po’.
Anna aveva appena finito di parlare che l’atteggiamento dei neri cambiò. L’uomo con il pene largo le legò le mani dietro la schiena e si mise dietro di lei per tenerle ferma la testa, mentre l’altro approfittò dell’incapacità di Martina di divincolarsi per infilarle il cazzo in bocca senza tanti riguardi. Martina fu costretta a subire passivamente una lunga serie di assalti che le aravano in modo prepotente il fondo della gola. Il nero spingeva il pene con violenza, costringendo mia figlia a inghiottirlo fino alla base. Considerata la sua estensione, potevo calcolare che quando le labbra di Martina arrivavano a toccare il ventre dell’uomo circa un terzo del suo esofago era occupato da quel bastone di carne. Il collo di mia figlia iniziò a gonfiarsi, al punto che anche da lontano si riuscivano a vedere le vene pulsare in corrispondenza della gola. Un forte rossore le colorò le gote e gli occhi le divennero lucidi. L’intero viso mostrava in modo inequivocabile tutti i segni dell’asfissia.
A quella vista sussultai, cercando invano di divincolarmi dalle corde che mi stringevano.
– Non ti spaventare ‘ mi disse Anna ‘ non a caso lo chiamano soffocotto. Il nero le sta facendo una bella gastroscopia.
Il termine gastroscopia mi apparve quanto mai appropriato per descrivere ciò che stava accadendo. La bocca di mia figlia era divenuta un orifizio passivo che il pene lungo del nero si divertiva a stuprare a piacimento. La sua respirazione era in balia dello schiavo ribelle, che stabiliva per quanto tempo soggiornare nella sua gola e quando sfilarsi. A ogni uscita Martina ansimava, palesemente in affanno, mentre lunghi fili di bava le colavano ai lati della bocca. Sentivo salire dentro un’agitazione crescente.
– Su, Guido! ‘ esclamò Anna ‘ Non preoccuparti, è tutto calcolato. Quest’esperienza, per quanto dura, è molto educativa. Insegnerà a Martina a essere domata nel modo più intimo. Secondo Leonardi questa tecnica, al di là del piacere che dà al maschio nel vedere la donna in suo potere, serve a sviluppare nella femmina un senso di venerazione verso il membro maschile, che in questi momenti, decidendo se e quando ritrarsi, è in grado di riportarla alla vita, oppure di farle temere la morte.
Guardai Anna stupito. Più di una volta mi ero soffermato su scene del genere pescate su internet, ma non avevo mai pensato al deep throat come alla rappresentazione simbolica del membro maschile che si erge a semidio, diventando arbitro del destino di una donna soggiogata. Di fronte a quest’idea il mio pene, che si era rattrappito, resuscitò di colpo, sviluppando una potente erezione.
– Ohoh! ‘ esclamò Anna ‘ si direbbe che a questo papino piaccia avere una figlia schiava del cazzo! Sei proprio un padre degenerato. Pensa se qualcuno dei tuoi colleghi ti vedesse in questo momento mentre godi alla vista di tua figlia che viene brutalizzata senza pietà.
– Dimmi la verità ‘ proseguì ‘ ti piacerebbe essere lì, al posto del nero, ad abusare di lei? A insegnarle come considerare il tuo cazzo la cosa più importante al mondo?
Nel dire questo Anna prese a masturbarmi con foga, aumentando la mia eccitazione. Godevo mentre fissavo il condotto alimentare di Martina usato come una vagina. Rendermene conto, anziché generare in me un senso di colpa, aumentava ancora di più il mio piacere.
Dopo un tempo che mi sembrò non finire mai il nero estrasse il cazzo dalla sua bocca e le venne sul viso proprio all’altezza degli occhi. Due grosse lacrime di sperma, perfettamente allineate, le rigarono il volto.
– Quest’attore porno assoldato da Leonardi è proprio un professionista! ‘ commentò Anna ‘ Chi mai saprebbe dirigere i propri schizzi con tanta precisione?
Dalla sala partì un’ovazione. Il pubblico in delirio batteva le mani entusiasta. Anche le donne presenti in sala ridevano e applaudivano eccitate da quella fantastica performance. Dalle prime file si levò un coro ritmato: Cu-lo!…Cu-lo!…Cu-lo!
– Hai sentito Guido? ‘ mi disse Anna ‘ Qui tutti chiedono a gran voce il sedere di tua figlia. Hanno già capito quale sarà la funzione del terzo negretto e non vedono l’ora di vederlo all’opera.
Di fronte a quella pressante richiesta degli astanti il terzo uomo non si fece pregare. Mise Martina a terra a quattro zampe e puntò la sua arma contro l’ingresso posteriore. Martina inarcò le reni per predisporsi nel migliore dei modi a quell’ulteriore offensiva. Ma tra lo stupore generale di tutti e di me per primo quella trave nera dalla circonferenza sproporzionata non tardò a farsi spazio nella tenera carne di Martina.
– Caspita! ‘ esclamò Anna ‘ Direi che il ‘trattamento Julius’ ha funzionato alla perfezione. Fin troppo direi. Neppure io sono così dilatata lì dietro, nonostante non mi sia mai fatta mancare nulla. Stavolta Leonardi può ritenersi soddisfatto, te l’ha proprio allargata per bene.
Anna pronunciò queste frasi con una certa cattiveria. Capii che anche a lei piaceva farmi avvertire tutto il peso delle conseguenze della scelta di avergli presentato mia figlia. Ma non era possibile darle torto. La capacità con la quale Martina aveva saputo adattarsi a suo nuovo ruolo era stupefacente.
Anche il nero restò sorpreso della facilità con la quale era riuscito a impalare Martina al suo cazzo asinino. Iniziò a lavorarle il retto in modo bestiale, quasi a volerla punire per la sua troiaggine e ripagare gli spettatori delusi da quella penetrazione inaspettatamente agevole. Le affondava il membro in modo crudele, senza curarsi del dolore causato dall’uso brutale di quella trivella animalesca. Mi girai verso Anna terrorizzato.
– Su! ‘ disse Anna cercando di rincuorarmi ‘ Vedi il lato positivo. A questo ritmo non durerà molto. Tra qualche istante finirà per svuotarsi nell’intestino.
La previsione di Anna si rivelò esatta. Poco dopo il membro del nero finì per liquefarsi nell’ano di mia figlia. L’uomo continuò a serrarle le anche con entrambe le mani finché non ebbe terminato d’irrorarla. Poi spinse Martina a terra. Mentre il suo corpo abusato giaceva inerte a pancia in giù i tre neri si accostarono a lei allineandosi di fronte agli spettatori, le poggiarono ognuno un piede addosso e s’inchinarono al pubblico in visibilio. Calò il sipario.
Mentre scendeva quel grosso telone rosso tirai un grosso sospiro di sollievo. Finalmente è finita pensai. Ma Anna, che aveva notato il mio moto di distensione, si affrettò a smentirmi.
– C’è ancora una piccola parentesi ‘ mi disse, divertita di poter alimentare il mio turbamento.
Vidi Leonardi salire sul palco e accingersi a prendere la parola. Il pubblico si placò.
– Cari amici ‘ disse il cavaliere rivolto ai suoi ospiti ‘ mi fa molto piacere che abbiate tanto apprezzato lo spettacolo di stasera, come posso constatare non soltanto dai vostri applausi. Noto infatti che molti di voi non hanno resistito alla tentazione di toccarsi, oppure di farsi toccare. E questo è senz’altro il migliore e più gradito riconoscimento per il duro lavoro che c’è dietro a questo tipo di rappresentazioni.
– Tuttavia mi auguro anche ‘ proseguì Leonardi dopo una pausa ‘ che la maggior parte di voi abbia tenuto fede all’invito di trattenersi dal venire, perché adesso, com’è consuetudine al termine dei nostri incontri, chi lo desidera potrà salire sul palco e liberare la tensione accumulata nella docile bocca della nostra protagonista di stasera. Come potete constatare, si tratta di una ragazza molto giovane, che ha speso molte energie per cercare d’intrattenervi. Spero quindi che non vogliate essere così cattivi da farla andare a letto digiuna, ma che facciate di tutto per farle recuperare le forze, nutrendola in modo consono alla sua natura. Prego quindi chiunque lo desideri di non avere remore a farsi avanti. Posso assicurarvi che Martina inghiottirà ogni cosa. Va senza dire che l’invito è esteso alle donne, così come che, chi lo desidera, può anche servirsi di un altro orifizio. Le aperture di Martina sono a vostra completa disposizione.
Mentre Leonardi pronunciava il suo lungo discorso incrociò più volte deliberatamente il mio sguardo. Voleva farmi capire che quelle parole erano dirette innanzitutto a me. Erano il modo sadico con cui mi annunciava l’ultimo atto della metamorfosi di Martina: la trasformazione in sborratoio per quella massa di porci.
Dapprincipio l’appello di Leonardi sembrò quasi cadere nel vuoto. Gli astanti osservavano in silenzio Martina collocata nuda e in ginocchio al centro del proscenio. Ma ad un tratto un uomo seduto in prima fila, che non aveva mai smesso di masturbarsi, s’alzò e si diresse verso mia figlia. Giunto a meno di un passo da lei le afferrò la punta della lingua tra le dita e vi appoggiò sopra la cappella. Martina si protese in avanti e spalancò il più possibile la bocca per assecondare la sua volontà. Presto la lingua le si colorò di una sostanza cremosa e biancastra che mia figlia s’affrettò a inghiottire fissandolo negli occhi. Alla vista di quella scena altri uomini presero coraggio e si disposero in fila indiana davanti a lei. Mi sembrava di vedere la coda che spesso si forma dinanzi alla toilette di un locale notturno molto affollato. Martina era la tazza destinata ad accogliere tutte le impudicizie della vita.
Molti uomini, al momento di venire, le poggiavano una mano sulla fronte per immobilizzarle la testa. Alcuni le spruzzavano lo sperma dritto in gola. Altri preferivano venirle sul viso, divertendosi a vederla raccattare il seme con le dita e portarlo alla bocca. Qualcuno scelse il culo, probabilmente per la curiosità di sperimentare di persona la cedevolezza di quell’ano remissivo. Quasi tutti, dopo essere venuti, le sgrullavano il cazzo addosso, facendole colare sulla pelle gli ultimi residui di liquido. Martina accettava tutti e ingoiava tutto. Sapeva di essere lì per questo e a vederla chiunque avrebbe detto che non avrebbe voluto essere in nessun altro posto.
– Perbacco! ‘ commentò Anna sorridendo ‘ Se è vero che siamo ciò che mangiamo di questo passo il corpo di Martina finirà per essere formato da cellule spermatiche.
La guardai interdetto. Non riuscivo a capacitarmi di come fosse possibile avere una mente così perversa.
– Perché ti scandalizzi? ‘ mi disse ‘ Se ci rifletti bene, farle bere tanto sperma è un modo per penetrarla a un livello più profondo.
Quando quella processione ebbe termine Leonardi salì di nuovo sul palco.
– Molto bene! ‘ esclamò ‘ Diciotto uomini e una donna, se ho fatto bene i conti. Lo stomaco di Martina avrà di che digerire stanotte. Credo che se non c’è nessun altro possiamo considerare conclusa la serata.
A questo punto l’uomo che era seduto accanto a me dal lato opposto rispetto ad Anna alzò la mano. Trasalii.
– Ah! ‘ esclamò Leonardi ‘ vedo che abbiamo un pigro laggiù. Un pigro oppure un timido o anche tutt’e due le cose. Certo, ora Martina sarà stanca, ma io dico sempre che il pubblico non va mai deluso. Quindi, forza Martina! Abbiamo fatto trenta, facciamo trent’uno.
Senza dire nulla mia figlia discese dal palco camminando a quattro zampe. La vedevo avanzare e avvicinarsi adagio mentre Anna stringeva il mio membro turgido nella sua bellissima mano dalle unghie scarlatte. Il cuore stava per esplodermi nel petto. Giunta presso l’uomo che era accanto a me Martina alzò la testa per guardarmi. I nostri occhi s’incrociarono. In quel momento provai il senso di vergogna più profondo della mia vita. Martina mi osservava e scrutava il mio membro che nonostante tutto non riusciva a non restare eretto. Accostò la bocca al pene dell’uomo e cominciò a succhiarlo senza smettere di fissarmi, mentre la mano di Anna si muoveva lenta affinché anche il mio ultimo briciolo di amor proprio si sciogliesse nel piacere.
Martina proseguì il suo lavoro senza distogliere un attimo lo sguardo da me. Aveva un’espressione strana. Non sembrava giudicarmi o condannarmi. Voleva piuttosto eccitarmi. Dimostrarmi di essere divenuta una troia grazie a me. Quando l’uomo venne, Martina accolse il seme in bocca senza inghiottirlo. Poi s’avvicinò a pochi centimetri dal mio viso, spalancò la bocca per mostrarmi lo sperma depositato all’interno e deglutì in modo ostentato. Mentre inghiottiva mi fissava spavalda negli occhi. Sentii la sua mano discendere lungo il mio corpo. Avvertii un senso di disorientamento, come un giramento di testa. La mano di Martina prese il posto di quella di Anna attorno al mio membro. Capii che stava per infilarselo nella vagina.
– Non lo fare ‘ la implorai.
– Perché? ‘ rispose Martina ‘ Non credo che faccia molta differenza ormai. Guarda come mi hanno ridotta!
Martina si alzò, si girò su se stessa e allargò le natiche con entrambe le mani per espormi la parte interna. Restai sbalordito. Non avevo mai visto un ano così dilatato. I membri alternatisi nel posteriore di mia figlia avevano trasformato quell’anello di carne palpitante in un buco nero. Un tondo vuoto al centro così aperto da permettere d’intravedere lo sperma versato all’interno. Anche la fica era quasi irriconoscibile. Non aveva nulla del fichino tenero e serrato che dovrebbe avere una 18enne.
Mentre la osservavo Martina approfittando del mio sbigottimento con un movimento rapido mi salì sopra e s’inserì il cazzo nella fica senza darmi neppure il tempo di rendermene conto.
– Mmm! ‘ mugugnò ‘ E’ da tanto che sognavo questo momento! Sai papà, l’ho immaginato proprio così. Peccato che dopo il trattamento di stasera riesca a malapena a sentirlo.
Martina ondeggiava su di me con movimenti lenti e regolari. Mi sembrava di essere stato trasportato in un’altra dimensione. Una parte di me non riusciva ad accettare l’idea che stessi scopando mia figlia.
– Allora ti piaccio? ‘ chiese Martina ‘ Su, dimmelo papà! Dì che ti piace fottere tua figlia!
Rimasi in silenzio. Allora Martina s’arrestò. Per tutta risposta si sfilò il cazzo e rimase seduta sopra di me a guardarmi.
– Anche se si vede benissimo che ti piace ‘ disse Martina ‘ non voglio assumermi la responsabilità di qualcosa per cui non sei pronto.
Martina slacciò le cinture che mi tenevano legato alla sedia e mi liberò entrambi i polsi.
– Ora non hai più alibi ‘ mi disse con un tono di sfida ‘ adesso sei libero, puoi scacciarmi se vuoi.
Ci guardammo a lungo negli occhi, immobili come due sfidanti a duello. Martina era lì, seduta a cavalcioni sulle mie cosce quasi all’altezza delle ginocchia, con la vagina oscenamente dilatata dalla posizione e dagli eccessi di quell’interminabile sera. Avrei potuto respingerla e recuperare un po’ della dignità perduta. Ma il mio membro dritto come un fuso in mezzo a noi fu l’arbitro che emise una sentenza diversa.
– Vieni qui puttana! ‘ le dissi.
Le strinsi le mani intorno alla vita, la sollevai e la impalai, affondando il membro il più possibile nelle profondità di mia figlia. Mentre mi muovevo freneticamente, le passai una mano dietro la schiena e le infilai due dita nell’ano, mentre con l’altra mano le afferrai il collo per attirarla a me. Schiacciai la bocca contro la sua e le insinuai la lingua tra le labbra. Ognuna delle aperture che stavo forzando con quei gesti convulsi portava i segni, gli odori e i sapori degli uomini che mi avevano preceduto. Ma adesso quelle cavità erano mie. Ogni varco della carne di Martina era dedicato a me. Stavo finalmente possedendo mia figlia.
– Bravo papà! ‘ m’incalzò ‘ Così ti voglio! Su, da bravo, leccami anche le tette! Succhiami i capezzoli! Ma come sei abile, chi l’avrebbe mai detto? Non capisco perché la mamma si lamenti.
– Ma che stai dicendo? ‘ la interruppi, fermandomi di botto.
– Non la prendere a male ‘ disse Martina ‘ so che le cose tra voi non vanno molto bene da questo punto di vista. Un giorno la mamma piangendo me l’ha confessato.
– Ma adesso non ci pensare ‘ aggiunse ‘ vedrai che anche questo problema si risolverà presto. Ora occupati di me, che sono qui pronta ad accogliere il tuo seme. Forza papà, fai godere tua figlia! Dai che sto per venire! Sii’così’.sento il membro pulsare.’su’inondami con il tuo liquido….fammi rinascere.
A quelle parole le esplosi nella fica come un adolescente. Mi sembrò di rivivere la mia prima esperienza sessuale, quando senza sapere cosa fosse un orgasmo assistetti terrorizzato alla scena del mio cazzo che non voleva smettere di contrarsi. Martina restò sopra di me. Mi guardava con aria tenera e sensuale. Prima di staccarsi mi prese il viso tra le mani e mi baciò.
– Benvenuto nel mondo del cinema papà. Ora potresti diventare una star ‘ disse Martina.
La guardai interdetto.
– Chi avrà il privilegio di rivedere questa scena non la dimenticherà facilmente ‘ aggiunse.
– Cosa significa? ‘ le chiesi.
– Significa che adesso Leonardi ti ha proprio in pugno. Ricordi il regista Conti che mi presentasti la prima sera? Quello che avrebbe dovuto aiutarmi a sfondare e invece dopo cena me lo ritrovai nel retto a sfondare me? Beh, ha registrato tutto. Lo spettacolo, Anna che ti masturba mentre vengo violentata in scena, te che mi afferri e mi scopi come un maiale. Altro che foto con l’amante e registri contabili truccati. Ora sei veramente fritto caro papino. Leonardi ti ha cotto a puntino!
La guardai smarrito. Ero attonito. Non riuscivo a credere che mia figlia stesse pronunciando quelle parole.
– Perché? ‘ domandai ‘ L’hai fatto perché mi odi?
– No ‘ rispose Martina ‘ non ti odio, ma sento che è giusto così. In fondo tu volevi scoparmi, lo volevi con tutte le tue forze. Ora il desiderio si è avverato, ma di quest’atto devi subire tutte le dovute conseguenze.
– E quali sarebbero queste conseguenze? ‘ replicai furente ‘ Cos’altro può volere Leonardi da me? Non gli basta quello che ha avuto? E quello che mi ha tolto?
– No ‘ rispose Martina gelida ‘ ha ancora qualcosa da chiederti. A cominciare dalla mamma.
– Cosa c’entra lei? ‘ chiesi esasperato ‘ Da questa storia tua madre deve restare completamente fuori.
– Sarà difficile ‘ replicò Martina ‘ A Leonardi piacerebbe farla venire qui e credo che ancora una volta voglia fare affidamento sul tuo aiuto per riuscirci.
– Stai scherzando? ‘ domandai sconcertato.
– Affatto! ‘ replicò Martina con tono calmo ‘ All’inizio ti chiederà di portarla alla villa, in piscina e alle feste, anche per venire a trovare me. Si creeranno molte occasioni in cui lei e Leonardi potranno chiacchierare per conoscersi meglio. Al momento giusto tu dovrai eclissarti, affinché lui possa corteggiarla liberamente. Forse ti ordinerà anche di tenere dei comportamenti un po’ servili verso di lui, in modo da far capire alla mamma chi è che comanda. Magari le s’insinuerà il dubbio che a te in fondo fa piacere se lui la corteggia. Così, pian piano, il suo senso di colpa finirà per attenuarsi, fino a sparire del tutto, lasciando il posto all’idea sempre più stuzzicante di cornificarti.
La lucidità di quel discorso mi lasciò senza parole. Stava parlando mia figlia, quella che credevo una dolce ragazza di 18 anni appena diplomata. Non credevo alle mie orecchie. Come aveva fatto Leonardi a corromperla in questo modo? Da dov’era schizzata fuori tanta cattiveria?
– Ma non sei contento che la mamma si diverta un po’? ‘ incalzò Martina ‘ In fondo tu l’hai tradita, prima con una collega d’ufficio, poi con Anna e stasera con me. Sono sicura che Leonardi saprà darle quello che le manca.
– L’unico rischio ‘ proseguì Martina dopo una pausa ‘ è che Leonardi te la porti via. Lui è molto possessivo. Potrebbe decidere di non fartela più toccare. Lo dico perché alla moglie di un altro dipendente a un certo punto ha impedito di avere rapporti con il marito. Ormai gli concede soltanto di leccarla e solo dopo che lui, oppure qualcun altro dei suoi amici, l’hanno irrorata per bene.
Martina pronunciò queste parole con uno sguardo di ghiaccio. Ero esterrefatto.
– Dai papà! Non fare quella faccia! Vedrai che col tempo saprai adattarti al ruolo che Leonardi ti ha assegnato.
– Quello del cornuto sottomesso? ‘ replicai amareggiato.
Martina mi sorrise. Avvicinò il suo viso al mio e mi carezzò una guancia.
– Su, papà ‘ disse ‘ se anche qualche volta dovessi bere lo sperma di Leonardi dalla fica della mamma non sarà poi tutto questo dramma.
La guardai come inebetito con lo sguardo perso nel vuoto.
– E’ questo il destino che tu e Leonardi mi avete riservato? ‘ chiesi.
– Più o meno ‘ replicò Martina ‘ Ma non voglio dirti altro. Presto lo scoprirai da solo.

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