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OrgiaRacconti di Dominazione

La timida lettrice

By 15 Luglio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Giornata tremenda: mi son dovuta fermare oltre l’orario sul lavoro e così ho beccato il casino dell’ora di punta, aggravato poi da una fitta pioggia battente.
Appena arrivata in casa, prim’ancora di asciugarmi i capelli e mettermi abiti asciutti, ho acceso il computer e, mentre cominciavo a spogliarmi per mettermi una comoda tuta da casa, digitavo la password che protegge il pc e poi, mentre mi stavo energicamente frizionando i capelli con un asciugamano, ho avviato il browser che automaticamente ha aperto una finestra su un mio account di posta ed un’altra sul sito dei racconti porno.
Ho cominciato subito a leggere l’elenco degli aggiornamenti, tenendo d’occhio il genere e ‘soprattutto!- gli autori’
Scorro l’elenco degli aggiornamenti del giorno, con una piccola onda di delusione che monta implacabile’ Sì, qualcosa del genere a me caro c’&egrave, ma a parte una new-entry, son tutti autori che non stimo particolarmente, che non riescono a coinvolgermi come fa LUI’
Scorrendo la pagina, appare infine la data del giorno prima a fianco di un racconto di un genere che mi &egrave indifferente e, delusa, sto per alzarmi ed andare in cucina ad organizzarmi qualcosa per cena.
Però’ aspetta! Il racconto appena sotto &egrave il SUO!!! Ed il genere ‘tra i vari di cui scrive- &egrave quello che prediligo, che mi emoziona, che mi eccita, che mi permette di immedesimarmi nelle sue protagoniste e vivere ‘almeno con la mente!- quelle situazioni che son certa di non vivere mai, nella mia vita vissuta con un’enorme timidezza’

“‘ &egrave una persona che ‘in realtà- non conosco: non so che lavoro faccia, che aspetto e che età abbia, se abbia una famiglia o sia solo, se ciò di cui scrive sia solo frutto di una folle, smisurata fantasia o se ‘invece- sia il prodotto di esperienze realmente vissute.
Una sera, dopo aver letto un altro dei suoi eccitantissimi racconti, ero riuscita a superare la mia timidezza ed a scrivergli un’email.
Facendo la spavalda, gli avevo subito dato del tu (nonostante la sua maniera di scrivere mi desse l’idea di essere una persona ben più ‘grande’ di me), gli avevo detto che leggevo i suoi racconti sul sito dei racconti porno e che adoravo la sua maniera di scrivere, la fantasia, la descrizione dei particolari, dai vestiti alle ambientazioni, alle persone, alle azioni’
Che ho 23 anni ed ammettendo di vergognarmi a dirglielo… ma che mi sarebbe piaciuto essere la protagonista di un suo racconto un giorno, anche con cose particolari…
Ho concluso dicendogli: se per caso sei interessato scrivimi e chiedimi quello che ti serve sapere…
Per ora Grazie per le tue storie
Un abbraccio
Michela

Più la rileggevo più mi sentivo sciocca, illusa, vergognosa a scoprirmi così con un perfetto sconosciuto, ma dopo oltre mezz’ora, con lo stesso slancio che ci vuole per tuffarsi in una piscina gelata, ho premuto INVIO ed i pochi Kbit dell’email sono partiti per la sua casella di posta.
Da una parte, appena inviata, mi ero stretta nelle spalle: un autore così bravo, chissà quante email riceverà’ e da persone più interessanti, più eccitanti di me’ magari qualcuna che gli fa anche proposte’ Mi stavo cercando di convincere che avrebbe totalmente ignorato la mia email’ ma allora, perché ogni cinque minuti continuavo a controllare che non mi avesse risposto??

Trascorsi le ore successive a rileggere i suoi racconti, soprattutto i due o tre dove maggiormente mi ero immedesimata ed un lieve ‘ping!’ del mio pc mi sorprese con le dita che giocavano con la mia cosina, con gli slippini di cotone scostati da una parte: guardai l’icona lampeggiante: era arrivata un’email’
Ero certa che non potesse essere ‘lui’, perché aveva sicuramente cose più importanti da fare che rispondere ad una ragazzina imbranata e quindi’. Ma l’email del mittente era la SUA!!!
Aprii l’email con cuore in gola: un insopportabile mix di paura ed eccitazione’ del resto, le stesse emozioni che mi scatenavano i suoi racconti!

Ciao Michela
Prima di tutto grazie per il tuo apprezzamento, che fa sempre piacere ;)
Non devi vergognarti, invece: sono pulsioni normali (anche se per situazioni un pò border-line) che magari -inconsapevolmente!- condividi con un bel pò dei tuoi conoscenti…
Consideralo come la situazione di indossare un abitino senza intimo sotto: tu SAI di essere nuda, ma gli altri son troppo intenti nei loro cazzi per notarlo e… e questo ti eccita da morire: essere NUDA tra loro, senza che lo immaginino… ;)
Mi “diverte” -anche da un punto squisitamente intellettuale- la tua proposta e son sicuro che, tra le storie che ho pubblicato, ce n’&egrave una nella quale ti riconosci almeno in parte: in realtà, io ho fatto succedere questo e dire quello, ma tu, invece, avresti preferito che succedesse quello e che fosse detto questo… ;)
E allora parliamone: ho il sospetto che tu abbia già un ‘plot’ (un soggetto, una traccia) in mente e se me lo racconterai, potremmo realizzare la TUA storia.
Parlami di te: dove vivi, come sei, che esperienze hai già fatto, quali ti ingolosirebbe provare e quali, per adesso, non accetteresti per nessuna ragione al mondo…
Raccontati, tranquillamente: io sono una sorta di prete o avvocato o medico: insomma, posso parlare ad altri del “caso”, ma MAI del protagonista vero… ;)
Tanto per sgombrare il campo da malintesi, sono vecchio come il cucco: ho trenta e passa anni più di te e mi intrigano le ‘ragazzine’ over40; quindi sei decisamente troppo giovane per i miei gusti! ;)
Una foto (a tua scelta: ritratto, figura vestita, figura non vestita, particolari…) sarebbe gradita (ma NON indispensabile!); inutile precisare che sarebbe solo per i miei occhi!
Un abbraccio
Angelo

Ricordo di avergli subito risposto, in modo caotico, descrivendomi sia fisicamente che come aspetti caratteriali; gli ho parlato del luogo dove vivo ed il tipo di persone che popolano la mia vita, del mio lavoro, dei miei studi’
Scrivevo l’email, poi lo salutavo e’ stavo a pensare, finché non aggiungevo qualcos’altro e’ ed alla fine, gli ho inviato un’email orribile, con quattro formule di saluto finale, ma sempre riaperta per fare aggiunte, precisazioni, postille’ Un vero casino, insomma.
Dopo averla inviata, me la sono riletta, cercando di leggerla con i suoi occhi e mi sono sentita molto, molto sciocca.
Il giorno dopo però, leggendo la sua risposta, ho avuto come l’impressione di averlo accanto, col braccio attorno alle mie spalle, rassicurante e mi immaginavo di sentire la sua voce dirmi le parole che leggevo: pensavo che avesse una voce bassa, tranquilla, matura, che cercava di aiutarmi a tener sotto controllo la mia ansia.
Mi ha detto (scritto!) che apprezzava le informazioni che gli avevo dato, mi chiedeva in modo garbato qualche chiarimento e qualche approfondimento (che non ho avuto alcun problema a dargli, appena finito di leggere la sua email!) ed ha concluso che avrebbe cominciato a pensare ad un racconto come lo desideravo: una situazione in cui ‘io’ sarei stata coinvolta da miei conoscenti, dominata, usata da un gruppo di persone che avevano un buon affiatamento tra loro e che, nonostante i miei ripetuti rifiuti, avrebbero abusato in ogni modo del mio attraente corpicino. Sono arrivata, dopo molti giri di parole, ad ammettere la mia turpe fantasia: quella di essere praticamente stuprata!
Il nostro dialogo via email &egrave proseguito per diverso tempo ed io, sempre meno a disagio, mi sono aperta a lui, paziente ascoltatore e sottile commentatore, fino a descrivere alcune persone del mio entourage, facendogli facilmente intendere che popolavano la mia fantasia, anche se facevo molta fatica ad ammetterlo persino a me stessa.
Dalla mia prima email, era trascorso un mesetto ed infine mi aveva avvertito di aver appena postato il primo capitolo del ‘mio’ racconto e che avrei potuto leggerlo non appena i moderatori del sito lo avrebbero reso pubblico, senza preannunciarmi alcun che.
Ogni minuto, ricaricavo la pagina delle ‘nuove pubblicazioni’ ed ogni minuto il titolo dell’ultimo racconto pubblicato -‘In attesa di notizie’- sembrava prendermi in giro, irridente.
Il MIO autore ‘riflettevo- non avrebbe potuto trovare una serata migliore, per pubblicare il MIO racconto: i miei genitori erano andati via qualche giorno ed anche Andrea, il mio ragazzo, era via con degli amici; avrei potuto godermi il racconto in santissima pace e totale libertà.
Poi, dopo un’infinità, il suo racconto!
Come sua cifra stilistica, comincia descrivendo il contesto, le situazioni, la tranquilla quotidianità dei personaggi.
Da una parte vorrei saltare questa sorta di grande preambolo, ma dall’altra sono affascinata dalla sua capacità di scrivere ed ho paura di perdere qualche frammento, qualche scheggia, che mi potrebbe aiutare a comprendere meglio, immedesimandomi totalmente, qualche situazione futura; scrive come un giallista e si diverte ‘evidentemente- a lasciare piccoli indizi, tessere del puzzle che formerà lo sviluppo delle sue trame in angolini reconditi, come se gli fossero casualmente caduti da una sacca’
Un’altra cosa che me lo fa preferire, rispetto a molti altri, &egrave anche il suo amore per la consequenzialità logica, dove le cose avvengono per ‘normale’ evoluzione da un evento infrequente ma comunque plausibile e non, come spesso capita di leggere, per una situazione assolutamente improbabile.
Mi rendo conto che la sua ‘penna’, a differenza del solito, dà in pasto al lettore le caratteristiche fisiche della protagonista (mi aveva spiegato in un’email che preferisce restare più sul vago possibile, in modo che ognuno possa essere libero di immaginarla secondo i propri gusti ed il proprio vissuto); questa sua protagonista ha il mio nome, il mio aspetto, pensa e si muove come me’ sono IO!!!
Sono eccitatissima, pregustando il momento in cui la sua (nostra? Io, in ultima analisi?) eroina entrerà nelle situazioni via via sempre più erotiche’
Finalmente mi rendo conto di aver superato quell’invisibile punto della narrazione dove la trama cambia’ di passo, dove diventa una storia sensuale, erotica, pornografica allo stato più puro e più completo del termine; &egrave come camminare in un bosco ed, ad un certo punto, ci si rende conto del profumo di certi fiori: forse lo avvertiva già qualche metro più indietro, ma non si era ancora pensato ‘sento un buon profumo di fiori’.
Un fatto; piccolo, banale, quasi irrilevante’ ma che avviene in un certo momento, in determinate condizioni e’ e si apre davanti al lettore, davanti a me il viale verso il cuore della storia, verso i brividi di eccitazione, verso il piacere mentale che porta le dita ‘quasi si muovessero per vita propria!- a sfiorare la pelle provocando brividi, a cercare e trovare mucose che provocano scariche di piacere, sino a far vibrare le più sensibili terminazioni nervose.
Da una parte vorrei poter volare fino al culmine della storia, ma dall’altra mi sottopongo al piacevole supplizio di assaporare ogni singola parola, di apprezzare ogni singola frase, di intrigarmi per ogni specifica situazione, via via sempre più erotiche.
Stacco un secondo dal testo, che dallo schermo del pc mi dilaga dentro la mente e realizzo che la mia mano sinistra &egrave tra le mie cosce, inzuppata del mio miele che ormai cola copioso, mentre la mano destra si alterna tra la tastiera per far scorrere il testo ed i miei capezzolini che occhieggiano da sotto la canotta che ho inconsapevolmente rialzato ed irrigiditi dalla grande eccitazione che mi travolge.
Mi rendo conto che ho il respiro affannato, che la mia mente trasforma in immagini e sensazioni le parole che leggo, che l’onda del piacere sta cominciando a sollevarsi dentro di me, preparandosi a diventare maestosa e poi a ripiegarsi su se stessa ed infine ad infrangersi su di me, per lasciarmi stremata ed intrisa di godimento, come un orgiastico tsunami!
Capisco, dalle ultime frasi lette, che ci stiamo avvicinando al clou della storia e sento le mie dita sciaguattare impazzite sulla mia cosina, ormai rorida di piacere, con lievi rumori liquidi’
Sento che ormai sono come un aereo sulla pista di decollo, che sta accumulando velocità per arrivare alla ‘rotazione’, al momento in cui comincerà a staccare il carrello di prua dalla pista per cominciare a librarsi gloriosamente nel limpido cielo dell’orgasmo’
Sento che ormai ci sono quasi, proprio quasi sull’orlo e’ suonano alla porta!
Eccheccazzo! Decollo abortito’
Decido di non aprire, di fregarmene, di continuare, ma la luce accesa tradisce la mia presenza in casa ed un altro squillo mi convince ad abbandonare la lettura.
Riabbasso la canotta sui capezzolini ancora turgidi (accidenti, si vedono!), risistemo il peri che avevo scostato, liscio sui fianchi la gonnellina di jeans e vado ad aprire, cercando di respirare in modo normale, senza l’affanno che mi stava travolgendo poco prima.
Apro la porta e mi trovo davanti Marco, un fotografo amico di famiglia (un compagno di liceo di mio padre), con Luca il suo assistente più o meno della mia età. E’ più di un anno, ormai, che non si fa sfuggire l’occasione per chiedermi, ogni volta che ci vediamo senza altri vicini, di posare per lui; proposte che ho sempre cortesemente ma fermamente rifiutato.
Come gli apro, Marco fa letteralmente irruzione in casa e non ho né tempo né modo per impedirglielo.
Mi sorride, mi dice ‘come sempre!- che sono bellissima e che deve parlare con mio padre.
“à &egrave via, con la mamma, torneranno solo giovedì”
Lui si guarda in giro, sembra un bracco che fiuti in giro in cerca della selvaggina, poi mi sorride e con tono complice mi dice, con un tono di voce basso ed allusivo: ‘Capito’ e tu approfitti della casa libera per darti alla pazza gioia con Matteo..’
Mi sento in imbarazzo, come se mi avesse vista mentre mi toccavo e quindi mi precipito a smentirlo: ‘Ma no: Matteo &egrave andato a Barcelona con i suoi amici per una settimana’ son sola soletta, Marco’ aggiungo, per rassicurarlo.
Decide senza interpellarmi di sedersi sul divano e Luca si siede anche lui. In effetti Marco qui &egrave di casa e Luca’ beh, &egrave ormai diventato la sua ombra!
“, abbiamo una sete pazzesca: non ci puoi offrire una birretta?’
Marco mi intimidisce (come quasi chiunque, del resto; ma lui in modo particolare!) e perciò sorrido ‘nonostante la leggera irritazione e dispiacere per aver dovuto interrompere ciò che stavo piacevolmente facendo!- e volo in cucina a prendere due birre gelate ed i bicchieri, su un vassoio.
“‘ e tu non bevi?’
“, io’ io non bevo mai, lo sai’.’
“dai, con questo caldo una birretta &egrave quello che ci vuole! Luca, vagliela a prendere!’
Luca sparisce in cucina e, prima che possa tornare, il fotografo ha tempo di mormorarmi: ‘Sei uno splendore, non hai idea di quanto mi piacerebbe fotografarti”
Come sempre mi schermisco, ma in un lampo mi sfrecciano nella mente le foto che ogni tanto vedo in rete, di donne nude, scosciate, aperte, alle prese con maschi, anche tanti, anche contemporaneamente’
Un brivido di torbido piacere mi provoca un piccolo fremito e mi rendo conto che Marco mi guarda in un modo strano, diverso dal solito: non &egrave più l’amico di famiglia’ &egrave il maschio che cerca una femmina!
Si alza e va verso il mobile bar, col bicchiere ancora vuoto e torna subito dopo, con un dito di liquore trasparente; si risiede pesantemente, afferra una lattina e comincia a versarsela ed io lo imito.
“favore, prendimi dei crackers, che mi piace sgranocchiarne uno, con la birra e vodka’
Vado in cucina a prendere quanto richiesto e poi mi risiedo, sulla poltrona accanto; alziamo i bicchieri (e Luca la lattina) in un muto brindisi e poi cominciamo a sorseggiare la bibita.
A me non piace granché la birra, ma Marco mi invita ripetutamente a bere e ho l’impressione di vedere uno scambio di sguardi tra lui e Luca’
“, sai’ mi piacerebbe farti qualche foto”
“no, dai Marco! Ti ho detto che non mi va’ Non mi va di venire nel tuo studio a farmi fotografare” dico, cercando di respingere quell’ennesimo attacco.
“&egrave un delitto! Dai bevi! Dicevo: sei così bella’ Dai: ti faccio solo qualche scatto qui, adesso”
Comincio a sentirmi strana, vorrei dire di no, ma lui insiste, suadente come il serpente davanti ad Eva, così impegnato a cercare di convincermi che non ha neanche aperto i crackers’
Lo vedo chinarsi, aprire il suo borsone, estrarre la sua fida reflex, inquadrarmi e click!, scattare accecandomi col flash!
Guarda sul display il risultato e poi me lo mostra, suadente: ‘Vedi come resti bene? Però dai, posa per me solo dieci minuti: ti metti sul divano ed io ti faccio qualche scatto!’
Mi sento strana, quella birretta doveva essere più forte di quanto pensassi!
Non volevo posare per principio, ma d’altra parte una vocina dentro mi diceva di concederglielo, per questa unica volta.
Ad ogni sorso dal bicchiere, il mio rifiuto si diluisce finché, finita la birra, accetto.
Marco sorride, soddisfatto, mi porge una mano per alzarmi dalla poltrona ed io apprezzo questa sua cortesia’ anche perché come mi alzo, un piccolo giramento di testa rischia di farmi cadere.
Mi sento strana, leggera’ una bolla di sapone; vado a sedermi sul divano e Marco comincia a mitragliarmi col flash e con dei veri e propri ordini: ‘Ecco, così’ adesso guarda lì’ sorridi!… alza un po’ la testa’ ok, adesso girala di là’ spingi le spalle indietro’ sì, così, brava, sei bellissima! Adesso sì, così’ ecco, piega le gambe sul divano’ sì, appoggiati col sedere sui calcagni’ mettiti un po’ di sbieco’ ecco brava”
A poco a poco, entro in quello che sembra un gioco; scopro che mi diverte posare e con la coda dell’occhio mi rendo conto che Luca, senza neanche dire nulla, sta spostando lampade e piantane per illuminarmi al meglio, facendomi in breve ritrovare dentro una sorta di nuvola luminosa.
Marco continua a scattare, dicendomi come mettermi e quando la mia postura non lo soddisfa, mi mette la mano sulla parte e mi pilota nella posizione corretta.
Sento Luca chiedere al fotografo se vuole un’altra birra per poi scomparire alle mie spalle, verso la cucina.
Quando torna sento dei tintinnii; si &egrave evidentemente fermato al mobile bar a versare dell’altra vodka nella birra per Marco.
Poi sento i sommessi sbuffi delle lattine stappate (tre!) ed il gorgoglio della birra che riempie i bicchieri.
Sul divano, al centro di tutte le lampade accese, fa caldo e quindi accetto con gratitudine il bicchiere appannato che mi porge, anche se ha uno strano sorrisetto maligno, e Marco interrompe gli scatti per darmi tempo di ingollare una fresca sorsata.
Mi sento stranamente euforica, vorrei che non finisse mai di fotografarmi ed anche lui, appena indovinabile oltre l’alone di luce che mi circonda, mi sembra un’apparizione tremolante, che sembra sfocarsi per poi tornare nitida’
Lo trovo buffo e comincio a ridacchiare; entrambi sorridono, guardandomi.
Luca, gentilissimo, mi porge nuovamente il mio bicchiere e mi disseto con piacere, sentendomi leggera, allegra..
Marco mi si avvicina ed abbassa una spallina della canotta: ‘Così sei troooppo glamour!’ esclama, con entusiasmo.
I miei capezzolini, eretti come ditine che spingano dal tessuto leggero della canotta, risaltano, ma in effetti, Marco mi fa vedere che lo scatto con una spallina abbassata: sensuale senza essere volgare.
Mi piaccio!
Dopo questo breve rallentamento, ricomincia il mitragliamento di scatti: le sue disposizioni sono secche, rapide ed io ormai eseguo senza pensare, assecondando la sua mano che mi muove la caviglia, mi raddrizza la spalla, mi fa abbassare lievemente un ginocchio staccandolo anche un po’ dall’altro, facendomi scivolare col sedere più sull’orlo del divano, facendomi inginocchiare sul sofà ‘prima di profilo e poi dandogli le spalle- ed abbassandomi anche l’altra spallina e poi facendo spuntare un capezzolino e risalire la mini.
Fa caldo, sul divano, e quindi ogni tanto sorseggio un po’ di birra, sentendomi sempre più allegra, rilassata, a mio agio.
Ho l’impressione di sentir parlare Luca per qualche secondo, ma dev’essere appunto un’impressione, perché io e Marco siamo impegnati con le foto ed in casa non c’&egrave nessun altro’
Il fotografo mi si avvicina e con pochi gesti mi fa risalire la mini intorno alla vita, cominciandomi subito a fotografare il mio culetto che comincia ad elogiare.
Anche la canotta adesso &egrave intorno alla vita: vorrei coprirmi, vorrei dirgli di smetterla, che abbiamo finito, ma non ci riesco, sono ammaliata da quella magia di scatti e pose.
Suona il suo cellulare e Marco, dopo essersi scusato con un sorriso, risponde.
E’ cordiale e capisco che deve vedere una persona, ma senza interpellarmi lo invita (anzi: ‘dai venite pure qui, adesso!’ due persone!) e gli da l’indirizzo.
Appena fatto, rimette in tasca il cellu e ricomincia a fotografarmi.
A me gira un po’ la testa, ma non mi sembra educato dirgli di smettere; mi gira un pochino la testa e credo di essere ormai alla terza birra: ormai lo assecondo in tutto.
Dopo un po’, sentiamo suonare; Luca va ad aprire, mentre io mi risistemo rapidamente canotta e mini.
Nel soggiorno entrano due giovani africani colossali, muscolosi, con la pelle nerissima ed enormi sorrisi, oltre ad un uomo dell’età di Marco, alto e massiccio anche lui ma con la figura ammorbidita da qualche chilo di troppo
Marco fa le presentazioni e li invita a sedersi sul divano, dove sono ancora io.
Faccio per alzarmi, ma il più anziano dei tre ‘che si era presentato come Giulio’ mi sorride e mi dice di non scomodarmi, mentre si appollaia sul bracciolo.
Marco ed uno dei due neri parlano rapidamente in francese e ridono molto; poi si danno cerimoniosamente la mano, come a suggellare un patto.
Sono un po’ infastidita, di questo dialogo in una lingua che non conosco, ma -grazie anche alle birre, che mi hanno portato in morbida bolla rilassante e vagamente giocosa- mai e poi mai oserei protestare, per il mio carattere timido.
Poi cominciano a chiacchierare in italiano, ma non riesco a seguire cosa dicano, forse in quel omento non sono interessata… non so, finché Marco non alza la reflex che aveva sempre tenuta in mano e ci fotografa, tutti e quattro sul divano.
Antoine, quello che aveva parlato in francese, scoppia in una risata e dice: ‘Ma così a tradimento non vale, dai!
Se vuoi farci una foto con questa bellissima ragazza, allora aspetta che ci avviciniamo un poco a lei!’
Tempo pochi istanti, sono ai miei lati, con le braccia sullo schienale, come a cingermi e spalle.
Marco scatta, poi suggerisce cambi di posizione, sempre più rapidi, quasi frenetici: mi fa accavallare le gambe, poi mi fa appoggiare il polpaccio su un ginocchio, poi le mani dei ragazzi sulle mie ginocchia ed una mano che pende sul mio petto, col gomito piegato attorno al mio collo e poi le mani alla base della coscia ‘No, un po’ più in su’ ancora’ ecco così’ dai abbassale la spallina’ sì accarezzale il seno’ Michela, lasciati scivolare un po’ più in basso” Mi rendo conto che così facendo la mini &egrave risalita e mi vergogno, ma il braccio che ho sulle spalle mi impedisce di risalire’
“Sì, stringile il capezzolo’ abbassa l’altra spallina’ Michela, mettigli le mani sulle ginocchia’ adesso risali’ sì anche tu risali con la mano”
Mi rendo conto che la mano di Jean &egrave arrivata sul mio monte di Venere e vorrei alzarmi e scappare, col terrore che scopra quanto la mia eccitazione abbia intriso il pizzo leggero, ma non ci riesco’
D’altra parte, una sottile, perversa eccitazione comincia a pervadermi: mi ero immaginata in balia di un gruppetto affiatato -e loro evidentemente lo sono!- che mi costringano a subire le loro iniziative di maschi e… Beh, si sta delineando quella situazione!
Mi sento la micetta fradicia come non mai!
No, non voglio! Adesso dico basta e faccio cessare questa cosa che, se pur innocente, rischia di andare avanti, troppo avanti, troppo eccitantemente avanti!!!
“Ecco, adesso girati verso di lui e guardalo negli occhi’. Dai, sorridi!!!, adesso fate finta di baciarvi’ ecco, di più”
Ubbidisco, con una strana, euforica apatia.
Oh, accidenti: far finta un corno! Jean mi ha infilato mezzo metro di lingua guizzante in bocca!
Vorrei ribellarmi ma non riesco.
“Aspetta Michela: vestita così sei graziosissima, ma volevo farti foto un po’ meglio… vatti a cambiare, mettiti qualcosa di… intrigante’
Pigolo una protesta: ‘Ma non so che cosa mettermi, di ‘intrigante’…’
Lui sorride, vecchio marpione: ‘Non preoccuparti: mostrami quello che hai e ti consiglio io per il meglio’
Così, mentre il quartetto resta in soggiorno a chiacchierare, Marco mi accompagna in camera e poi guarda nei miei armadi; mi ha accompagnato tenendomi a braccetto e gli ne sono grata, perché mi gira un po’ la testa…
Guarda nel mio armadio, nei miei cassetti, ma nessuno dei miei capi sembra andargli bene; mi fa freneticamente provare diverse cose, ma ogni volta che ho quasi finito di indossarlo, scuote la testa, borbotta ‘No, no; non va bene…’ e mi porge un’altra cosa.
Sono quasi ipnotizzata dai cambi rapidissimi ed eseguo i suoi ordini con una naturalezza che non avrei mai sospettato, mentre le gonne, gli short, i top, le camicie, le magliette e poi anche gli slippini ed i reggiseni scartati si ammucchiano sul letto.
‘ Solo ad un certo punto realizzo che mi sto rivestendo e spogliando completamente davanti ad un uomo… anziano, per giunta! Ho un moto di… difesa, come per coprirmi, ma poi mi rendo conto che ha avuto già ampiamente modo di vedermi nuda in ogni posizione e quindi, pur con le guance che avvampano un pochino, continuo il carosello di prove.
Mi sento avvilita, di non avere nulla che lui giudichi degno di ‘sottolineare la tua bellezza’, come ripete più volte.
Alla fine -mi sono appena tolta un completino di peri e reggiseno di pizzo-, mi prende per mano e mi porta nella camera dei miei; sono esterrefatta, vorrei dirgli di lasciar perdere, che non sta bene frugare tra le cose dei miei, di mia madre, ma lui, dopo aver capito quale parte dell’armadio &egrave quello che custodisce gli abiti di mia mamma, comincia a frugare e stavolta sembra contento di ciò che trova.
Guardo stupefatta ciò che riesce ad estrarre dall’armadio: mai e poi mai avrei immaginato che mia mamma avesse capi del genere!
Lui dopo un poco dice, ridacchiando: “Mmmh…vedi: lo sapevo che a mammina piace essere sexy… l’ho vista a volte agghindata per benino!!!”
Strabuzzo gli occhi: abitini stretch minuscoli, o con (mini!!!)gonna a corolla e corpetto semirigido senza spalline che -provandoli- mi spingono in alto i seni e mi celano appena le areole dei capezzolini, minigonne alte quanto una cintura, stretch, plissettate, a portafogli ma sempre incredibilmente corte e canotte ampie o camicette attillate, magari di garza, impalpabili o abiti lunghi, da sera, ma con scollature e spacchi vertiginosi.
E nei cassetti del comò trova dei microperizoma assolutamente scandalosi, reggiseni a balconcino fatti più per esporre che per proteggere, strani collant che lasciano perfettamente accessibili il… davanti ed il dietro… ed un bikini bianco incredibilmente piccolo, in una minuscola scatoletta contrassegnata con un misterioso ‘WW’, con dei… fili per girare attorno ai fianchi e in mezzo alle natiche del diametro dello spago per legare l’arrosto!
E le scarpe! Sandali, zoccoletti, decolté, stivali delle più varie fogge e colori, ma sempre con tacchi assolutamente impegnativi!
Sono esterrefatta, ma anche intrigata e vagamente eccitata da quel guardaroba quantomeno stravagante della mia mammina…
Marco contempla, con un sorrisetto sardonico il… bottino del suo saccheggio e commenta, a mezza voce: ‘E brava la Monica, che si vergognava tanto…’
‘Cosa intendi dire?’ chiedo, con una allarmata ma torbida curiosità.
‘Ma no, nulla…’ Poi, vedendo la mia determinazione per sapere, spiega: ‘Diciamo che tua mamma l’ho… conosciuta abbastanza bene, anni fa e…’ ‘Anni fa? Quanti anni fa?’ lo interrompo, ansiosa.
Lui ride silenziosamente, poi mi fa uno strano sorriso: ‘Un mio amico mi ha insegnato una regoletta d’oro: ‘non fare mai domande, se non sei sicuro di poter affrontare la risposta’…
Dicevo: a quei tempi Monica era una bella ragazza… -sorride- …del resto &egrave ancora adesso una bella donna… dicevo… beh, son riuscito a… a farle scoprire alcune cose…’
‘Scoprire cose? Quali cose???’
Il suo sguardo si perde lontano, nel mondo dei ricordi e la sua bocca si addolcisce in un sorrisetto nostalgico: ‘Ah, tranquilla: nulla di tremendo! In effetti cose abbastanza… tranquille, anche se per la sua educazione sembravano cose di una sfrenata lussuria’
Un dubbio, una domanda mi sta premendo sulle labbra: ‘Ma…. e io?’
Lui torna dal passato, mi guarda, sorride: ‘Tu? In confronto a tua madre? Beh, sei ancora più bella!’
Dal mio sguardo capisce che, nonostante l’abbia ben gradita, non era quella la risposta che volevo e allora aggiunge: ‘Tu sei diversa da Monica: sei più smaliziata, nonostante la tua timidezza e stasera, se ti fiderai di me di Giorgio, potrai veder realizzare un bel po’ delle tue fantasie…’
‘Fantasie? Cosa ne sai tu, delle mie fantasie???’ mi sta spaventando, il sentirmi messa a nudo, anche se un calore mi si irradia dalla fichina.
Lui ride, sceglie alcuni capi e, sorridendo, mi dice: ‘Dai, metti su questi e torniamo di là…’
Dopo pochi minuti mi ritrovo vestita con una gonna a tubo stretta, lunga fin quasi al ginocchio, nera ma con uno spacchetto fin oltre metà della coscia
Mi guarda e mi giudica: ‘Sei perfetta! Dai, torniamo di là…’ Vengo accolta da ampi sorrisi di approvazione e subito fatta sedere sul divano; Marco comincia a mitragliarmi di scatti e mi ipnotizza coi lampi dei flash; non so fare altro che obbedire ai suoi secchi ordini, mentre gli altri mi stingono, mi abbracciano, mi toccano, mi frugano, mi sollevano la gonna ed a poco a poco, facendomi appoggiare prima su un fianco e poi sull’altro, la gonna risale -con lo spacco che adesso arriva fino al fianco!- e poi più in su, fino a farmela risalire tutta intorno alla vita.
Man mano che le flashate si susseguono, i quattro uomini -ai due neri ed all’anziano si era ormai unito anche Luca!- diventano sempre più… prepotenti ed i gesti, che prima erano cortesi, delicati, diventano via via sempre più determinati, brutali; mi mettono a nudo la fichina e mi fanno scendere la parte superiore, fino a lasciarmi tra di loro più che nuda e ormai in balia delle loro mani, dei loro baci osceni, dei cazzi che mi spingono in bocca e nella topina…
No, non voglio! Mi stanno usando… usando come una… come una di quelle! Non voglio… ma non riesco a fermarli… forse non voglio fermarli perché… sì, insomma… perché mi sta eccitando questa turpe situazione, con un gruppo di sconosciuti che mi prende, che… abusa di me in ogni modo, per giunta mentre indosso indumenti di mia madre, che mai avrei sospettato non solo che possedesse, ma che neanche potesse conoscerne l’esistenza!!!
I quattro uomini, sotto la regia di Marco, ormai avevano cominciato ad usarmi, insultandomi con i peggiori epiteti ed io continuavo a protestare, a dire che no, non volevo e questo sembrava eccitarli sempre più… e -lo ammetto!- mi stavo sempre più eccitando anch’io!
Io, razionalmente, non vorrei che continuassero, che mi insultassero, che mi trattassero come il loro giocattolo sessuale, che me li dessero in bocca a due per volta ingiungendomi di succhiarli, o che me li affondassero nella fichina senza alcuna delicatezza(e andava già bene che ero eccitata di mio, così ero lubrificata a sufficienza!), che mi avessero messa alla pecorina e che me lo avessero infilato a turno… Però il mio corpo era tremante di eccitazione e non voleva che si fermassero, che smettessero’
Dopo un po’, riesco a far mente locale sul come devo apparire allo spietato obbiettivo della reflex di Marco: la gonna &egrave diventata una sorta di fascia nera attorno alla vita, la camicetta, dopo che un paio di bottoni son stati staccati, mi &egrave stata strappata completamente ed una manica mi penzola mestamente sul polso.
Il reggiseno invece &egrave stato risparmiato dalla loro furia iconoclasta, ma mi &egrave stato abbassato ed adesso risalta sulla tenue abbronzatura del mio pancino, mentre il perizoma mi &egrave stato tirato da una parte, per poter avere agevole accesso alla mia fichina esplorata dalle larghe lingue dei ragazzi di colore e dalle dita brutali di tutti loro.
Mi hanno lasciato indosso le scarpe e le autoreggenti, anche se alcune smagliature le rendono ormai pronte per il secchio della spazzatura…
Ormai la loro iniziale gentilezza &egrave un ricordo ed anche gli ordini di Marco sono diventati rari: il mio corpo &egrave il loro giocattolo e loro lo usano a loro piacere; mi trovo sempre la bocca occupata da un cazzo(quando non sono due!) ed ormai anche il fotografo si &egrave unito alla gang bang, lasciando la reflex sul tavolino, da dove ogni tanto qualcuno la prende per scattare foto estemporanee.
Nella mia fichina, le lingue e le dita di prima hanno lasciato campo libero ai loro uccelli duri, che nonostante le dimensioni ben maggiori a quelle di Matteo al quale ero abituata, a parte un po’ di fastidio all’inizio, scivolano dentro con facilità uno dopo l’altro, senza che possa impedirlo… e forse senza che voglia veramente farlo.
Jean &egrave il primo ad eiaculare dentro: tanti lunghi, abbondanti, potenti schizzi che mi allagano la fichina; quando lo sento venire, faccio un attimo mente locale: sì, la pillola l’ho presa, per fortuna…
Giusto il tempo di fare questa considerazione che me lo trovo in bocca, meno tonico di prima, ma sempre con una discreta erezione:’Puliscimelo per bene, troia!’
Ed io obbedisco e lo lucido per bene con la lingua e poi comincio a succhiarlo, ad aspirarlo come mi hanno intimato di fare e lo sento diventare di nuovo al massimo del suo splendore con poche, ormai sapienti succhiate.
Sento un altro che mi sta penetrando; un’occhiata mi informa che si tratta di Luca, che mi tratta con cattiveria, che mi martoria, stringe e tira i capezzoli, che mi vomita addosso una sequenza ininterrotta di insulti, insulti che ormai, in quella incredibile situazione, mi eccitano sempre più.
Anche Luca schizza il suo piacere nella mia natura e poi per un attimo si affloscia su di me, come svuotato.
Ma si riprende subito e si sfila dalla mia vulva provocando suoni umidi, che viene subito occupata da un altro e poi un altro e poi ancora, mentre anche i glandi si alternano ad occuparmi la bocca fino in fondo, fino alla gola…

Sono semisdraiata sul divano, scompostamente ed ho la bocca e la vulva indolenzite.
Non ho idea di quanto tempo sia durato, né quante volte ognuno dei cinque sia venuto, nella mia bocca o nella mia fichetta.
Sono mezza tramortita dalla fatica… va beh, lo ammetto: anche da tutte le volte in cui ho raggiunto il piacere, ogni volta un’esperienza sconvolgente, che non avevo mai neanche immaginato che si potesse provare in modo così totale, così assoluto.
Ho urlato, urlato il mio piacere, implorandoli di non smettere, definendomi io stessa, da sola, ripetendo i peggiori epiteti che mi avevano vomitato addosso.
Un piacere perverso mi si espande nella mente: io, la Michela acqua-e-sapone, la santarellina, l’inarrivabile ragazza-per-bene, sono stata usata, violentata dal branco e’ e mi &egrave piaciuto!
Una cosa, in particolare, ha scatenato il mio piacere, facendo giungere a vette inimmaginabili: quando Marco ha fatto un’affermazione: ‘Avevo visto giusto, Michela: tu sei ancora più troia di tua madre!’
Mia madre? E Marco, cosa ne sa? Se l’&egrave fatta? Si &egrave scopato entrambe, io e lei, madre e figlia?
Ho provato turbamento, ma anche una certa vena di eccitato orgoglio per essere uscita vincente dal confronto. Ma devo sapere: poi vedrò di chiedere a Marco cosa intendesse dire, cosa ha fatto con mia madre’ con chi’ lei come si &egrave comportata’
Mi rendo comunque conto che la mia torbida fantasia si &egrave realizzata e per un attimo mi sfreccia nella mente il confronto tra questo far sesso e quello (timido, impacciato, tremebondo, banale) fatto con Andrea.
Al di là della sua dotazione virile (assolutamente risibile, dopo ciò che mi &egrave passato nei pertugi nelle ultime ore!), mi trovo a scacciare il ricordo dei nostri timidi giochi con annoiato fastidio.
Noto appena che Marco e Giulio parlottano, ma non provo alcuna curiosità, al riguardo: probabilmente stanno commentando la ‘festa’ che hanno fatto, commentando ‘tra uomini’ ‘e quindi immagino con commenti estremamente volgari- il mio’ rendimento.
Poi vedo Giulio che prende il cellulare, che si volta dall’altra parte per parlare (parlare di me? Con chi? Cosa starà raccontando?) e dopo un paio di minuti, rimettere il cellulare in tasca e scambiare poche battute con Marco.
Nel torpore postcoitale, mi rendo vagamente conto che Marco sta congedando i tre giovani, mentre Giulio resta da una parte, salutando i ragazzi che vanno via.
Quando rimaniamo noi tre, Marco mi guarda, mi fa uno strano sorriso da rapace e mi dice: ‘Dai, Michelina: andiamo a fare un giro noi tre, adesso”
‘Un giro?’ chiedo scioccamente; sono incuriosita, forse un po’ spaventata, ma soprattutto voglio scoprire cosa questo mondo, sul quale mi son appena affacciata, può riservare a me.
Lui annuisce ed io: ‘Datemi il tempo per sistemarmi ed arrivo”
‘No, no’ ‘Giulio ride, ma senza vera allegria, in senso puramente denigratorio- ‘vai benissimo così!’
Anche Marco si unisce alla risata; mi prende per mano, mi fa alzare dal divano e mi concede ‘almeno!- di rimettermi a posto la gonna, anche se mi rendo conto che sopra allo spacco la cucitura ha ceduto ed adesso arriva sin quasi al fianco; mi fa togliere la manica della camicetta ed il reggiseno e mi porge una sorta di bolerino preso dall’armadio di mia madre, chiuso da un unico, grosso bottone all’altezza dell’attaccatura dei seni, ma mi impedisce anche solo di sistemarmi le calze velate, che son tutte afflosciate e smagliate in alcuni punti.
Ci avventuriamo fuori di casa ‘senza neanche permettermi una puntatina in bagno per ripulirmi un pochino!- e scopro quanto &egrave complicato cercare di procedere su quegli altissimi tacchi da dodici centimetri, senza aver prima acquisito una buona pratica; per giunta, ad aumentare ancor di più il mio disagio, sento che camminando le abbondanti sborrate che avevano preso possesso della mia maltrattata fica, cominciano a colar fuori, scivolando lentamente lungo le cosce che, sfregando tra di loro mentre cammino, le spalmano vergognosamente fin quasi alle ginocchia, lasciandole poi colare ancora più in giù.
L’aria fresca mi fa avvertire nitidamente la zona inumidita dallo sperma, che si allarga sempre più.
Dopo quasi duecento metri, arriviamo alla Multipla di Giulio e prendiamo posto tutti e tre sul sedile anteriore, io ovviamente tra di loro.
Una rapida occhiata alle mie gambe, mi mostra quanto siano impiastricciate, fin quasi alle caviglie sottili.
Partiamo e arriviamo fino a prendere l’autostrada praticamente deserta, viaggiando verso nord; dopo qualche chilometro, davanti a noi le luci di posizione di un autocarro: allora Marco mi slaccia il bolerino, mi ordina di alzare la gonna fino alla vita ed accende la luce dell’abitacolo e orienta lo spottino sul mio pube mentre Giulio, che si &egrave spostato nella corsia di sorpasso, comincia a superare il tir ‘il primo di un piccolo convoglio di sette/otto mezzi- ma, stranamente, rallentando.
Marco mi ingiunge di toccarmi ed io, lasciandomi divaricare le ginocchia dai due uomini e come ipnotizzata dalla situazione inconcepibile fino a poche ora prima, eseguo senza commenti, prima accarezzandomi le labbrine diventate particolarmente sensibili e poi introducendomi tre dita fino alla radice nella vagina, diventata inaspettatamente capiente; mi rendo conto che adesso procediamo affiancati alla cabina dell’autotreno e che, attraverso il tetto vetrato della monovolume, il camionista si sta golosamente godendo l’imprevisto spettacolo.
Un paio di minuti e poi Giulio accelera per portarsi accanto alla cabina del tir successivo, mentre il primo camionista sembra ringraziare dello show con lampeggi degli abbaglianti e potenti ululati delle trombe.

Alla fine, dopo aver fatto arrapare tutta la colonna, proseguiamo mentre dietro di noi i camion continuano a lampeggiare e suonare le trombe in segno di gradimento ed anche per esprimere il loro disappunto per non esserci fermati ad un’aria di parcheggio, che sfreccia in quel momento accanto a noi, come cercavano di suggerirci.
Ancora pochi chilometri ‘e lo spettacolino ad altri due tir- ed il ticchettio della freccia mi avvisa che stiamo per imboccare un casello in uscita.
Ancora pochi chilometri di strade sempre meno importanti e poi imbocchiamo uno stradello sterrato, che serpeggia inerpicandosi sul fianco di una collinetta boscosa, fino a sbucare sull’aia di una scalcinata casa colonica, posta in cima all’altura.
L’ultima curva per entrare nell’aia, fa sventagliare i fari contro il muro dell’edificio principale ed accanto alla porta vedo cinque uomini vagamente sorridenti, tra i trenta ed i quarant’anni, tutti con fisici massicci, muscolosi.
Scendiamo e Giulio saluta amichevolmente quello che sembra il capo del gruppetto, Anton, che sembra sprizzare felicità da tutti i pori ‘come i suoi compagni, del resto!- mentre gli da delle potenti pacche sulle spalle e mi guarda con aria vogliosa, anche mentre presenta rapidamente i suoi amici.
‘Questo &egrave Marco e questa invece &egrave Michela, il mio regalo per voi; &egrave tutta vostra fino all’alba e noi ci accontentiamo di assistere’ abbiamo voluto controllare che fosse all’altezza e siamo un po’ stanchini” spiega, ridendo.
‘Marco &egrave un fotografo e penso che non ci saranno problemi se la fotografa mentre la state usando, no?’
Il gruppetto di stranieri (romeni, a giudicare dalla pronuncia) nega con ampi gesti della testa che ci siano problemi, mentre Anton mi si avvicina, mi strappa il bottone del bolerino e mi abbranca con cattiveria un seno, mentre l’altra mano mi afferra per la nuca e mi costringe ad ospitare in bocca la sua lingua vorace.
E’ il segnale: gli altri mi circondano in un istante e sento le loro mani ovunque; uno strattone e lo sfrigolio del tessuto che si lacera, mi fa capire che la mia gonna &egrave definitivamente da gettare e stare nuda, a parte le calze smagliate ed afflosciate ed i tacchi in mezzo a quel cortile, circondata da maschi arrapati mi fa inaspettatamente eccitare’
Una potente manata si abbatte a sorpresa sulle mie natiche ed il bruciore mi arriva in un lampo al cervello; sto per protestare, ma un altro potente sculaccione mi colpisce.
Intanto Anton mi ha afferrata per i capelli e mi forza ad inginocchiarmi, mentre il suo cazzo lurido e puzzolente aspetta di essere ospitato nella mia bocca.
Evito, nauseata, ma un ceffone mi costringe, tra le lacrime, ad imboccarlo.
Abbassando la pelle del prepuzio noto una schifosa patina biancastra, ma il bruciore alla guancia mi ricorda non posso sottrarmi e quindi procedo, mentre mani rudi e ruvidamente callose si impadroniscono del mio corpo tastandomi, stringendomi, pizzicandomi, colpendomi, spostandomi, aprendomi, sondandomi’
In pochi minuti, mi hanno fatto assaggiare tutti i loro uccelli duri, tutti abbastanza luridi ‘che fatica, a non vomitare!- ed un paio di dimensioni quasi incredibili.
Sono mezza accecata dalle flashate di Marco che ha già scattato molte foto, ma sento Anton che dice qualcosa nella sua lingua, ottenendo brevi frasi e risate in risposta e tirandomi i capelli, mi fa alzare e poi ‘tenendo la mano bassa, come se portasse a spasso il cane tenendolo al guinzaglio- mi porta nella costruzione, ma obbligandomi a procedere innaturalmente piegata, mentre dietro di me i suoi connazionali. sghignazzando fanno partire potenti manate sulle mie povere chiappine. Piegata così, col tronco orizzontale e le chiappine esposte alle loro violente manate, vengo trascinata per i capelli fin dentro il tugurio e gettata sopra un materasso lercio, buttato sul lurido pavimento crepato e sbrecciato.
La mia torbida, masochistica, autolesionista fantasia si sta realizzando, ma adesso, davanti alla verità, alla realtà ineluttabile, ho paura!
Mi trattano davvero come un oggetto, con rudezze fini a se stesse, mi pizzicano e maltrattano solo per il gusto di farlo, solo per prepararsi a’ allo stupro!
Sono spaventata, sì, ma questo spavento ‘lo sento nitidamente!- mi eccita in modo forsennato!
Mi afferrano per le caviglie e mi aprono le gambe al massimo, come se volessero spaccarmi in due, poi mi sento avvolgere le caviglie con qualcosa di sgradevolmente freddo ed umido (un’occhiata mi informa che sono due strisce di lercia gommapiuma) e sopra a queste mettono delle sorte di’ collari di cuoio, allacciati stretti, con un grosso anello ciascuno.
A questi anelli, vengono rapidamente fissate due funi e subito dopo vengono tirate, fino a farmi toccare il materasso solo con le spalle e la nuca.
Adesso, oscenamente esposta e spalancata davanti a tutti loro (ed all’implacabile obbiettivo di Marco), guardano la mia fica ed il mio buchetto, parlottando tra loro nella loro lingua e ghignando in modo poco rassicurante.
Uno di loro mi introduce di colpo tre dita nella fichetta (-etta? Sta diventando larga come un garage, coi trattamenti di stasera!), cosa che mi fa sussultare, più per la molta sorpresa che per il limitato dolore: fortuna che essendo eccitata, sono molto lubrificata’ senza contare lo sperma che mi hanno scaricato dentro, un’ora prima.
Il tipo mi ispeziona, dà un paio di affondi, poi toglie le tre dita e ne introduce quattro, stirandomi le carni al massimo; un altro paio di colpi in profondità, mentre le divarica e poi introduce anche il pollice e lì mi sento spaccare’ poi spinge, spinge, spinge’ vuole fforse mettermi tutta la mano dentro???
Intanto sento due mani che mi afferrano le chiappine e le divaricano al massimo e due dita che violano, per la prima volta! , il mio buchetto, bruscamente!
Stavolta il dolore &egrave atroce, sembra una palla di fuoco che parte da lì e risale fino al cervello, esplodendoci dentro.
Spalanco la bocca per urlare, ma qualcuno mi ci affonda dentro un cazzo lurido e mi fa piantare la punta del naso tra due grossi coglioni pelosi.
Mi agito, provo a divincolarmi, uso le mani per spingere via quest’uomo che mi sta soffocando con il suo sesso, ma mi afferrano i polsi e me li legano a due altre funi penzolanti, che mi costringono a tenere le braccia ben aperte.
Una frase roca, autoritaria, quello che mi sembra un ordine e tutti mi lasciano, circondandomi con sguardi lussuriosi.
Li guardo, ad uno a uno e sono preoccupata, molto: cosa mi aspetterà, quella notte?
Qualcuno mi afferra per i capelli e mi costringe ad abbassare il mento sul petto e subito dopo mi trovo bendata, con solo due sottilissimi ed inutili spiragli ai lati del naso.
Oddio! Adesso non saprò cosa succede, non potrò prepararmi ai loro abusi, non potrò saper chi fa cosa’
Mi rendo conto che sono adesso totalmente in loro balia e solo il lampeggiare del flash di Marco ‘inaspettatamente!- mi da un po’ di conforto, mi aiuta a farmi sapere che non sono totalmente abbandonata a questo gruppo di bruti.
Così cieca, mi trovo a concentrarmi sui rumori: il fruscio delle suole, lo scricchiolio di qualcosa di legno, il crepitio di qualcosa calpestato, e poi l’ululato di un’auto che arriva in prima fino davanti alla porta della bicocca, le portiere che si aprono e si chiudono, il cigolio della porta, i saluti festosi ma frettolosi, lo scalpiccio di altri passi’ tre uomini? Quattro? Forse tre, ma son comunque tanti!
Sento una breve conversazione, una risatina, poi qualcosa trascinato sul pavimento e delle mani che mi staccano dalle funi, pur lasciandomi i ‘collari’ a polsi e caviglie e poi mani, tante mani che mi prendono, mi alzano, mi girano, mi sdraiano supina su un qualcosa di legno scheggiato (una panca?) e mi fissano polsi e caviglie a quelle che immagino siano le zampe e l’estremità della panca che mi preme sul pancino, appena sotto l’ombelico.
Sono in una posizione simile a quella del passeggero di una moto sportiva ed allungando appena il mento, trovo l’altra estremità della panca; ma &egrave meno scomodo appoggiarlo sul ripiano!
Poi avverto un rumore come’ come di mattoni, strisciati ed appilati e poi mi sento sollevare, oscillare, trasportare con tutta la panca e alla fine sento, con le dita, che hanno messo la panca su una catasta di mattoni, presumo per trovarmi ad un’altezza comoda per le loro voglie.
Sento borbottii di apprezzamento e poi’ il FUOCO!!!!
Qualcuno ha brutalmente piantato il cazzo nel mio povero culetto e urlo, urlo, urlo il mio dolore, il bruciore che questo atto mi da.
In un istante la mia benda &egrave intrisa di lacrime e comincia a sprigionare un odore ammuffito.
Il mio violentatore non si commuove e continua a sodomizzarmi, imperterrito.
Intanto qualcun altro mi accarezza le labbra della fichina, me le apre, mi sfiora il bottoncino e poi va a spingermi un dito dentro’
Il bruciore a poco a poco scema ed io, visualizzandomi per come devo apparire a ciascuno di loro, comincio a provare un’ turbamento, turbamento che man mano si trasforma in piacere; il mio piacere comincia ‘prima timidamente, quasi con vergogna, poi via via sempre con maggiore convinzione- a crescere, a montare, come un liquido che dal basso riempia una cisterna e si avvicini, sempre con maggior velocità, al bordo superiore, alla liberazione dell’orgasmo.
Mentre un membro sconosciuto mi comincia a scopare anche la bocca, sento che ormai manca poco, ancora due minuti, uno, trenta secondi e che il randello che mi sfonda il culo &egrave diventato ancora più duro, più grosso, più rapido nei suoi movimenti e’ e si ferma, mentre sento i fiotti del suo piacere scatenarsi numerosi dentro il mio retto.
Il mio piacere si blocca, deluso, mentre il tipo scivola fuori di me e qualcuno mi abbranca le chiappine, separandole come per veder bene quanto largo mi &egrave diventato il culetto.
Poi le due mani mi lasciano e subito un altro uccello si fa strada nel mio sfintere; entra più facilmente e mi sembra leggermente più piccolo, ma in compenso il proprietario si muove dentro di me con un ritmo indemoniato, mentre il cazzo che mi riempie la bocca si svuota all’improvviso con lunghi, densi getti che non posso far altro che ingoiare.
Come questi si sfila, un altro, questo con una cappella davvero grossa, che mi obbliga a spalancare le fauci.
Comincio ad aspirarlo, a massaggiarlo con la lingua, a stringerlo tra le labbra mentre il secondo tipo che ha sodomizzato si svuota anche lui dentro di me.
Allora quello che occupava la mia bocca si sfila e dopo pochi istanti capisco che &egrave lui, che adesso sta forzando al massimo il mio culetto massacrato!
Mi viene spinto in bocca un cazzo molliccio, umidiccio, dal sapore amarognolo; ci metto pochi istanti a capire che &egrave quello che si &egrave appena svuotato nel mio culo’
Mi sento profondamente umiliata e questo aumenta inspiegabilmente la mia eccitazione e quindi mi impegno al massimo, per pulirlo per bene farlo ridiventare bello duro!
Ormai ‘la cisterna’ del piacere &egrave piena ed il godimento arriva all’orlo per poi traboccare, furiosamente, in un orgasmo mai provato prima!
Il raggiungimento del mio piacere scatena, in una reazione a catena, quello del mio inculatore, che ‘anche lui!- sento irrigidire nel retto e poi svuotarsi, esausto!
Mi accorgo, quasi con stupita disperazione, che la sua sborrata ha già innescato nuovamente il mio piacere che stavolta monta più rapidamente di prima e dopo pochi colpi di un altro maschio ‘ma questo ha scelto la mia fichetta!- esplodo nuovamente, contorcendomi in preda ad un orgasmo parossistico e cercando di urlare il mio piacere, nonostante il cazzo che mi arriva fino in gola.
Mentre mi sto riprendendo, sento la voce familiare di Marco, che probabilmente commenta con Angelo, ridendo: ‘Accidenti la Michela, che gran troia! Ancora di più di sua madre, che &egrave tutto dire!!!’
Inarco il collo, alzando la testa: vorrei guardarlo, ma so solo che &egrave alla mia destra, vorrei chiedergli, ma ho un cazzo piantato in gola’
Lui probabilmente capisce, si avvicina ‘riconosco il cigolio delle sue suole di para sul pavimento-, mi accarezza i capelli e si accuccia di fianco a me: ‘Tua madre, la Marisa’ gran troia anche lei ed anche a lei non bastavano mai i cazzi’
Non hai idea delle volte che siamo andati per parcheggi o per cinema a raccattar cazzi per lei’ e se non erano almeno quattro o cinque per sera, mi faceva il broncio!
Ma tu, vuoi sapere tutto???’
Annuisco, come posso, con una nerchia piantata in bocca, mentre ormai i cazzi si alternano dentro di me; mi concedo a loro automaticamente, ma son troppo intrigata dalla narrazione del fotografo!
‘Ho conosciuto i tuoi quando mi hanno commissionato il servizio fotografico del loro matrimonio e dalla prima volta che l’ho vista, ho capito che tua madre aveva delle potenzialità da grandissima baldracca’
Con cautela, ma me la son lavorata un pochino ed, in effetti, al loro matrimonio sono riuscito a fottermela rapidamente, durante il rinfresco, in un ripostiglio del ristorante; mi diverte pensare che tuo padre, la prima notte di nozze, abbia scopato la sua sposina DOPO che ci avevo sborrato dentro io!’
Sento un parlottio e lo scalpiccio di passi che si avvicinano; Marco mi dice: ‘Uhhmmm’ adesso non posso, ma se vorrai, ti racconterò un’altra volta”
In quella sento che gli uomini escono da dentro di me e mani che mi slegano e mi prendono e mi sollevano, mi trasportano in una posizione praticamente seduta, ma con gambe e braccia be aperte e poi, con cautela, mi fanno scendere, finch&egrave non sento una grossa cappella che bussa alla porta spalancata del mio culetto.
Poi mi lasciano cadere ed un altro cazzo me lo riempie, di colpo!
Mani mi spingono a sdraiarmi con la schiena sul petto villoso dell’uomo e come sono stesa, sento un altro cazzo che mi entra davanti!
Due colpi, dati in sincronia nei miei buchini, due colpi e non di più ed il mio piacere esplode ancora in un lungo ululato tra gli sghignazzi dei presenti, mentre visualizzo mia madre, col virginale abito da sposa bianco e tenuto ben rialzato per offrirsi al fotografo e per non imbrattarlo di schizzi sospetti, che al rinfresco del suo matrimonio si prepara al legittimo uccello del suo legittimo sposo, facendosi vangare la topina da Marco e dal suo cazzo che, oltre vent’anni dopo, ha riempito anche la fica di sua figlia, la mia! Mai avevo pensato a quanto avrebbe sviluppato le mie percezioni e sensazioni, il fatto di essere privata ‘temporaneamente, per mia somma fortuna!- della vista.
Mi rendo conto che i miei rimanenti sensi si sono acuiti: trovo differenze tra il sapore dello sperma che mi scaricano man mano in bocca, percepisco sfumature differenti nell’odore dei corpi che mi si avvicinano: dall’aroma vagamente speziato del dopobarba di Giulio a quello muschiato di Marco, alle varie sfumature dell’odore di sudore rancido degli uomini che si susseguono dentro il mio corpo o che si accostano per strizzarmi le chiappine, per pizzicarmi i seni e poi un sentore di muffa, una vena di cibo irrancidito, quel particolare odore dei mattoni bagnati, gli aromi delle diverse sigarette, l’odore del legno tagliato da poco e bagnato di sperma…
Poi quello che le mie orecchie percepiscono: lo scricchiolio delle briciole di mattone schiacciato dalle suole quando qualcuno cammina, lo scatto dell’otturatore della reflex di Marco ed il sibilo del flash che si ricarica, il cigolio delle suole di para del fotogafo sul pavimento, il ritmico rumore di qualcuno che si muove senza la gomma sotto un tacco e poi i cigolii, i colpi di tosse, i sospiri, i grugniti.
Il mio senso del tatto, poi, mi raffigura dimensioni e forma dei cazzi che mi scavano, ma percepisco anche le callosità delle mani che abbrancano, delle dita che mi frugano e riesco a ‘vedere’ anche le unghie, più o meno lunghe, qualcuna spezzata ed i brividi di solletico che mi procurano i corpi villosi sfiorando il mio, nudo e totalmente offerto ed il grattare delle barbe mal rasate ed il bruciore che comincio a sentire ‘come un lieve, lontano sottofondo- alla fichetta ed al culetto così intensamente utilizzati’
Ma ormai sono entrata in una situazione psicofisica strana: mi sento esclusivamente un corpo, una serie di buchi da usare e questo mio sentire mi da un inaspettato ed imprevedibile piacere mentale e vorrei che quella sorta di violenza di gruppo non finisse mai, che continuasse per sempre e che mi usino, maltrattino, degradino sempre più e ancora e ancora’
Il piacere sferza i miei sensi, con ondate che si susseguono con breve intervallo, ma in alcuni momenti ripenso a mia mamma fottuta da Marco nel ripostiglio e cerco di immaginare le sue sensazioni, i suoi pensieri in quel momento di zoccolaggine assoluta ‘al rinfresco del SUO matrimonio con mio padre!-, al piacere che indubbiamente il fotografo ha saputo donarle’ (perché se no non avrebbero continuato a vedersi per farla diventare la troia di cui Marco mi ha fatto intuire) ed adesso io, a gareggiare in troiaggine con mia madre (starò vincendo la sfida????) e prendo appunto mentale che poi Marco dovrà raccontarmi TUTTO quello che ha fatto fare a mia mamma e che, adesso che conosco il suo segreto, voglio studiarla, voglio capire come entrare in confidenza con lei’ magari chiedendole di accompagnarmi a comprare intimo, intimo sexy’ no: intimo da BALDRACCA, come sono diventata e come &egrave lei!!!
Tutte queste sensazioni, questi pensieri mi si sviluppano in una sorta di canale laterale della mente, mentre il principale &egrave concentrato sulle dirette percezioni degli avvenimenti intorno, su e dentro di me.
Sento qualcuno discutere brevemente e poi ridere e chiamare Marco, parlottare un po’ con lui e poi anche con Giulio e dopo cominciare a fare chiamate col cellulare, diverse chiamate, tutte in quella sconosciuta lingua ed in un’altra, con i suoni aspirati e gutturali dell’arabo.
I due che mi hanno fatto provare la prima deliziosa esperienza della ‘doppia’ hanno ormai finito ed un’altra coppia di maschi ha preso il suo posto e sento i loro membri scorrermi, ormai con molta facilità, nella fica e nel culo.
Chi mi sta scopando davanti, lo fa con colpi lunghi e spesso esce completamente da me, per poi rioccuparmi la vagina di colpo, quasi con violenza; mi sento larga, ormai, larga dappertutto e mi piacerebbe poter urlare il mio piacere, se soltanto non avessi sempre cazzi piantati fino in gola, a scaricarmi litri di sperma nello stomaco’
Il mio scopatore esce, un’altra volta, ma poi succede qualcosa: perde ‘la mira’ e mi appoggia bruscamente la cappella congestionata sul perineo; però continua imperterrito a spingere ed alla fine la punta del suo glande scivola ed entra’ nel culo, assieme all’altro!!!
Il dolore improvviso mi lascia senza fiato, ma loro ‘indifferenti- continuano a fottermi insieme nel culo!
Superata la crisi di dolore, mi accorgo che la cosa &egrave ancora più piacevole della normale ‘doppia’, se possibile e pensare, poi, all’immagine dei due cazzi che mi allargano lo sfintere mi frusta i sensi ed impazzisco letteralmente dal piacere!
Anche gli uomini si sono accorti della ‘novità’ e sghignazzano e sento mani curiose che mi toccano le labbrine, dita che mi penetrano la vagina, come per verificare che ciò che loro vedono sia vero.
Qualcuno arriva a stringermi il bottoncino e la cosa mi dona un’altra grande ondata di piacere.
Dopo un certo tempo, tutti devono essere esausti, perché alla fine nessuno più mi propone il suo uccello ed anch’io riprendo fiato.
Son sempre bendata, ma libera e sdraiata sul materasso lercio ed ammuffito; non tento neanche di levarmi la benda, ma mi godo quella pausa.
Penso che la mia folle nottata sia finita e percepisco lo sperma che mi cola dai buchini ormai irrimediabilmente dilatati.
Sento una conversazione, una discussione ed alla fine sento il rumore ritmato vagamente asmatico di uno strumento elettrico; il suo rapido ticchettio mi fa pensare ad un seghetto alternativo, come quello che usa mio papà per fare un po’ di bricolage.
Difatti, dopo pochi secondi, sento l’acuto lamento di legno tagliato e ne percepisco chiaramente l’odore: prima tagli lunghi, poi più brevi e poi brevissimi, per finiture, ipotizzo.
Poi sento picchiare (inchiodare?) ed uggiolare un trapano (o un avvitatore?) e strappare della stoffa e poi commenti, suggerimenti, confronti di opinioni diverse.
Alla fine, toni soddisfatti ed il crepitio del flash di Marco; poi qualcuno viene, mi fa alzare e camminare per pochi passi (Uh, come son stanca! Le gambe quasi non mi reggono!); poi mi fanno inginocchiare e con la punta delle scarpe mi fanno allargare al massimo le ginocchia, mentre sento una stretta tavola contro le caviglie che qualcuno mi afferra e mi sposta, fino a farmele cadere in due insellature morbide.
Quasi subito le sento racchiudere da un’altra tavola uguale e la mia mente visualizza quasi subito il frutto del lavoro di prima: una gogna.
Dopo pochi minuti, in effetti, sono intrappolata: due tavole sagomate, leggermente imbottite e di dimensioni adeguate mi bloccano all’altezza della vita ed un’altra coppia mi imprigiona i polsi ed il collo insieme.
Sto riprendendo fiato, ma non capisco cosa ancora mi attenda.
Marco smette di far scattare l’otturatore della reflex e mi si avvicina; sento che la sua mano mi accarezza i capelli e le sue dita che si impigliano in una ciocca incollata da una goccia di sborra.
‘Questo a tua madre non l’ho mai fatto” commenta.
Capisco che allude alla gogna, non alla carezza e mi sento assurdamente inorgoglire.
‘Ma dopo il pranzo di nozze, cos’avete fatto???’
Percepisco che qualcuno si &egrave avvicinato al mio sedere e dall’aroma speziato capisco che &egrave Giulio; sento la sua mano che mi accarezza le labbrine della fica e poi le schiude e mi introduce delicatamente delle dita (due, tre?; poi le fa uscire in parte e le rimette, insieme ad un altro: sta verificando la mia dilatazione.
Capisco istantaneamente che ne aveva messo quattro e poi aveva aggiunto il pollice, più corto: soltanto ventiquattr’ore prima non sarei riuscita ad ospitare tutte le sue dita, invece adesso sento che entrano comodamente che scivolano dentro con facilità e la sua mano comincia a’ fottermi, sempre più a fondo, sempre con spinta maggiore’
Marco nel frattempo ha cominciato a raccontare ed io ascolto, avida di sapere tutto: ‘Al matrimonio non ho voluto sborrarle in fica; quando ero prossimo a venire mi sono sfilato ed ho provato a metterglielo in bocca, ma lei ha capito le mie intenzioni e si &egrave divincolata, facendomi sborrare in terra.
Allora mi sono incazzato: avevo sempre la reflex al collo e l’ho mitragliata di scatti, col rossetto sbaffato, col vestito nuziale alzato e gli slippini all’altezza delle ginocchia ed il ciuffetto tutto arruffato’
Avevo deciso che l’avrei fatta diventare una fica pubblica e quelle foto potevano divenatre uno strumento di pressione psicologica, ma prima di tutto avrei dovuto insegnarle a far bene i pompini ‘non era per niente capace!- ed addestrarla a ingoiare sempre la sborra, con gioia’ Giulio, ci riesci?’
‘Sì, ci sono quasi” Mi rendo conto che adesso la mano dell’uomo mi fa quasi male, un colpo dopo l’altro; Marco si sposta accanto a lui e sento di nuovo gli scatti dell’otturatore e poi un colpo deciso ed una fitta di dolore: sento la sua mano entrarmi dentro, fino al polso e poi le sue dita premere sul collo dell’utero e forzare le mie mucose fino a richiudersi a pugno.
Dopo la prima fitta di dolore, il piacere che provo ad essere scopata dal suo pugno &egrave assurdo!!!
Da come scorre dentro e fuori da me, capisco che se l’era debitamente lubrificata e impazzisco di piacere, mi sembra di essere sparata verso il cielo come un fuoco artificiale’
Quando’ ritorno sulla terra, capisco che l’uomo sta adesso provando a farmi la stessa cosa nel culo: ha provato a tenermi le chiappine allargate con due dita che però, unte di lubrificante, scivolavano ed allora chiede aiuto a Marco che me le allarga al massimo.
Ha rallentato il ritmo davanti, concentrato sul dietro, ma lo sento entrare inesorabilmente, sempre più dentro ad ogni affondo: dopo la doppia inculata, i miei tessuti dello sfintere sono allentati e quindi il fist-fucking anale procede più facilmente; difatti solo un piccolissima fitta mi annuncia che la parte più voluminosa della sua mano ha superato le ‘colonne d’Ercole’ del mio massacrato sfintere ed in breve provo un delirio di piacere, a sentirmi i due pugni dell’uomo che mi scopano davanti e dietro a ritmi e tempi asincroni’
Con un angolo della mente, sento arrivare e fermarsi un’auto e poi entrare delle persone e salutare e parlare con Anton, quello che sembra il capo.
Giulio, in rapida successione, mi toglie le mani da dentro e mi viene quasi da urlare dalla delusione, ma subito dopo mi sento palpare, toccare, tirare, pizzicare, come se quella persona ‘evidentemente uno dei nuovi arrivati- volesse sincerarsi della’ qualità del mio corpo.
Lo sento fare una domanda e la riposta ‘in italiano!- del capo, mi gela: ‘Dieci euro!’
L’altro sembra non accettare, discutono, percepisco un frase pronunciata con pesante accento straniero: ‘tutta slabbrata, troppo larga’ ed alla fine il capo concede. ‘Cinque euro!’
Trenta secondi, qualche fruscio (banconote?) e poi un cazzo che mi penetra di colpo nella fica.
Anton mi ha venduto, mi mette in vendita!!! Ed a un prezzo estremamente umiliante, ridicolo: cinque soli euro!
E capisco che non vedrò un centesimo di tutto quello che gli frutterò! Mi consolo rapidamente: il piacere di essere così pesantemente umiliata ed offesa, come diceva quella pubblicità, non ha prezzo!
Mentre il tipo usa la mia fica, un altro mi afferra per i capelli e mi fa alzare il mento fino a spingermi in gola il suo cazzo, che subito comincio a spompinare al meglio, per non fargli rimpiangere i cinque (miserrimi!) euro che ha dovuto sborsare.
Sono incredibilmente eccitata, per l’estrema umiliazione di essere (s)venduta ad altri maschi e sento che altre auto arrivano e difatti, man mano che chi occupa i miei orifizi si svuota dentro di me, viene subito rimpiazzato da altri, nuovi cazzi, tutti duri e vogliosi; alcuni maschi son quasi gentili, delicati, altri rudi, qualcuno si diverte a farmi inarcare dal dolore con pizzichi, manate e morsicature, ma mi va bene lo stesso; molti si preoccupano solo di usare il buco prescelto ‘ho intuito che il prezzo ‘politico’ si applica indifferentemente ad ogni orifizio, cinque euro a buco, perché nessuno smette prima essersi scaricato dentro di me-, ma alcuni invece percorrono con le mani o la lingua il mio corpo, prima di svuotarsi e lasciare il posto al successivo, risistemarsi ed andarsene via con le auto.

Alla fine, tutto finisce; sono stremata, dolorante, indolenzita, anchilosata: sento bruciare graffi, escoriazioni, pulsare le contusioni ed i lividi.
Mi liberano dalla gogna, mi levano la benda, mi aiutano (con inaspettata gentilezza!) a rialzarmi; mi guardo rapidamente intorno -infastidita dalla pur misera luce dell’unica lampadina, dopo tanto tempo bendata- e contemplo il luogo della mia depravazione, il disordine, il sudiciume, la gogna ricavata da tavole da ponteggi, i mattoni appilati, un discreto mucchietto di banconote su un tavolo sbilenco, i ‘miei’ soldi che non saranno mai miei, neanche in minima parte.
Le mie mani raggiungono i miei buchini. Buchini un accidenti!! Gonfi, dilatati, doloranti anche solo a sfiorarli; non torneranno mai più alla larghezza originale! Riesco facilmente ad introdurmi la mano sia davanti che dietro, a parte il fastidio delle mucose irritate.
I seni ed i capezzoli son gonfi e pieni di graffi e lividi e segni di morsicature.
Giulio saluta il capo, mi danno una lercia tuta per coprirmi in qualche modo ed usciamo, mentre ad oriente il cielo notturno comincia ad impallidire.
La mia mente sta ripassando gli avvenimenti delle ultime dodici ore e considera quanto la Michela vogliosa ma timida ed inibita, fisicamente quasi intatta, sia diventata ormai una troia scafata.
Lo specchio davanti al quale mi sono sommariamente risistemata, mi aveva già rassicurata sul fatto che non avessi ‘a parte le labbra un po’ gonfie e la mascella dolorante per averla tenuta spalancata a lungo per ciucciare decine di minchie!- danni al viso e quindi i vari segni di quella lunga notte li avrei potuti nascondere facilmente sotto gli abiti, in attesa che il tempo li faccia scomparire.
Però le condizioni dei miei orifizi non sarebbe sfuggiti a Matteo, anche se &egrave un tontolone, e quindi avrei dovuto decidere cosa fare di lui: o lasciarlo senza spiegazioni e senza fargli vedere lo sfascio conseguente a questa noote, o raccontargli una versione (pur ridotta: per quanto eccitante sia stato il tutto, un po’ mi vergogno!) degli avvenimenti e raggiungere un accordo con lui: o scompariva dalla mia vita, o restava accanto a me, anche fino ed oltre il matrimonio, ma lasciandomi la mia libertà sessuale appena scoperta’
Nel silenzio che ci avvolge in questo ritorno, mentre il giorno si affaccia sulla coda della notte, mi rivolgo a Marco: ‘Allora, son stata brava, all’altezza delle tue aspettative?’
Ride: ‘Altroch&egrave! Ben oltre le mie aspettive! Sei una troietta fantastica! Ti tenevo d’occhio da tempo, ma mai avrei osato sperare che fossi un’ tipetto così!’
Mi viene da fargli una domanda: ‘Ma allora’ come hai fatto a deciderti, a muoverti così’ a colpo sicuro, con me?’
‘Colpa sua!’ ride ed indica col pollice Giulio, stravaccato sul sedile posteriore.
Li guardo, non capisco.
Allora Giulio spiega: ‘Le tue email mi hanno stimolato”
‘Le mie email????’ Non capisco di cosa parla.
Ride: ‘Sì, quelle che mandavi al tuo autore preferito, raccontando tutte le tue voglie più nascoste e scandalose!’
Sono davvero curiosa, ma una certa idea comincia a farsi strada nella mia mente: ‘Ma fammi capire’ il mio autore preferito’ sei TU?????????’
Ridono entrambi di gusto e Giulio risponde: ‘Ebbene sì, c’est moi! Ho dovuto sbattermi un po’ per trovare il fotografo di cui parlavi, nella tua città, ma poi ci siamo incontrati e capiti al volo e ti abbiamo organizzato questa’ seratina.
Non tutto, bada: secondo il nostro’ progetto, quando ti fossi lasciata usare da questo gruppo di romeni, avremmo dovuto poi venir via, ma Anton ha avuto l’idea di realizzare la gogna e poi di prostituirti coi suoi conoscenti; abbiamo discusso io e Marco se quest’ultima cosa non fosse eccessiva, ma poi abbiamo dato il nostro consenso, pronti eventualmente ad interrompere tutto se ti fossi dimostrata insofferente’
Invece, oltre le nostre più rosee previsioni, hai accettato tutto di buon grado, impegnandoti anzi per’ essere all’altezza delle aspettative”
Rido a mia volta: ‘Quello che mi ha ancora scatenata, dopo la’ battaglia coi primi romeni, &egrave aver capito che mi avreste venduta, umiliandomi profondamente vendendomi ad una cifra irrisoria.’
Son contenta di aver, alla fine, conosciuto il mio autore preferito (e scopandoci anche, per giunta: altro che uno stupido autografo!!!) e di aver fatto finalmente emergere la mia vera natura. Capisco che, da stanotte, la mia vita non sarà più la stessa ed ho trovato Marco come guida per proseguire se e quanto vorrò.
Però, ho un’ultima questione: ‘Ma Marco, senti un attimo: stanotte mi hai spesso paragonata a mia madre’ Mi racconti, finalmente, tutto quello che avete fatto insieme?’
Lui si fruga in tasca, tira fuori una sigaretta, la mette in bocca, l’accende senza fretta e sbuffa la prima boccata: ‘Va bene, dai.
Allora, dopo il matrimonio dei tuoi, quando me la sono eccitantemente chiavata con ancora addosso il vaporoso abito da sposa di virginale bianco”

FINE (1a parte)

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