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Racconti Erotici Etero

Bagno Giuditta:La caserma di via Limone

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Senti, sarà pure che stasera ho messo dei cerchi da zingara, che ho sciolto i capelli e li vedo più lunghi. Sarà che i miei seni non sono mai sazi e rimangono insolenti ad aspettare saliva che sfami ed appaghi l’ardore, che mi faccia almeno sentire d’essere donna normale perché altro stasera sarebbe di troppo.

Sarà che c’è il mare, che sono distante dai Bagni Giuditta e mia madre da mesi non m’aspetta per cena. Sarà che ti ho cercato per anni dentro l’interstizi dei miei sogni al mattino, tra le cupole nere d’un viaggio mai fatto, tra le cupole bianche di tante mutande gonfie d’ogni misura.

Sarà che da oggi siamo insieme ed io questa sera non avrei potuto chiedere di meglio, a me stessa, alla luna che ci fa il filo e ci guarda e sembra godere al primo bacio sfiorato.

Sarà tutto questo, che sono tra le tue braccia e tu m’accarezzi i capelli, e tu dai contegno alle mie forme appassite, come questa gonna per scusa che il vento bizzarro ne divarica i lembi.

Ma mi dici come sarà l’alba domani? Di che colore la luce che mi troverà al tuo fianco? Come accavallerò le mie gambe, se ora, adesso, in questo momento, cedessi ai tuoi baci che scendono e mi divaricano il cuore e le gambe?

Ma mi dici che ci faccio a quest’ora dell’alba se da brava bambina dovrei già essere al letto e tu non ti domandi perché m’hai trovata truccata di rosa, di nero, come questi stivali che condensano voglie ed ridanno la vista a chi l’ha persa da tempo.

Ti prego non ridere! Se ora ti confesso che mai questa cosa che stringo l’ho sentita più preziosa. Che nessun uomo ha mai sentito il calore di questo respiro che ora s’ingrossa e mi dà ansia al cospetto della tua voglia che giuro e stragiuro è la prima volta che vedo. Ti prego non ridere! Anche se non t’immagini fino dove i miei dubbi possano avere un senso, fin dove sia vergine l’anima o inizi questo sesso bucato.

Che scema! Perché dovresti poi farlo, se mi credi inesperta, magari pensando che sia la prima volta, che tra le braccia di un uomo m’abbandono e mi scaldo al punto che ora basterebbe che niente, che meno per risponderti ai baci. Come vorrei dirti che invece l’amore che sento mi vorrebbe già tua davanti a questo mare che ora m’accorgo è la prima volta che non lo guardo da sola.

Sarebbe facile dirti che non mi ci vorrebbe poi nulla a farmi montare su questo bagnasciuga e fingere amore per il solo bisogno di non farti scappare, per farti scoppiare tra queste ossa capienti, perché altro davvero non saprei cosa darti per sentirmi più tua.

Che strano destino che sento, che l’amore più intenso è dentro queste mani che mi cercano e rimangono incompiute e distanti dal mio sesso.

E se ti confessassi d’un fiato che sono puttana? O che l’amore finora l’ho cercato dentro mutande dello stesso mio sesso? Che Marta mi completa e Fanny è un triste ricordo? Sapessi Luca a quanti uccelli ho fatto da tana, a quante voglie ho fatto da secchio mentre baciavo labbra che sapevano della stessa mia marca. Sapessi Luca quanto timore c’è dentro questo vuoto, quanta tristezza tra questa bocca che cerchi, dove tu, se ora rimanessi in silenzio, distingueresti il rumore della risacca dal rimbombo assordante di mille risucchi

Mi spieghi davvero dove ho nascosto negli anni la mia timidezza? Concentrandola tutta dentro questo sfondo di stelle, perché sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, m’avresti stretto il braccio sinistro sfiorandomi il seno.

Ma io vorrei confessarti chi sono, davvero vorrei dirti quello che faccio mentre tu ascolti il mio cuore che batte, che trema e mi baci le labbra perché altro non potresti pretendere la prima sera che s’esce .

Chissà se stai leggendo le mie parole, se hai avvertito da qualche parte delle mia voglia sincera il desiderio di ricominciare daccapo. Sei l’unico che non mi chiama Giuditta, l’unico uomo su questa terra che mi cerca leggero e crede che un incedere intenso possa offendere l’amore che offro a piccole dosi.

E’ vero Luca, non farlo! Se vai oltre ti fermo la mano, se tenti di sfiorarmi mi sposto di scatto perché non sia mai che tu possa accorgerti che non porto mutande, che questa sera prima d’incontrarti m’hanno scavato la pelle addosso ad un muro della caserma di via Limone. L’ho baciato Luca, in ginocchio ed in fretta. L’ho infornato come pane caldo che fa poesia, come la faccia di bimba dentro un seno materno, perché il gusto di sentirlo che freme è più disarmante d’ogni tipo d’ingiuria che viene. Perché Luca, poi viene, poi sostituiscono amore con fiati volgari che strozzano in gola. Poi ti chiamano puttana, anzi ti ci fanno sentire se per caso distratta pensavi a tutt’altro.

Ed io sono brava sai, brava a finirli nel tempo che la ritirata impone, brava a farli rientrare leggeri prima che scada una qualunque licenza. Da quando i Bagni Giuditta hanno chiuso, passo le sere in cerca di loro, militari di truppa che ti chiamano con nomi diversi e sanno di meridionale e gelosia, di ragazze dai seni abbondanti che non aspettano altro che farsi sposare. M’apposto e cammino, struscio i miei tacchi e ricompongo le labbra dentro un minuscolo specchietto da trucco, dentro un budello di strada senza luci ed asfalto.

Che ti dico Luca? Tu mi chiedi di parlare, d’aprirti il mio cuore, ma chissà se davvero continueresti a sfiorarmi questi seni, a sentirne il sapore se solo per un attimo incontrassi tra queste pieghe dell’alba i miei pensieri.

Baciami Luca, affondami la lingua e l’amore dentro questa bocca che t’apro, per tutto il tempo che viene e ne senti il candore, finché di colpo un acre disgusto non ti faccia intravedere una caserma ed un muro, finché una sagoma in ginocchio non ti dia il sapore degli altri baci che offro.

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