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Padrone di casa e della sua vita

By 22 Novembre 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Anna era una ragazza molto carina; non appariscente come le tante belle ragazze che si vedevano in giro, ma ad una seconda occhiata risaltava molto più di loro. Era alta 1,60, dal corpo morbido, una terza misura di seno, capelli castani lunghi e fluenti, due occhioni castani dolcissimi, una bocca dalle labbra piene e morbidissime.

Vestiva in modo casual, jeans, scarpe da tennis, camicetta o maglioncino, poco trucco. Era una studentessa diligente, generosa con gli amici, un po’ timida ma simpatica e dolce. Una ragazza che tutti avrebbero voluto frequentare, eppure nonostante molti ragazzi le andassero dietro, lei non si era mai sentita veramente coinvolta.

Aveva avuto qualche rapporto sessuale con un ragazzo con cui era uscita per un paio di mesi, ma la cosa era finita lì. Le era piaciuto, ma trovava più soddisfazione nel darsi piacere da sola, la sera…

Anna viveva in un appartamento in città; fino ad un paio di mesi prima la casa era occupata da lei e da altre due ragazze, che erano poi andate via.

Il padrone di casa le aveva assicurato che entro la fine del contratto non ci sarebbe stato alcun aumento di prezzo, dato che da lì a pochi mesi avrebbe venduto la casa. Il padrone di casa era il signor Enrico, 50enne, medico, brizzolato, non molto alto, con un po’ di pancia ed una passione per le giovani donne.

Da quando Anna era rimasta sola in quella casa, il pensiero di quella ragazza nel suo appartamento, mentre faceva la doccia, mentre dormiva, mentre si spogliava davanti lo specchio, mentre guardava la tv magari in biancheria, non lo faceva dormire la notte. Anna era giovane, non sembrava molto esperta di uomini ed in generale un po’ ingenua. Combinazione che bastò per fargli venire in mente un’idea che forse avrebbe soddisfatto i suoi appetiti.

Un pomeriggio si presentò a casa di Anna senza preavviso; suonò il campanello, e dopo un paio di minuti di attesa la ragazza aprì la porta. Si scusò per averlo fatto attendere, ma stava facendo un pisolino dato che la notte non riusciva più a dormire bene da quando era sola in casa.

Il signor Enrico colse la palla al balzo: “Anna, la famiglia che ha acquistato l’appartamento vorrebbe trasferirsi qui subito; si sono offerti di pagarmi l’affitto per questi tre mesi prima del passaggio di proprietà, e sarebbero disposti a pagare anche più di quello che mi pagavate tu e le altre ragazze già dalla prossima settimana…capirai che non posso non accettare quest’offerta”.

Anna sembrava sconvolta: “Ma…signor Enrico…come posso trovare un altro appartamento entro una settimana? Mi aveva dato tre mesi di tempo!” “Lo so Anna, ma non posso rifiutarmi, pagano molto più della cifra del tuo affitto…a meno che tu non mi offra più di quanto mi offrano loro, ossia più di 800 euro, temo che dovrai andare via entro pochi giorni…mi dispiace ma come tutti, anche a me fanno comodo questi soldi in più”.

Anna iniziò a piangere: “Signor Enrico per favore non mi faccia questo, ho già trovato la casa in cui trasferirmi fra 3 mesi, ed il trasloco costa caro…nessuno affitta case per pochi mesi a prezzi onesti, dovrei spendere tantissimi soldi per un ulteriore trasloco e l’affitto che sarà sicuramente carissimo…per favore mi venga incontro”.

Il signor Enrico colse la palla al balzo: “Annina cara, a me dispiace vederti così e sapere di metterti in difficoltà…devi lasciare l’appartamento, ma comunque posso darti una mano”.

Anna lo guardò speranzosa: “Davvero signor Enrico? Grazie…farei qualunque cosa per non far aumentare le spese dei miei genitori, lo sa che non sono molto abbienti…” “Certo Anna, lo so, infatti vorrei aiutarti anche in questo. So che non è esattamente nelle tue competenze dato che studi lettere, ma potresti trasferirti a casa mia come collaboratrice domestica a tempo pieno…ti lascerei ovviamente il tempo per studiare, per andare a lezione, per uscire con le amiche”.

Anna sembrava stupita: “Cioè dovrei vivere a casa sua?” Enrico rispose tranquillamente: “Si Anna. Ti renderai conto che vivere da sola non è proprio il massimo, soprattutto per una ragazza. Da me avresti la tua stanza, quella in cui dormiva mia figlia, tutta la libertà che vuoi, dovresti solo fare le pulizie, preparare ogni tanto da mangiare, e farmi compagnia. Da quando ho divorziato e mia figlia si è sposata mi sento solo ed una compagnia giovanile mi farà sicuramente bene. Fammi sapere entro domani cosa hai deciso di fare, se non accetti la mia offerta conviene iniziare a cercarti un’altra sistemazione” La ragazza rimase a bocca aperta. Disse al padrone di casa che avrebbe pensato alla sua offerta e che gli avrebbe dato la risposta l’indomani.

Non sapeva se rispondere si o no; la proposta le sembrava molto strana, e le pareva che non fosse una buona idea andare a vivere a casa di un uomo, ma d’altronde la proposta era allettante da un punto di vista monetario, ed inoltre il signor Enrico aveva l’età di suo padre, e di certo non le passava in mente che quell’uomo dall’aspetto rassicurante avesse in serbo per lei piani ben poco onesti.

L’indomani la ragazza era stanca ed assonnata, non le piaceva dormire in una casa vuota, fattore che la spinse ad accettare la proposta del signor Enrico. “Benissimo Anna, ti aiuto ad impacchettare le tue cose, e già da stasera puoi trasferirti da me”.

La casa del signor Enrico era a pochi isolati; era composta da due camere da letto, una cucina, un soggiorno, un bagno, una lavanderia con doppio servizio ed uno sgabuzzino. “Questa è la stanza in cui dormirai”, le disse Enrico. Era una bella camera, forse un po’ troppo da bambina per i suoi gusti, ma di certo era meglio di qualunque camera da universitari. Era tutta rosa, dai mobili alle coperte, dal tappeto alle tende.

Il signor Enrico portò i suoi scatoloni nella camera, e le fece cenno di sedere sul letto. Anna, nel sedersi, notò una pila di vestiti sulla sedia della scrivania, ma non fece in tempo a chiedere nulla perchè il signor Enrico si sedette vicino a lei e le parlò con molta serietà: “Allora Annina, per i prossimi tre mesi questa sarà casa tua. Ti illustro subito le regole, che dovrai seguire alla lettera. E’ chiaro?” La ragazza annuì.

“Tu dormirai qui; dovrai tenere la tua stanza in perfetto ordine, pulirla ogni giorno e non lasciare mai nulla in giro. Dovrai pulire la cucina una volta al giorno e lavare i piatti due volte al giorno, spazzare in giro, spolverare, pulire il bagno una volta ogni due giorni, fare il bucato e stirare una volta ogni tre giorni. Dovrai cucinare quando ti verrà richiesto, e pranzeremo o ceneremo insieme quando io avrò voglia. Durante il tuo soggiorno qui dovrai seguire un’alimentazione sana, ti dirò io cosa mangiare ogni giorno; una volta ogni due giorni dovrai fare ginnastica ed ogni giorno studierai per preparare i tuoi esami. A fine giornata voglio il resoconto delle tue attività e del tuo studio, e controllerò personalmente che sia fatto tutto a puntino, e sarà meglio per te che sia così. Sulla sedia ci sono dei vestiti che dovrai indossare; non metterai i tuoi vestiti finchè vivrai qui; ti dico da subito che disprezzo le ragazze volgari, con le tette o il sedere sempre in mostra, con biancheria da prostituta, quindi indosserai vestiti adatti ad una ragazzina quale sei. Sono vestiti di ottima qualità, quindi non fare quella faccia ed indossa subito della biancheria intima nuova, e quel vestito che vedi lì in cima. Ti aspetto per cena, Annina. A tra poco”.

La ragazza rimase sola nella stanza, un po’ sconvolta dal discorso che le era stato appena fatto. Le sembrava che il signor Enrico fosse un po’ troppo autoritario, e poi cos’era quella storia dei vestiti e delle giornate organizzate? Un bussare alla porta la riscosse dai suoi pensieri: “Anna, tra 10 minuti si cena. Cerca di essere pronta o questa sera salterai la cena”.

Anna decise di assecondarlo per il momento, si tolse i vestiti e la biancheria intima ed indossò quella che il signor Enrico aveva scelto per lui: mutandine e reggiseno rosa con fiorellini, un vestitino verde che arrivava poco sopra il ginocchio, scarpette da tennis bianche. L’insieme non la faceva impazzire, per quanto non adorasse vestirsi da femme fatal quei vestiti sembravano un po’ troppo da bambina, ma meglio di niente.

Una volta pronta uscì dalla stanza e si diresse verso il soggiorno, dove il signor Enrico aveva apparecchiato per due; sul tavolo c’erano acqua, vino, bicchieri, piatti, un’insalatiera, del pollo ai ferri, qualche fettina di pane ed una scodella con della macedonia.

Durante la cena (sana, come aveva detto prima il signor Enrico) le vennero illustrati un po’ più nel dettaglio i suoi compiti, dopo cena iniziò il suo nuovo lavoro rassettando la cucina e facendo compagnia al signor Enrico mentre guardava la televisione. Fattesi le 23 il signor Enrico la mandò a dormire, raccomandandole di lavarsi i denti e di alzarsi massimo alle 7 e 30 l’indomani mattina. Iniziò così la nuova vita di Anna.

Durante le prime due settimane non successe nulla di insolito; Anna cercava di abituarsi ai nuovi ritmi, doveva concordare le lezioni (che fortunatamente erano poche) con la pulizia della casa, le uscite con le amiche un paio di volte la settimana, la preparazione dei pasti quando il signor Enrico glielo chiedeva, fargli compagnia, indossare i vestiti che il signor Enrico le faceva trovare sulla sedia ogni mattina…procedeva tutto normale e la ragazza iniziava a prendere dimestichezza con le sue nuove attività, ma verso il quindicesimo giorno accadde un evento che la sconvolse profondamente.

La giornata era trascorsa normalmente; prima di andare a dormire Anna passò dal bagno per lavarsi i denti e per liberarsi, avendo inoltre bevuto parecchia acqua. Diede la buonanotte al signor Enrico, entrò in bagno e chiuse la porta.

Mentre era seduta sul wc e faceva la pipì, entrò il signor Enrico. Anna lanciò un gridolino di paura e stupore, e cercò di tirarsi su le mutandine, aspettando che il signor Enrico uscisse immediatamente…cosa che sembrava non aver intenzione di fare, anzi, aveva richiuso la porta e si era appoggiato alla parete. “Cosa fa?! Esca di qui! Non vede che in bagno ci sono io?”

Il signor Enrico, tranquillamente, continuò a guardarla e le rispose: “Annina, io sono il padrone di casa. Se voglio entrare in bagno mentre tu sei seduta sulla tazza, lo faccio; se voglio entrare mentre fai la doccia, io entro. Se voglio qualcosa, tu la fai. E’ chiaro? Voglio guardarti mentre fai la pipì. Quindi ora e tutte le altre volte che mi verrà voglia, non azzardarti a protestare, anzi, è meglio che ci fai l’abitudine”.

Anna era scioccata; si alzò dal wc decisa ad uscire, il volto contratto dalla rabbia e dalla vergogna, ma Enrico la prese per il braccio e le parlò di nuovo: “Anna, non osare mai più rivolgerti a me in quel modo. E ti ripeto, quello che voglio io, tu devi farlo. Se non ti sta bene, non è affar mio, dovevi pensarci prima. E’ casa mia e devi fare quello che dico io”.

“Mi lasci per favore, mi lasci! Voglio andare via…non mi aveva detto che avrei dovuto subire abusi del genere! Mi faccia andare via per favore, torno a casa dei miei genitori, mi lasci andare!” quasi urlava Anna, cercando di divincolarsi.

Enrico però non mollò la presa, e le parlò in tono molto tranquillo:“Annina, cosa penserebbero i tuoi genitori del fatto che vivi in casa di un uomo cinquantenne che ti mantiene in casa sua? E cosa ne penserebbero i tuoi amici del paesino da cui vieni? Ed i tuoi parenti? Sii ragionevole…fai quello che ti dico…non ti costa nulla. Dovresti mostrarmi almeno un po’ di riconoscenza per quello che faccio, ti tengo qui in casa e praticamente non fai nulla, ti do da mangiare le cose più buone, ti faccio vestire con dei capi di ottima qualità, meglio di quegli stracci che portavi prima, dormi in una stanza che probabilmente costa quanto tutta casa tua…non pensi di dover essere gentile con me? Da brava Annina, chiedi scusa”

Anna era spiazzata, aprì la bocca ma lo stupore le trattenne il fiato. “Annina, chiedi scusa, o ti sbatto fuori da questa casa in camicia da notte” La ragazza abbassò lo sguardo e con voce molto flebile disse: “Mi scusi signor Enrico”. “Brava Annina…ora aggiungi :non le dirò più di no signor Enrico, le obbedirò e farò quello che lei mi chiederà, e sarò felice di farlo”.

Anna lo guardò pietrificata: “No signor Enrico, per favore, questo no…non mi umili così, la prego” “Benissimo, allora fuori di qui. E ricorda che domani i tuoi genitori e tutto il paesino sapranno tutto” disse l’uomo, afferrando la ragazza per un braccio e trascinandola verso la porta.

Lei si buttò a terra e gli si aggrappò ad una gamba, implorandolo “La prego non mi butti fuori…mi perdoni non le disubbidirò più, ma per favore mi faccia rimanere qui”.

Lui si fermò e la guardò: una ragazza in camicia da notte, riversa a terra, con le braccia intorno alle sue gambe, il volto rigato di lacrime…sentiva di averla in suo potere ormai: “Allora ripeti con me: farò tutto quello che vuole signor Enrico, e non le dirò mai più di no, le sarò sempre grata per tutto quello che mi farà”.

La ragazza, guardando a terra, con voce bassissima, ripetè. Enrico la fece alzare, le prese il mento e lo tirò su, in modo da poterla guardare negli occhi, ma lei continuava a tenere lo sguardo verso il basso. “Brava piccola, vedo che hai capito come devi comportarti. Guarda sempre verso il basso a meno che non ti dica io di fare altrimenti, e comportati sempre con umiltà. Adesso vai nella tua stanza, ed aspettami. Stanotte ti insegnerò io chi ti comanderà e dominerà d’ora in poi”.

 

Anna si diresse nella sua stanza; una volta entrata chiuse la porta si sedette sul letto, ancora sconvolta ed in lacrime per quanto successo poco prima. Non sapeva cosa la attendeva e non voleva neanche pensarci, cercava di riprendersi e di calmarsi, ma dopo pochi minuti la porta si aprì ed il signor Enrico entro nella stanza, con una scatola non molto grande tra le mani. “Così non va Annina…d’ora in poi questa porta deve rimanere sempre aperta, d’accordo?”.

La ragazza non rispose. “Anna, quando ti faccio una domanda devi rispondermi, è chiaro?”. “Si signor Enrico. Terrò la porta aperta”. “Brava Annina. Così mi piaci, ubbidiente e remissiva. Ora, da brava, stenditi sul letto con le braccia verso l’alto e non protestare”.

Anna obbedì, chiedendosi cosa sarebbe successo. Si sentì circondare i polsi da qualcosa di freddo, e guardando vide che le aveva messo delle manette ai polsi, e le stava assicurando tramite una catena alla testiera del letto.

Prima che potesse dire qualcosa si sentì circondare anche le caviglie da un altro paio di manette, legate invece alla rete del letto tramite un’altra catena. “Annina, non cercare di divincolarti o di muoverti, è chiaro? Anzi, dato che odio quando protesti, ti metto questa” disse prendendo in mano un aggeggio con delle cinghie ed una piccola palla al centro, mettendoglielo sulla bocca ed assicurando le cinghie sul retro della testa della ragazza.

“Brava Anna, vedo che ti sei fatta mettere la gagball senza protestare; ora ascoltarmi bene: ti sei comportata molto male stasera, e credo che tu non abbia recepito bene chi comanda e quello che dovrai fare in questa casa. Forse ho fatto un errore a non iniziare subito l’addestramento, ma pensavo che avresti capito da sola come comportarti. Non è così, a quanto vedo…bisogna rimediare. Dovrò lavorare un po’ con te, ma se non fai la stupida il risultato potrebbe essere soddisfacente. Mettiti l’anima in pace Annina, cerca di imparare bene e forse piacerà anche a te. All’inizio sarà un po’ dura, ma se ti comporti male devi essere punita”.

Non aggiunse altro, ma prese una candela dalla scatola che aveva portato con sé, e la accese; fece colare un po’ di cera sul collo della ragazza e sulle sue gambe, sentendola sussultare. “Piano tesoro, non agitarti troppo. Vedi questa candela? Ora ti alzo la camicia da notte e te le posiziono sul pancino…faccio colare della cera, e mentre è ancora calda immergo la candela, così può star ferma sul tuo corpo. Non ti muovere anche se ti brucia, perchè ti colerà solo più cera addosso. Quando finirà la candela il tuo pancino sarà tutto ricoperto di cera, ma viene via facilmente e non lascia segni profondi. Bada a non muoverti troppo o le candele diventeranno molte di più su tutto il tuo corpo”.

Una volta svolta la procedura della candela sul ventre della ragazza, Enrico si posizionò ai piedi del letto, si accese una sigaretta e si godette lo spettacolo della ragazza che nonostante il dolore dovuto al calore della cera cercava di non muoversi. Finita la sigaretta, un pensiero attraversò la sua mente…e lo mise in atto: spense la sigaretta sulla pianta del piede della ragazza.

Anna cominciò a piangere per il dolore, si mosse e cercò di contorcersi per sfuggire al suo aguzzino, ma le manette non le permisero di fare nulla se non subire. Enrico riaccese la sigaretta e la spense nuovamente sull’altro piede della ragazza, che cercò di urlare per il dolore ma uscì solo un gemito soffocato e tante lacrime dai suoi occhi.

Enrico si alzò, le tolse la candela e la lasciò lì, ricoperta di cera, con due scottature da sigaretta ai piedi che le facevano molto male, bloccata ed impossibilitata a parlare. “Spero che abbia imparato la lezione, Annina. Questo è solo un assaggio di quello che subirai d’ora in poi se non mi obbedirai e non farai quello che dico io, è chiaro? Buonanotte tesoro, domani mattina verrò a slegarti e vedremo se sarai più remissiva”.

Enrico la lasciò da sola per tutta la notte; Anna rimase sveglia a lungo, piangendo e gemendo per il dolore, si assopì solo verso l’alba.

Un paio di ore dopo Enrico entrò nuovamente nella stanza della ragazza, la contemplò per qualche minuto…occhi gonfi ed ancora bagnati di lacrime, camicia da notte fatta risalire fino al seno, il pancino ricoperto di cera, le mutandine azzurre, le gambe nude abbandonate per quel poco che le manette lo permettevano, i piedi martoriati…una ragazza così giovane e bella, ammanettata al letto e sottomessa a tutti i suoi capricci. Pregustando la giornata, iniziò a toglierle le manette.

Anna si svegliò subito, e reagì con uno sguardo di terrore negli occhi al vedere l’uomo che le aveva inflitto tante sofferenze la notte precedente. “Buongiorno Annina. Fatti togliere le manette, e se fai la brava forse ti toglierò anche quel tuo bel bavaglio, d’accordo? Stà un po’ ferma, così…ecco fatto”.

Anna aveva i polsi e le caviglie libere, con dei profondi segni rossi intorno. Sentiva le labbra e la bocca secca, ed una volta liberata dalla gagball non osò parlare per paura di un’altra punizione. “Brava piccola, vedo che stai imparando. Ora devi cambiarti d’abito, non puoi rimanere tutto il giorno in camicia da notte. Oggi ti aiuterò a vestirti, d’accordo? Alza un po’ il sedere, così ti tolgo le mutandine. Alza un po’ la schiena, così leviamo la camicia da notte ed il reggiseno. Bravissima. Ora alzati, prima di vestirti devo farti la doccia, non puoi metterti i vestiti puliti quando sei sporca”

Anna si vergognava a rimanere nuda davanti l’uomo, ma decise di obbedirgli per evitare altre punizioni. Quando poggiò i piedi a terra e provò ad alzarsi fu attraversata da un dolore lancinante che risaliva dai piedi e si lasciò cadere di nuovo sul letto. “Che succede Annina, non hai sentito quello che ti ho detto? Vuoi un’altra punizione?” Anna si decise a parlare, seppur con tono sommesso: “Signor Enrico…mi scusi…ma non riesco a stare in piedi per le bruciature…fanno troppo male”.

Enrico sorrise: “Hai ragione piccola, ma c’è un altro modo per arrivare al bagno senza poggiare i piedi a terra” Anna lo guardò con aria interrogativa. “Gomiti e ginocchia a terra, e piante dei piedi all’aria. Vedi di darti una mossa piccola, perchè penso ci metterai un po’ per gattonare fino al bagno”. La ragazza sembrò capire: “Come? Ma…signor Enrico…devo camminare a quattro zampe?” “Si Annina, e se non ti dai una mossa ti costringo ad andarci camminando normalmente. Vedi di sbrigarti”.

Anna, non avendo altre soluzioni, scese dal letto con cautela e si mise a quattro zampe in direzione del bagno, sentendosi profondamente umiliata. Enrico, sentendosi eccitato alla vista della ragazza che camminava a quattro zampe nuda nel suo appartamento, fu preso dal desiderio di umiliare ancora di più la ragazza.

La seguì in bagno e assistette divertito al tentativo di Anna di alzarsi e di sedersi sul water. “Annina, se non puoi camminare come puoi sederti sul water? Facciamo così…vedi questo bel contenitore? Fai la pipì qui, ti aiuto io a tenerlo fermo tra le tue gambe” Anna scoppiò a piangere: “Per favore signor Enrico questo no…faccio da sola per favore non mi guardi” Enrico le diede due fortissimi schiaffi: “Allora non hai imparato niente ieri, cretina? Devi fare quello che dico io. Apri un po’ quelle gambe e vedi di pisciare senza protestare ancora, altrimenti ti butto fuori così”.

La ragazza rimase in silenzio. Enrico prese il contenitore (simile a quelli da portare in laboratorio per le analisi delle urine, ma un po’ più grande) e lo mise tra le gambe della ragazza, tenendolo in mano e gustandosi il calore che il corpo emanava. Una volta finito, Enrico diresse la ragazza verso la vasca da bagno, la sollevò e la mise dentro.

Fece uscire un po’ di acqua ghiacciata, poi un po’ di acqua bollente, per il gusto di veder soffrire Anna ancora un po’, poi la lavò con cura con la spugna. “Che bel corpo che hai Annina…sarebbe un vero peccato rovinarlo con delle torture, non credi? Quelle bruciature sui piedi rimarranno, cerca di comportarti bene o tutto il tuo corpo sarà ricoperto di segni ben peggiori, e non vuoi che questo succeda, vero piccola? Senti qui che pelle liscia…e che belle tettine sode, da guardare e toccare sono meravigliose. E che fighetta morbida morbida…però così non va, è troppo pelosa per i miei gusti. Sei una ragazzina e la tua fighetta dovrebbe essere liscia come quella delle bambine. Domani provvederemo tesoro mio, la tua figa diventerà come piace a me. Abbiamo finito piccola, sei tutta pulita”.

La prese di nuovo tra le braccia e la depositò sul pavimento, sopra un asciugamani. “Ora ti disinfetto le ferite sui piedi. Con acqua ossigenata ovviamente, un altro po’ di dolore non ti farà certo male, vero cara? Non agitarti troppo o salterai la colazione”. Anna sentì un bruciore fortissimo ai piedi ma cercò di non lamentarsi perchè di sofferenze in quelle ore ne aveva avute anche troppe, aggiungerne altre non le sembrava proprio il caso.

Una volta finita la medicazione ed asciugatasi dal bagno, Enrico la vestì con un paio di mutandine di Snoopy ed un vestitino sempre di Snoopy. Ammirò la ragazza, le asciugò i capelli e, ancora una volta a quattro zampe, la diresse in cucina.

“Visto che non puoi alzarti devo portarti da mangiare lì a terra…rimani a quattro zampe però, non sederti. Mangia con la tua boccuccia, penso che tu sappia come si fa se hai avuto un cane in casa”. Senza aggiungere altro preparò una ciotola con dei cereali e del latte, e la posizionò a terra. “Cerca di non farla cadere perchè non avrai altro pasto fino ad ora di pranzo”.

Anna si trovò davanti la ciotola con la sua colazione. Se aveva capito bene avrebbe dovuto fare come i cani…ossia mangiare solo con la bocca. Azzardò a tendere un braccio verso la scodella e a sorbirla, ma Enrico le lanciò un’occhiataccia che la fece subito ritrarre.Posizionò il suo viso sopra la ciotola, si abbassò e con la lingua iniziò a leccare il latte e a cercare di tirar su i cereali. Non le piaceva per niente mangiare così ma la fame si faceva sentire, così finì quasi tutto il contenuto della ciotola, leccando e risucchiando.

“Sei stata bravissima tesoro. Per oggi ti permetto di saltare i tuoi compiti di sguattera, rimarrò a casa tutto il giorno e mi terrai compagnia. Seguimi ovunque io vada e quando mi siedo mettiti accanto a me senza fiatare e senza muoverti”.

La giornata proseguì senza grossi problemi, Anna dovette seguire, sempre a quattro zampe, Enrico ovunque andasse, alla scrivania, al tavolo, al divano, persino in bagno, ed ogni volta che si sedeva doveva poggiare il capo sui piedi di Enrico, che la accarezzava come se fosse stata una cagnolina.

Ad ora di pranzo e a cena dovette di nuovo mangiare dalla ciotola, e ripetere in bagno l’imbarazzante rito dei bisognini nel contenitore. All’ora di dormire Enrico le mise la camicia da notte, la guardò salire faticosamente sul letto e le rimboccò la coperta. “Oggi è stata una giornata di vacanza per te, Annina, ma da domani devi riprendere le tue attività. Cerca di comportarti bene e di fare tutto quello che ti dico, o starai molto peggio di oggi. Lascio la porta aperta, Annina. Buonanotte tesoro”.

Con un bacio sulle labbra di Anna si congedò.

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