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CAPITOLO TRE – Il contratto con Tatiana

By 11 Dicembre 2022No Comments

La giornata passò lentamente, o per lo meno così mi sembrava, troppo lenta. Il mio pensiero, la mia mente, erano rivolte al quel pomeriggio, quel tardo pomeriggio dove io sarei rimasta sola con Tatiana. La sensazione, quel misto fra paura e piacere mi pervadevano ogni volta che pensavo a cosa potevo aspettarmi. Forse era una semplice fantasia, una mia illusione, o forse no. Il mio cuoricino batteva fortissimo ogni volta che pensavo a quella mano che si approfittava della mia vulnerabilità di ragazzina, appena maggiorenne, di quella presa cosi forte sulla mia fichetta, quella pressione da levare il fiato, quella mano estranea che aveva osato varcare la soglia della mia intimità. Fini la mia giornata di scuola, mamma fuori ad aspettarmi per portarmi all’allenamento. Nel baule la borsa, la solita che preparavo io stessa. Mai come quella mattina ci avevo messo cura nel prepararla. Oltre i soliti asciugamani e quanto utile per fare una doccia, anche un top e delle mutandine scelte con cura, quelle che avrei indossato prima d’iniziare la mia lezione di ginnastica, quelle che avrei voluto, sognato, che Tatiana mi trovasse indosso. Prima d’infilarle in borsa le avevo strette con forza sul mio naso, volevo sentirne l’odore di fresco, volevo esserne soffocata di piacere. Arrivo in palestra, e, con un’emozione incontrollabile infilo nello spogliatoio. Cerco un angolo più appartato del solito dove potermi cambiare. Mi spoglio velocemente cambiando il mio intimo e infilando il top e i miei pantaloncini, simili ma non uguali, a quelli del giorno precedente. Voglio che lei mi trovi bella più del solito. No, non voglio deluderla. La lezione passa come tutti i giorni, niente di diverso…che sia stata solo una mia fantasia? ed io che mi ero illusa…
L’orologio segna le 18, Tatiana si alza dalla sedia e saluta tutte le ragazze, facendo però cenno a me, non vista, di rallentare il passo per rimanere l’ultima ad uscire. Mentre sto per varcare la soglia mi si avvicina e bisbiglia “tra 5 minuti raggiungimi in medicheria…ti aspetto li”. Il mio cuore impazza, il fiato si fa rapido e caotico. Sono nello spogliatoio in mezzo alle altre e mi sento sola, su un altro pianeta…ciao a domani, ciao, si, ok,ciao
Sono andate via tutte. Ho timore. Non ho paura. La palestra ora è vuota, che intenzioni avrà Tatiana? beh, ora o mai più, mi sono detta. Esco dallo spogliatoio, ora la palestra è semi buia, l’attraverso per recarmi verso la medicheria, verso il mio appuntamento misterioso. I miei passi, anche se felpati, rintronano in tutto l’ambiente. Penso che starà facendo, cosa avrà in mente, che cosa vuole da me…Non busso, sarebbe inutile, so che è già dentro e mi aspetta.
La stanza è una vecchio piccolo magazzino senza finestre dove vi hanno ricavato un piccolo posto di primo soccorso per i continui malesseri e infortuni di noi ragazze . Un vecchio armadio bianco con del ghiaccio sintetico, disinfettante, cerotti e quanto necessario per un primo intervento. Accanto un armadio metallico più piccolo chiuso, solitamente, da un grosso lucchetto. Sopra un’etichetta che non lascia dubbi: PRIVATO. Un piccolo disimpegno divide la saletta dal resto dell’ambiente. Senza ulteriore indugio varcai la soglia.
Entrai. Davanti a me un divisorio impediva la vista oltre, doveva girare intorno per accedere al locale contiguo. La voce di Tatiana mi risveglio improvvisamente: “CHIUDI LA PORTA CON IL PALETTO!”; Mi girai ed esegui l’operazione sapendo che mi stavo mettendo in trappola, ma da cosa? e perché ? Ripresi la direzione del pannello divisorio e mi ritrovai nella stanza dove, seduta, in centro, vi era lei, null’altro che lei.
Mi fermai in attesa di ordini, di un cenno. Lei alzo gli occhi e, con il solo sguardo, mi fece cenno di avanzare verso di lei. Qualche breve passo e mi ritrovai di fronte a lei. Senza dire nulla mi allungo un foglio ed una penna. C’era scritto:
“Elena buonasera, leggi attentamente questo foglio e decidi se accettare. Firmandolo ti prenderai un impegno. Questo sarà un accordo fra me e te, nessun’altro potrà sapere del nostro accordo. Dal momento che accetti questo contratto tu sarai mia e dovrai rispettare alcune regole, prima fra tutte il rispetto, l’assoluta fedeltà ai miei ordini. Dovrai sempre eseguire quello che dico, ogni ordine è legge. Ogni tua infrazione e disobbedienza potrà e dovrà essere punito. A mia tutela sappi potrei produrre delle prove video e fotografiche che , se mi denuncerai o farai parola con altri, non esiterò a mostrare. Per tutto questo, in cambio, avrai la migliore istruzione e possibile. Avrai sempre la mia attenzione e supporto nella tua preparazione fisica. Sei libera di uscire da qui senza firmare e tutto continuerà come sempre, nella tua mediocrità.
Rimasi impietrita da quanto avevo appena letto, ero indecisa se girarmi e scappare via o abbandonarmi a lei, come segretamente avevo sempre sognato. Essere la sua preferita, la sua marionetta, la sua piccola schiava. Pensavo al segreto che mi avrebbe unita a lei, a quello che quella mente diabolica poteva avere in mente…un mulinello di pensieri, ma, nessuno dei quali mi spaventava. Presi la penna, e, firmai, di getto. Gli resi il foglio.
Lei non rimase stupita della mia azione, anzi, era come se lo sapesse che avrei firmato senza batter ciglio. Parve compiaciuta. Piego il foglio in quattro, e lo mise in una borsa accanto a lei. E finalmente parlo; “da oggi, quando siamo sole mi darai del tu, hai capito Elena ?” Si Tatiana, va bene. Il mio cuore batteva adesso solo per lei. La stanza non era particolarmente fredda, ma i miei piccoli capezzoli erano diventati tesi e duri, il mio respiro quasi impercettibile.
“Elena sei quindi pronta ad iniziare?” “si, Tatiana” “perfetto, iniziamo”, cosi dicendo m’indico una porta. “vai di la, levati le scarpine e calzini e lascia indosso il resto. C’è un tappetino, aspettami in piedi e faccia al muro, io arrivo fra poco”. Come un robot, senza pensare obbedii. Ero sua, avrei fatto tutto. Entrai nella stanza, una specie di ambulatorio medico, arredamento scarno ed essenziale. Oltre ai due armadi che avevo descritto prima, una bilancia, una lampada chirurgica, un lettino per le visite.
Mi tolsi le scarpe ed i calzini mettendo a nudo i miei piedi. Sali sul tappetino, e, fissando il muro attesi lei. Un infinita attesa, dove credo mi sia passato un secolo anche se poi, forse, è stato solo qualche minuto. La sento arrivare, chiude la porta, la sento avvicinare a me. Si era portata la sedia che aveva posto davanti a me inizialmente. Si siede, e, finalmente, mi ordina di girarmi. Ed eccomi al suo cospetto. Mi ordina di alzare un piede e mostrarglielo. Lo prende fra le mani facendomi quasi perdere l’equilibrio. Lo rimira, controlla fra i ditini dei piedi, sussurra “ok, pulito, dammi l’altro” Io eseguo. Lo prende, lo controlla, ne apprezza la fisionomia, ne controlla accuratamente ogni aspetto. “ok Elena, ora avrai certamente capito che è giunto il momento…ti devi spogliare. Ti devo visitare completamente e valutare. Da quale parte del corpo vuoi iniziare ?” …infame, pensai…a me la scelta…. La fichetta già grondava miele esasperata dalla fremente attesa di essere toccata. Senza rispondere mi tolsi il top liberando i miei giovani seni da quella stretta fatta di tessuto. Lei si alzo e, con fare piacevole, mi prese una tettina in mano. Stessa cosa fece con l’altra. Strinse le mani a coppa sui miei seni, e, piano piano la stretta si fece sempre più forte, come a voler capire la mia soglia di dolore o piacere…io iniziai a distogliere lo sguardo assaporando questo tocco. Le sue forte mani si accanivano su i miei seni ancora acerbi. Dopo aver valutato i miei seni ne mollo la presa e si concentro su i capezzoli. Pollice e indice su entrambi, serrandoli debolmente. Erano stretti delicatamente fra le sue dita. “Elena, Alza braccia in alto” mi disse, “unisci le mani e guardami dritta negli occhi”. Obbedì. Avevo capito…Voleva vedere come reagivo, volveva vedere le mie espressioni… inizio a serrare entrambi i capezzoli fra le dita, forte, sempre più forte, torcendoli Dai miei occhi traspariva il dolore, ma non emisi un gemito. Lei aveva un ghigno di sfida che non prometteva bene. Voleva portarmi al limite, quindi prese a mollare improvvisamente i capezzolini per poi riprenderli e strizzarli ancora più forte. Non resistetti… cacciai un urlo. “ahhhhh” vedi ? lo sapevo che non potevi resistere ! comunque ora so che tu hai una bella resistenza, questo ci sarà molto utile…” grazie Tatiana, dissi, con una leggera lacrima che inevitabilmente era sgorgata. Ero intontita dalle sue parole, dalle sue azioni. “ok, ora pesati”, mi disse. Montai sulla bilancia timorosa di un rimprovero. Lei annoto il peso su una scheda dove stava prendendo appunti su quanto fatto e sulle mie reazioni. “Elena, levati i pantaloncini ma non gli slip e vieni di fronte a me”. Ecco…ci siamo… zampettando come una scema mi calai via la penultima difesa fra il mio corpo e Tatiana. Mi misi di fronte a lei. “Elena, devi sapere che questa parte del tuo corpo deve essere custodita gelosamente. Solo io potrò metterci le mani, nessun altro. La dovrai tenere sempre pulita e senza alcun pelo, ci siamo intesi ? “ Si Tatiana, si… “se non lo farai sarai punita, proprio sul tuo sesso, ti farò piangere, sappi che non scherzo!”. Lo sguardo di lei era tagliente, faceva paura. “girati e mani dietro la schiena” prese un una corsa e mi legò i polsi insieme. Avevo le braccia legate dietro la schiena, non avrei potuto porre alcuna difesa, non poù ormai. ”Girati, dritta di fronte a me, adesso”. Io obbedii. Le sue mani andarono diritte verso il mio sesso, dita si insinuarono sotto l’elastico degli slip mettendo a nudo il mio glabro monte di Venere, le mie labbra gonfie di voglia. Mi sfilo gli slip facendomi alzare prima un piede e poi l’altro. Era successo davvero…ero completamente nuda davanti a lei…eravamo sole, io e lei. Ero in suo possesso! “per favore, Elena, divarica le gambe”. Per favore ? da lei ? il tono della sua voce si era ammorbidito… sentivo la sua emozione. Inizio a ispezionarmi il sesso dischiudendo leggermente le grandi labbra. Con i pollici fece leva verso il mio bottoncino esponendolo. Saggiò ogni parte della mia fica, lentamente e con attenzione. Speravo in qualcosa in più, ma le sue mani improvvisamente si ritirarono. Pregai che non fosse tutto finito qui. Ero eccitata, umida, vogliosa di altri… Riprese i suoi appunti, scrisse qualcosa, poi il silenzio. Io, nuda davanti a lei, come una bambola. Lei che non mi degnava di attenzione. “Elena, purtroppo ci sono delle ulteriori cose da fare, devo poter controllare meglio il tuo sesso, e devo farlo approfonditamente.” “girati che ti libero, poi vai a stenderti sul lettino”. Mi avvicinai al lettino, ci montai sopra e attesi altri ordini…”divarica le gambe” a sentire quelle parole diventai immediatamente rossa di vergogna. Nessuna persona mi aveva esplorato cosi profondamente nella ma intimità. Sapevo che ero spalancata a lei, che ogni ultima possibile difesa sarebbe orami decaduta. Ma avevo firmato un contratto…

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