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Racconti di DominazioneRacconti Trans

Tess e lo Psicopatico

By 1 Dicembre 2018Dicembre 16th, 2019No Comments

Ho terminato di scrivere Mark diventa Tess e lo Psicopatico praticamente nello stesso momento. Anche se Mark diventa Tess era iniziato molto tempo prima.
Le due storie non hanno niente a che fare l’una con l’altra, per di più si svolgono in continenti ed in ambienti molto diversi, ma l’immaginazione corre e con l’immaginazione si può fare tutto. Quindi ecco il risultato di questo improbabile incontro, in cui situazioni, che avete visto in Mark diventa Tess e nello Psicopatico, si incontrano e si mescolano. Naturalmente questa storia precede quella del “Lo Psicopatico”. Chi lo ha letto sa che dopo non sarebbe stato possibile
E’ una storia breve, ma intensa. Sette giorni spericolati e di piacere sublime.

Lo Psicopatico conosce Tess – primo e secondo giorno

Tess è una shemale perfetta, e possiamo dire una donna giovane e bellissima. Un seno importante, una quarta abbondante, gli occhi verdi ed i capelli corvini, il corpo formoso, tutto burro e panna, le cosce lunghe e tornite ed un culo fantastico in cui chiunque vorrebbe sprofondare.
Tess in quel momento della sua vita era stata ceduta dal suo Padrone, Mr. Martin, al bordello di Mistress Morgana, dove lavorava ed era la puttana più cara e più richiesta.
Mr. Martin l’aveva rapita qualche anno prima, o meglio aveva rapito un giovanotto di nome Mark che aveva trasformato nella splendida Tess.

Lui era un pazzo, un artigiano italiano dagli impulsi sessuali incontrollabili. Fisicamente un armadio, alto, grosso, ma non grasso, e con due mani d’acciaio, implacabili. In quel frangente della sua vita si era concesso una breve vacanza, solo una settimana, sulla east cost.

Non gli piacevano gli alberghi e quindi a parte la prima notte, quella dell’arrivo, aveva affittato un camper per girovagare in quella parte di mondo. Nell’infimo motel in cui aveva alloggiato la prima notte, tra le innumerevoli locandine che aveva trovato nella reception ne vide una che lo attrasse irresistibilmente, quella che reclamizzava il locale di Mistress Morgana. Sul foglietto c’era la foto di una trans bellissima, c’era anche il suo nome: Tess. L’erezione di lui fu immediata e prepotente. Lui stesso se ne meravigliò, si riteneva eterosessuale al 100%, ma quella foto gli mostrava una donna bellissima, un seno favoloso, con areole scure e larghe e capezzoli eccitati e puntuti. E poi quelle labbra imbronciate e carnose che già sentiva racchiudersi sul suo pene, lì in basso. Labbra da baciare. E poi quegli occhi verdi che già si immaginava impauriti mentre lui la faceva inginocchiare e poi velati di piacere mentre la montava e la trapanava. Solo il piccolo pene che si intravedeva tra le cosce diceva che non era una donna. Era perplesso e confuso, una cosa del genere non se l’era mai sognata, e non era neanche tipo da bordelli. Lui quando voleva una donna se la prendeva e senza tanti complimenti. Non aveva nessun interesse per le puttane. Però decise che quel night, così c’era scritto sulla locandina, meritava una visita, poi avrebbe deciso cosa fare. Era sulla via dello sballo. Non era mai riuscito a resistere ad una eccitazione come quella si conosceva. La voleva e l’avrebbe avuta, con le buone o con le cattive. Sapeva che ci sarebbe riuscito solo con le cattive, era il modo che preferiva.

Tess si muoveva disinvolta tra i tavoli, indossava, al solito, un vestitino striminzito che le copriva a malapena le natiche ed era molto generoso sul davanti. Il vestitino lasciava poco e niente all’immaginazione, ma ormai si era abituata a vestire così e non ci faceva più caso. Le scarpe, come sempre erano tacco dodici e lei le indossava con grande facilità. Erano lontani i tempi in cui era stata punita più volte perché su quei trampoli si muoveva ridicolmente insicura.
Poi, al culmine della serata, salì sul palco per ballare. Si dimenava sciolta e tranquilla, padrona del palco aveva la platea in pugno. C’era gente che pagava il biglietto di ingresso solo per vederla ballare. Era la numero uno e per qualche minuto ballò da sola, tutti gli occhi erano per lei, tutti la concupivano e la volevano, ma un’ora con lei voleva dire mezzo stipendio di un impiegato. Pochi se la potevano permettere.

Lui si sedette ad un tavolo ed ordinò whisky. L’aveva inquadrata immediatamente mentre serviva ai tavoli, cercò di non farsi notare, ma ribolliva, i suoi dubbi si sciolsero come neve al sole, non gli importava più se era una trans, era ancora più bella che nella foto, la doveva avere. Quello che aveva abbattuto ogni muro era il suo modo di muoversi. Meglio, molto meglio di una femmina. Elegante, delicata, vulnerabile più di una donna Il suo tormento era iniziato, ma come poteva fare, si era informato sulle tariffe, erano proibitive e poi a lui non interessava avere una puttana, di quella voleva anima e corpo, la voleva a sua disposizione e come la voleva lui, cioè terrorizzata e sottomessa, pronta per ogni suo capriccio e desiderosa di compiacerlo immediatamente. Poi lei salì sul palco e si mostrò in tutto il suo splendore, si muoveva con grazia, era una bomba. Fece vedere le tette, esplosive, le cosce di burro fuso, il culo imperiale. Stava facendo la puttana, si spogliava per eccitare gli uomini lì presenti, ed anche qualche donna, mostrava le cosce lunghe e quel culo di burro e panna timidamente, agitava le tette per sedurre, ma lo faceva con una grazia proprie di un’artista. Lui andò giù di testa, al termine della danza, uno spogliarello incredibile, andò in bagno e mise la testa sotto l’acqua fredda. Doveva riacquistare lucidità. Ritornò in sala appena in tempo per vederla scomparire dentro un ascensore che portava di sopra, con un uomo azzimato di circa sessanta anni e che mentre salivano sull’ascensore la stava già palpando sul culo. Il tipo doveva avere un sacco di soldi pensò lui. Non poteva rimanere lì, non riusciva a ragionare. Ritornò al camper e si allontanò. S’infilò in una strada secondaria, ai lati boschi e prati. Trovò una piazzola di lato alla strada e parcheggiò. Poi si distese sul letto e cercò di riflettere. Aveva visto come funzionava, all’inizio della serata lei serviva ai tavoli e poi ballava, quindi andava con i clienti. Il piano lentamente prese forma. Mise a punto gli ultimi dettagli e poi si addormentò, non aveva neanche cenato, solo quel whisky, ma quando era in quello stato i bisogni primari diventavano altri. Sapeva di rischiare, ma l’aveva fatto più volte ed era andata sempre liscia. Neanche il pensiero che si trovasse in un paese straniero e che per quei delitti rischiava persino la pena di morte lo poteva far desistere.

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Aveva elaborato un piano diverso da quello iniziale. Non poteva rapirla la sera quando era nel salone. Come poteva fare con tutta quella gente che la circondava e la bramava? Non poteva rapirla neanche se andava in bagno, anche lì c’era troppa gente e poi chi poteva dirlo che sarebbe andata in bagno? E non poteva rapirla neanche seguendola quando con un cliente fosse andata di sopra. Sia le scale che l’ascensore erano sorvegliati da uomini grossi almeno quanto lui che facevano passare solo le ragazze con i loro clienti.

Si presentò a metà pomeriggio con un carrello e dentro il carrello una cassa di quasi due metri di lunghezza, gli altri lati erano di circa mezzo metro. Aveva noleggiato un furgone, sopra ci aveva scritto con adesivi: furniture factory. Il suo inglese non era male, ma non sarebbe mai riuscito a farsi passare per americano. Ora sperava di avere tanta fortuna, le cose che potevano andare storte erano innumerevoli, compreso il fatto che poteva non trovarla. Indossava un pesante giaccone, un cappellino che gli copriva una parte del volto e degli occhiali scuri, aveva trovato anche un paio di baffi posticci e guanti di lavoro.
All’ingresso del complesso fu fermato dalla sicurezza. Disse che doveva consegnare un mobile alla stanza 107 del primo piano. Sapeva che lì stavano le ragazze, anche se non sapeva quale era quella di Tess. La sera prima aveva visto che l’ascensore si era fermato al primo piano, ma naturalmente non sapeva in quale stanza poi Tess aveva portato il suo cliente.
L’uomo al cancello, era perplesso, nessuno lo aveva avvisato, ma non era la prima volta che succedeva. Quel posto era letteralmente un casino. La sicurezza funzionava davvero solo la sera, quando arrivavano i clienti. Durante il giorno era un via vai incontrollabile. Volle vedere il documento di consegna. Lui gli fece vedere un foglio, nella sua vita per il suo lavoro, ne aveva compilati tanti, certo, qui c’era la lingua che lo poteva fregare, rispetto a quello che aveva scritto e rispetto a come parlava. Ma sapeva che in quella parte d’America c’era un’infinità di immigrati che lavoravano e parlavano l’inglese peggio di lui. Anche quello che sorvegliava il cancello era un immigrato e leggeva con una certa fatica. Gli spiegò di andare sul retro e prendere il montacarichi. Ci andò, parcheggiò, tirò giù il carrello con la cassa e prese il montacarichi. Stava sudando, nonostante la giornata rigida. Ora era nel corridoio del primo piano, molta penombra e luci tenui, una spessa moquette per terra. Sapeva che era pazzo a compiere un rapimento in un paese che non conosceva. Sapeva che rischiava anche la pena di morte se le cose fossero andate male, ma sapeva che stava male se non otteneva quello che voleva, molto male. Conclusione: doveva rischiare.
Bussò alla prima porta, non rispose nessuno, aprì e vide che non c’era nessuno. Alla porta successiva rispose qualcuno che stava dormendo e che poi, strascicando i piedi, venne alla porta. Lui vide una bella mulatta dentro una vestaglia. – Scusi ho sbagliato – rispose in inglese. La mulatta lo riempì di insulti a voce alta, ma non gridò e soprattutto non diede nessun allarme, ritornò a dormire.
Poi da una porta uscì una bionda, atletica, ma molto bella, lui ancora non capiva se erano donne o trans, dovette fare mente locale, quello era un locale esclusivamente di trans, quindi quella era una trans. Si avvicinò alla bionda sorridendo e chiese dove era la camera della signorina Tess. L’altra rispose sempre sorridendo e senza chiedersi che ci faceva quello lì a quel piano, a quell’ora, in cui le ragazze riposavano. – Stanza 111 – e se ne andò imboccando le scale come un treno.
Si asciugò la fronte e poi spinse il carrello verso la 111.
Tess venne ad aprire immediatamente ed in un attimo perse i sensi cadendo all’indietro in camera, lui la sorresse in modo che la caduta non fosse rovinosa, la spessa moquette aiutò. Poi la spostò dalla porta e spinse il carrello dentro. L’etere aveva un effetto immediato e lui ea troppo forte perché lei potesse scappare o divincolarsi. Non era riuscita ad emettere neanche un urletto.
Lui la guardò un attimo, indossava solo una vestaglietta ed era bellissima. Poi l’ignorò, non poteva farsi distrare. Aveva tempo, ma doveva stare attento. Aprì la cassa e ve la adagiò dentro. Poi aprì il suo guardaroba e ci buttò dentro i primi vestiti e la biancheria che trovò e delle scarpe, e anche un cappotto. Richiuse la cassa e la rimise sul carrello. Indossava guanti e cercava di non toccare niente. Sudava come un maiale, ma pensava che il più era fatto. Rifece la strada dell’andata e non vide nessuno. Cinque minuti dopo era fuori e guidava verso il parcheggio in cui aveva lasciato il camper. Lì depositò la ragazza, dormiva ancora, ma lui la legò e l’imbavagliò a dovere, poi prese il furgone per riportarlo all’autonoleggio. Non era distante, ma lui fece un giro largo e durante la strada si liberò della cassa.
Ritornò al camper due ore dopo.

Se ne accorsero due ore dopo anche nel bordello e ci misero più di altre due ore per capire quello che era successo. Dapprima avevano pensato che era scappata. Morgana aveva un diavolo per capello, ed erano tanti, il suo uomo, un nero con un fisico possente, responsabile della sicurezza, schiumava rabbia. La bionda ne fece le spese e l’uomo al cancello venne licenziato su due piedi. Poi rifletterono. Non potevano chiedere nessun aiuto. Tess non esisteva e non potevano chiedere aiuto alla polizia, almeno non ufficialmente, ma avevano molti amici poliziotti. Che si attivarono. Decisero di non avvertire neanche Mr. Martin, il Padrone di Tess, almeno per il momento. Cosa gli avrebbero detto? E che figura ci avrebbero fatto?

Tess era rinvenuta ed aveva gli occhi sbarrati. Quando lo vide tremò come una foglia e cercò di gridare per lo spavento. Lui non si era camuffato e Tess lo poteva vedere per quello che era. Un uomo alto e grosso, con due mani grandi come badili. Se voleva, ragionò la shemale, poteva farla a pezzi. Il ghigno era terribile, sprizzava lussuria da tutti i pori, a quella Tess era abituata, ormai da anni non vedeva altro che uomini e donne che le sbavavano dietro, ma questo gli sembrò più che crudele fuori di testa. Tess temeva il peggio. L’aveva rapita, lei l’aveva visto in volto, pensava e stava per farsela addosso che solo per quello l’avrebbe uccisa. Lui invece non era preoccupato. L’aveva già fatto diverse volte, nessuna l’aveva mai denunciato, Ma capiva che questa era diversa, una puttana non si sarebbe vergognata di ammettere che era stata violentata e di denunciarlo. C’era però da dire che una puttana era meno credibile di una brava ragazza e che la polizia non si sarebbe sicuramente fatta in quattro per salvare l’onore della puttana, almeno lui ragionava così. E poi lui un paio di giorni dopo averla liberata se ne sarebbe andato via e chi l’avrebbe mai più rivisto.
Lei si rannicchiò come poté in un angolo, indossava ancora solo la vestaglietta da camera che aveva quando era stata rapita, trasparente ed impalpabile. Sotto niente. Era tremendamente e pericolosamente esposta, non che se fosse stata vestita con pantaloni e maglione la sua sorte sarebbe stata diversa, ma in quel modo si sentiva nuda e lui la osservava famelico.
Si accosciò acanto a lei e le passò una mano sulla guancia, Tess vibrò, ma non si ritrasse, non voleva farlo arrabbiare. Lui le levò la ballgag dalla bocca e Tess gridò con tutto il fiato che aveva in corpo. Un attimo dopo era distesa svenuta sul pavimento del camper. – Stupida – sentì mentre sveniva, era una lingua che non conosceva.
Il ceffone l’aveva mandata a sbattere contro la parete del camper ed ora era a terra tramortita.
Lui l’accarezzò sul seno. Meraviglioso pensò mentre rizzava diventando duro come il marmo.
Le mise di nuovo la ballgag in bocca e andò al posto di guida, era meglio mettere un centinaio di chilometri tra lui e quella zona.

Lui non conosceva la storia di Tess, non sapeva che la polizia non la cercava, che nessuno aveva fatto denuncia. Era quindi preoccupato e cauto, andava piano e percorreva strade secondarie. Non sapeva neanche lui dove stava andando, ma si allontanava verso nord e quello era importante.

Ormai era buio e quando vide uno sterrato che si inoltrava nel bosco lo percorse e giunse in una radura dove si fermò. Lì non lo avrebbe cercato nessuno. Ritornò di dietro, ora la schiava tremava, ma per il freddo. Accese il riscaldamento e si preparò qualcosa da mangiare. Intanto osservava la sua cagna che si era ripresa e si era fatta sempre più piccola. Le levò di nuovo la ballgag, lì poteva gridare quanto voleva, ma Tess non gridò. Aveva imparato la lezione. Lui pensava di tenersela un paio di giorni, poi l’avrebbe abbandonata da qualche parte e lui sarebbe andato altrove, molto distante e dopo altri due giorni avrebbe, letteralmente, preso il volo. La puttana poteva fornire al massimo una descrizione. Certo poteva dire che aveva vissuto su un camper, ma quanti ce ne erano in giro in quello sterminato paese? Lui ne incontrava almeno uno all’ora. E lei non avrebbe mai visto la targa del camper e neanche marca e tipo. Doveva però evitare di parlare in italiano, quello unito al resto poteva diventare un indizio pericoloso. Che capisse pure che era uno straniero, in quel paese erano tutti stranieri. Decise di abbandonarla molto lontano da dove l’aveva presa e di tenersela non due, ma quattro giorni. Così facendo, con un po’ di fortuna lui sarebbe già stato in volo quando la ragazza sarebbe stata interrogata dalla polizia.

Ora che aveva mangiato e ruttato poteva dedicarsi alla trans, era stata una giornata stressante ed ora aveva bisogno di rilassarsi. Fuori il buio era calato, erano in mezzo ad un bosco e non si vedeva più niente.
La sciolse, voleva sistemarla in un altro modo per poter accedere alle sue grazie comodamente e facilmente. Tess istintivamente più che razionalmente raccolse e spinse i piedi in avanti, Lui rotolò indietro e sbatté la testa contro uno spigolo, per un lungo attimo perse i sensi.
Tess non era forte, tutt’altro, da quando era diventata femmina aveva poi perso anche quel po’ di muscoli, non granché, che aveva, ma era agile e coordinata. Ciò, unito ad una gran fortuna le avevano permesso di assestare un colpo ben riuscito. Era anche pronta di riflessi ed in un istante aveva aperto la porta del camper ed era fuori. Quando si trovò al buio e capì di essere in un bosco sconosciuto la paura la paralizzò.
Era scalza e con quella vestaglietta, si era già pentita della sua audacia, ma le bastò sentire il ruggito di quel bestione per tremare, farsela addosso, riprendersi e fuggire. Si addentrò nel bosco, i rami la graffiavano in tutto il corpo, dopo qualche minuto la vestaglietta era tutta a brandelli e si ritrovò nuda, bagnata tra le gambe. Non erano passati neanche due minuti che puzzava e sudava, era terrorizzata. I piedi poi si erano rapidamente riempiti di lividi e piaghe, correva saltellando, urtava continuamente contro qualcosa che le faceva male. Si tratteneva dal gridare, ma quella corsa scomposta provocava comunque un gran trambusto.
Lui rinvenne e urlò come un forsennato. Poi scattò all’inseguimento, la vide inoltrarsi nel bosco e la seguì. All’inizio seguiva i rumori, ma non gli era facile capire da dove venivano. Poi non sentì più niente. Vide tracce del passaggio e provò a seguirle, ma non era un cacciatore. La troia si doveva essere nascosta da qualche parte. Anche lui si rimpiattò dietro un albero e rimase in silenzio. Ora c’era solo il buio ed il silenzio, se c’erano animali in quella parte del bosco erano scappati via, nessun rumore.
Tess si era davvero nascosta dietro un cespuglio, con un grande albero alle spalle, ma ora stava tremando dal freddo. Doveva voleva andare, si disse, era nuda e scalza ed il freddo la stava congelando, ma non poteva tornare indietro, lui l’avrebbe massacrata.
Non sentiva più niente, pensò che stavano giocando a nascondino, ma lei non poteva rimanere lì ferma a lungo. Cercò di muoversi senza fare rumore, ma non era una tipa abituata ad aggirarsi nei boschi, soprattutto in quegli ultimi anni aveva fatto tutt’altra vita.
Lui la sentì, tutti i suoi sensi erano tesi allo spasimo, anche la vista si era abituata al buio e l’udito era perfetto. La sentì, ma non capì da dove venivano i rumori. Poi si rese conto che era lì, a dieci metri, forse anche meno. Al contrario di lei, anche se non era un cacciatore, lui viveva in campagna e nei boschi era a suo agio. Si mosse e senza far rumore.
Quando le comparve davanti lei emise un urlo bestiale, non l’aveva neanche riconosciuto, ma non poteva essere che lui e se non era lui poteva essere anche peggio. Terrore. Il pugno la colpì in pancia, Tess si piegò in due e l’urlo le morì in gola. Mai aveva sentito così male. Cadde a terra e vomitò.
Lui la prese sottobraccio come un fagotto e ritornò al camper. La trans era semisvenuta, tremava ed era piena di lividi e graffi, oltre che sporca e scarmigliata. Puzzava.

Lui si spogliò, lei lo guardava aspettandosi che iniziasse a massacrarla, poi penso che invece si apprestava a violentarla. Sarebbe stato il male minore pensava, tutto, ma non che la picchiasse, con quelle mani poteva ucciderla.
Niente di tutto ciò. Lui prese il piccolo pene della shemale e strinse, Tess man mano che sentiva la pressione iniziò a balbettare perdono ed a sbattere i denti per la paura.
Lui strinse ancora e Tess singhiozzò, era diventato un dolore insostenibile e lei capì che poteva stringere ancora di più, molto di più. Arrivare a danni irreparabili se già non li aveva procurati.
Lui si fermò, ma non mollò la presa e non attenuò la pressione.
– Un altro scherzo come questo e te lo stacco. – L’inglese era elementare, ma Tess si affrettò a rispondere.
– Sir, tutto quello che vuole Sir, farò tutto, tutto quello che vuole. –
– Certo che lo farai – rispose lui allentando la pressione, – altrimenti… –
Tess non lo fece neanche terminare. – Tutto Sir, tutto. – Tremava e cercava di non dimenarsi.
Lui la prese per mano e l’accompagnò sotto la doccia.
Tess lo seguì docile come un cagnolino. La doccia era piccola, ma in qualche modo ci entrarono tutti e due. L’acqua calda scese sui loro corpi e Tess piano piano smise di tremare. Tess solo allora si rese conto che il suo corpo era attaccato a quello di lui. Non era quello il problema, di corpi attaccati al suo ormai aveva perso il conto. Meditò se sedurlo strusciandosi addosso al suo carnefice, ma qualcosa le disse che era meglio di no. E aveva ragione, era lui che voleva avere il pallino in mano.
Lui prese sapone e spugna ed iniziò ad insaponarla. Passò sulle grandi tette, sul culo, sulle cosce e tra le cosce, lì davanti e sul buchetto di dietro.
Quelle mani erano meravigliose e gentili. Tess divenne calda, non osava fare niente, ma lui era perfetto e sentiva la sua erezione premere sulle sue natiche, non vedeva, ma sentiva quanto era duro e grosso. Aveva ance paura di sospirare mentre quelle mani le impastavano il seno e risalivano sulle sue cosce.
Poi lui chiuse l’acqua ed uscì dalla doccia. Tess lo seguì non propriamente padrona dei suoi movimenti. Era sfinita e barcollava. Lui la prese in braccio e Tess sentì quanto era forte.
La depositò su una cuccetta e l’asciugò, poi prese un disinfettante e del cotone e iniziò a tamponare graffi e taglietti, cominciando dai piedi.
– Grazie Sir, grazie Sir – mormorava Tess sempre più sicura. – Sono stata una stupida a tentare di scappare, grazie Sir. –
Lui non le rispose, tamponava i graffi, metteva qualche cerotto, leniva le ferite. Tutte di poco conto e che sarebbero guarite prestissimo. Lei era nuda, bella e ormai anche disponibile, ma la fase dell’eccitazione, che lo aveva accompagnato dalla sera prima fino all’uscita della doccia, quello stato che normalmente lo mandava giù di testa, per il momento, era passata. Le mise una coperta addosso e le disse – dormi. –
Tess si rannicchiò sulla cuccetta e iniziò sommessamente a piangere.
Lui si adagiò sull’altra cuccetta, nudo come era, anche lui si coprì con una coperta e si mise a dormire. Dopo cinque minuti russava lievemente. Per Tess era un rumore rassicurante, ma le ci volle un po’ prima di addormentarsi. Non sapeva che pensare, fino a quel momento l’aveva picchiata due volte con quelle mani grandi e forti, ma, dovette obiettivamente riconoscere, perché aveva urlato e perché aveva tentato di scappare. Con questi pensieri si addormentò. Il sonno fu dapprima agitato, ma poi si rilassò e dormì profondamente.
Iniziava ad albeggiare quando Tess si svegliò. Diede uno sguardo di lato, lui dormiva ancora profondamente e lei uscì dal suo letto e entrò in quello di lui.
Cercò di non svegliarlo, ma quando gli si sdraiò accanto, lui le passò una mano sul corpo e l’attirò a sé tenendola stretta. Tess gli dava le spalle, stette zitta però spinse le natiche indietro per aderire a lui. Non aveva nessuna intenzione di sedurlo, lo voleva solamente vicino, a contatto e gli voleva far capire che non si sarebbe più ribellata. Non voleva essere più picchiata. Si rese conto che forse ci era riuscita e si riaddormentò sicura come non le succedeva da tempo immemorabile. Ma prima si domandò ancora una volta: perché mi ha rapita? Per fottermi. Ma poi cosa succederà? Quel pensiero l’inquietava e l’accantonò.

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