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Trio

Il Capodanno del 2002

By 9 Ottobre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Dove sono le nevi dell’anno passato?
Francois Villon ‘Ballata delle dame del tempo che fu-

Veramente indimenticabile quel Capodanno passato a Peschiera, nella casa dei tuoi, in riva al lago di Garda.

Il 31 gennaio del 2002 fu una fredda ma splendida giornata .

Mi incantavo a guardare, dal balcone della nostra camera, le acque limpide che parevano rabbrividire sotto il gelido vento che soffiava dalle alpi bresciane ; all’improvviso , nel rosso tramonto, la natura parve incendiarsi : ed io interpretai tutto quel rosso come un fausto presagio per la notte di festa che stava iniziando.

Avevamo invitato una trentina di persone, per lo più amici tuoi, della tua città; quando sentii un clakson suonare insistente di sotto pensai, con gioia, che era arrivato Giovanni, il tuo amico più caro: infatti vi chiamavano gli inseparabili, fin da ragazzi.

Quando io entrai nel tuo orizzonte per rimanervi, spesso si usciva in tre, perché Giovanni mi piaceva, anche fisicamente.

A volte la sue fraterne carezze ( ma quanto fraterne, spesso mi domandavo) avevano il potere di rimescolarmi il sangue e da certi suoi sguardi interrogativi avevo capito che provava per me qualche cosa di piu’ dell’amicizia: ma ti volevamo troppo bene tutti e due per pensare anche solamente per un attimo a tradirti; prima eravate gli inseparabili, ora eravamo i tre moschettieri (anche se uno dei tre era una donna’) e la lealtà veniva prima di tutto.

Con questi pensieri che mi vagavano per la mente iniziai i preparativi per la serata: doccia e creme profumate per far risplendere la mia pelle scura di bruna , e poi un abito che avevo preparato apposta per te, per piacerti come non mai e farti ben figurare di fronte ai tuoi amici veronesi.

Ora so che quell’abito non aveva solamente quello scopo…

I capelli li lasciai incolti, riccioluti di natura, a coprire in parte il viso e le spalle, adornai con pesanti gioielli il collo e le braccia ( mi piace lo splendore dell’oro e anche il suo freddo contatto sulla pelle, mi fanno sentire una dea), indossai un minuscolo slip di pizzo e infine il mio splendido abito di raso nero, senza spalline, aderente come una pelle di serpente, e con uno spacco all’inguine, tipo depilzero, come direbbe il solito comico.

Insomma , volevo far rivivere la mitica Gilda, guanti compresi: non ero di certo Rita, la rossa bellissima Diva, ma mi difendevo.

Con un paio di sandali dai tacchi alti e sottili e leggere catene d’oro alla caviglia, mi sentivo quasi come lei; con il trucco feci del mio meglio, kajal per esaltare gli occhi e rossogotico per le labbra.

Mi stavo profumando, quando tu bussasti, chiedendomi se ero pronta ; infatti di sotto per ora c’era solo Giovanni, ma restavano delle cose da sistemare; ti dissi di entrare voltandomi contemporaneamente verso la porta .

Immobile sulla soglia , mormorasti :

– Fede, sei uno schianto…-

per poi venire verso di me e rapidamente infilare la tua mano calda dentro lo spacco della gonna, fino a raggiungere, attraverso gli slip, la mia fichetta ricciuta e subito eccitata.

Intanto con l’altra mi abbracciavi ed io potevo sentire la forza della tua erezione sotto i pantaloni.

Il viso immerso nei miei capelli , dicevi con voce rauca:

-Dai, facciamo l’amore, ti desidero troppo, sei coì bella..- ed io:

-C’&egrave Giovanni di sotto, stanno per arrivare gli altri’-

Ma era una protesta debole la mia , già del tutto intrigata ed eccitata.

Mi spingesti sul letto, per buttarti sopra di me, ma io ti bloccai: feci allungare te sulla bianca coperta, poi ti slacciai i pantaloni e curva sul tuo sesso ti presi in bocca, sai quanto mi piace leccarti, succhiarti e berti.

Tu gemesti forte.

Allora mi alzai, tolsi gli slip , arrotolai il vestito intorno alla cintura , per danneggiarlo il meno possibile , e ti salii sopra, prendendoti dentro di me, tutto, fino in fondo, caldo e pulsante e mi parve di svenire dal piacere.

Cominciai a muovermi lentamente, ondulando i fianchi,mentre tu con le mani mi stringevi i seni e accarezzavi il clitoride, pronto a scoppiare come un acino d’uva maturo.

Ad un tratto, pur nello stordimento, mi accorsi di qualcosa o qualcuno alle spalle: mi voltai e vidi Giovanni, sulla porta, che ci guardava, pietrificato.

Allora capii che quella sera saremmo stati come Artù, Lancillotto e Ginevra, che una leggenda vuole siano giaciuti , per una notte, tutti e tre nello stesso letto.

Così mi piegai sopra di te, mettendoti in bocca i capezzoli, che tu succhiavi avidamente, ad occhi chiusi, mentre il mio culetto si offriva spudorato a Giovanni, sempre immobile sulla porta.

Con uno scatto mi voltai,allontanando i capelli dal viso e gli sorrisi, invitante: lui capì.

Anche tu intuisti qualche cosa, ma ti zittii immediatamente , mangiandoti le labbra con le mie.

Giovanni si avvicinò e fece una cosa che mi fa impazzire, sempre: cominciò a leccarmi avidamente il buchetto e le natiche, poi sentii il suo membro duro premere su di me.

Mi entrò dentro con un colpo secco,violento, che mi fece gemere forte (piacere e dolore), e mi spinse ancor più verso di te: allora tu, aperti gli occhi, non sembrasti affatto sorpreso .

Il tuo ora era lo sguardo di un complice, rassegnato e voglioso.

Le mani di Giovanni mi tenevavo i fianchi, le tue la schiena, ma ad un certo punto le sentii stringersi sopra il mio corpo, in un unico abbraccio.

Io cercavo di adattarmi ai vostri ritmi, mentre piena di tutti e due, mi avvicinavo al piacere assoluto: sapevo che questo sarebbe stato l’orgasmo più bello e lungo della mia vita; il primo a venire fosti tu, con un grido, poi Giovanni si abbatt&egrave su di me, svuotandosi in silenzio, mordendomi il collo e mormorando:

-Ti amo…-

Io, tra i due maschi, restai un attimo in bilico, sull’abisso del piacere, poi volai giù, e su, in un cielo di stelle colorate, fuori dal tempo e dal mondo, per ricadere su di te.

Infine tutti e tre restammo in silenzio, immobili , l’uno sull’altro, perqualche minuto.

A farci rapidamente ricomporre fu il rumore delle macchine degli invitati che arrivavano.

Vi cacciai fuori dalla camera, le spiegazioni a dopo , se mai ce ne fosse stato bisogno, dovevo risistemarmi adeguatamente.

Ma non furono necessari grandi restauri: i miei occhi brillavano come non mai e anche la mia pelle: con un dito, prima di lavarmi, raccolsi un po’ di seme tuo e un po’ di quello di Giovanni e lo portai alle labbra, leccandolo avidamente: avevate un buon sapore , insieme, proprio un buon sapore.

Sistemato il vestito, solo un po’ sgualcito, mi guardai allo specchio che mi rimandò l’immagine di una bella donna, sensualmente affaticata, con uno strano segno rosso sul collo:pareva proprio un morso, come lo avrei giustificato?

“E che importa?” pensai, sorridendo, mentre scendevo le scale incontro agli ospiti,
” chi ha detto che solo Artù e Lancillotto avessero sulla pelle i segni delle battaglie combattute?…”

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