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Racconti Erotici EteroRacconti erotici sull'Incesto

168 – Giuliano e Adele

By 23 Maggio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Era un sabato pomeriggio ed io, stanco ed annoiato, uscii di casa e mi diressi verso quella sala da ballo, a pochi chilometri da casa mia, dove non veniva mandata in onda musica troppo assordante. Ero un giovane piuttosto tranquillo e amavo molto la musica vera, quella soft, non sparata a mille decibel in quelle discoteche moderne dove dopo poche ore si usciva completamente intontiti e rintronati.

Lei, la protagonista assieme a me del mio racconto, la incontrai proprio in quella discoteca vintage. Entrando mi accolse un atmosfera d’altri tempi, musica anni sessanta, luci soffuse senza spot accecanti e coppie attempate che ballavano languidamente i lenti. Attorno alla pista da ballo, seduti sui comodi divani, alcuni uomini sulla trentina, una decina di donne mature singole e quattro o cinque ragazzette innamorate dei tempi che furono. Da solo, da una parte, il sotto scritto, ventitreenne di nome Giuliano, amante delle donne un po’ avanti negli anni.

Un gruppetto di quattro o cinque donne, dai trentacinque ai cinquanta, sedeva attorno ad un tavolino sopra ad un divano ad angolo. Alti bicchieri di bibite multicolori, per lo più analcoliche, sparse sul vetro del piccolo tavolo. Dalla mia postazione notai le loro audaci minigonne, le affascinanti calze a rete e le semplici camicette scollate. Ne notai una in particolare, bruna, un viso ancora fresco, un bel seno abbondante e delle belle gambe affusolate. Beveva la sua bibita, succhiando il liquido rossastro con una lunga cannuccia piegata. Notai il suo sguardo più volte posarsi su di me, presi coraggio e mi avvicinai, le chiesi di ballare e lei sorrise facendo cenno di si con la testa. Scavallò le gambe e si alzò, la presi per mano e la guidai sulla pista. Uno slow suonava melodioso ed io la strinsi lievemente a me. Le sussurrai nell’orecchio il mio nome e lei in un soffio mi disse di chiamarsi Adele. Dopo alcuni balli dove ebbi modo di sentire flessuoso il suo corpo contro il mio, mi guardò dal basso in alto chiedendomi di tornare a sedersi. La feci accomodare al mio tavolo e con la massima cavalleria le spinsi la sedia sotto il sedere. Fu lei a chiedermi quanti anni avessi e sempre lei a confessarmi i suoi. Mi disse trentanove, come a voler dire: Quanto sono vecchia ! Le spiegai che io amavo molto le donne con qualche anno più di me, perché erano più mature sia mentalmente sia fisicamente. Adele invece mi confidò che per lei le cose stavano esattamente al contrario, amava i ragazzi giovani.
Mi alzai dal tavolo e la invitai a seguirmi, tenendola per mano la condussi in un angolo più lontano, dove un separé dava la certezza di una certa intimità. Ci sedemmo e non disturbati dalla musica, che ora sentivamo soffusa e lontana, parlammo di noi.
Lei si aprì e mi disse che quando aveva soli quattordici anni era rimasta incinta e d’aver partorito un bel maschietto. Le chiesi se era figlio unico e lei mi rispose che aveva anche una femminuccia di diciotto anni avuta dal suo defunto marito. Raccontai la mia vita dorata vissuta con la mia facoltosa famiglia, le spiegai che ero direttore generale della grande azienda di mio padre e che per fortuna guadagnavo un lauto stipendio che mi consentiva di fare una vita molto agiata. Verso le diciannove uscimmo e visto che era a piedi le proposi di accompagnarla a casa in macchina. La vidi meglio, alla luce della giornata estiva che ancora non voleva morire. Era proprio una bella donna, provocante ma non volgare, una femmina raffinata di quelle di classe, insomma una di quelle fighe per le quali io avrei fatto pazzie.
Davanti a casa sua, fermai la mia BMW e scesi ad aprirle lo sportello. Le gambe unite si mossero girando elegantemente e appoggiando le sue scarpe nere con il tacco dodici sull’asfalto del marciapiedi. Mi piaceva proprio quel magnifico esemplare di mammifero su due zampe!! Ci scambiammo il numero del cellulare e la salutai dandole un bacio tra la guancia e l’angolo della bocca. Feci il duro per qualche giorno e non la chiamai, poi visto che la mia tattica era inutile, mi decisi e composi il suo numero di telefono.
Mi rispose una vocina femminile che indovinai essere la figlia, poi la sua voce calda mi arrivò all’orecchio……

‘Chi parla? ‘

‘Sono Giuliano, ti ricordi di me?’

‘Ah, si, ciao Giuliano, scusa solo un attimo per favore……’

‘Si ok….’

Udii una porta chiudersi e poi nuovamente la sua voce,,,,,,,

‘Scusa, eccomi, ho chiuso la porta così nessuno ci disturba…’

‘Come va??’

‘Diciamo bene, sai a fine mese siamo sempre un po” senza quattrini……..’

‘Ah, capito, ma, se non ti offendi io ti posso aiutare……’

‘No, no, figurati, è così poco che ci conosciamo, no no ci aggiustiamo io e mia figlia!!’

‘Beh, basta che stasera tu vieni a cena con me e così approfondiamo la conoscenza……’

‘No, guarda, non sono nelle condizioni di andare fuori a cena……’

‘Adele, hai un abito da metterti? Quello che avevi in discoteca andrebbe benissimo!!
Io ti vengo a prendere a casa, andiamo al ristorante, ceniamo in tutta tranquillità, poi io pago il conto e quindi ti riaccompagno a casa. Per te costo zero !!!!’

‘Giuliano, non lo so, mi sembra una cosa……..’

‘Alle venti va bene???’

‘Sei cocciuto eh? Non ti perdi mai d’animo tu !!’

‘Lo so me lo dicono tutti, allora… alle venti???’

‘Ok dai va bene…. alle venti …’

L’andai a prendere sotto casa, indossava un vestito diverso da quello che aveva esibito in discoteca, era fioreggiato, corto e arricciato a piegoline sotto la vita. Il bustino anch’esso arricciato attorno al seno che era parzialmente scoperto. Scarpe con il tacco, ma non esageratamente alto e i capelli raccolti all’indietro con uno chignon tirato verso l’alto e fermato con un fermacapelli a forma di farfalla multicolore. Il trucco leggero, e le unghie delle mani e dei piedi laccate di rosso, era il completamento del suo abbigliamento.

Fu una serata piacevole, lei era entusiasta del tipo di ristorante dove l’avevo portata e in special modo dell’ottima qualità del cibo proposto. Uscimmo verso le ventitré dal locale e ci appartammo in macchina lungo un viale alberato. La baciai appassionatamente, lei ricambiò abbracciandomi, accarezzando la mia nuca e pettinandomi i capelli con le sue dita affusolate. Scivolai con la mano sinistra sotto al suo vestito, mi allontanò un paio di volte la mano, ma alla terza volta, mi lasciò arrivare fin a sfiorarle le mutandine. La sentii illanguidirsi e lasciarsi andare, superai con le dita il sottile tessuto e fui a stretto contatto con la sua umida intimità. La sua mano mi accarezzava il pene da sopra i pantaloni, mi sollevi da lei e mi sedetti comodo al mio posto. Adele venne dalla mia parte, mi baciò sulla bocca, poi scivolò con il viso sul mio torace e scese ancora più in basso. Mi slacciò la cintura dei pantaloni, fece scendere la zip ed aprì la patta per bene, da sopra le mutande lo strinse con forza fra le dita come a volerne tastare la durezza, poi la sua mano si fece spazio sotto l’elastico dello slip e me lo scappellò piano piano, quindi la sua calda bocca si impossessò del mio membro e cominciò a spompinarmelo in modo divino. Le carezzavo la testa spingendola verso il basso per farmelo ingoiare a fondo.
Ad un certo punto la spostai, lei comprese le mie intenzioni e si mise seduta al suo posto, premetti il pulsante dello schienale elettrico e lo feci scendere fino in fondo, le fui sopra, non le tolsi nemmeno le mutandine, gliele spostai solo da una parte e poi lo infilai fino in fondo in un sol colpo. La scopai fino a farla urlare di piacere e quindi le inondai la figa di sborra.
Wow, che felicità, nonostante gli angusti spazi, era stata una scopata memorabile !!
Dopo averla accompagnata a casa e salutata dolcemente, pensai che in tutta questa foga amorosa, non le avevo ne visto ne toccato le tette. Andai poi un giorno a casa sua a prenderla e lei inaspettatamente mi fece salire. L’alloggio era piccolino, due camere cucina e bagno. L’arredamento era datato e parecchio fatiscente, le poltrone rivestite di stoffa consumata e il tavolo della cucina con uno spessore sotto ad una gamba.
Compresi che la situazione economica non era delle migliori e tentai ancora di offrirle il mio aiuto.
Mi disse alcune volte di no, poi quando io estrassi il mio libretto di assegni e gliene staccai uno da duemila euro lei lo accettò ringraziandomi a non finire. Conobbi in quella occasione anche sua figlia. Ragazza carina, appena diciottenne, vestita con i jeans e una maglietta attillata, molto aperta e con le risposte pronte.
Poi successe una cosa che cambiò radicalmente la situazione. In pratica il padrone di casa le aveva sfrattate per morosità. Mi offrii di pagare io gli affitti che erano rimasti insoluti ma il proprietario non volle sentir ragione. In breve invitai madre e figlia a stabilirsi da me. Io vivevo in una villa sulla collina della città, posta in una posizione dominante, dal quale terrazzo si poteva osservare l’intera città. Avevo la piscina, il giardino e un grande parco antistante. L’interno era formato da un enorme salone al pian terreno, a fianco del quale c’era la cucina e un salottino dove erano installati tutti gli apparecchi tecnologici esistenti. Quattro camere da letto, ognuna con all’interno il proprio bagno personale e un paio di bagni distribuiti lungo il corridoio. Una cantina con la mia collezione di vini pregiati e al piano sottotetto una graziosissima mansarda completamente arredata.
Adele volle tentare di andare in affitto da qualche altra parte, ma poi sentiti gli importi ci rinunciò e accettò di buon grado di venire a stabilirsi da me.
Quando entrò per la prima volta in casa mia vidi i suoi occhi sorridere, mi sembrava un bambino in un negozio di giocattoli. Anche Lisa, la figlia, era entusiasta, specie dopo che le dissi di andare su in mansarda per vedere se le piaceva il posto dove avevo pensato di assegnarle. Scese dopo dieci minuti e mi corse incontrò e mi abbracciò!!! La sentii commossa e mi accorsi che piangeva di gioia. In pratica la mansarda era un piccolo alloggio solo per lei. Arredato moderno con colori pastello alle pareti, con il televisore quaranta pollici, stereo e tutti gli accessori. Una cucina, un bagno e un salottino completavano l’ambiente. Adele girò la casa, inebetita, pareva Alice nel paese delle meraviglie. Mi abbracciò anche lei e quando Lisa non vedeva mi baciò appassionatamente sulla bocca.
La prima sera, dopo che Lisa salì nella sua mansarda, noi ci chiudemmo in camera mia e finalmente la vidi completamente nuda. Che figa!!! Una statua di calda carne, le forme lievemente opulente come piacevano a me, il seno voluminoso miracolosamente sodo e alto, le cosce, il culo da morirci dietro e il suo viso da porcellina vogliosa mi facevano impazzire. Mi spogliai anch’io e cominciai a leccarle la figa, sentii sulle mie papille gustative il sapore agrodolce della sua vagina, mi gustai i suoi umori come se fossi alla fontana a dissetarmi. Poi la penetrai, lo feci nella classica ma intramontabile posizione del missionario, la feci poi girare, il suo culo maestoso mi faceva esplodere il cervello dal desiderio. La penetrai in figa, saggiando con un dito l’apertura posteriore, la sentii gemere e compresi che forse avrebbe accettato di farsi sodomizzare. Poi vidi il suo culo setacciare qua e là, il suo tono di voce salire di volume, la sentii venire come una tempesta, come un uragano impazzito, fin quando si placò ed io mi tolsi lo sfizio di sborrarle sulle chiappe e sulla schiena con lunghi e abbondanti getti.

Qui ha inizio una storia con i contorni diversi, più ignobili e spregevoli che si possano definire.
Restai solo un pomeriggio con Lisa, mentre Adele andò dal parrucchiere.
La ragazza mi raccontò di essere la figlia di Adele ma di non conoscere suo padre in quanto lui, l’eroe, le aveva abbandonate poco dopo la nascita di Lisa…….

‘Sai per la mamma è stato il secondo abbandono da parte di un uomo…..’

‘Ah, va beh, ma quest’ultimo sapeva che era incinta ed ha saputo che aveva comprato te, quindi è stato un gran bastardo…’

‘Si, ma anche l’altro l’ha lasciata sola con in pancia un bambino….’

‘Ah, hai un fratello?’

‘Si ma non lo conosco….’

‘Come mai???’

‘Perché la mamma, dopo il parto, l’ha dovuto abbandonare in un orfanotrofio, sai, non poteva mantenerlo….’

‘Cavoli, che sfiga!!! Va beh, adesso le cose vanno meglio no?? Ci sono io e ormai noi tre formiamo una vera famiglia vero???’

‘Si tu sei un angelo caduto dal cielo!!’

Il discorso terminò lì, non dissi nulla ad Adele di quanto raccontatomi da Lisa e per evitare problemi cercai sempre di non cadere mai su quel discorso imbarazzante per lei.
Un giorno, a casa dei miei genitori, successe un fatto che mi diede da pensare.
Ero andato a trovare mio padre che non stava molto bene, ero così abituato a vederlo alla sua scrivania in azienda che quando non lo vedevo per un giorno sentivo la necessità di andarlo a trovare. Mentre io entravo in casa usciva il medico curante dalla camera dei miei…………

‘Oh, buonasera dottore, tutto bene???’

‘Si, buongiorno Giuliano, tutto ok. ‘

Poi abbassando la voce mi disse:

‘Purtroppo è suo padre che non va per niente bene’

‘Che cos’ha papà???’

‘Il suo cuore è a pezzi e data l’età avanzata non è consigliabile nemmeno tentare un trapianto, quindi credo che non gli resti molto da vivere, lei e sua madre statele vicino……’

Mio padre morire??? Non avevo mai messo in preventivo che a mio padre potesse succedere di morire. Rimasi lì sulla porta, titubante e sconcertato dalla notizia.
Entrai in camera dei miei e sforzandomi d’essere come sempre allegro e pimpante, salutai mia madre e mio padre………

‘Ehi pà, mi ha detto il dottore che fra un paio di giorni sei guarito…….’

‘Già, speriamo dai…… Senti io e la mamma ti dobbiamo parlare…….’

‘Ditemi pure…..’

‘Non so come cominciare Giuliano, ma credo che sia venuto il momento che tu sappia la verità…….. ‘

‘Di che verità si tratta???’

‘Tu sei…… come dire…….. sei nostro figlio……… adottivo……….’

Rimasi sbigottito e impietrito, io li avevo sempre conosciuti come i miei genitori naturali ora, dopo così tanti anni, mi rivelavano d’essere stato da loro adottato.
Mi spiegarono di non avermelo mai detto per non creare problemi, ma che oggi, vista la salute precaria di papà, avevano deciso di mettermi al corrente della situazione.
Non me la sentivo di rimproverarli, loro erano stati per me i miei veri genitori, li amavo come se il loro sangue fosse uguale al mio e comunque dopo i primi attimi di confusione mentale, li abbracciai stretti e dissi loro che per me non cambiava niente e che loro erano a tutti gli effetti mio padre e mia madre.
Seppi anche da quale orfanotrofio mi avevano prelevato e un giorno volli approfondire e andai a cercare notizie per sapere chi erano stati i miei genitori naturali.
Come spesso succede in Italia, bastò pagare e una impiegata dell’Istituto per gli orfani, mi fece consultare i vecchi schedari. C’era scritto che ero figlio di padre ignoto e che mia madre si chiamava A4E10E. Avevo speso duecento euro per niente. Una sigla, al posto del nome e nessun cognome. Le schede originali, mi disse l’impiegata, sono chiuse a chiave nella cassaforte della direttrice.
Mio padre morì circa un mese dopo e ai funerali parteciparono fra gli altri anche Adele e Lisa. Loro ormai erano come una moglie e una sorella. Ci comportavamo come una famiglia e devo dire che entrambe mi trattavano come un vero Re.
Una notte, verso le due, eravamo a letto e Adele si girava e rigirava nel letto, la svegliai e lei mi disse d’aver sognato che faceva l’amore con me. Perché sognare ciò che si può fare dal vero? Io ne avevo una gran voglia e pure lei, ma questa volta fu diversa dalle solite scopate. La presi in diverse posizioni, sopra io, sopra lei, la carriola, a pecorina……….
Poi quella sera mi prese il ghiribizzo e mi allontanai per pochi attimi con la scusa di andare in bagno, presi dal frigorifero un bel pezzo di burro e tornai in camera. La feci rimettere a pecorina, la sentii lamentarsi e domandarmi cosa stessi facendo quando le spalmai sul buco del culo il burro freddo e poi mi misi dietro e glielo spinsi dentro. Per amore sopportò la dolorosa intrusione, si lamentò mi disse che non potevo, che le faceva un sacco male, ma non mollai di un centimetro, continuai a spingerglielo dentro fino alla radice. La inculai per bene e riuscii persino a farla godere titillandogli il clitoride con un dito. Le riempii le viscere di sborra e poi entrambi esausti ci addormentammo.
La chiave di tutto fu ancora una volta Lisa; una sera verso le ventuno, dopo cena, Adele si guardava nel salone la tv e Lisa se ne stava seduta sul divano nel salottino a fare le parole crociate………

‘Lisa, vuoi che ti aiuti, guarda che io sono bravissimo con le parole crociate……’

‘Si, dai Giuliano, siediti qui vicino a me………’

Nell’aiutarla a riempire gli schemi, ad un certo punto mi venne un lampo.
Pensai al nome cifrato che avevo letto sulla mia scheda all’orfanotrofio e mi sentii svenire.
A4E10E ‘ A più la quarta lettera dell’alfabeto faceva AD più la E faceva ADE più la decima lettera dell’alfabeto faceva ADEL più la E il risultato finale era: ADELE. Cazzo!!!!
Adele poteva essere mia madre!!!! No, forse era solo la mia fervida fantasia che aveva elaborato questo perverso teorema!!!

‘Che ti succede Giuliano??? Sei impallidito!!! ‘

‘No, niente è la pressione bassa, un lieve giramento di testa…..’

Il giorno dopo raccolsi un capello di Adele dalla federa del letto e lo misi in una bustina di nylon, quindi me ne strappai qualcuno a me e li portai in un laboratorio medico per farli analizzare. Dal DNA sarebbe venuta fuori la verità. Dopo quindici giorni, andai a ritirare gli esiti. Febbrilmente aprii la busta e lessi: DNA=COMPATIBILITA’ AL 99,99 % –
Porca puttana!!!! Adele era mia madre!! La donna che avevo scopato, inculato, che le avevo leccata la figa, dalla quale mi ero fatto spompinare il cazzo sborrandole in bocca, con la quale avevo fatto di tutto e di più era mia madre!!!!!

Che cazzo dovevo fare adesso???? Rimasi in macchina seduto con le braccia abbandonate come se il mondo mi fosse caduto addosso. Ma io Adele la amavo, mi piaceva, mi faceva godere come un matto, era la mia donna, dico donna con la D maiuscola!!! Poi stracazzo, Lisa, Lisa era mia sorella, cazzoooooo !!!!!!

Andai a casa e per un po” di tempo non ebbi il coraggio di scopare con Adele, insomma con mia madre…. Poi una sera, non riuscii a ragionare e facemmo nuovamente l’amore.
Bello, bellissimo, quella donna mi aveva stregato eppure era mia madre!!!

La mia vita continuò su quei binari ma un giorno Lisa mi disse……………

Continua…….

Buon sesso a tutti da parte di ombrachecammina

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