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Racconti Erotici Etero

FERRARI

By 15 Febbraio 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Correva la sua corsa di fuoco.

Tuffata nella pista, baciava la velocità.

A tratti, i fari si accendevano e si spegnevano, come visioni di brivido.

Era il piacere, sì, il piacere, a correre su quelle ruote incandescenti, travestito da bolide senz’anima. Faceva quasi paura.

Avrebbe potuto farne a tutti, ma non a me.

La contemplavo da un angolo della pista con i binocoli sportivi. Era come se corressi con lei, era come se sfrecciassi con lei a mille allora. Il rombo era tanto forte che quasi assordava. Pareva un boato.

A volte, la guidavo di persona.

La persona a cui apparteneva era mio parente, che non di rado me la prestava, e ci facevo un giro.

Allora, mettevo i begli occhiali da sole a specchio, i guanti per la guida sportiva, il cappellino con la visiera, ed era uno spasso.

Comunque, dovete sapere che il pilota di cui vi parlo era un appassionato di Ferrari. Voleva provare tutti gli ultimi modelli. Amava i bolidi mozzafiato.

E li provava sulla nostra pista segreta, dove, la domenica pomeriggio, si facevano le gare.

Lui, però, non aveva gareggiato mai. Non amava la competizione con gli altri. Desiderava competere soltanto con se stesso.

Alla fine delle prove, gli andai incontro. E gli andò incontro anche la sua ragazza, con un mazzo di fiori in mano, per rendere omaggio al suo pilota.

Non avevo mai visto nessuno guidare la Ferrari come lui. Nessuno sapeva portarla meglio. Era un asso del volante, devo ammetterlo. E aveva i capelli color fuoco, come la carrozzeria delle auto che amava.

Il pilota si tolse il casco.

Caspita, per un attimo avevo dimenticato che quell’asso del volante era una donna. E i suoi lunghi capelli color porpora, di cui vi ho parlato, volarono nel vento.

La mia cara cugina era ancora più bella del solito dopo le sue corse. La velocità la rendeva favolosa.

– Prendiamo un drink? ‘ mi diceva, spiritosa.

Non le dicevo di no.

E mi venivano in mente le mille e mille volte che avevo guidato una di quelle macchine.

Erano fatte per portare a spasso le donne.

E io vi avevo ospitato le più belle della città, quelle con i capelli biondi o mori, rossi o castani, che sembravano quelli di una bambola, quelle con le gambe lunghe e carnose, velate da calze a rete, che tanto facilmente mostravano quando salivano a bordo, reggendosi con una mano la gonna attillata che scendeva fino a poco sopra il ginocchio.

Avevo anche scopato su una Ferrari.

E l’avevo fatto molte volte, a cento all’ora, con le ragazze più belle, mentre il mio autista ci guardava.

Perdonate la mia franchezza! Era fantastico, l’orgasmo a bordo di quel bolide non si poteva descrivere.

Spesso erano le mie donne a chiedermi di farlo sulla Ferrari.

E mi mostravano i loro corpi sinuosi, per invogliarmi, facevano scorrere la bella mano sulle curve mozzafiato.

Pareva che quei sedili di pelle fossero fatti apposta per soddisfare i desideri inconfessabili. Erano desideri che soltanto i più fortunati potevano realizzare.

E si assaporavano baci di fuoco, lo stesso colore che avvolgeva la mitica testarossa, si provava il brivido della velocità, mescolato alla passione.

Le mie amanti mi chiedevano di rifarlo ancora, ancora, e ancora.

A volte, le portavo sulla pista, e correvo a duecento all’ora con loro al mio fianco. Era indimenticabile.

Ma voi, non fatelo mai. Sono le sensazioni dell’impossibile, quando &egrave sfiorato dalle labbra del pericolo.
E accarezzavo languidamente i lunghi capelli di mia cugina, il bel pilota di cui vi ho parlato, dalla chioma nascosta nel casco della Ferrari.

La vedevo sorridere, mentre le chiedevo, a proposito del suo ultimo modello:

– Allora, me la fai provare?

Forse, lei aveva frainteso, aveva capito tutt’altra cosa, perché mi aveva preso la mano, e me la andava stringendo forte, quasi avesse voluto abbracciarmi.

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