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Racconti Erotici Etero

Per mano nel mondo dei grandi

By 6 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Anche se la mia generazione ha respirato il vento fresco dellanticonformismo lingresso nel mondo dei grandi per un ragazzo di una famiglia contadina negli anni settanta aveva ancora delle piccole usanze, come ad esempio il primo vestito su misura cucito dal sarto ( o sarta ) di paese che normalmente coincideva con la prima cerimonia importante che poteva capitare, naturalmente dopo la maturità: non quella scolastica e neanche anagrafica ma bensì quella soggettiva ( dei genitori ). Per me loccasione si presentò appena compiuti i 18 anni quando un giorno arrivarono le partecipazioni al matrimonio della nipote di mia madre, per fine Agosto di quellanno. Levento era di quelli solenni che richiedeva uneleganza adeguata e così, dopo una veloce ricognizione nello scarno guardaroba di famiglia, fu deciso che per me era arrivato il momento di un vestito tutto nuovo, per il resto della famiglia poteva andar bene il disponibile.
Il mercato settimanale fu la prima tappa per scegliere la stoffa, mia madre volle che laccompagnassi (come se il mio giudizio fosse vincolante). Ci presentammo al banco dellambulante di fiducia dove si poteva scegliere tessuti di primordine trattando un buon prezzo. Dopo aver stropicciato diverse stoffe, provato il colore alla luce del sole e poi addosso a me, decidemmo per un tessuto fresco di lana beige. Non volli metter bocca nella trattativa perché un po mi vergognavo della caciara che ne venne fuori e poi, sinceramente, quel fresco pur sempre di lana non mi convinceva per un abito da mettere nel mese dAgosto, sicuramente torrido. Abbozzai pensando che in seguito sarebbero venuti mesi più freschi.
Fatta la scelta della stoffa passammo alla seconda fase: la cucitura. La mia famiglia si serviva (per quel poco che poteva permettersi) da una signora che abitava nel nostro paese da qualche tempo e aveva organizzato una piccola sartoria nellappartamento dove viveva. Da quello che mia madre ci aveva raccontato la signora Antonietta veniva da una famiglia di sarti napoletani e fin da piccola era vissuta tra ago e filo, da ragazza conobbe un questurino e si sposò lasciando il laboratorio di famiglia per seguire i trasferimenti del marito, in seguito una brutta malattia gli impedì di avere figli e così la passione per il cucire divenne la sua ragione di vita. Quando si trasferirono nel nostro paese in breve tempo lei ebbe modo di palesare le virtù sartoriali dellantica tradizione partenopea, unitamente ad una gentilezza propria, che in breve gli fece guadagnare la stima delle donne del posto.
La signora abitava al primo piano di un piccolo condominio appena fuori dal centro storico, era un palazzo di edilizia popolare di un colore chiaro quasi accecante al sole di quella mattina di primavera inoltrata. Quando mia madre suonò al portone dingresso era quasi mezzogiorno e salendo le scale ci accompagnò un mix di profumi del pranzo ormai prossimo. Sul pianerottolo la signora ci aspettava con un bel sorriso e una vestaglia da lavoro rosa a fiorellini sbiaditi. Era una donna di circa 40anni, un bel viso solare con gli occhi scuri, illuminati da una dolcezza materna che rispecchiava tutta la sua figura. Entrati in casa ci accompagnò nella sua stanza da lavoro che odorava di stoffe e caff&egrave in unapparente disordine dove probabilmente tutto era al suo posto. Mia madre venne subito al dunque: aprì la borsa della spesa mostrando la pezza appena comprata, mi indicò spiegando (quasi a volersi giustificare) che pur essendo io ancora un ragazzino voleva regalarmi quellabito perché facessi bella figura al matrimonio della nipote. Antonietta mi guardò con unespressione complice come si può guardare un giovanotto che la mamma vede ancora bambino, fece i complimenti per la stoffa confermando la buona riuscita dellabito. Per le misure sarei dovuto tornare nel pomeriggio perché era lora di pranzo e il marito sarebbe rientrato a momenti.
Puntuale allora stabilita quel pomeriggio tornai a casa di Antonietta, mi aprì il portone di ingresso e salii le scale di corsa, era ad aspettarmi davanti alla porta dellappartamento con la sua vestaglia rosa e il sorriso luminoso. Mi fece strada fino al suo piccolo regno passando davanti alla porta della cucina dove il marito in divisa stava prendendo il caff&egrave, lo salutai ma non rispose, lei mi chiese un attimo di pazienza lasciandomi solo nella stanza. Dopo un po sentii che lui usciva chiudendo forte la porta, Antonietta ricomparve con unespressione accigliata ma che svanì in un attimo appena si accorse che la guardavo. Mi fece mettere alla luce della finestra prima di cominciare a censire la mia figura. Pensavo che stare lì impalato fosse noioso, mi accorsi invece che era piacevole guardarla assorta nel prendere le misure che poi venivano annotate su di un libretto nero accanto alla macchina da cucire. Mi piaceva la sua presenza, lodore del suo corpo mischiato ad un leggero profumo di rosa, i suoi occhi scuri così vicini da immaginarci il passato, il solco del seno generoso e morbido. Tutto questo, a poco, a poco mi avvolgeva lanima e la fantasia, mi faceva star bene. Sei proprio un bel ragazzo, con labito nuovo sai quante ti correranno appresso. Disse per entrare in confidenza nel suo dialetto ormai diluito. Spero succeda anche con i jeans. Risposi sorridendo. Infranto quellargine di riserbo il dialogo divenne spontaneo, cominciammo a parlare del più e del meno, delle nostre giornate, del paese troppo piccolo e riservato, del suo rammarico di sentirsi sola in casa e fuori, la nostalgia dei colori di Napoli ed infine la confidenza di momenti difficili vissuti nellindifferenza degli altri. Pensieri malinconici raccontati in modo leggero, abilmente nascosti da una facciata luminosa. Io ascoltavo in silenzio non avendo parole adeguate da dire a quella donna delusa.
Pur avendo un aspetto da uomo era comunque un ragazzo, con il pregio dellinnocenza presa per mano dalla voglia di sapere, probabilmente fu questo a trasmetterle fiducia, per sollevare il velo su una femminilità travagliata e forse mai vissuta.
Il giorno aveva i suoi tempi, le nostre confidenze vennero interrotte dal campanello di casa che avvertiva larrivo di un altro impegno. Prima di salutarci mi dette lappuntamento per la settimana successiva, alla stessa ora per un riscontro delle misure. Mi lasciò con uno sguardo affettuoso e poi una carezza che non scorderò campassi centanni.
Il tempo scorre a seconda dei desideri e per me quella settimana fu lentissima. Quando arrivò il giorno stabilito mi resi conto di aver pensato a lei tutto il tempo, senza unimmagine precisa, seguendo limpulso naturale delladolescenza.
Arrivai al portone di Antonietta in anticipo, il cuore cominciò a battere appena la vidi sul pianerottolo che mi aspettava. Aveva una veste chiara, abbottonata sul davanti, che dava merito ad una figura ben fatta. I capelli sciolti e un filo di trucco (che volli illudermi avesse messo per loccasione). Quando entrammo in casa guardai verso la cucina e vidi che il marito non cera.
La finestra della sua stanza era socchiusa sullombra di un cortile da dove scorreva un alito daria fresca, mi lasciò un attimo da solo per ritornare tutta felice con una caraffa di caff&egrave freddo e due bicchierini. Mi disse che era un caff&egrave alla napoletana bello denso fatto la mattina e messo a raffreddare. Dopo averlo assaggiato chiesi cosa fosse quellaroma indefinito che addolciva il caff&egrave, con orgoglio mi svelò il segreto di una goccia di liquore allamaretto che ogni tanto metteva.
Dopo il caff&egrave iniziammo il riscontro delle misure, prima per la giacca: le spalle, braccia, ecc. Dopo passammo ai pantaloni: i fianchi, le gambe e il cavallo. Per far questo dovette mettersi in ginocchio proprio davanti a me e in quella posizione, dal bottone aperto della vestaglia, potevo insinuare lo sguardo fin dentro il solco del seno, che mi sembrava enorme rispetto alle poche esperienze vissute. Un bel seno grande e rotondo, fonte di chissà quanti sogni proibiti che adesso avevo a pochi centimetri da me. Guardare quel petto di donna matura mi eccitava così tanto che dopo un po i jeans attillati cominciarono a gonfiarsi proprio davanti ai suoi occhi, più cercavo di distrarmi più lui cresceva, più lui cresceva e più aumentava il mio imbarazzato: sarei voluto scappare, sotterrarmi dalla vergogna. Lei inizialmente fece finta di nulla poi, quando la situazione si fece troppo evidente, sollevò la testa e con un sorriso mi disse: Questo &egrave uno dei regali più belli che un uomo può fare ad una donna, non ti devi vergognare. Non dissi niente mentre il sangue mi arrivava alla testa dallimbarazzo, rimasi fermo nella mia condizione fino a quando sentii il dito di lei appoggiarsi alla base del mio gonfiore e, piano, piano seguire tutta la lunghezza della mia erezione da sopra i pantaloni. Quando arrivò in cima si soffermò a massaggiarmi la cappella dapprima solo con il polpastrello e poi con tutto il palmo della mano, muovendola su e giù piano, piano. Luccello era ormai arrivato al limite della cintura, imprigionato tra la pelle del bacino e la pressione della sua mano. Lei in ginocchio davanti a me continuava ad eccitarmi seguendo il ritmo del mio respiro, sempre più veloce, fino a quando un brivido mi prese tutto il corpo insieme ad un gemito: i primi fiotti di sperma arrivarono fin sopra i pantaloni imbrattandomi la maglietta. Antonietta mi appoggiò il viso sullinguine stringendomi con le braccia attorno alla vita, aspettando gli ultimi sussulti di piacere. Non so per quanto tempo siamo rimasti così: lei in ginocchio allacciata ai miei fianchi, io in piedi con gli occhi chiusi e le mani tra i suoi capelli umidi di sudore. Poi si fece coraggio e lentamente si alzò in piedi, mi abbracciò appoggiando la testa sulla mia spalla senza il coraggio di guardarmi negli occhi, si lasciò andare ad un pianto sommesso, liberato con pudore come se io non dovessi sentire. Gli scansai i capelli per guardarla ma lei non volle, si staccò da me in modo brusco:Sono una pazza disse, non so cosa mi succede mio marito ci ammazza tutti e due, anzi: ammazza me, tu potresti essere mio figlio. Ero senza parole e senza pensieri, in quel momento il protettore degli amanti mi venne in soccorso mettendomi sulla bocca una frase che avevo letto e che sul momento salvò la situazione: Mi hai fatto provare un motivo per vivere, questo mi basta. Vorrei che per te fosse uguale. Gli dissi quasi in un respiro. Girò la testa e mi guardò seria, stette un attimo poi scoppiò a ridere con gli occhi ancora bagnati dal pianto, tornò ad abbracciarmi con impeto, allorecchio mi disse: Tu non sei un ragazzo, sei un uomo. Risposi stringendola forte. In quel momento capii che non era finita lì.
Quando mi accompagnò alla porta era unaltra persona, era tenera, confusa, la sentivo molto vicina a me e alla mia età come se ci conoscessimo da sempre. Quella volta a salutarmi non fu una carezza ma un piccolo bacio sulla guancia molto vicino alla bocca. Ci vediamo la prossima settimana alla stessa ora. Dissi scappando giù per le scale per non sentire la risposta.
Per strada camminavo ad un metro da terra con la testa vuota e il cuore pieno di energia, avevo un solo cruccio: ma perché avevo detto: tra una settimana, potevo dire: domani!?
Poi tutto un botto ritornai per terra al pensiero del marito ( poliziotto = pistola = mio marito ci ammazza tutti e due: una equazione da brividi! ).
Per tutta la settimana pensieri erotici si alternarono a scenari drammatici, arrivando perfino a maledire la troppa grazia ricevuta, ma in quei frangenti potei testare la fermezza del mio impulso passionale: sarei andato alla guerra pur di rivedere Antonietta.
La stessa delusione che si prova quando un grande evento preparato con cura viene rimandato allimprovviso la ebbi il giorno stabilito, quando andai a suonare al campanello e non rispose nessuno: lei non cera. Ricordo di aver gironzolato nelle vicinanze per tutto il pomeriggio come un infelice, con la speranza che fosse di ritardo, quando arrivò sera dovetti ritornare al mio cantone con lanimo inquieto. Fu mia madre a darmi una flebo di vita quando il giorno successivo, tornando a casa, mi disse che Antonietta mi voleva vedere quel pomeriggio stesso per controllare le misure per il vestito. Se il cielo avesse avuto un tetto ci sarei andato a sbattere per i salti gioia.
Ricordavo allincirca lora che il marito usciva e così ritardai quel tanto che ritenni opportuno per presentarmi alla porta di lei. Limbarazzo era reciproco e questo lo capii appena la vidi in cima alle scale, labituale sorriso era una versione artefatta dalla sua timidezza. Prima che la raggiungessi si ritirò dentro la porta di casa come a nascondersi da occhi indiscreti, entrai impacciato. Fu lei a prendermi per mano e portarmi nella sua stanza da lavoro dove gia potevo distinguere il suo profumo mischiato a quello delle stoffe e del caff&egrave.
Ricordo di aver paragonato da sempre il suo il viso allIrene di Bouguereau, un dipinto visto e rivisto in quei giorni sullenciclopedia di casa: i capelli neri e ricci avevano risalto sulla pelle chiara e il corpo aveva quella morbidezza accogliente di una femminilità daltri tempi.
Appena entrati lei chiuse la porta della stanza, seguendo un impulso di intimità, per poi tornare di fronte a me. Sul viso aveva una dolcezza infinita e forse una certezza: accompagnarmi per mano nel mondo dei grandi. La stessa vestaglia dellultima volta e lo stesso bottone slacciato che dava su quel bel seno maturo, lontano da ogni mia più rosea aspettativa. Guardandomi fisso negli occhi, senza dire una parola, mi prese le mani e lentamente le sollevò facendole scorrere da sopra la vestaglia lungo i suoi fianchi fino ad appoggiarle sul petto che mi fece stringere piano. Non potevo credere di essere lì, a toccare quel frutto proibito, affondare le dita su quei grossi cuscini morbidi (magari non troppo forte perché poteva essere un sogno e tutto poteva svanire).
In silenzio cominciò a guidare le mie carezze, ancora acerbe, su tutta la rotondità del seno. Mi aiutò a prenderlo nelle mie mani, quasi a soppesarlo, a sollevarlo come fossero due coppe da innalzare ai mie occhi. Unofferta di un bene prezioso non solo carnale. Accompagnò le mie dita sui capezzoli che da sopra la vestaglia sentivo turgidi, sospirando ad ogni carezza più intensa.
Con gli occhi socchiusi cominciò a muovere il ventre contro al mio, a strusciarsi lentamente sopra luccello gonfio, muovendosi come se mimasse un amplesso, sempre più eccitato. Si fermò un attimo, forse era unultima esitazione per non bruciare un evento bello da ricordare, un momento che aveva immaginato per se e come io avrei dovuto viverlo. Mi aiutò a togliere la maglietta accarezzandomi il petto, le spalle e il viso, poi dietro la nuca intrufolandosi tra i capelli. Il suo sguardo aveva una dolcezza rassicurante, si avvicinò lentamente per appoggiare un piccolo bacio sulla punta del naso, sui bordi della bocca ed infine sulle labbra, tanti piccoli baci insieme al tepore del suo respiro mi accolsero in quellindole femminile vogliosa daffetto. Seguì un bacio dolcissimo che esperienze diverse resero ingenuo. La punta della lingua entrò a cercare la mia per giocarci un po man mano che limpeto diventava passione mischiando i respiri, mise mano ai bottoni della vestaglia cominciando ad aprirli, uno ad uno, liberandosi da una costrizione durata troppo a lungo. Fece emergere dapprima la pelle chiara delle spalle, poi i seni grandi ancora chiusi dentro il reggiseno bianco che venne tolto subito dopo, liberando due mammelle rotonde e morbide con due capezzoli scuri in contrasto con la pelle quasi lattea. La sporgenza di quelle forme mi impedivano la vista sul resto del corpo, libero ormai dalle vesti che sentivo appoggiarsi a me. Quando mi abbracciò fu un brivido di piacere, sentire il calore della pelle, la tenera essenza femminile, la morbidezza del petto conto il mio. Mi venne voglia di fare tante cose in un solo momento, Antonietta anticipò ogni proposito raccogliendo il seno nelle sue mani per porgerlo alla mia bocca tenendo i capezzoli tra le dita, chinai la testa e scesi in mezzo a quella insenatura di pelle morbida, di un tepore che sapeva di panna, di casa, di suggestioni infantili impossibili da dimenticare.
In modo impacciato e goffo cominciai a leccare e succhiare i capezzoli come può fare un bambino che segue un istinto atavico, sotto la pelle sentivo i battiti del cuore insieme a respiri profondi mentre le sue dita tormentavano i miei capelli. Prima che il piacere prendesse il sopravvento mi sollevò il viso per darmi ancora un bacio poi mi prese per mano e mi accompagnò verso un vecchio sofà carico di stoffe e confusione, seguendola da dietro potevo vedere finalmente il suo corpo per intero con addosso soltanto le mutande bianche a coprire un bel … sodo proporzionato alle tette di cui sopra. Antonietta era una bella donna dalle forme mediterranee non ancora sgualcite dal tempo, una bellezza nascosta dalla semplicità che la femminilità rivalutava.
La nostra alcova improvvisata fu sgomberata in un attimo senza che il disordine esistente ne risentisse, si sedette lasciandomi in piedi davanti a lei, cominciò ad allentare la cintura dei pantaloni e poi a sbottonare i jeans che a malapena contenevano la mia erezione. Infine li aprì e in quellattimo si accavallarono mille pensieri realizzando che ero giunto al momento del non ritorno: non mi avrebbero aiutato le fantasie aggiustate di volta in volta alle masturbazioni, i vanti sessisti con amici imbranati e neanche le poche esperienze quasi rubate, la mia virilità adesso era allo scoperto davanti ad una donna che si aspettava un uomo e non una fantasia. Per mia fortuna dietro la serenità di Antonietta cerano tutte le risposte ai miei dubbi. Cominciò ad abbassare i pantaloni lentamente facendomi restare di fronte a lei con luccello dritto fuoriuscito per metà da quegli stupidi slip alla francese che usavano allepoca. Prima di abbassarli lo accarezzò per tutta la lunghezza poi, quando fu completamente libero, lo prese in mano e cominciò a masturbarmi piano e a leccarmi la cappella girandola tutta attorno con la lingua in un modo quasi infantile. Seguivo a tratti quello spettacolo al quale non ero certamente abituato, cercando di distrarmi per sopprimere lorgasmo impellente ma quando sentii il caldo della bocca avvolgermi tutto luccello e con la testa cominciò a muoversi avanti e indietro si ruppe quella diga così fragile, dopo un sussulto prolungato la inondai di sperma. Antonietta fece appena un gemito quando sentì il primo fiotto violento arrivarle in gola poi serrò le labbra attorno alla cappella per ricevere tutto quello che ne usciva. Le presi la testa tra le mani quasi a volerla penetrare ancora più a fondo mentre lei continuava ad ingoiare, con la mano scese tra le mie gambe per massaggiarmi le palle in modo da accompagnare gli ultimi spasmi dellorgasmo. Eravamo bagnati di sudore in quel pomeriggio di calura, la guardavo mentre succhiava luccello come se volesse assaporare le ultime stille di piacere. Man mano che si placava leccitamento aumentava la consapevolezza di non essere stato allaltezza, il rammarico per un orgasmo troppo veloce che non laveva fatta godere, come avevo immaginato o visto fare in troppi film osé. Rimasi immobile davanti a lei, svuotato e senza una parola. Fu Antonietta ad accorgersi di quanto fossi mortificato e si alzo in piedi, mi strinse con affetto quasi materno sussurrandomi allorecchio quello di cui avevo bisogno: Mi desideravi così tanto, vero? E una pazzia ma sono fortunata, sei dolcissimo. Con una carezza si staccò da me per stendersi sopra al sofà e mostrarmi interamente tutta la sua femminilità. In quella posizione assomigliava tanto alla Maya desnuda di Goya, magari con i seni più grandi, le mutande e tanta dolcezza in più. Mi fece posto in quel piccolo spazio e ci affidammo alle carezze e ai nostri sogni per non sentire il peso del reale, per conoscere lessenza della vita cercata in ogni centimetro di pelle e scoperta piano, piano come una parte nuova del creato. Restammo sospesi in quella dimensione fino a quando le tenerezze risvegliarono la passione e il desiderio, lei mi aiutò a sfilarle le mutande un po alla volta, districandoci tra i nostri corpi poi, come aveva fatto con i seni, mi prese la mano e laccompagnò su quel triangolo di peluria riccia e scura che copriva il sesso, mi fece scendere fino in mezzo alle cosce a sentire il caldo della … bagnata, appena le dita entrarono dentro a quella fessura lei ebbe un sussulto, seguito da un piccolo gemito, spalancò meglio le cosce candide e lisce per farmi scoprire ogni segreto di quellintimità. Mi fece soffermare a lungo su un piccolo rigonfio turgido del quale non conoscevo lesistenza ma che a lei provocava delle sensazioni forti, poi mi fermò un attimo: sul viso aveva unespressione serafica e maliziosa. Si tirò un po più su con il corpo mettendosi davanti al mio viso con le gambe aperte, mi appoggiò una mano tra i capelli e accompagnò la mia testa dove prima avevo le dita. Mi era capitato soltanto una volta di mettere il viso in quellanfratto e il profumo che ricordavo era quasi di vaniglia mentre ora il profumo sapeva di mare, forse di muschio, come quello del presepe a Natale. Strofinavo le labbra allinterno delle cosce, mordicchiandole, salendo verso il centro dellinguine. Con la mano le accarezzavo i fianchi, il ventre ed infine passai dietro ad accarezzare i glutei sodi e morbidi. Mentre la leccavo vedevo la vagina schiudersi e pulsare, emettere miele che imbrattava tutta la peluria riccia e scura. Mi spinsi con la lingua allinterno della fessura, poi nella parte più in alto dove ritrovai quel bottone turgido che prima avevo accarezzato, appena cominciai a succhiarlo delicatamente lo sentii irrigidirsi e le sue mani stringermi i capelli per non farmi smettere. Non so per quanto tempo sono rimasto in apnea tra le sue cosce ma la mia lingua stava provocando un qualcosa di importante, la sentii fremere e inarcarsi in modo convulso, il respiro affannato si trasformò in un gemito, poi un urlo anticipò una contrazione forte che imprigionò completamente la mia testa tra le gambe, il bacino ebbe un sussulto e allimprovviso dalla vagina uscì uno spruzzo che mi bagnò il viso di un liquido leggermente salato. Una sorpresa inaspettata per un ragazzo alle prime esperienze ( in seguito mi sono fatto più guardingo ).
Il regalo più bello lo ebbi quando si allentò la morsa e risollevai la testa guardando oltre il monte di Venere, la vidi sfinita in un abbandono totale con il viso nascosto tra i capelli scompigliati, bagnati dal sudore come tutto il suo corpo, le braccia inermi e i grandi seni a riposo sul petto. Tra le gambe divaricate i peli ricci, arruffati a piccole ciocche umide di umori scesi poi in una grossa macchia fin sopra il sofà. Nonostante i miei sensi fossero isolati dal resto del mondo, la mandibola anchilosata e il viso imbrattato mi sentivo un eroe vittorioso reduce da una campagna che avevo temuto persa.
Antonietta mi dava lopportunità di conoscermi, di conoscere il suo corpo e nel contempo mi insegnava il rispetto delluniverso femminile che adesso donava linfa e fiducia alla mia innocenza chiedendomi in cambio di cancellare in futuro certi pregiudizi machisti.
Raggiunsi il suo viso strusciando lungo il suo corpo, mi adagiai su di lei stando in mezzo alla sue gambe aperte, sentii un brivido di benessere. Luccello, che era rimasto grosso e duro, in quella posizione strusciava sullingresso delle piccole labbra, dopo un po lei cominciò a muovere il bacino facendo scorrere la cappella su tutta la vagina ancora umida, inarcò la schiena e con le mani si aggrappò ai miei glutei, mi tirò a se allargando completamente le cosce. Sentii la punta delluccello farsi largo in quella fessura bagnata e scivolare dentro fino ai testicoli. Mi sentii avvolgere dalle sue contrazioni e dalle gambe incrociate sopra la mia schiena, cominciai a muovermi avanti e indietro con forza, il viso immerso fra i grossi seni sudati che ondeggiavano sotto i miei colpi, le presi un capezzolo in bocca e cominciai a succhiarlo dolcemente, lei aveva la testa rovesciata da un lato con il viso coperto dai riccioli arruffati, gli occhi socchiusi assorti nel piacere segnato da un piccolo gemito ogni qualvolta immergevo luccello dentro di lei. Mi tirai su con il busto appoggiandomi sulle braccia tese per guardarla un po più dallalto (veder godere una donna credo sia una delle cose più belle della vita). Allimprovviso si aggrappò alla mia schiena con le unghie, sentii il bacino avere dei sussulti cadenzati poi un urlo anticipò lorgasmo. Sentivo i suoi umori bagnarmi i testicoli e scendere poi lungo le cosce. Rimase con braccia e gambe spalancate in un pozzo di sudore, mi chiese di fermarmi per riprendere fiato, lentamente si sfilò da me con unespressione stralunata, esausta. Senza dire una parola si rigirò su se stessa e si stese a bocconi come se volesse dormire. Rimasi a guardarla con tenerezza, sembrava proprio una bimba con i suoi capelli neri tutti scompigliati sulle spalle chiare, il solco della schiena che scendeva con una leggera fossetta fino a perdersi in mezzo a due belle mele rotonde, sorrette da due cosce piene e morbide da impazzire! Ero eccitatissimo, non sapevo star fermo, avevo ancora voglia del suo corpo, di accarezzarla, di prenderla, di venire dentro di lei. Al pensiero che soltanto qualche ora prima potevo solo immaginare quello che adesso stavo facendo mi dava unadrenalina pazzesca. Non ebbi riguardo della sua spossatezza, mi distesi piano sopra di lei e cominciai ad accarezzarle la schiena, i capelli, poi chinai le labbra sul collo baciandola con dolcezza fin dietro la nuca, poi feci scorrere la punta della lingua lungo la schiena umida, fino allinizio dei glutei dove appoggiai le mani per aprirli come una pesca matura, con la lingua mi fermai a leccare il buchino del … Lei cominciava a dare nuovi segni vitali inarcandosi e sollevando il … ogni volta che affondavo la lingua. Cominciai a massaggiare il buchino con la punta di un dito bagnato dalla saliva, sentivo che premendo si allargava un po alla volta, sembrava che Antonietta apprezzasse particolarmente questo nuovo giochino tanto che, quando il dito fu completamente dentro e cominciai a muoverlo avanti e indietro si sollevò in ginocchio per riceverlo meglio.
Se tutto questo era una suggestione dalla quale potevo anche svegliarmi, quello che stava per accadere era come entrare direttamente in una fantasia ricorrente, figurata fino ad allora soltanto per masturbarmi. Avere una bella quarantenne (sogno di ogni adolescente) disponibile a pecorina, mi fece venire luccello di pietra, talmente grosso che non lo riconoscevo.
Antonietta era in una trance di piacere che ormai andava al di là di ogni pudore e così provai ad osare linimmaginabile, prima che il sogno svanisse. Mi misi dietro di lei divaricandole bene le cosce, presi luccello in mano e lo strofinai sulla vagina bagnata, intingendolo bene, presi la cappella tra due dita e la puntai sul buchino del … Cominciai a premere delicatamente fino a quando iniziò ad entrare, lei ebbe appena un sussulto ma rimase ferma aspettando il resto. Vedevo la cappella farsi largo in quel bocciolo rugoso e scuro fino scomparire del tutto, quando lei sentì che ormai era entrato cominciò a spingere per farlo scorrere un po alla volta, soffermandosi ogni tanto chiedendomi di far piano. Entrò completamente facendosi spazio nella morsa dellorifizio anale. Lentamente cominciò a muoversi e roteare il bacino, a inarcarsi e spingere forte contro di me, la sentivo gemere con le mani aggrappate ai bordi del sofà. Lafferrai per i fianchi e cominciai a pomparla con forza, sempre più veloce, senza riguardo, lei gemeva di piacere e forse di dolore, ma quelluccello nel … la faceva impazzire.
Questa volta le sensazioni erano veramente troppo forti, la galoppata fu breve. Con una mano la presi per i capelli come fossero briglie tirandola a me, gli ultimi affondi in quel … stupendo, una fitta e un brivido su tutto il corpo la chiamai per nome e venni! La riempii di sperma a più riprese con dei sussulti prolungati che non finivano più, sentivo le contrazioni ritmiche dei muscoli anali, sempre più veloci, lei ebbe un tremito prolungato, quasi inarrestabile che le scuoteva tutto il corpo. Dopo un lamento si irrigidì allimprovviso un urlo rauco e uscì uno spruzzo violento che mi bagnò per lennesima volta. Un orgasmo sfrenato e lunghissimo che mi fece impressione.
Sdraiato sopra di lei esausto continuavo a sentire le pulsazioni dellanello anale sulluccello ancora dentro. Ricordo ancora il caldo di quella stanza dove ormai sudavano anche i pensieri e quellodore nuovo che adesso sapeva di noi. Dovetti sollevarmi per prendere aria, quando lo feci lei girò la testa dalla mia parte e con un sorriso di bimba felice mi chiese dove andassi: Da nessuna parte, le risposi.
Mi sedetti accanto a lei e cominciai ad accarezzarla dolcemente, la guardavo mentre si prendeva le coccole con gli occhi chiusi, come una micia sul canto del fuoco.
Stavo imparando che fare allamore ( bene ) ci fa diventare noi stessi, senza più domande o inibizioni.
Ritornato lentamente alla ragione ebbi un flash improvviso: ero in casa di un poliziotto nudo insieme a sua moglie bagnato come un pulcino. Devo essermi rabbuiato abbastanza se Antonietta mi chiese preoccupata cosa fosse successo. Lespressione del mio viso deve essere stata eloquente perché cominciò a ridere senza aspettare la risposta. Mi tranquillizzò: il marito era a Napoli e sarebbe rientrato il giorno dopo.
Ci rivestimmo ruzzando felici, lei indossò nuovamente la sua vestaglia senza mettere niente sotto visto che le mutande erano introvabili. Scoprii che soffriva terribilmente il solletico, quando la presi per i fianchi a sorpresa con la punta delle dita fece un sobbalzo e un grido divincolandosi. Dopo esserci rinfrescati mi accompagnò alla porta continuando a giocare, ridendo, dimentichi dell’ora e dellabito nuovo, motivo del nostro incontro.
Da quella volta non ho più avuto intimità con Antonietta, ci siamo rivisti nei giorni a venire per ultimare la confezione del vestito, sempre in presenza di mia madre oppure con il marito in casa, ogni volta era una tortura terribile ma credo che mai nessuno abbia avuto sospetti. Con me si comportava in modo naturale, quasi con distacco e questo mi dava una sofferenza terribile, come se avessi vissuto una realtà bellissima e il presente fosse un incubo.
Labito fu pronto molto prima del previsto e quando mia madre andò a ritirarlo per saldare il conto portò a casa una notizia che mi fece star male, davvero! Antonietta sarebbe tornata a Napoli di lì a pochi giorni, seppi che la cosa era programmata da tempo per un trasferimento del marito, in pratica il mio fu lultimo vestito confezionato prima di partire.
Per un certo periodo ho vissuto quasi distaccato dal mondo, che era diventato banale, distruggendomi dalle … Quando arrivò il giorno del matrimonio e del vestito nuovo rimasto incartato nellarmadio per tutto il tempo, senza aver mai pensato di provarlo. Quando lo indossai mi sembrava ancora più pesante del lecito, come se la tristezza fosse tessuta nella trama della stoffa, non potevo fare a meno di pensare che le mani che lo avevano cucito erano le stesse che avevano percorso ogni centimetro del mio corpo.
Avevo deciso di non mettere la cravatta ma soltanto una pochette rosa a fiorellini pensando a lei e alla veste che aveva la prima volta che la vidi, quando andai a metterla nel taschino sentii sul fondo un qualcosa che dapprima mi sembrò un bottone poi con sorpresa tirai fuori un confetto azzurro: era il suo piccolo regalo che aveva nascosto per me.
Lo avevo conservato per tutto questo tempo poi, alla fine di questo racconto, lho mangiato augurandomi che lei stia bene.
Anche se la mia generazione ha respirato il vento fresco dellanticonformismo lingresso nel mondo dei grandi per un ragazzo di una famiglia contadina negli anni settanta aveva ancora delle piccole usanze, come ad esempio il primo vestito su misura cucito dal sarto ( o sarta ) di paese che normalmente coincideva con la prima cerimonia importante che poteva capitare, naturalmente dopo la maturità: non quella scolastica e neanche anagrafica ma bensì quella soggettiva ( dei genitori ). Per me loccasione si presentò appena compiuti i 18 anni quando un giorno arrivarono le partecipazioni al matrimonio della nipote di mia madre, per fine Agosto di quellanno. Levento era di quelli solenni che richiedeva uneleganza adeguata e così, dopo una veloce ricognizione nello scarno guardaroba di famiglia, fu deciso che per me era arrivato il momento di un vestito tutto nuovo, per il resto della famiglia poteva andar bene il disponibile.
Il mercato settimanale fu la prima tappa per scegliere la stoffa, mia madre volle che laccompagnassi (come se il mio giudizio fosse vincolante). Ci presentammo al banco dellambulante di fiducia dove si poteva scegliere tessuti di primordine trattando un buon prezzo. Dopo aver stropicciato diverse stoffe, provato il colore alla luce del sole e poi addosso a me, decidemmo per un tessuto fresco di lana beige. Non volli metter bocca nella trattativa perché un po mi vergognavo della caciara che ne venne fuori e poi, sinceramente, quel fresco pur sempre di lana non mi convinceva per un abito da mettere nel mese dAgosto, sicuramente torrido. Abbozzai pensando che in seguito sarebbero venuti mesi più freschi.
Fatta la scelta della stoffa passammo alla seconda fase: la cucitura. La mia famiglia si serviva (per quel poco che poteva permettersi) da una signora che abitava nel nostro paese da qualche tempo e aveva organizzato una piccola sartoria nellappartamento dove viveva. Da quello che mia madre ci aveva raccontato la signora Antonietta veniva da una famiglia di sarti napoletani e fin da piccola era vissuta tra ago e filo, da ragazza conobbe un questurino e si sposò lasciando il laboratorio di famiglia per seguire i trasferimenti del marito, in seguito una brutta malattia gli impedì di avere figli e così la passione per il cucire divenne la sua ragione di vita. Quando si trasferirono nel nostro paese in breve tempo lei ebbe modo di palesare le virtù sartoriali dellantica tradizione partenopea, unitamente ad una gentilezza propria, che in breve gli fece guadagnare la stima delle donne del posto.

La signora abitava al primo piano di un piccolo condominio appena fuori dal centro storico, era un palazzo di edilizia popolare di un colore chiaro quasi accecante al sole di quella mattina di primavera inoltrata. Quando mia madre suonò al portone dingresso era quasi mezzogiorno e salendo le scale ci accompagnò un mix di profumi del pranzo ormai prossimo. Sul pianerottolo la signora ci aspettava con un bel sorriso e una vestaglia da lavoro rosa a fiorellini sbiaditi. Era una donna di circa 40anni, un bel viso solare con gli occhi scuri, illuminati da una dolcezza materna che rispecchiava tutta la sua figura. Entrati in casa ci accompagnò nella sua stanza da lavoro che odorava di stoffe e caff&egrave in unapparente disordine dove probabilmente tutto era al suo posto. Mia madre venne subito al dunque: aprì la borsa della spesa mostrando la pezza appena comprata, mi indicò spiegando (quasi a volersi giustificare) che pur essendo io ancora un ragazzino voleva regalarmi quellabito perché facessi bella figura al matrimonio della nipote. Antonietta mi guardò con unespressione complice come si può guardare un giovanotto che la mamma vede ancora bambino, fece i complimenti per la stoffa confermando la buona riuscita dellabito. Per le misure sarei dovuto tornare nel pomeriggio perché era lora di pranzo e il marito sarebbe rientrato a momenti.
Puntuale allora stabilita quel pomeriggio tornai a casa di Antonietta, mi aprì il portone di ingresso e salii le scale di corsa, era ad aspettarmi davanti alla porta dellappartamento con la sua vestaglia rosa e il sorriso luminoso. Mi fece strada fino al suo piccolo regno passando davanti alla porta della cucina dove il marito in divisa stava prendendo il caff&egrave, lo salutai ma non rispose, lei mi chiese un attimo di pazienza lasciandomi solo nella stanza. Dopo un po sentii che lui usciva chiudendo forte la porta, Antonietta ricomparve con unespressione accigliata ma che svanì in un attimo appena si accorse che la guardavo. Mi fece mettere alla luce della finestra prima di cominciare a censire la mia figura. Pensavo che stare lì impalato fosse noioso, mi accorsi invece che era piacevole guardarla assorta nel prendere le misure che poi venivano annotate su di un libretto nero accanto alla macchina da cucire. Mi piaceva la sua presenza, lodore del suo corpo mischiato ad un leggero profumo di rosa, i suoi occhi scuri così vicini da immaginarci il passato, il solco del seno generoso e morbido. Tutto questo, a poco, a poco mi avvolgeva lanima e la fantasia, mi faceva star bene. Sei proprio un bel ragazzo, con labito nuovo sai quante ti correranno appresso. Disse per entrare in confidenza nel suo dialetto ormai diluito. Spero succeda anche con i jeans. Risposi sorridendo. Infranto quellargine di riserbo il dialogo divenne spontaneo, cominciammo a parlare del più e del meno, delle nostre giornate, del paese troppo piccolo e riservato, del suo rammarico di sentirsi sola in casa e fuori, la nostalgia dei colori di Napoli ed infine la confidenza di momenti difficili vissuti nellindifferenza degli altri. Pensieri malinconici raccontati in modo leggero, abilmente nascosti da una facciata luminosa. Io ascoltavo in silenzio non avendo parole adeguate da dire a quella donna delusa.
Pur avendo un aspetto da uomo era comunque un ragazzo, con il pregio dellinnocenza presa per mano dalla voglia di sapere, probabilmente fu questo a trasmetterle fiducia, per sollevare il velo su una femminilità travagliata e forse mai vissuta.
Il giorno aveva i suoi tempi, le nostre confidenze vennero interrotte dal campanello di casa che avvertiva larrivo di un altro impegno. Prima di salutarci mi dette lappuntamento per la settimana successiva, alla stessa ora per un riscontro delle misure. Mi lasciò con uno sguardo affettuoso e poi una carezza che non scorderò campassi centanni.
Il tempo scorre a seconda dei desideri e per me quella settimana fu lentissima. Quando arrivò il giorno stabilito mi resi conto di aver pensato a lei tutto il tempo, senza unimmagine precisa, seguendo limpulso naturale delladolescenza.
Arrivai al portone di Antonietta in anticipo, il cuore cominciò a battere appena la vidi sul pianerottolo che mi aspettava. Aveva una veste chiara, abbottonata sul davanti, che dava merito ad una figura ben fatta. I capelli sciolti e un filo di trucco (che volli illudermi avesse messo per loccasione). Quando entrammo in casa guardai verso la cucina e vidi che il marito non cera.
La finestra della sua stanza era socchiusa sullombra di un cortile da dove scorreva un alito daria fresca, mi lasciò un attimo da solo per ritornare tutta felice con una caraffa di caff&egrave freddo e due bicchierini. Mi disse che era un caff&egrave alla napoletana bello denso fatto la mattina e messo a raffreddare. Dopo averlo assaggiato chiesi cosa fosse quellaroma indefinito che addolciva il caff&egrave, con orgoglio mi svelò il segreto di una goccia di liquore allamaretto che ogni tanto metteva.
Dopo il caff&egrave iniziammo il riscontro delle misure, prima per la giacca: le spalle, braccia, ecc. Dopo passammo ai pantaloni: i fianchi, le gambe e il cavallo. Per far questo dovette mettersi in ginocchio proprio davanti a me e in quella posizione, dal bottone aperto della vestaglia, potevo insinuare lo sguardo fin dentro il solco del seno, che mi sembrava enorme rispetto alle poche esperienze vissute. Un bel seno grande e rotondo, fonte di chissà quanti sogni proibiti che adesso avevo a pochi centimetri da me. Guardare quel petto di donna matura mi eccitava così tanto che dopo un po i jeans attillati cominciarono a gonfiarsi proprio davanti ai suoi occhi, più cercavo di distrarmi più lui cresceva, più lui cresceva e più aumentava il mio imbarazzato: sarei voluto scappare, sotterrarmi dalla vergogna. Lei inizialmente fece finta di nulla poi, quando la situazione si fece troppo evidente, sollevò la testa e con un sorriso mi disse: Questo &egrave uno dei regali più belli che un uomo può fare ad una donna, non ti devi vergognare. Non dissi niente mentre il sangue mi arrivava alla testa dallimbarazzo, rimasi fermo nella mia condizione fino a quando sentii il dito di lei appoggiarsi alla base del mio gonfiore e, piano, piano seguire tutta la lunghezza della mia erezione da sopra i pantaloni. Quando arrivò in cima si soffermò a massaggiarmi la cappella dapprima solo con il polpastrello e poi con tutto il palmo della mano, muovendola su e giù piano, piano. Luccello era ormai arrivato al limite della cintura, imprigionato tra la pelle del bacino e la pressione della sua mano. Lei in ginocchio davanti a me continuava ad eccitarmi seguendo il ritmo del mio respiro, sempre più veloce, fino a quando un brivido mi prese tutto il corpo insieme ad un gemito: i primi fiotti di sperma arrivarono fin sopra i pantaloni imbrattandomi la maglietta. Antonietta mi appoggiò il viso sullinguine stringendomi con le braccia attorno alla vita, aspettando gli ultimi sussulti di piacere. Non so per quanto tempo siamo rimasti così: lei in ginocchio allacciata ai miei fianchi, io in piedi con gli occhi chiusi e le mani tra i suoi capelli umidi di sudore. Poi si fece coraggio e lentamente si alzò in piedi, mi abbracciò appoggiando la testa sulla mia spalla senza il coraggio di guardarmi negli occhi, si lasciò andare ad un pianto sommesso, liberato con pudore come se io non dovessi sentire. Gli scansai i capelli per guardarla ma lei non volle, si staccò da me in modo brusco:Sono una pazza disse, non so cosa mi succede mio marito ci ammazza tutti e due, anzi: ammazza me, tu potresti essere mio figlio. Ero senza parole e senza pensieri, in quel momento il protettore degli amanti mi venne in soccorso mettendomi sulla bocca una frase che avevo letto e che sul momento salvò la situazione: Mi hai fatto provare un motivo per vivere, questo mi basta. Vorrei che per te fosse uguale. Gli dissi quasi in un respiro. Girò la testa e mi guardò seria, stette un attimo poi scoppiò a ridere con gli occhi ancora bagnati dal pianto, tornò ad abbracciarmi con impeto, allorecchio mi disse: Tu non sei un ragazzo, sei un uomo. Risposi stringendola forte. In quel momento capii che non era finita lì.
Quando mi accompagnò alla porta era unaltra persona, era tenera, confusa, la sentivo molto vicina a me e alla mia età come se ci conoscessimo da sempre. Quella volta a salutarmi non fu una carezza ma un piccolo bacio sulla guancia molto vicino alla bocca. Ci vediamo la prossima settimana alla stessa ora. Dissi scappando giù per le scale per non sentire la risposta.
Per strada camminavo ad un metro da terra con la testa vuota e il cuore pieno di energia, avevo un solo cruccio: ma perché avevo detto: tra una settimana, potevo dire: domani!?
Poi tutto un botto ritornai per terra al pensiero del marito ( poliziotto = pistola = mio marito ci ammazza tutti e due: una equazione da brividi! ).
resto del mondo, la mandibola anchilosata e il viso imbrattato mi sentivo un eroe vittorioso reduce da una campagna che avevo temuto persa.
Antonietta mi dava lopportunità di conoscermi, di conoscere il suo corpo e nel contempo mi insegnava il rispetto delluniverso femminile che adesso donava linfa e fiducia alla mia innocenza chiedendomi in cambio di cancellare in futuro certi pregiudizi machisti.
Raggiunsi il suo viso strusciando lungo il suo corpo, mi adagiai su di lei stando in mezzo alla sue gambe aperte, sentii un brivido di benessere. Luccello, che era rimasto grosso e duro, in quella posizione strusciava sullingresso delle piccole labbra, dopo un po lei cominciò a muovere il bacino facendo scorrere la cappella su tutta la vagina ancora umida, inarcò la schiena e con le mani si aggrappò ai miei glutei, mi tirò a se allargando completamente le cosce. Sentii la punta delluccello farsi largo in quella fessura bagnata e scivolare dentro fino ai testicoli. Mi sentii avvolgere dalle sue contrazioni e dalle gambe incrociate sopra la mia schiena, cominciai a muovermi avanti e indietro con forza, il viso immerso fra i grossi seni sudati che ondeggiavano sotto i miei colpi, le presi un capezzolo in bocca e cominciai a succhiarlo dolcemente, lei aveva la testa rovesciata da un lato con il viso coperto dai riccioli arruffati, gli occhi socchiusi assorti nel piacere segnato da un piccolo gemito ogni qualvolta immergevo luccello dentro di lei. Mi tirai su con il busto appoggiandomi sulle braccia tese per guardarla un po più dallalto (veder godere una donna credo sia una delle cose più belle della vita). Allimprovviso si aggrappò alla mia schiena con le unghie, sentii il bacino avere dei sussulti cadenzati poi un urlo anticipò lorgasmo. Sentivo i suoi umori bagnarmi i testicoli e scendere poi lungo le cosce. Rimase con braccia e gambe spalancate in un pozzo di sudore, mi chiese di fermarmi per riprendere fiato, lentamente si sfilò da me con unespressione stralunata, esausta. Senza dire una parola si rigirò su se stessa e si stese a bocconi come se volesse dormire. Rimasi a guardarla con tenerezza, sembrava proprio una bimba con i suoi capelli neri tutti scompigliati sulle spalle chiare, il solco della schiena che scendeva con una leggera fossetta fino a perdersi in mezzo a due belle mele rotonde, sorrette da due cosce piene e morbide da impazzire! Ero eccitatissimo, non sapevo star fermo, avevo ancora voglia del suo corpo, di accarezzarla, di prenderla, di venire dentro di lei. Al pensiero che soltanto qualche ora prima potevo solo immaginare quello che adesso stavo facendo mi dava unadrenalina pazzesca. Non ebbi riguardo della sua spossatezza, mi distesi piano sopra di lei e cominciai ad accarezzarle la schiena, i capelli, poi chinai le labbra sul collo baciandola con dolcezza fin dietro la nuca, poi feci scorrere la punta della lingua lungo la schiena umida, fino allinizio dei glutei dove appoggiai le mani per aprirli come una pesca matura, con la lingua mi fermai a leccare il buchino del … Lei cominciava a dare nuovi segni vitali inarcandosi e sollevando il … ogni volta che affondavo la lingua. Cominciai a massaggiare il buchino con la punta di un dito bagnato dalla saliva, sentivo che premendo si allargava un po alla volta, sembrava che Antonietta apprezzasse particolarmente questo nuovo giochino tanto che, quando il dito fu completamente dentro e cominciai a muoverlo avanti e indietro si sollevò in ginocchio per riceverlo meglio.
Se tutto questo era una suggestione dalla quale potevo anche svegliarmi, quello che stava per accadere era come entrare direttamente in una fantasia ricorrente, figurata fino ad allora soltanto per masturbarmi. Avere una bella quarantenne (sogno di ogni adolescente) disponibile a pecorina, mi fece venire luccello di pietra, talmente grosso che non lo riconoscevo.
Antonietta era in una trance di piacere che ormai andava al di là di ogni pudore e così provai ad osare linimmaginabile, prima che il sogno svanisse. Mi misi dietro di lei divaricandole bene le cosce, presi luccello in mano e lo strofinai sulla vagina bagnata, intingendolo bene, presi la cappella tra due dita e la puntai sul buchino del … Cominciai a premere delicatamente fino a quando iniziò ad entrare, lei ebbe appena un sussulto ma rimase ferma aspettando il resto. Vedevo la cappella farsi largo in quel bocciolo rugoso e scuro fino scomparire del tutto, quando lei sentì che ormai era entrato cominciò a spingere per farlo scorrere un po alla volta, soffermandosi ogni tanto chiedendomi di far piano. Entrò completamente facendosi spazio nella morsa dellorifizio anale. Lentamente cominciò a muoversi e roteare il bacino, a inarcarsi e spingere forte contro di me, la sentivo gemere con le mani aggrappate ai bordi del sofà. Lafferrai per i fianchi e cominciai a pomparla con forza, sempre più veloce, senza riguardo, lei gemeva di piacere e forse di dolore, ma quelluccello nel … la faceva impazzire.
Questa volta le sensazioni erano veramente troppo forti, la galoppata fu breve. Con una mano la presi per i capelli come fossero briglie tirandola a me, gli ultimi affondi in quel … stupendo, una fitta e un brivido su tutto il corpo la chiamai per nome e venni! La riempii di sperma a più riprese con dei sussulti prolungati che non finivano più, sentivo le contrazioni ritmiche dei muscoli anali, sempre più veloci, lei ebbe un tremito prolungato, quasi inarrestabile che le scuoteva tutto il corpo. Dopo un lamento si irrigidì allimprovviso un urlo rauco e uscì uno spruzzo violento che mi bagnò per lennesima volta. Un orgasmo sfrenato e lunghissimo che mi fece impressione.
Sdraiato sopra di lei esausto continuavo a sentire le pulsazioni dellanello anale sulluccello ancora dentro. Ricordo ancora il caldo di quella stanza dove ormai sudavano anche i pensieri e quellodore nuovo che adesso sapeva di noi. Dovetti sollevarmi per prendere aria, quando lo feci lei girò la testa dalla mia parte e con un sorriso di bimba felice mi chiese dove andassi: Da nessuna parte, le risposi.
Mi sedetti accanto a lei e cominciai ad accarezzarla dolcemente, la guardavo mentre si prendeva le coccole con gli occhi chiusi, come una micia sul canto del fuoco.
Stavo imparando che fare allamore ( bene ) ci fa diventare noi stessi, senza più domande o inibizioni.
Ritornato lentamente alla ragione ebbi un flash improvviso: ero in casa di un poliziotto nudo insieme a sua moglie bagnato come un pulcino. Devo essermi rabbuiato abbastanza se Antonietta mi chiese preoccupata cosa fosse successo. Lespressione del mio viso deve essere stata eloquente perché cominciò a ridere senza aspettare la risposta. Mi tranquillizzò: il marito era a Napoli e sarebbe rientrato il giorno dopo.
Ci rivestimmo ruzzando felici, lei indossò nuovamente la sua vestaglia senza mettere niente sotto visto che le mutande erano introvabili. Scoprii che soffriva terribilmente il solletico, quando la presi per i fianchi a sorpresa con la punta delle dita fece un sobbalzo e un grido divincolandosi. Dopo esserci rinfrescati mi accompagnò alla porta continuando a giocare, ridendo, dimentichi dell’ora e dellabito nuovo, motivo del nostro incontro.
Da quella volta non ho più avuto intimità con Antonietta, ci siamo rivisti nei giorni a venire per ultimare la confezione del vestito, sempre in presenza di mia madre oppure con il marito in casa, ogni volta era una tortura terribile ma credo che mai nessuno abbia avuto sospetti. Con me si comportava in modo naturale, quasi con distacco e questo mi dava una sofferenza terribile, come se avessi vissuto una realtà bellissima e il presente fosse un incubo.
Labito fu pronto molto prima del previsto e quando mia madre andò a ritirarlo per saldare il conto portò a casa una notizia che mi fece star male, davvero! Antonietta sarebbe tornata a Napoli di lì a pochi giorni, seppi che la cosa era programmata da tempo per un trasferimento del marito, in pratica il mio fu lultimo vestito confezionato prima di partire.
Per un certo periodo ho vissuto quasi distaccato dal mondo, che era diventato banale, distruggendomi dalle … Quando arrivò il giorno del matrimonio e del vestito nuovo rimasto incartato nellarmadio per tutto il tempo, senza aver mai pensato di provarlo. Quando lo indossai mi sembrava ancora più pesante del lecito, come se la tristezza fosse tessuta nella trama della stoffa, non potevo fare a meno di pensare che le mani che lo avevano cucito erano le stesse che avevano percorso ogni centimetro del mio corpo.
Avevo deciso di non mettere la cravatta ma soltanto una pochette rosa a fiorellini pensando a lei e alla veste che aveva la prima volta che la vidi, quando andai a metterla nel taschino sentii sul fondo un qualcosa che dapprima mi sembrò un bottone poi con sorpresa tirai fuori un confetto azzurro: era il suo piccolo regalo che aveva nascosto per me.
Lo avevo conservato per tutto questo tempo poi, alla fine di questo racconto, lho mangiato augurandomi che lei stia bene.

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