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Racconti Erotici Etero

Sotto la cenere

By 9 Dicembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

A cinquant’anni non si &egrave più giovani, ma &egrave troppo presto per sentirsi vecchi. Questo &egrave il problema. Inoltre, almeno per quanto mi riguarda, mi sembrava aver ancora abbastanza vivacità per non dover considerare conclusa la mia vita.
Si, però, Marco mi aveva lasciato, dopo ventotto anni di matrimonio. Un infarto se l’era portato via, mentre era intento a visitare un paziente. Un infarto, a lui, cardiologo! Proprio una beffa del destino!
Luca era tornato a precipizio dagli Stati Uniti, era distrutto, già sognava di lavorare nello stesso studio del padre, come cardiologo pediata. Infatti, era all’University of Chicago Hospitals per specializzazione e training. Purtroppo dopo una settimana era stato costretto a ripartire, e io sono restata sola, nella grande casa, unicamente con Ersilia che ,più che una colf era una sorella. Della mia stessa età, e con noi da venticinque anni, da quando era nato Luca.
Io, tra l’altro, non sono molto estroversa e la penso ancora all’antica. Non mi vergogno, anzi sono orgogliosa di aver conosciuto sessualmente, solo il mio Marco. E non m’ero mai sentita attratta da un altro maschio. Forse ero vittima delle mie inibizioni, anche se non mi sembrava di averne. Con Marco ero stata benissimo, sotto ogni punto di vista, e lui, anche se aveva quasi dieci anni più di me era ben gagliardo e un amante meraviglioso.
Adesso, comunque, ero sola. E mi ero ancor più isolata da tutti.
Lo so, Ersilia mi diceva che dovevo reagire, Don Mauro, il parroco mi aveva suggerito di veder gente, altri luoghi, mi consigliò un pellegrinaggio’ la cosa non mi sorrideva, viaggiare magari con gente che più che devota era bigotta e molto spesso ipocrita. Un viaggio, però, mi attraeva.
Cercai qualcosa che potesse interessarmi, senza allontanarmi troppo dall’Italia. Insomma, un’esperienza. In fondo, avrei visto paesi e genti e stava a me fare o meno qualche conoscenza a bordo. Il programma sembrava fare al caso mio si svolgeva a bordo di una nave moderna e molto grande. Partiva da Civitavecchia, faceva scalo a Messina, Tunisi, La Valletta, e nelle Eolie, prima di ritornare al porto di origine. Dieci giorni in tutto, e la possibilità di molte escursioni a terra. Mi informai, prenotai una cabina con vista mare. Dovetti pagare un supplemento abbastanza salato, perché, logicamente, volevo viaggiare da sola. E così, partii, in un chiaro pomeriggio.
Vidi la terra allontanarsi lentamente. Chissà se avevo fatto bene a intraprendere quella crociera. Dopo un po’ andai nella cabina. Dalla finestra si vedeva solo mare, mare aperto. Nulla all’orizzonte. Mi accorsi che un sorriso malinconico era sul mio volto. ‘Nulla all’orizzonte’, sembrava un presagio tutt’altro che lieto. Misi a posto un po’ di cose, prendendole dal bagaglio. Preparai il vestito da indossare, feci la doccia, indugiai nell’asciugarmi, profumarmi, pettinarmi.
Si avvicinava l’ora del pasto.
Andai nella sala da pranzo, il ma’tre mi chiese se avessi nulla in contrario a dividere il tavolo con altra persona, mi dissi d’accordo.
Mi accompagnò al tavolo, vicino alla vetrata, molto luminoso. C’era un signore, seduto, che s’alzò quando mi avvicinai. Chinò leggermente la testa.
‘Elio Baldini.’
Mi sarei aspettata una ‘single’, una vecchia signora come me.
Gli sorrisi, tesi la mano.
‘Ester Sonetti.’
Accennò un baciamano, attese che mi fossi seduta, e sedette a sua volta.
‘Come mai viaggia sola, signora, se non sono troppo indiscreto.’
‘Perché mio figlio &egrave negli Stati Uniti per una specializzazione, e mio marito, purtroppo, se l’&egrave portato via un infarto.’
‘Scusi, mi spiace, non volevo”
Gli sorrisi.
‘Niente da scusarsi, quando due si trovano allo stesso tavolo, in un viaggio che durerà dieci giorni, &egrave più che naturale che si cerchi di fare conoscenza. Ora le faccio la stessa domanda.’
‘Giusto. Sono scapolo, vivo da solo, ho una sorella più piccola che abita nella stessa città, ma non ci vediamo spesso, data la professione che mi assorbe”
‘Cio&egrave?’
‘Sono medico’ chirurgo”
‘Guarda caso, anche mio marito era medico, cardiologo, e mio figlio si sta specializzando in cardiologia pediatrica”
Mi osservò con una certa espressione, sorpresa ma contenta.
‘Allora, &egrave il suo destino, signora, che non riesca a liberarsi dai medici’ sono noiosi, vero?’
‘No, dottore, sono sempre presi dalla loro professione, questo &egrave vero, ma non sono noiosi, anzi’ a giudicare da mio marito”
‘Signora, se le mie chiacchiere non la importunano, ci vedremo spesso, molto spesso, in questi giorni, posso pregarla di chiamarmi Elio?’
‘Con piacere, Elio. Cio&egrave il sole, vero?’
Annuì.
‘Un incontro celeste: lei &egrave Ester -ho capito bene?- che in persiano &egrave la stella.’
‘E’ così, ma credo che i miei si siano ispirati alla Bibbia.’
‘Non mi giudichi un complimentoso da strapazzo, ma nella Bibbia, Ester, che ha dato il proprio nome a un libro sacro, &egrave descritta ‘di belle forme e di aspetto avvenente’, quindi i suoi genitori hanno scelto esattamente.’
Sorrisi divertita, ed era da tanto che non mi capitava.
‘Dottore’ scusi’ Elio’ non sprechi tante belle espressioni per una vecchia vedova”
‘Se lei usa non a proposito il termine ‘vecchia” cosa dovrei dire io che sono alla vigilia dei miei cinquanta?’
Tornai a ridere, quasi di cuore.
‘Che &egrave un celibe ‘maturo’, mentre per una donna i cinquanta sono l’età del declino’ anche io sto per compiere i cinquanta”
Fece un cenno col capo, abbozzando un sorriso.
‘Ma se lei sembra mia figlia!’
‘Bum! ‘ scusi’ ma me lo ha proprio strappato’!’
Era giunto il cameriere.
^^^^
La conversazione s’era mantenuta sul vago. Pochissimi accenni alle famiglie. Si &egrave parlato delle preferenze di ognuno, nei vari campi.
Dopo cena mi propose di prendere qualcosa al bar. Mi accorsi di accettare senza esitazioni. Andammo a sedere in un divano d’angolo.
‘Lei, Ester, preferisce assistere allo spettacolo di varietà, andare al cine’ o altro?’
‘In effetti sono un po’ confusa. Dopo tanto tempo &egrave la prima volta che mi ‘immergo’ tra la folla’ da oltre sei mesi vivo in assoluto isolamento’ no’ il varietà &egrave troppo chiassoso, e poi’ il cinema’ ma cosa si proietta?’
‘C’&egrave da scegliere tra un film americano con sottotitoli, e una serie di documentari che riguardano i luoghi che toccherà la crociera.’
Stetti un po’ in silenzio.
‘Forse’ per me’ &egrave meglio il documentario’ ma non voglio sacrificare lei’ e poi’ matta come sono’ potrebbe saltarmi in mente di alzarmi e andarmene”
Sorrise divertito.
‘In quanto a matti, le assicuro che siamo in due.’
Guardammo l’orologio, era quasi l’orario della proiezione. Scendemmo nella sala cinematografica, quella piccola, dove erano pochi spettatori.
Poltrone comode. Sedemmo.
Senza accorgermene, divenni silenziosa, più del solito.
Ero al cinema, con un uomo seduto nella poltrona accanto alla mia, e non era mio marito!
Mi guardò attentamente.
‘Qualcosa non va? Vuole andar via?’
Cercai di sorridere.
‘Niente’ niente’ sto benissimo’.’
Fu spontaneo porre la mia mano sulla sua, che era sul bracciolo. Per rassicurarlo. Solo un momento, ma mi sembrò un gesto così confidenziale’ In effetti, quel contatto era una istintiva e inconscia richiesta di protezione. Quasi mi spaventai. Ritirai la mano. Si attenuarono le luci, cominciò il primo documentario.
Fissavo lo schermo, ma non riuscivo a seguire quanto andava proiettandosi e tanto meno ero capace di comprendere le spiegazioni dello speaker. Mi sentivo in uno stato indescrivibile. Non ero confusa, no, ero tutta tesa a cercare di capire cosa mi stesse accadendo. Mi sembrava essere passata, di colpo, improvvisamente, dal silenzio tetro al frastuono eccessivo. Comunque, non mi dispiaceva, mi ci andavo assuefacendo’ anzi, diveniva sempre più gradevole’ ma senza una ragione, perché non capivo nulla della proiezione. La vicinanza di Elio, di un uomo, mi faceva sentire tranquilla.
Sentivo che non era Marco, e neppure mio figlio. Ma non mi sentivo sola.
Quella specie di scarsa lucidità durò tutto lo spettacolo, quasi un’ora.
Quando si accese la luce, tornai alla realtà. Sospirai. Rimasi ferma.
Elio mi chiese se mi fossi annoiata.
‘No’ no’ molto interessante’ &egrave che &egrave insolito per me stare in mezzo a tanta gente”
‘La capisco’ forse &egrave meglio bere qualcosa”
‘Si, si, qualcosa di fresco’ dissetante’ non alcolica”
Tornammo all’aperto. Si stava bene.
Elio disse che sarebbe andato al bar a prendere da bere.
Gli chiesi un’aranciata amara. Tornò poco dopo.
M’ero appoggiata al parapetto, dando le spalle al mare. C’era una piacevole aria, fresca.
Si mise di fronte a me, mi porse il bicchiere.
Mi guardò acutamente.
‘Mi scusi si mi permetto, ma lei, Ester, &egrave tesa, inquieta”
Annuii debolmente.
‘E’ vero, non riesco a rilassarmi del tutto’ sono assalita da mille e un ricordo”
‘E’ perfettamente comprensibile, ma &egrave indispensabile accettare la realtà, qualunque essa sia, se non sta in noi cambiarla secondo i nostri desideri.’
Bevvi ancora un sorso.
‘Ha pienamente ragione’ ma mi ci vuole un po’ di tempo”
Seguitava a guardarmi insistentemente.
‘Posso aiutarla?’
Lo fissai negli occhi.
‘Chissà’ ma ora sono stanco, preferisco ritirarmi in cabina.’
‘L’accompagno.’
‘Non si disturbi.’
‘Anzi’&egrave per restare ancora un po’ con lei.’
Ci avviammo verso l’ascensore. Mise la mano sotto il mio braccio.
Era piacevole, quel contatto, mi rassicurava. Ebbi la sensazione che lo carezzasse delicatamente, e mi piaceva, mi tranquillizzava.
Non so lui, ma a me dava una sensazione di familiarità, quasi di intimità.
E quel pensiero mi folgorò: ‘intimità’! Una mano maschile carezzava la mia pelle’ da quanto’ e che sensazione’ mi accorsi che deglutivo, provavo un lieve nodo alla gola’ e’ sì’ perfino qualcosa nel mio stomaco, nel ventre’ Oddio, non poteva essere vero, un semplice sfioramento mi turbava’ come se fossi un’adolescente’
Mi voltai appena per guardarlo. Mi sorrise.
Eravamo arrivati alla porta della cabina. Aprii la porta, gli tesi la mano, si chinò e la baciò. Non accennò di sfuggita un affettato baciamano. La baciò, e trattenne a lungo le sue labbra calde sulla mia pelle.
Mi fece tenerezza. Ritirai lentamente la mano e abbozzai una lieve carezza sulla sua guancia, come ricambio al suo gesto gentile e in un certo senso premuroso e affettuoso.
Ci dicemmo che ci saremmo rivisti l’indomani.
Entrai nella cabina, chiusi la porta. Rimasi un po’ leggermente confusa
Adesso ero sola, terribilmente sola’ e lo sarei stata per tutta la notte.
Notte che passai quasi insonne.
No, questo non me l’aspettavo. Provavo la necessità, l’impellenza si sentirmi carezzata, toccata’ Quasi mi vergognavo con me stessa’ mi rendevo conto’ che il mio grembo’ il mio sesso’ era tormentato da dolorose contrazioni’ mi ripugna confessarlo ‘ mi’ toccai’ mi’ carezzai’ ma non era la stessa cosa, non era delle mie mani che avevo bisogno.
L’alba mi sorprese in un dormiveglia agitato e turbato.
Mi alzai, a fatica. Una lunga doccia quasi fredda. Ero più stanca della sera precedente. Mi preparai con difficoltà, uscii’ Elio mi attendeva nell’atrio della sala da pranzo, per la colazione.
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Ammetto che ero lieta, e ansiosa, di rivederlo. Gli stesi la mano, la baciò’ nel palmo’ Quelle labbra, quel contatto, mi davano una certa forza, ma nel contempo confermavano un’inquietudine che avrei voluto scacciare. Devo confessarlo, avevo l’impulso di abbracciarlo, ringraziarlo, sentire il suo tepore, la stretta delle sue braccia, il mio petto vicino al suo’ ed anche il grembo’ soprattutto. Ero veramente turbata’ come un’adolescente, anzi peggio di una giovincella perché a me mancava non un fiabesco principe azzurro, ma l’uomo, il maschio che avevo conosciuto e mi era stato vicino per tanti anni. Non c’&egrave peggior cosa che il ricordare l’abbondanza in tempo di carestia. Non avrei mai immaginato sentire così straziante tale mancanza. Provavo un senso di vuoto, mentale, e anche nel grembo. Strano, pensavo che certe pulsioni alla mia età non sarebbero state così insistenti’ tormentose , ossessive.
Guardavo Elio e sentivo che il mio sguardo aveva qualcosa di sensuale. Incredibile, lo conoscevo da pochissimo ma nel mio intimo lo concupivo. Ebbi un brivido per tutto il corpo.
Andammo a colazione. La nostra conversazione fu disordinata, senza capo né coda, c’era un lieve disagio che impediva di affrontare temi meno evanescenti.
Mi chiese se avessi riposato bene. Scossi il capo, e aggiunsi che avevo dormito poco e male.
‘E ‘tu’, Elio?’
Ecco, gli avevo dato istintivamente il ‘tu’. Aggiunsi subito che se non gli dispiaceva potevamo scambiarcelo.
Mi sorrise, mi prese la mano e la baciò, mi ringraziò
Quasi quasi glielo ripetevo, così mi avrebbe ribaciato la mano e guardato con quegli occhioni.
Al termine della colazione, ci alzammo, andammo verso poppa, sedemmo su un accogliente divano oscillante. Eravamo vicinissimi, ci toccavamo, e per me era bellissimo. Restammo in silenzio. Lui, a un tratto, mise il braccio intorno ai miei fianchi. Spontaneamente mi accostai ancora di più a lui.
Inutile, mi sentivo fatalmente attratta. Forse era ridicolo per una ‘matusa’, ma era la verità.
Ci guardammo con una strana espressione nel volto.
Quasi non mi accorsi che i nostri visi si avvicinavano, e fu del tutto naturale sentire le sue labbra sulla mia bocca, la sua lingua cercare di intrufolarsi tra le mie labbra, e la mia andargli incontro, avida.
Non ricordo da quanto tempo non mi capitava di percepire così evidente quel particolare tepore umido tra le cosce.
Fu un bacio lungo, il più appassionato ‘French-kiss’ che ricordassi, di certo il più eccitante della mia vita, quello che maggiormente aveva ripercussione in tutta me stessa, dal cervello, al cuore, al grembo.
Mi venne spontaneo in mente che era il bacio del Rubicone. Per me, io l’avevo passato, ma’ Elio mi avrebbe seguito?
Quel suo baciarmi di nuovo, il quasi fortuito ghermirmi e palparmi insistentemente una tetta (e avevo sentito il capezzolo reagire prontamente) era frutto del desiderio o solo un freddo accertamento della durezza mammaria?
Comunque, il bacio era voluttuosamente appagante!
Avevo il respiro pesante. Un po’ anche lui.
Forse era meglio alzarsi, camminare.
Mi alzai, gli tesi la mano. Ci avviammo lungo la passeggiata, andammo sul ponte lance, camminammo in silenzio. C’era un angoletto discreto e appartato, tra due scialuppe, col parapetto sul mare. Ci affacciammo. L’acqua scorreva veloce. Mi tirai su, eravamo di fronte, io con la schiena sulla ringhiera. Mi abbracciò, forte, mi strinse a se, e tornò a baciarmi, come prima. Questa volta la ricognizione anatomica era rivolta alle natiche. Palpeggiamento esperto, ripetuto su entrambe le parti coinvolte. Con stretta di evidente approvazione, pienamente gradita in quanto testimoniò la sua palese virilità che premette e strusciò sul mio grembo. Era inebriante sentirlo così’ ma solo una goccia d’acqua per la mia sete.
Il solito pensiero nella mia mente.
Quale sarebbe stato il seguito?
Forse Elio cercava solo un’avventura di viaggio. Comunque con tante bellocce in giro, il fatto che stesse con me era comunque qualcosa.
Già, ma lui cercava un’avventura. Ed io? Cosa volevo, il secondo uomo della mia vita o una bella abbuffata di sesso?
Sì, il sesso urgeva, ma ero affamata di tenerezza, dolcezza, coccole.
Credetti di rompere il ghiaccio.
‘Beviamo qualcosa?’
Annuì, e ci avviammo al bar.
Prendemmo due analcolici, almeno io non avevo proprio bisogno di qualcosa di eccitante.
Cosa dovevo fare?
Pensai che era meglio che mi ritirassi in cabina. Glielo dissi, mi accompagnò. Camminavamo lentamente, tenendoci per mano come due adolescenti.
Ci fermammo dinanzi alla mia cabina. Misi la chiave, aprii. Mi guardò intensamente. Mi strinse la mano.
Quasi sussurrando mi chiese: ‘Ti chiuderai a chiave?’
Non avevo la forza di rispondere, riuscii appena a scuotere la testa, in un gesto di diniego.
Mi strinse a sé, convulsamente, mi soffocò quasi con un bacio, poi si avviò verso la sua cabina.
Tremavo, entrando, mi riusciva difficile svestirmi, e tremavo ancora sotto la doccia. Quando uscii dal getto dell’acqua mi guardai nello specchio. Non ero proprio da buttar via, sentivo un nodo alla gola.
Ero in preda a una violenta eccitazione sessuale, una sempre più prepotente sete di sesso, come non m’era mai capitato’ ed era giusto’ mio marito era la fonte al quale si dissetava il mio piacere.
Ma sarei stata capace?…. Non lo avevo fatto che con Marco’ solo con lui’
Mi ero asciugata, pettinata accuratamente, e la civetteria femminile mi aveva quasi inconsapevolmente dettato dove e come profumarmi lievemente. Indossai una leggerissima camicia da notte, a libretto, aperta davanti.
Sedetti in poltrona, mi misi a sfogliare una rivista, ma non riuscivo a vedere né le figure né lo scritto.
Ad un tratto, lentamente, vidi girare il pomolo, aprirsi la porta, entrare lui. In vestaglia.
Mi tese le mani, prese le mie e con dolcezza mi fece alzare’ si avvicinò’ mi abbracciò, stretta, pose le sua bocca sulla mia, sentii la sua lingua insinuarsi tra le mie labbra’ cercare la mia’ mi sembrava dolcissima, più del miele’ fu spontaneo, istintivo, succhiarla golosamente, quella lingua palpitante, e sentivo che a quel poppare voglioso corrispondeva il palpitare bramoso del mio grembo tormentosamente vuoto.
Le sue mani, avide, mi esploravano deliziosamente’. Lungo la schiena’ sulle natiche’ una si introdusse tra i nostri corpi avvinti, si poggiò su una tetta, la palpeggiò delicatamente, attraverso la stoffa sottile’ due dita presero il capezzolo, che sentivo turgido e vibrante, lo strinsero deliziosamente’ tutto si ripercuoteva nella mia mente, e soprattutto’ tra le mie gambe. Non avrei mai creduto di poter essere così in preda dei miei sensi, specie alla mia età. Invece, ardevo di desiderio’ desiderio di un maschio’ chiunque esso sia’ non mi importava’ la mia vagina implorava un maschio’ era smaniosa’. Non ne poteva più’
La sua mano sentì l’impalpabilità della mia camicia, si accorse che i due lembi erano appena accostati’ si intrufolò’ sì’ oddio’ mi stava carezzando il cespuglio ricciuto del pube’ più giù’ non mi accorsi nemmeno che le gambe s’erano dischiuse’ ma sentii le sue dita che s’andavano intrufolando tra le grandi labbra’ sfioravano il clito’. Le piccole’ dovevo essere bagnata, impiastricciata’ ma quel dito era meraviglioso’ e lui mi baciava’ mi baciava’
Ma cosa aspettavo? A mio volta infilai la mia mano nella sua vestaglia’. Era nudo’ incontrai subito la prepotente erezione del suo fallo’. Finalmente’. Finalmente’. Toccavo di nuovo un sesso maschile’. Era meraviglioso’ mi sembrava perdere i sensi’
Mi sollevò sulle braccia e mi depose sul letto, di traverso’ si chinò’ aprì del tutto la vestaglia e si chinò a baciarmi il seno, a lambire i capezzoli’. Sentii la lingua sul mio stomaco’ sull’ombelico’ più giù’ tra le gambe’ titillava il clito, mi spatolata lentamente, voluttuosamente’ ero profondamente imbarazzata’ sentivo un immenso senso di disagio’ vergogna’ ma la troppo lunga continenza non mi consentiva controllo’ fui assalita e travolta da un impetuoso e incontenibile orgasmo che mi scosse violentemente e mi accorgevo che mi dimenavo come una furia’ respiravo affannosamente, emettevo suoni inarticolati’. Afferrai la sua testa la strinsi focosamente a me e la sua lingua, lievemente, accompagnava il mio lento placarsi, interrotto da fremiti inebrianti.
Aveva alzato la testa, lentamente. Era in ginocchio’ Lo guardai, spossata, con le lacrime agli occhi. Immaginavo la mia espressione, certo inebetita, incantata. Cercai di sorridergli.
Si levò in piedi, lasciò cadere la vestaglia, emerse completamente nudo. Mi appariva meraviglioso, e il suo fallo mi sembrava enorme, come un ariete che si apprestasse a sfondare l’accesso al maniero. Lo vedevo immenso, ma forse era solo la mia fantasia, o il desiderio del mio sesso a essere invaso’ completamente.
Prese dolcemente le mie gambe, se le mise sulle spalle, mi tirò leggermente verso la sponda del letto’ Le mie gambe erano spalancate’ sentivo la vagina, ardente, palpitare impaziente’ ma il mio fuoco era nulla a confronto del glande incandescente che premeva discretamente tra le mie piccole labbra che avrebbero voluto ingollarlo di colpo, golosamente. Si fermò un istante, mi guardò. Credo che l’espressione del mio volto, teso, smaniante, fu più che una risposta. Una preghiera, una sollecitazione. Mi sorrise, con infinita tenerezza, e cominciò lentamente, molto lentamente, a penetrarmi. Avevo alzato il bacino per andargli incontro, sentivo le pareti della mia vagina dilatarsi per darlo il benvenuto e avvinghiarsi appassionatamente attorno a quella verga’ l’avrei voluta stringere più forte, quasi svellerla’ conservarla in me’
Sarà stata, per me, la troppo lunga astinenza sessuale, ma mi sembrava di non aver mai goduto come adesso’ stavo andando in brodo di giuggiole ‘ e lui entrava e usciva da me, con ritmo sempre più incalzante’ prepotente’ trascinante’ fino a divenire impetuoso’ dovevo frenare i miei sussulti, e non era facile, perché temevo che sgusciasse da me troppo presto’ ecco’ sentivo il mio gemere crescente’ e il rapido approssimarsi di un sconvolgente orgasmo che quasi mi sembrava venire meno’ per il piacere’ ma ancora non immaginavo quello che accadde nel mio grembo quando un fiotto caldo e violento mi invase, si sparse in me’ cominciò a stillare fuori del mio sesso’
Era meraviglioso.
Si sdraiò su me, sul mio petto.
Che bello!
Restammo così non so quanto tempo, lui ancora in me’. Poi, con la sua solita e lasciva lentezza, si alzò’. Sentii che, ancora rigoglioso, la sua paradisiaca verga andava fuoriuscendo da me’
Era in piedi, bellissimo, ancora un po’ ansante, e il suo fallo era di nuovo pronto’ eppure non era giovanissimo’
Mi misi a sedere sulla sponda del letto’ si avvicinò a me, prese il fallo e lo pose tra le mie tette, nel solco caldo che s’inumidì con quanto ancora era sulla sua asta delle linfe distillate dai nostri sessi nel momento del piacere.
Le mie mani afferrarono le tette e cominciarono a muoverle, accarezzando la sua magnifica virilità’ si chinò’ mi baciò sugli occhi’ sulla bocca, e andava lambendomi con la sua lingua’ squisitamente’
Cominciò a muovere il corpo, ad assecondare la mia manovra. Improvvisamente, mi abbracciò forte, e lo zampillo del suo seme mi colpì sotto il mento, si sparse sul petto. Ci baciammo entusiasticamente’ a lungo’
Ero in estasi’ un piacere sconosciuto e infinito’ avevo disagio, imbarazzo, per quel mio modo di comportarmi’ alla mia età’ ero una femmina in predo alla foia, come una cagna in fregola, senza nessuna inibizione’
Strano, mi accorgevo che non lo avevo mai chiamato per nome, come se le mie labbra, pur così assetate di baci, rifiutassero di pronunciare, e per di più in tali momenti, un nome che non fosse quello di mio marito, di Marco.
Feci un profondo sospiro.
Avevo impellente necessità di lavarmi’ sentivo le gambe rigate dal liquido denso che colava dal mio sesso’ e anche sul collo’ sul petto’
Lo guardai, riuscii a sorridergli’ e’ finalmente’
‘Scusa Elio, devo’.’
Comprese subito.
‘Certo’ certo’ dopo dovrò farlo anche io”
Mi alzai, completamente nuda, la leggera camicia era arrotolata, sul letto’ andai nel bagno’
Quando tornai lui era sdraiato, aveva abbassato la copertina, la temperatura della cabina era abbastanza calda, ma io lo ero ancora di più e’ guardando lui mi resi conto che non ero la sola ad esserlo.
Che strano, anche lui non era più ventenne, eppure la sua’insegna’era ancora svettante’ più che mai.
‘Ora vado io, tesoro”
Si alzò e sparì nel bagno.
Mi coricai, a mia volta, e tirai il lenzuolo sul mio ventre, con un ridicolo senso di pudore, mentre il mio grembo, pur essendo stato generosamente rimpinzato, pulsava per antica e non del tutto soddisfatta fame. Fame di sesso.
Elio tornò. Volto sereno, disteso, tranquillo. Mi appariva bellissimo.
Malgrado le sue maldestre manovre, però, non riusciva a celare la persistente e prepotente erezione. Era veramente infaticabile.
Si distese a fianco a me, mi carezzò leggermente il seno, il ventre’ più giù’ fui pervasa da un fremito’ sentii la pelle d’oca per tutto il corpo’ lo guardai fisso’ mi misi a sedere, poi sulle ginocchia, quindi a cavallo a lui’ presi il glande caldo e palpitante, lo portai all’ingresso della vagina, mi impalai. Anche io lentamente, fin quando le natiche non si posarono sulle sue gambe. Lo sentii tutto in me, che batteva sul fondo’ le sue mani ghermirono le tette, le palpeggiarono, titillarono i capezzoli’ iniziai una cavalcata che non dimenticherò mai’ dapprima lenta, molto lenta, e poi divenne un galoppo sfrenato’ mi chinai su lui’ gli porsi una tetta’ capì’ l’afferrò’ prese il capezzolo tra le labbra e cominciò a succhiarlo, avidamente, sentivo ripercuotersi in me quel poppare, nella vagina che, a sua volta, stava ingordamente mungendo quel grosso capezzolone che mi fece scalare le più alte vette del piacere, in un orgasmo che si rinnovava incessantemente’ fin quando, appena cominciata la sua calda aspersione’ non crollai su di lui’ frastornata e avvinta dalla voluttà irrefrenabile.
Non so lui, ma io ero completamente spossata.
Mi veniva da sorridere: ero stata ben bene riempita, colmata, eppure mi sentivo svuotata, senza forze. Languidamente sfinita.
Rimasi un po’ su di lui, poi, molto lentamente e con qualche sforzo, mi misi supina, quindi mi voltai su un fianco, dandogli le spalle, quasi con le ginocchia sotto al mento.
Lui mi fu accanto, mi abbracciò, mi strinse a sé, con energica tenerezza. Una mano mi stringeva una tetta, l’altra s’era infilata tra le gambe ancora trepidanti, nel molliccio umidore che fluiva dal mio grembo. Sentii il suo sesso, non completamente svigorito, che s’era inserito, bellissimo, tra le natiche.
Mi sembrò precipitare in un gorgo delizioso’
Non so quanto dormii.
Lui era ancora lì, così come mi aveva accolta tra le sue braccia, solo, mi sembrava, quel salsicciotto stuzzicante tra i glutei era più vispo che mai.
La nave salpava, silenziosa, il mare calmo.
La mia tempesta non era completamente placata, ma sentivo un gran senso di sicurezza.
Ero certa che nella mia vita era tornata la luce, il calore.
Del resto, lui era Elio: il sole, splendente.
Io solo una stella.
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