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Fase 7 – Fine

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Nelle puntate precedenti:
Alla fine, dopo tre giorni di sesso sfrenato con Emma e qualche buona foto in sua compagnia, sono rimasto solo: la ragazza è dovuta tornare a casa sua, ma il suo ricordo resterà per sempre nella mia mente e nel mio cuore. E nel mio profilo Instagram, visto che la ragazza mi ha taggato nella nostra foto post coito, e ora chiunque potrà scoprire che ha un bel paio di tette e che facevamo dell’ottimo sesso. Tutti, compresa la nostra influencer di fiducia, Gala, che a giudicare da come mi fissa mi chiedo se abbia intenzione di schiaffeggiarmi o scoparmi. La domanda ha una risposta la mattina successiva, qualche ora prima della mia partenza per tornare a casa, quando la stessa si presenta alla porta della mia stanza, dopo aver litigato con Arturo e averlo lasciato… Qualche malelingua potrebbe dire che la cosa era stata studiata già dall’inizio, ma no, ehi, è tutto puramente un caso…

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Rimanemmo a lungo ad esplorarci reciprocamente i nostri cavi orali, assaporando il sapore l’uno dell’altra. Quando ci staccammo lei appariva soddisfatta, come se fosse riuscita a conquistarmi con quel bacio. In realtà l’aveva fatto già da diversi giorni, ma era una donna che per essere soddisfatta doveva conquistare un uomo e non farsi corteggiare. Lo sapevo, conosco quelle come lei, e la mia strategia di non sembrare troppo convinto di lei sarebbe proseguita.
– Credi di piegarmi al tuo volere con un bacio, principessa? – le chiesi con un accenno di derisione nella voce.
– E così? – domandò a sua volta, con dolcezza, il sorriso che le era salito agli occhi, facendo scorrere fino in fondo la zip: il corpetto si aprì completamente e il seno, ben più generoso di quanto sembrasse, libero dalla costrizione dell’indumento troppo piccolo, sobbalzò all’aria.
Sì, quello avrebbe potuto, ammisi a me stesso, e questa volta non mi sforzai di allontanare lo sguardo da quel ben di Dio. Nonostante ciò, le dissi, scuotendo la testa: – Sei più sprovveduta di quanto immaginassi se credi che fottendomi, il tuo splendido corpo nudo che mi cavalca selvaggiamente, possa piegare la mia volontà al tuo volere.
– Ne sei sicuro? – domandò maliziosa. Prese una mia mano e l’appoggiò sul suo seno, caldo e morbido, il capezzolo grosso e turgido che sembrava una punta contro il palmo. Il mio cazzo, che già si stava preparando all’azione, lo fu all’istante, e sentii il meato iniziare a rigurgitare una goccia di liquido precoito nel tessuto delle mutande.
Nonostante i miei sforzi, la frase che pronunciai non ebbe la dose di strafottenza delle precedenti, pregna com’era di desiderio. – Puoi avere il corpo di una gran figa, ma per me rimani comunque una stronzetta viziata – le dissi, poi sollevai lo sguardo dalle sue tette al suo viso soddisfatto. Il mio non lo appariva affatto. – Vuoi scoprire com’è farsi chiavare da un vero uomo? D’accordo. Però sappi che ogni colpo che infliggerò alla tua fica ti renderà sempre più la mia schiava sessuale.
Vidi i suoi occhi illuminarsi all’idea. Supposi avesse in mente quanto aveva scritto Emma nelle didascalie delle due immagini postcoito che aveva pubblicato su Instagram, usando un linguaggio infiorettato per descrivere quanti orgasmi avesse avuto. – Voglio essere la tua troia – mi sussurrò, quasi implorandomi.
Questa volta fui io ad appoggiare le mie labbra sulle sue, con una dolcezza che non si sarebbe aspettata da qualcuno che avesse appena detto di fotterla fino a renderla la sua puttana. La sdraiai sul letto e, mentre le accarezzavo le due splendide tette, coccolai la sua bocca per diversi minuti con la mia lingua. Un profondo e penetrante aroma di rosa riempì l’aria della stanza, contrapposto all’odore più pesante del mio cazzo che stava implorando per svolgere il suo sporco lavoro.
Gala ricambiò il bacio, appoggiando una mano sul mio culo e abbracciandomi con l’altra; continuava a usare la sua lingua con la delicatezza di un bulldozer ma la cosa mi dispiacque ben poco. Mi domandai se spompinasse con lo stesso vigore…
Il profumo di figa bagnata stava cominciando a darmi alla testa e ritenni che la ragazza volesse fare un passo più avanti nel rapporto sessuale che avevo promesso e che, fino a quel momento, era ancora ai preliminari dei preliminari.
Scivolai giù dal letto, ponendomi tra le gambe di Gala, sbottonandole i pantaloni. Si contorse mentre glieli abbassavo, dimostrando di essere impaziente di scoprire se quanto avesse redatto Emma come descrizione delle foto scattate negli ultimi giorni riguardo all’uso della mia lingua sulla sua passera fossero solo sparate di una che voleva vantarsi di un amante incontrato in vacanza per far bella figura davanti alle amiche o avesse detto la verità.
Le mutandine sembravano quelle di una bambina, bianche con teste di coniglietti stilizzate e monocromatiche, e, al pari degli altri abiti, presentavano degli svolazzi alle tre estremità. Gli slip più ridicoli che avessi mai visto all’inguine di una ragazza, ma forse anche quelli più bagnati: l’umido che aveva macchiato il tessuto spandeva un olezzo di figa che sembrò sostituire l’ossigeno presente nella stanza.
Afferrai l’elastico superiore degli slip con due mani. – Fuori dal cazzo queste mutande – ringhiai, strappandole letteralmente via dal bacino della ragazza. Avrei voluto abbassargliele a metà coscia e fotterla come una puttana, aumentando l’effetto di dominazione che volevo farle vivere e accrescere la sua eccitazione, ma quegli orribili slip… probabilmente li indossava per prendere in giro Arturo e la sua incapacità di darle piacere.
Gala, stupita dal mio comportamento, sebbene gli angoli delle sue labbra non riuscissero a trattenere l’eccitazione che quel gesto aveva generato in lei, sbraitò: – Pezzo di merda, le mie mutandi… – ma non riuscì a completare la sua frase, la sua bocca che si apriva quanto l’imbocco della sua fica mentre due mie dita sprofondavano in lei per tutta la loro lunghezza facendo colare una gran quantità di nettare.
La fissai severo mentre inspiravo a pieni polmoni il profumo della sua passera dal tessuto con i coniglietti. – Chiudi quella bocca e godi, zoccoletta, – le ordinai, – o te la chiudo con le tue stesse cazzo di mutande.
– Vaffanculo – imprecò, sebbene ogni sillaba fosse intervallata da un ansimo mentre la fottevo con le dita.
– Il tuo è lì – la minacciai, dandole una strizzata ad una chiappa, – mi ci vuole poco a girarti e sfondarti, quindi vedi di abbassare il tono.
Gala non rispose, muovendosi sul copriletto come se avesse avuto un mal di schiena che le impediva di restare sdraiata senza provare dolore, gemendo sì, ma di piacere. Era una gran bella ragazza, e mi sentivo un po’ in colpa a trattarla così sgarbatamente, ma era l’unico modo per farle raggiungere il massimo del piacere.
Appoggiai un paio di dita sulla commensura e iniziai a premere con decisione, stimolandole il clitoride ancora nascosto nella sua tana. La ragazza aumentò il volume dei suoi versi, allungando una mano che sembrava cieca, muovendosi a tastoni nell’aria, mentre cercava di afferrarmi, probabilmente per assicurarsi che non abbandonassi il mio lavoro sulla sua fica. Oh, non doveva preoccuparsi per questo.
Gala era bollente dentro il suo sesso, bagnata ad un livello che avevo visto poche volte: colava dall’utero ambrosia che scivolava lungo il perineo, incanalandosi tra le chiappe sode e finendo sul letto. Chi avesse cambiato le lenzuola, dopo la mia partenza, avrebbe trovato certamente una gran bella macchia di trasudo. Sorrisi all’idea che, forse, l’avrebbe fatto la splendida cameriera… Chissà cosa avrebbe pensato.
Abbandonai le mie elucubrazioni quando notai che il clitoride aveva deciso, sebbene timidamente, di partecipare alla nostra festa: lentamente si allungò in cima alla passera, ergendosi pronto a fare il proprio dovere. Non lo feci attendere: tolsi le due dita dall’utero, doloranti per il movimento continuo per dare piacere a Gala, sostituendole con quelle dell’altra mano, e, sfruttando i polpastrelli umidi di ambrosia, attaccai il clitoride, massaggiandolo.
Il corpo della ragazza venne scosso da uno spasmo, la schiena che si arcuava mentre un grido di piacere prorompeva dal petto, scuotendo le grosse tette. Gala crollò sul letto, gemendo come se stesse soffrendo. Se aveva intenzione di dire qualcosa, i respiri profondi e brevi glielo impediva.
La cosa durò comunque ancora poco, e nel giro di un minuto l’influencer venne, artigliando le coperte con le mani e sbarrando occhi e aprendo la bocca. Sollevò il bacino un paio di volte, poi si girò su un fianco e piantando la faccia in un cuscino, soffocando un grido di piacere che, senza il guanciale, avrebbe rituonato nell’albergo, svegliando gli ospiti e facendo credere che stessero ammazzando qualcuno.
Gala rantolò per diversi istanti, mentre il suo corpo nudo si muoveva a scatti sul letto, il volto ancora immerso nel cuscino. Penso si sia messa anche a singhiozzare per qualche attimo, ma non ne sono certo. Fatto sta che attesi che si calmasse leccandomi le dita che avevo sprofondato nel suo sesso, godendomi il suo sapore più segreto, e fissando il suo seno meraviglioso.
Ci vollero parecchi minuti prima che tornasse in sé. Sollevò il viso, con il trucco ancora più sbavato, incapace di trattenere un sorriso, sebbene volesse continuare a trattarmi male. – Quasi decente – disse, cercando di non sembrare troppo soddisfatta, ma gli occhi le scintillavano.
– Non mi spreco con te, puttanella – ribattei. La afferrai con delicatezza, sebbene volessi sembrare manesco, e la feci sdraiare sulla schiena, la testa oltre la sponda del letto. – Vediamo piuttosto se la tua bocca è al livello della tua fica – dissi, aprendomi i jeans, abbassandoli con le mutande e appoggiandole in faccia il mio cazzo in tiro.
Lei non disse una sola parola, ma aprì le labbra e se lo fece finire in bocca. Le accarezzai una guancia con tenerezza, poi usai la stessa mano per stringerle la gola quanto bastava perché apparisse come un gesto di costrizione mentre afferravo con l’altra un seno. Ritrassi il bacino, poi spinsi in avanti lentamente, sentendo il mio cazzo scappellarsi contro la lingua ed il palato di Gala e scivolarle nel cavo orale. Nel giro di pochi colpi la bocca si riempì di saliva ed un suono viscido cominciò ad accompagnare ogni movimento del mio bacino, soprattutto quando la ragazza apriva la bocca per respirare.
Spingevo e ritraevo diverse volte, poi glielo infilavo dentro completamente, tenendolo in fondo per diversi secondi, come a volerla soffocare, quindi riprendevo a stantuffarle in bocca. Dopo qualche minuto, lo estrassi, lo sollevai con una mano e le ordinai di succhiarmi le palle. Mi sarei aspettato che dalle sue labbra uscisse qualche frecciatina, ma in realtà fu un mio coglione a esserne risucchiato, mentre la sua mano afferrava il mio cazzo e iniziava a segarmi. Gala non aveva lo stile e la bravura di Emma, ma non mi lamentai: piuttosto le afferrai entrambe le tette e sospirai mentre tastavo quanto fossero magnificamente sode.
La lasciai continuare, godendomi la sua bocca lavorare sulle mie palle e la sua mano menare il mio uccello, quando percepii che ero prossimo a venire. Per quanto mi sarebbe piaciuto coprire il suo splendido viso con la mia sborra, decisi che non sarebbe stato un atto di dominio quanto venirle in bocca: mi inginocchiai, afferrai la sua testa e la baciai sulle labbra. Lei ne fu stupita, ma solo per un istante, perché quasi subito la sua lingua, trascinandosi dietro la saliva che aveva riempito la sua bocca, s’insinuò dentro di me. Succhiai la sua lingua, accarezzandole il viso. Fu un attimo di dolcezza in quella scopata selvaggia, ma non volli che durasse a lungo.
Quando mi alzai per rimetterglielo in bocca, la ragazza non riuscì a mostrare un atteggiamento negativo, accettando con piacere il mio cazzo. Questa volta i colpi furono più profondi ed il suono ancora più forte. Afferrai la testa di Gala e le scopai la bocca finché non percepii il senso di disagio all’uretra che precedeva l’eiaculazione, succeduto dal mio orgasmo. Non avrei voluto darle la soddisfazione di sentirmi godere, ma non riuscii a trattenere un gemito di piacere mentre mi svuotavo nella bocca della ragazza. Restai diversi secondi in quella posizione, assicurandomi che anche l’ultima goccia restasse dentro di lei, ma quando estrassi il mio cazzo qualche stilla scivolò fuori dalle sue labbra sul suo splendido volto, colando accanto al naso. Con mia soddisfazione, quando se ne accorse, Gala la raccolse con un dito e se la mise in bocca.
– Non voglio che la tua lurida bega mi sporchi il viso – disse disgustata, succhiandosi per bene il polpastrello.
Scavalcai il letto, passandole accanto. Mi guardò sollevando la testa, confusa. Quando mi vide inginocchiarmi tra le sue gambe la sua espressione mutò completamente. La mia divenne di puro desiderio nel vedere quanto si fosse bagnata dopo quel pompino: le piccole labbra si erano fatte ancora più scure rispetto a quando l’avevo ditalinata, aprendosi al punto tale da rendere perfettamente visibile l’imbocco dell’utero, anch’esso aperto e dal quale ruscellava ambrosia in piccoli getti biancastri.
– La tua fregna cola come se si fosse rotto un tubo. Sei proprio una zoccola – le dissi disgustato, ma non avrei convinto nessuno. A quello spettacolo, mi si strinse il cuore all’idea che non fossi intento a leccare.
Le presi le gambe, me le misi letteralmente sulle spalle e appoggiai la faccia alla fica. Il profumo di donna eccitata mi investì quasi come un getto di vapore, stordendomi. Aprii le labbra con le mani e la penetrai con la punta della lingua per qualche centimetro: sentii l’ambrosia scivolarmi tra le pupille gustative, colarmi un po’ in gola, riempire il mio olfatto con il suo effluvio. Cazzo, immagino che avessi sperimentato cosa provava un felino dopo aver sniffato dell’erba gatta: anch’io avrei voluto gettarmi sul pavimento e fare le fusa, euforico.
Al mio posto lo fece la mia puttanella, sebbene sul letto: la sentii lanciare un grido roco di piacere, contorcersi al movimento della mia lingua che cercava il nettare nell’imbocco uterino. Mise le mani sulla mia testa, cercando di afferrare i miei capelli tagliati troppo corti, ordinandomi, implorandomi, pregandomi di continuare così. Mi diede del bastardo, dello stronzo, e più lo faceva e più la sua fica sembrava acquisire un sapore ancora più delizioso. Non fosse stato per il fatto che le ero appena venuto in bocca, avrei sborrato sul pavimento in quel momento, accosciato tra le sue gambe.
Soddisfatto di quella scorpacciata di nettare, sollevai la bocca dalla sua fica, mentre afferravo con due dita appena sopra la commensura e stringevo e il medio e l’anulare dell’altra mano tornavano per la seconda volta dentro di lei. – Cosa direbbero i tuoi fan se ti vedessero qui, a farti fottere da un tuo hater? – le sussurrai maligno. – Da uno che hai chiamato “pezzo di merda” e che adesso ti vuole riempire di sborra?
All’inizio non fui sicuro che mi avesse sentito tanto ansimava, dimenandosi, ma dopo qualche attimo gridò, o almeno ci provò: – Che sono una troia… la tua… tua troia.
Sorrisi. Poche cose mi davano soddisfazione quanto una donna che ammettesse di essere diventata la mia schiava sessuale: come approvazione del suo riconoscimento, presi tra le mie labbra il suo clitoride e iniziai a stilettarlo con la punta della lingua.
Le mani di Gala abbandonarono la mia testa, afferrando le coperte del letto nemmeno stesse rischiando di cadere, lanciando grida gutturali. Sperai che i muri della camera fossero spessi, meglio ancora se gli occupanti di quelle accanto fossero sprofondati in un sonno profondo, o sarebbero state chiamate le forze dell’ordine, denunciando che stessero uccidendo qualcuno nell’albergo.
La cosa comunque non durò a lungo: quando abbandonai l’uso della lingua a favore del risucchio e le dita nel suo utero iniziarono a muoversi con più vigore e forza, la ragazza smise di lanciare versi, si arcuò sulla schiena un paio di volte, sobbalzando sul materasso, spruzzò un po’ di liquido dall’uretra e poi crollò come morta senza più emettere un verso. Solo il movimento del suo petto, l’alzarsi e abbassarsi del suo splendido seno, accompagnato da un rantolo ad ogni respiro, mostrava che non avesse abbandonato questo mondo ma avesse comunque fatto una capatina in Paradiso.
La lasciai riposare un momento, riprendere le forze, oltre a raffreddare un po’ il fuoco che aveva surriscaldato la sua figa durante il cunnilingus. Supposi che le succedesse poche volte, o anche nessuna, quando faceva sesso con Arturo. Mi ero ormai convinto che il ragazzo, semmai avesse imparato a muovere il proprio corpo come si doveva durante un rapporto sessuale, non si sarebbe comunque mai comportato a letto come Gala segretamente e inconsciamente desiderava essere trattata, continuando a vederla come una principessina dispotica anche nuda e che gli concedeva il suo sesso quasi per pietà, quando in realtà lei stessa voleva essere considerata una zoccola a cui permettere di godere come se lo avessero fatto come segno di disprezzo.
Mi sdraiai alle sue spalle, abbracciandola sotto il seno e baciandola sul collo. Era bollente, la pelle coperta da una patina di sudore ed emanava un leggero sentore di sesso che mi faceva impazzire. – Sei una puttanella egocentrica, ma mi piace come godi – le sussurrai in un orecchio.
– Anche tu non fai proprio schifo con la lingua, stronzo – disse e, sebbene non potessi vederla in volto ma basandomi solo sul tono della sua voce, sorrise.
– Se la cosa non ti ha soddisfatto, – ribattei, fingendomi offeso e stringendole i seni, – allora approfitterò della tua fica per fare un altro po’ di pratica.
Lei si voltò, intercettando le mie labbra con le sue, e mostrando di nuovo che per lei i baci erano inconcepibili senza l’uso della lingua al pari di una punta da carotaggio, scivolando prima sui miei denti e poi nel mio cavo orale, quasi volesse scacciare la mia, di lingua. Sembrava volesse rifare quanto le avevo fatto io prima, ma surrogava l’assenza di un cazzo in mezzo alle gambe con l’organo che aveva in bocca. La cosa non mi dispiacque affatto, e mi chiesi come fosse lasciare a lei il comando di una scopata, magari in occasione di un giorno che era intenzionata a restituire il piacere che aveva ricevuto, immaginandomi sdraiato sul letto e lei che mi cavalcava con rabbia e violenza, spruzzandomi in faccia il suo squirto dopo essersi masturbata durante il rapporto. Un accenno di malinconia mi sfiorò il cuore all’idea che non avrei mai potuto scoprirlo.
Stefania, in arte Gala, mi baciò a lungo, appiattendo il suo seno contro i miei pettorali, accarezzandomi la schiena e la nuca con le sue mani, stringendomi a sé. Una sua gamba passò sopra le mie, avvinghiandosi, la sua fica bagnata che strisciava su e giù contro il mio cazzo ormai di nuovo pronto ad entrare in azione, le labbra che simulavano quelle di una bocca che stesse facendo un pompino lungo la parte inferiore dell’asta.
La lingua della ragazza fuoriuscì dalla mia bocca, poi mi fissò negli occhi. Potevo leggere le stesse emozioni che si agitavano nel mio cuore. – Sei un pezzo di merda, ma ti amo – confessò, poi sollevò la gamba che aveva circondato le mie. – Adesso fotti la tua troia…
Non ebbi bisogno di risponderle alcunché perché si era già portata avanti da sola: ancora prima di finire di parlare una sua mano si era insinuata tra i nostri corpi, aveva afferrato la mia nerchia e, facendolo scivolare nel solco della sua fica come se fosse stata la guida d’inserimento di un piolo in un foro, raggiunse l’imbocco del suo utero con la mia cappella e poi si sporse in avanti. Inalammo entrambi il fiato in un moto di soddisfazione mentre i nostri sessi scivolavano per la prima volta uno dentro l’altro, incontrando ben poca resistenza e spargendo liquidi corporei reduci degli orgasmi precedenti della ragazza. Cazzo, quant’era calda: mi sembrò quasi di avere un capogiro mentre la mia cappella mi restituiva una sensazione ben più soddisfacente di quanto avessero potuto i miei polpastrelli e la punta della lingua.
Dovetti fare quasi letteralmente violenza su me stesso per impedirmi di baciarla con amore e possederla con dolcezza, distruggendo quindi tutta la pantomima che avevo portato avanti fino a quel momento e abbattendo il piacere che stavo facendo vivere alla mia partner, finalmente scopata come sognava ormai da tempo. Invece, afferrandole la gamba che aveva sollevato e, cercando di non uscire da quel fodero di puro piacere pulsante e bagnato, ribaltandola sul fianco destro, mi misi in ginocchio tra le sue cosce.
– Cosa credi di fare, puttanella? Dirmi come devo comportarmi? Se voglio fottere la tua figa, la prendo senza chiedere il tuo cazzo di parere e me la sbatto finché non la riempio con la mia sborra – le sbraitai contro, appoggiandomi la sua gamba su una spalla e stringendole il collo con una mano come ad aumentare il senso delle mie parole. – Ci siamo capiti?
Lei annuì stringendo gli occhi, sottomessa e dispiaciuta per il suo ardire, quasi si stesse mettendo a piangere, ma il sorriso che la tradiva non le avrebbe di certo permesso di vincere un premio per la recitazione.
Le assestai un paio di colpi di bacino contro il suo, le mie palle che sbattevano contro il perineo e la coscia destra coperti di ambrosia. – Non hai più alcun diritto sulla tua fica. Adesso è di mia proprietà e la fotto quando voglio.
Gala si morse un labbro, i seni che sobbalzavano ai miei colpi. Una mano scese tra di noi, accarezzandomi i coglioni e l’asta intrisa di trasudo vaginale, poi risalì al suo clitoride, iniziando a fregarselo. Se c’è una cosa che non posso permettere è vedere una mia partner che si masturba per darsi piacere mentre le sto scopando la figa: con la mano che le avevo stretto la gola sollevai la sua che si stava lavorando e la scostai.
– Ti ho detto che la figa è mia – la redarguii, – piuttosto tieni ferme quelle tette che mi stanno facendo venire il mal di mare, a furia di muoversi – le ordinai mentre, con l’indice e il medio destri, iniziavo a coccolare il clitoride.
Lei sorrise e si afferrò i seni, stringendoli e, dall’espressione facciale e dai gemiti che emetteva ad ogni cigolio della rete del letto, provando piacere. Non sapevo dove posare lo sguardo per non venire in un attimo: lo spettacolo di quelle due splendide tette che sembravano due amalgami di pizza che venivano impastati, i capelli rossi, l’incantevole volto della ragazza con quelle lentiggini, il culo splendido… tutto in lei sembrava complottare contro la mia lotta all’eiaculazione.
Fortunatamente l’eccitazione non era cresciuta solo in me, e dopo pochi minuti Gala, probabilmente più per l’effetto delle dita che del mio cazzo, ebbe un altro orgasmo. La gamba che avevo appoggiato sulla mia spalla tremò come se fosse stata colpita dalle convulsioni al punto tale che fui costretto a tenerla con una mano per non farla cadere mentre potevo assistere finalmente al meraviglioso viso di Gala illuminato dal piacere sessuale, la bocca aperta da cui usciva un grido roco, profondo, gli occhi chiusi, una mano che abbandonava il suo seno per allungarsi verso di me, cercando di prendermi per avvicinarmi a lei.
Soddisfatto, le inflissi ancora qualche colpo più profondo e mi rilassai, smettendo di trattenermi. Subito dopo mi irrigidii, lasciandomi sfuggire un grido di piacere, stringendo la gamba della ragazza al petto: finalmente sentii la sborra risalire la mia nerchia con una sensazione meravigliosa e spruzzare nella figa bollente e bagnata. – Cazzo, sì! Ti amo, Stefania…
La mano che aveva allungato si abbassò sui nostri sessi, accarezzando il mio ancora dentro di lei, il seme che colava fuori nelle ultime spinte per svuotarmi completamente.
Abbassai la gamba della ragazza e mi sdraiai accanto a lei. Subito si sollevò e si appoggiò con la testa sul mio petto, facendo scivolare una mano sugli addominali e stuzzicando l’uccello che stava cercando di trovare un attimo di riposo. Mi diede un bacio sulla mascella, sussurrandomi: – Adoro essere la tua puttana, stronzo, e adoro darti piacere con il mio corpo.
Allungai una mano fino al suo sesso passando da dietro, penetrandola con il medio e bagnandolo, poi appoggiai il polpastrello sul suo ano usando le altre dita per tenerle aperte i glutei sodi, quindi cominciai a tracciare cerchi attorno al buco del culo. All’idea di quanto mi sarebbe piaciuto penetrarlo sentii il cazzo inturgidirsi un po’.
– Mi piace… – sussurrò la ragazza, apprezzando con un sorriso.
Restammo a letto per diverso tempo, facendoci le coccole. Il tempo di trattarla come una troia era finito, sostituito da quello in cui volevo dimostrarle che era la mia principessa: non lo dissi a voce, ma i baci e come muoveva la testa, accarezzandomi con la sua chioma di fuoco, lasciava intuire che dopo quella soddisfacente scopata apprezzava il calore umano. Anche quello di un pezzo di merda che l’aveva finalmente fatta sentire una puttana.
Dispiaciuto che ad un certo punto sarebbe finito tutto, sia il contatto con Gala, sia la mia vacanza, presi il telefonino sul tavolo e controllai quanto mancava per l’arrivo del pullman. Avevamo fatto sesso per tre ore, notai: un po’ troppo poco tempo da dedicare ad una meravigliosa ragazza come Stefania…
Lei lo prese dalla mia mano e, dimostrando che era il suo strumento di lavoro, accese la fotocamera premendo un tasto del volume invece dell’icona sullo schermo, allungò il braccio e un attimo dopo lo smartphone emise un suono che mi è sempre sembrato quello di nocchie che scrocchiano. Non feci in tempo a vedere come fosse venuto lo scatto perché la ragazza lavorò velocemente ad alcuni menù, inserendo un indirizzo e-mail. Un istante dopo un trillo provenne da dove avevo gettato i suoi pantaloncini.
Mi ridiede il telefono, tornando ad appoggiarsi a me. – Voglio che questo giorno resti per sempre nei nostri cuori – disse con una dolcezza che non mi sarei mai aspettato da lei considerando i giorni precedenti.
Appoggiai le mie labbra sulle sue, accarezzandole il viso. La baciai a lungo, con delicatezza. La sua lingua rimase tranquilla, lasciandosi accarezzare dalla mia. – Non preoccuparti, – le dissi infine, dopo esserci staccati, – non dimenticherò mai questo giorno. Ma adesso temo che dovrò andare.
La notizia adombrò la felicità sul suo viso. Mi abbracciò di nuovo, appoggiando il capo sul mio petto. – Mi mancherai, anche se sei uno stronzo.
La baciai su suoi splendidi capelli rossi. – Anche tu mi mancherai. Non sei nemmeno così male, una volta che ti si conosce… molto intimamente.
Ci lasciammo pochi minuti dopo. Lei si chiuse in bagno dopo avermi di nuovo baciato, sostenendo che voleva farsi una doccia prima di cercare un fotografo locale che sostituisse Arturo, e io sperai che non volesse in realtà piangere. Mi sarebbe davvero dispiaciuto.
Misi in spalla lo zaino lo zaino, raccolsi la sacca e, dopo aver afferrato le mutandine di Gala, mi riempii i polmoni del loro profumo. Fu come una dose di droga che mi colpì direttamente al cervello, e il mio cazzo mi ricordò che lui era di nuovo pronto ad entrare in azione o, più correttamente, nella padrona degli slip.
Sospirai all’idea che non avrei potuto soddisfarlo di nuovo. Guardai le mutandine strappate con i coniglietti e, quando feci per lasciarle cadere a terra, strinsi la mano e le misi in tasca. “Bottino di battaglia”, decisi. Mi avrebbero dilettato meglio di qualsiasi cosa durante il viaggio di ritorno a casa. Tanto, strappate com’erano, Gala non avrebbe potuto comunque indossarle.
– Gala… – dissi a me stesso, – non mi è venuto in mente di chiederle cosa significhi. – Guardai la porta del bagno da cui proveniva il suono della doccia. Sollevai le spalle: vabbè, non importava. Comunque ero giunto alla conclusione fosse il nome di una Winx o qualcuna di quelle eroine che piacevano tanto alle ragazzine…
Non salutai, perché dopo quella scopata non avrebbe avuto senso, ed uscii silenziosamente, chiudendo la porta perché nessuno disturbasse la ragazza mentre si lavava via l’odore del nostro amore.
Presi dalla tasca lo smartphone e richiamai la foto scattata una manciata di minuti prima. A stento trattenni un sorriso e, al contempo, le lacrime quando apparve sullo schermo. Gala era appoggiata al mio petto, girata a tre quarti affinché il suo grosso seno venisse in tutta il suo splendore e… e il suo sguardo… cazzo, sembrava mi stesse seducendo… Fui tentato di perdere il pullman, tornare indietro e possederla sotto la doccia e farla di nuovo godere fino alla follia, spinta contro le piastrelle, urlante con l’acqua che le scorreva a rivoli sul suo corpo nudo.
Mi voltai a guardare la porta della camera come se avessi potuto vederci attraverso, scorgerla mentre si passava il sapone sul suo splendido…
– Ah, alla fine non ce l’hai fatta – esclamò una voce alle mie spalle, piena di rammarico e con una punta di rabbia. – Allora adesso te ne devi andare.
Non ebbi difficoltà a ricondurla al suo proprietario. Quando mi girai, mi trovai davanti Lucio con la sua uniforme da cameriere, la delusione sul volto.
– Questa mattina, qualcuno si è divertito – commentai, poi indicai con un cenno del capo una bottiglia di champagne e due calici in equilibrio su un vassoio su una mano del mio amico.
– Se ti fossi impegnato un po’, scopandoti quella troietta e facendole una foto nuda, – disse Lucio, piccato, – passeresti la prossima settimana ancora qui, a mie spese.
Il mio sguardo cadde sul telefonino che tenevo in mano, lo schermo che si era spento. La sbloccai, caricando una foto e ponendogliela di fronte al volto. – Tipo questa?
Lucio la guardò, poi mi fissò con un’espressione piena di noia. – Sì, ma la troia dovrebbe avere i capelli rossi, non biondi. Comunque, lo ammetto, è una gran bella fica anche lei.
Voltai il telefonino verso di me. Un moto di dolcezza nacque nel mio cuore alla vista di Emma abbracciata a me, nel suo letto. La contemplai per un istante, prima di spegnere lo schermo e rimettere lo smartphone in tasca, accanto alle mutandine di Gala. – In ogni caso, non entrare nella mia stanza la prossima ora – gli consigliai rimettendomi in cammino verso l’uscita.
Lui mi chiamò lungo il corridoio. – Perché?
Mi voltai, fermandomi. – Hai presente quando ti ho spiegato quel trucco di seduzione e ho detto che mi ha funzionato tre volte su cinque? Devo aggiornare: è quattro su sei – dissi, prima di mettermi a ridere e andarmene, chiedendomi se avessi avuto ancora la possibilità di incontrare quella splendida cameriera e chiederle il contatto su Facebook o Instagram. Cinque su sette sarebbe stato ancora meglio, decisi.

FINE

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