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Racconti 69Racconti Gay

L’attor giovine

By 12 Giugno 2009Febbraio 9th, 2020No Comments

Oh quanto desideravo lasciare il mio paese, la mia povera famiglia, il mio destino segnato da un futuro di sacrifici e povero di soddisfazioni e di soldi. Una passione mi divorava: la recitazione! Fin dai tempi dell’asilo mi ero applicato e oramai non potevo rinunciare al brivido che viene dal calpestare la scena mentre senti il pubblico che tu riesci a incantare e trascinare in un universo di fantasia . . . . e ti senti il pifferaio magico!
Ma a 24 anni non si può più scherzare. O si prende la palla al balzo e si cerca di fare quello di cui uno ha la passione o ci si adagia per sempre in uno squallido e anonimo futuro fatto di fatica, pochi soldi, il bar e la frustrazione.
Per questo motivo diventavo ogni giorno sempre più nervoso e agitato, vedevo la vita sfuggirmi dalle mani e volevo disperatamente fare qualcosa per cambiare il corso di una esistenza segnata. Dopo il diploma di geometra nella scuola di paese avevo trovato solo posti precari da ‘novantista’ presso i vari comuni della zona. Mi servivano quelle esperienze esclusivamente per mettere da parte qualche soldino prima di spiccare il grande passo e, per tenermi aggiornato, navigavo su Internet dal P.C. dell’ufficio. Mi fermavo spesso oltre l’orario di lavoro con il permesso dell’architetto capo e mi infilavo in tutti i siti che fornivano informazioni sul teatro, mi scaricavo testi di drammi e commedie che poi provavo a recitare a casa, mi tenevo informato su tutte le novità.
Fu proprio tramite questo strumento che un bel giorno, ormai allo scadere del mio attuale contratto di lavoro, lessi la notizia che il celebre regista attore Massimiliano T. (detto da tutti Max) stava cercando un attore giovane per la sua prossima edizione di ‘Giulietta e Romeo’. Ci sarebbe stata una audizione due settimane dopo al teatro XY in Roma ‘si prega di contattare la segreteria amministrativa al numero . . . . per accordi’.
Rimasi folgorato dall’annuncio! Era proprio ciò che volevo e decisi in quel momento che il posto di attor giovine era mio! Come potevo non far parte del cast di quella rappresentazione visto che mi chiamavo Giulio? Presi nota del numero di telefono e chiamai tutto agitato la segreteria. Una voce annoiata, dopo avermi chiesto tutti i dati identificativi e le mie precedenti esperienze, mi diede tutti i ragguagli per l’audizione: calzamaglia nera e T-shirt bianca accompagnate da scarpe da ginnastica, i titoli dei brani di ‘Giulietta e Romeo’ che dovevo preparare, l’ora di inizio e quella prevista di audizione. Alla mia obiezione che mentre si cominciava al mattino presto la mia audizione era nel tardo pomeriggio, lei rispose ‘Ma cosa crede di essere l’unico che si presenta? Comunque se vuol restare a soffrire prima della sua audizione può fermarsi in teatro, ma deve rimanere nelle quinte senza farsi vedere in platea. Comunque se uno non va proprio bene lo viene a sapere subito (sentii un risolino nella sua voce), mentre il risultato finale ci sarà solo giovedì alle 16′. Ringraziai e riappesi.
Ora avevo finalmente un progetto concreto da realizzare e molte cose da fare e preparare: acquistare l’abbigliamento richiesto, provare alla perfezione i brani richiesti, trovare un posto dove farmi alloggiare a Roma, raccogliere il maggior numero di informazioni su Massimiliano T., sulla sua visione del teatro, ecc. ..
Galvanizzato tornai a casa dove i miei ascoltarono rassegnati le novità e poi cercarono nella loro sostanziale bontà di accontentare questo loro figlio un po’ ‘pazzo’ che voleva a tutti i costi provare la grande avventura. Mi diedero la loro benedizione anche se si leggeva in faccia il dispiacere che provavano per me e per le mie aspirazioni che, secondo loro, sarebbero state distrutte dall’amara realtà.
Mia madre mi disse che avrebbe cercato di convincere suo fratello,mio zio Arturo, ad accogliermi nella sua povera casa della periferia romana per qualche giorno durante l’audizione. Io dissi che, poiché l’audizione era il lunedì, dovevo arrivare da loro il sabato per girare un po’ la città e vedere come erano i trasporti per giungere a teatro in tempo, e che mi dovevo fermare fino a giovedì. Corsi fuori per recarmi dal negozio di abbigliamento non lontano da casa alla ricerca della calzamaglia. Ne presi due (perché non si sa mai) ed una sola T-shirt bianca (a casa ne avevo già una che avrei fatto lavare e stirare come se fosse un capo di alta moda).
Tornato a casa mia madre mi disse che lo zio Arturo mi avrebbe ospitato in un letto pieghevole che teneva nell’ingresso della sua piccola casa ma che aveva bisogno di un ‘contributo’ per le spese di vitto e alloggio; aveva concordato 100 euro. Mi chiese ‘Ce li hai?’ Per fortuna i soldi che avevo messo da parte mi sarebbero bastati. Lei mi abbracciò e mi disse ‘In bocca al lupo! Comunque vada ti vogliamo bene’. Ringraziai anche mio padre che aveva un po’ gli occhi lucidi e dissi ‘Non vado mica al macello! Vado solo nella grande e tentacolare città cattiva, quella che inghiotte le persone che si avvicinano a Lei e non le risputa più fuori!’. La tensione si allentò su questa mia battuta.
Mi dedicai praticamente a tempo pieno a provare e riprovare i brani indicati e a raccogliere il maggior numero di informazioni sul regista. Quello che scoprii sul suo percorso artistico mi inquietò un po’, ma, dal punto di vista teatrale, mi affascinò al tempo stesso. Massimiliano T. era stato allievo del grande Corrado P. e fin da giovane aveva colpito il pubblico e la critica con il carisma della sua recitazione e alcune audaci intuizioni registiche.
Non ancora trentenne si era cimentato nella regia e aveva portato in scena alcuni liberi allestimenti tratti da testi classici di Pirandello e di Shakspeare basandosi sul presupposto di ‘adattare i classici alla realtà odierna’. Questo percorso era culminato 6 anni prima in una edizione di ‘Romeo e Giulietta’ che aveva scandalizzato ma al tempo stesso consacrato nell’empireo dei grandi il regista e attore. L’allestimento prevedeva gli attori in scena vestiti solo con calzamaglie color carne. Tutti i ruoli venivano interpretati da maschi e Romeo abbracciava Giulietta da dietro simulando atti sodomitici.
Dopo quel grande successo tutte le sue rappresentazioni avevano sempre suscitato scandalo ma al tempo stesso avevano richiamato grande pubblico ed erano quindi stati successi commerciali. Ora la sua poetica teatrale lo stava portando a ‘ . . . collocare i classici nel loro tempo adattando i contenuti e non le forme alla lettura della realtà odierna. ‘ ‘. (Mah che cavolo vorrà dire?).
Massimiliano T. era inoltre sostenitore del metodo Stanislavskij, della capacità degli attori di assumere ruoli diversi, del fatto che un attore doveva indossare al 100% ‘. . la pelle, le sembianze e l’anima del personaggio che interpreta. . .’
Leggere queste notizie mi fece dare un’attenzione particolare alla mia preparazione dei brani che dovevo recitare. Erano tutti i brani con Romeo e Giulietta: la scena del bacio, quella del balcone e quella del terzo atto con la nutrice.
Mi resi conto che il regista avrebbe voluto vedere che l’attor giovine sapesse recitare in tutti i ruoli, nutrice compresa. Mi dedicai quindi a preparare con attenzione tutte quelle scene a portare a memoria le frasi e i tempi, a studiare i gesti. Poi li ripetei cercando di pensare di essere nella ‘pelle, nelle sembianze e nell’anima’ dei personaggi.
Guardai con occhio critico il mio fisico. Non ero molto alto (poco più di un metro e settantacinque), non magro ma nemmeno sovrappeso, poco peloso, l’unica concessione erano i capelli che avevo lasciato crescere e che tenevo raccolti a coda di cavallo. Pensai più volte se tagliarli o meno. Poi giunsi alla conclusione che qualsiasi fosse il personaggio che avessi dovuto interpretare andavano bene e allora me li lasciai.
Ogni tanto mi fermavo e mi confermavo nella determinazione: dovevo avere quel posto a qualsiasi prezzo! Per me era diventata oramai una ossessione cercare di andare via dal mio paese e di riuscire nella carriera di attore. Ma quanto sarei stato disposto a pagare per il mio sogno? Da quanto avevo letto non potevo assolutamente escludere che Max T. fosse gay.
Un giorno mi chiesi seriamente (ma se lui mi chiede di fare sesso con lui in cambio del posto lo faresti?) Ecco una domanda veramente tosta. Ci riflettei seriamente e poi mi risposi senza alcun dubbio (Farei anche sesso con lui). D’altra parte quante attricette dovevano il loro successo ad uno spregiudicato gioco di gambe e di figa?
Ma essermi dato quella risposta sincera mi pose un altro problema: non volevo arrivare ‘impreparato’ all’ipotetico evento come non volevo essere impreparato al provino, quindi dovevo esercitarmi. Mi chiusi in bagno e cominciai a pensare a cosa mi poteva toccare: fare una sega, fare un bocchino, prenderlo nel culo. Mentre la prima cosa pensavo di poterla affrontare, sulla seconda pensavo di avere qualche remora ma più che altro non sapevo come e con cosa provare. Per la terza ipotesi pensai che dovevo cominciare ad abituare il mio buchino ad ospitare. Cercai una crema, mi sedetti sul bid&egrave dopo essermi tirato giù pantaloni e mutande, e con il dito indice pieno di crema per il viso cominciai ad accarezzare l’ingresso del mio buchino. Avvertivo contrazioni istintive ma colpo dopo colpo sentivo che la rosetta si stava aprendo e quindi provai a spingere ma fui respinto da una contrazione più forte. Rimasi lì a girare un po’ attorno allo sfintere e poi riprovai a penetrarlo e questa volta la prima falange fu accolta nell’ingresso del culo. Rimasi indeciso su come proseguire, decisi quindi di allargare l’ingresso con movimenti circolari.
Sorprendentemente l’anello sfinterico accettava questo spanamento senza avvertire dolore come temevo. Proseguii con il mio accarezzare ritmico e circolare avvertendo le tensioni dell’imbocco all’intestino attenuarsi progressivamente. Dopo qualche minuto percepivo un certo languore e provai a introdurre anche il medio assieme all’indice. Sentii che i muscoli a protezione del mio gioiellino cedevano dolorosamente alla penetrazione e arrestai la introduzione dopo che le prime falangi si erano inserite. Passato qualche istante avvertii delle contrazioni che attenuandosi cominciavano a dare il ben venuto al nuovo ospite e quindi ripresi a muovere le dita circolarmente.
Chiusi gli occhi e immaginai di interpretare una parte in una commedia: l’uomo violentato e posseduto contro la sua volontà. A questo punto aggiunsi anche l’esercizio di fellatio e mi ficcai in bocca tre dita dell’altra mano e cominciai a succhiare come se stessi sbocchinando uno dei miei violentatori. Ma la cosa che più mi sconvolgeva fu che il continuo titillare nel mio culo non mi causava dolore ma anche un leggero e continuo illanguidimento. Continuai per alcuni minuti sostituendo il movimento circolatorio a quello di penetrazione dentro e fuori fino a che alcune gocce di liquido pre spermatico apparvero sulla punta del mio uccello. A quel punto interruppi la deflorazione del mio buchino e impugnai l’asta e cominciai una sega che terminò con una sborrata davvero notevole.
Nei giorni successivi continuai in maniera sistematica a provare e riprovare sia le parti di Giulietta e Romeo che gli esercizi di preparazione del mio culo alla eventuale penetrazione e della mia bocca alla ciucciata di un cazzo.
Arrivò in un baleno il giorno di partire e mi sembrava di non aver ancora preparato a sufficienza le parti. Abbracciai i miei e salii sul treno diretto verso la capitale. Dopo oltre due ore di viaggio giunsi a Termini poco prima di mezzogiorno. Senza neanche mangiare volli recarmi subito al teatro. Lo guardai e girai intorno all’isolato e cercai di ricordarmi tutto il circondario perché volevo che quello diventasse il mio posto di lavoro!
Mi recai dopo alla casa dello zio Arturo e della zia Gisella. Fu un’odissea. Dovetti prendere la metropolitana fino quasi al capolinea. Poi un autobus e infine un altro autobus ancora fino al capolinea. Lì mi aspettava uno spettacolo di periferia urbana frutto di recente urbanizzazione selvaggia. Camminai con il mio borsone sotto il sole di giugno e raggiunsi infine il condominio degli zii.
Fui accolto dalla rassegnata soddisfazione dei parenti che non possono nascondere, a causa della loro generosa ospitalità, la realtà di una onesta miseria. Mio zio fa il muratore, mentre la zia fa pulizie nelle case. Dei due figli uno aveva scelto di fare il militare e a fatica era entrato nel corso sottoufficiali, mentre l’altro era in attesa di far parte dei vigili del fuoco.
Ero oggetto di curiosità perché volevo intraprendere una carriera che non rientrava nemmeno lontanamente nelle loro prospettive. Fui oggetto di un bombardamento continuo di domande che si calmarono solo a sera quando preparammo il letto contenuto in un mobile dell’ingresso che assomigliava ad un comò.
Passai la domenica a ripassare mentalmente le parti e a fare le prove di percorrenza dalla casa degli zii al teatro. Ci volevano quasi due ore! Mi sarei alzato all’alba, ma perlomeno non avrei disturbato nessuno perché anche i miei parenti dovevano fare lo stesso.
ettoreschi@yahoo.it Salutai gli zii e i cugini e con il cuore impazzito dalla tensione mi avviai verso il mio destino. Portavo uno zainetto con le calzamaglie e le T-shirt conservati con cura religiosa. Durante il lungo percorso con i mezzi pubblici mi ripetevo continuamente che non volevo fare la fine dei miei genitori, dei miei zii, di tutta la mia famiglia. Non ne potevo più del mio paese e trovavo che i miei amici si stavano rivelando poveri, di contenuti e di ambizioni; al tempo stesso pensavo che se l’alternativa al morire soffocato nel paese era quella di diventare un proletario sottopagato nell’estrema periferia della capitale, come era successo agli zii, questo non faceva assolutamente per me.
Dovevo avere quel posto a qualsiasi prezzo!
Me l’aspettavo ma quando girai l’angolo della via che portava all’ingresso artisti del teatro XY fui preso da un breve attacco di depressione: il marciapiede e anche un pezzo di strada erano occupati da una cinquantina di giovanotti vocianti: i candidati all’audizione!
Feci un respiro profondo e mi riconfermai che volevo quel posto a tutti i costi e mi lanciai. Alle nove in punto venne aperto l’ingresso degli artisti e potemmo entrare. Ci vennero indicati i camerini dove potevamo indossare le calzamaglie. In un vociare da primo giorno di scuola ci fu un’esplosione di mutande maschili di tutti i tipi e colori, di gambe più o meno pelose, più o meno arcuate, di culi più o meno grossi ed infine di calzamaglie nere. Poi fu il momento dei bicipiti, dei pettorali ,delle schiene e alla fine delle T-shirt bianche. Mi sembrava di essere nelle viscere del Colosseo con gli altri gladiatori prima di scendere in campo nella tenzone che avrebbe determinato la vita o la morte di tutti eccetto di uno.
Ci fecero radunare sul palco in tre file distanziate di due metri l’una dall’altra. Io venni collocato nell’ultima perché eravamo distribuiti in ordine di comparizione. Eravamo lì un po’ nervosi quando il brusio cessò di colpo e apparve sul palco di fronte a noi un uomo che sembrava più grande della sua stessa statura: Massimiliano T. il regista nonché nostro imperatore nello scontro gladiatorio tra aspiranti attori.
Alto oltre un metro e ottanta, capelli castani lisci della lunghezza di quelli di un paggio ma divisi nel mezzo da una riga, un pizzetto ampio e un po’ mefistofelico ma la caratteristica che colpiva maggiormente erano gli occhi: due carboni neri che ti fissavano e ti perforavano dentro penetrando i più recessi meandri della tua anima. Non era magro ma non aveva un filo di grasso in più. Era ben proporzionato con le spalle un po’ esili forse, indossava una calzamaglia nera ed una T-shirt bleu scuro. In silenzio passò lentamente davanti ad ognuno di noi e ci squadrò dalla punta dei piedi alla sommità degli occhi, su cui il suo sguardo indagatore si soffermava sempre qualche secondo di troppo. Quando mi fu davanti mi imposi di non mettermi sull’attenti ma di essere sciolto e sereno e di fissarlo cercando di trasmettergli la serenità interiore che mi stavo imponendo di avere. Lo fissai sorridendo e i suoi carboni mi radiografarono l’anima, ma siccome era l’anima di un ragazzo determinato e appassionato per questo mestiere non vi trovò nulla di cui vergognarsi.
Terminato il giro confabulò con alcuni collaboratori e alcuni di noi vennero allontanati prima ancora di cominciare le prove vere e proprie. Passò poi a interrogarci uno ad uno di fronte a tutti gli altri, chiedendo informazioni personali e cercando con ognuno di trovare qualcosa che ci provocasse e che ci mettesse sotto pressione. Molti reagirono arrossendo o insultando a loro volta il regista e vennero allontanati. E venne il mio turno.
‘dove vivi?’ ‘A F. in Umbria’.
‘Ah il paese famoso per le checche!’ (risolini dalla platea di candidati)
‘Non mi risulta. L’unica storia un po’ strana riguarda il farmacista!’
‘Come mai un geometra vuole diventare attore? Vuoi forse prendere le misure dei cazzi e dei culi della compagnia’ (ancora risolini) ‘Se &egrave per questo anche delle fighe e delle tette. Ma a parte gli scherzi lo voglio perché &egrave la mia passione!’
‘Ah e quanto sarebbe disposta la novella Sarah Bernardt a fare per soddisfare la sua passione?’ ‘Quasi tutto’ ‘Dove si ferma il quasi?’ ‘Certamente non ad uccidere. Quanto a dove si ferma spero sia Lei a farmelo capire’ Lo guardai con un sorriso e con l’espressione più serena che riuscii a dare. Brontolando disse ‘Non mi piace che gli attori si pongano dei limiti!’ ma si allontanò passando all’esame del successivo senza scrivere niente sul suo elenco: voleva dire che nel pomeriggio avrei fatto l’audizione.
Quando venimmo allontanati dal palco e invitati a restare nei camerini fino all’ora prevista del nostro test, io mi infilai di nascosto nelle quinte e osservai alcune delle prime audizioni. Dopo tre errori ti cacciava via. Lui interpretava la parte complementare a quella richiesta all’aspirante attore. Faceva continuamente cambiare ruoli. Una volta cacciò un attore perché nella scena del bacio nel primo atto, interpretando il ruolo di Giulietta aveva baciato come bacia un uomo! Dopo un po’ mi allontanai e passai tutto il tempo a ripassare le parti sulla base di quello che avevo visto e sentito.
Nel pomeriggio, dopo un panino veloce, venne il mio turno. Respirai a fondo e mi feci il training autogeno che avevo individuato per evitare di farmi condizionare quando lo avrei dovuto baciare (era ormai chiaro che, interpretassi Giulietta o Romeo, dovevamo baciarci). Entrai nel palco e vi trovai il candidato precedente. Il primo pezzo era la scena a tre con la nutrice e io fui chiamato a interpretarla. Cercai di renderla simpatica, affettuosa e petulante come a mio avviso Shakspeare aveva fatto, ma la mia interpretazione passò in secondo luogo rispetto ai tremendi cazziatoni che il regista rivolse all’altro giovane. Terminato il brano lo mandò via in modo molto brusco, poi si rivolse a me ‘Facciamo la scena del balcone: io interpreto Giulietta e tu sarai Romeo. Pronti via Scena II !’
‘ Ride delle cicatrici chi non &egrave mai stato ferito.
(il regista prese posto sul balcone e io mi rivolsi a lui)
Ma, piano, quale luce erompe da quella finestra?
&egrave l’oriente, e Giulietta &egrave il sole! Oh, sorgi bel sole,
e uccidi la luna invidiosa che &egrave già malata e pallida di rabbia, . . . ‘
Recitammo entrambi con slancio e lui era così bravo che mi sembrava proprio di vedere davanti a me Giulietta anche se era dotato del suo pizzetto mefistofelico. Alla fine, grugnì un ‘Basta così’ e ridiscese venendo verso di me. ‘Ora facciamo la scena quinta, quella del bacio; io sarò Romeo e tu Giulietta. Cominciamo da quando Tebaldo esce di scena. Pronto?’ ‘Un attimo che devo cambiare personaggio!’ Dicendo così mi tolsi l’elastico ai capelli e scuotendo la testa li lasciai sciolti come quelli di una donna, con un respiro profondo mi immedesimai nella tenera Giulietta e dissi ‘O.K.!’
Lui cominciò ‘Avessi profanato con la mia mano indegna
questo sacro santuario, rimedio al mio peccato:
queste mie labbra, pellegrini rossi di vergogna,
con un bacio correggono quel tocco indelicato.’
Fu il mio turno ‘Buon pellegrino, la vostra mano giudicate con più calma, . . .’ e proseguimmo fino a che Lui si avvicinò a me, mi mise la mano destra nell’incavo alla fine della schiena prima che cominci il culo, mi strinse a se ‘E allora resta immobile, mentre colgo il frutto delle mie preghiere.’ Avvicinò le sue labbra alle mie, io le dischiusi e chiudendo gli occhi mi lasciai prendere. La sua lingua mi frugò in bocca alla ricerca della mia, che ricambiò la reciproca conoscenza. Cercai di tenerla morbida come pensavo avrebbe fatto Giulietta. Ero tutto teso alla recitazione ma non potei non notare che sia a me che a lui cominciava una leggera erezione. Staccò le sue labbra e riprese ‘Così le tue labbra cancellano il peccato dalle mie.’ Proseguimmo a recitare con lui che mi abbracciava fino a che non venne il momento del secondo bacio. Non chiusi gli occhi ma li posai sul suo volto cercando di trasmette il sentimento di amore che in quel momento Giulietta doveva provare. Fu un bacio passionale e molto umido con le lingue che si intrecciavano nella mia bocca. La sua mano scese ad artigliarmi il culo mentre l’altra mano risaliva ad accarezzare il mio ‘seno’. Mi sforzai di non pensare a quello che vedevo e sentivo ma a quello che recitavo e così mi abbandonai ancora di più alla foga dell’uomo che mi voleva.
‘E adesso entra in scena la nutrice’ mi sussurrò all’orecchio leccandomelo con la lingua. Gli sussurrai alla sua orecchia ‘Allora dobbiamo smettere!’. Mi accarezzò l’uccello dicendo ‘Vedo che a Giulietta &egrave dispiaciuto l’ingresso della sua nutrice!’. Si staccò da me e fissandomi a lungo mi disse ‘Passa dalla segreteria prima di uscire e fatti spiegare come venire mercoledì mattina per un’altra audizione. Così vedremo quanto sei veramente disposto a fare per la tua passione! Ora aspetta che faremo assieme al prossimo candidato la scena con la nutrice e tu interpreterai ancora Giulietta.’ Facemmo così e uscendo mi recai nell’ufficio della segreteria amministrativa dove alla mia notizia la segretaria di produzione, una bionda un po’ grassottella, se ne uscì esclamando ‘Anche di mercoledì audizioni! Ma quanti ne seleziona?’ Chiesi timidamente quanti fossero i candidati ed ella mi rispose che finora erano tre con me.
Contento ma anche preoccupato per la presenza di una concorrenza ridotta ma non domata, me ne tornai a casa degli zii. Vollero sapere come era andata e rimasero stupiti che fossi ancora in gara, addirittura tra i primi tre o quattro. Io invece avevo altre preoccupazioni. Quella notte ripassai tutti i secondi della mia audizione ed ero perplesso. Avevo recitato molto bene per essere un autodidatta, con slancio e partecipazione, immedesimandomi di volta in volta nel personaggio che interpretavo. Quello che mi turbava erano due cose:
l’attenzione sessuale che Massimiliano aveva chiaramente dimostrato nei miei confronti;
il piacere che mi aveva dato il contatto con Massimiliano durante le scene più audaci.
Mi riecheggiavano inoltre nelle orecchie le sue parole ‘Così vedremo quanto sei veramente disposto a fare per la tua passione’ mi sembrava chiaramente una ‘minaccia’ di avere atti sessuali con me. Vista poi la foga con cui lui interpreta Romeo non ho dubbi su quale sia il ruolo che mi spetta nella recita! Ma il turbamento che più mi infastidisce &egrave che interpretare Giulietta in quel modo e soprattutto il contatto con Massimiliano mi ha eccitato e mi ha quindi dischiuso un orizzonte che mai avevo immaginato potesse interessarmi. Avevo avuto alcune avventure con ragazze, non tantissime, ma comunque la mia inclinazione non era mai stata in dubbio e ora mi ritrovo a eccitarmi nel farmi baciare da un uomo e a farmi palpare il culo e a pensare con tremore e senza aver deciso come comportarmi il posdomani quando lui cercherà l’unica verginità che ancora mi rimane!
Mi rigiro nel lettino fino a che la stanchezza e la tensione non mi regalano un po’ di sonno ristoratore. Il giorno dopo mi ripasso tutto il testo di Shakspeare, ma ogni tanto mi interrogo sul mio domani. Alla fine di una giornata alquanto tormentata ho preso la mia decisione. Il mondo &egrave pieno di attrici che devono il loro successo al fatto che hanno allargato le cosce al personaggio giusto. A me Massimiliano T. piace (professionalmente parlando), &egrave una persona che mi può insegnare moltissimo, e poi . . . non &egrave stato così antipatico trovarsi a così stretto contatto. Perché dovevo privarmi di una esperienza che comunque avrebbe arricchito il mio bagaglio recitativo? Fu quindi con questa ritrovata serenità che dormii profondamente prima dell’audizione decisiva.
Il giorno dopo salutati zii e cugini mi lanciai nell’odissea di raggiungere il teatro con i mezzi pubblici. Con me il fido zainetto con il copione e le calzamaglie e le T-shirt. Puntuale mi presentai al portone dell’ingresso artisti e fui mandato subito in platea. Il palcoscenico era cambiato rispetto al primo giorno di prove. Oltre al balcone si trovavano alcuni scenari, una dormeuse, un tavolo con alcune sedie.
Su una di queste si trovava Massimiliano che senza neanche girarsi mi disse ‘Ciao Giulio. Cambiati pure qui che cominciamo subito.’ Un respiro profondo (hai un bel dire che sei disposto a farlo quando &egrave il momento &egrave sempre dura!) e mi tolgo pantaloni e camicia e indosso la calzamaglia e la T-shirt. Massimiliano in tono duro mi dice ‘Devi indossare solo la calzamaglia e la T-shirt! Niente orpelli come mutande o canottiere!’. Arrossendo mi denudo il torace e indosso la maglietta bianca, metto poi in mostra le mie grazie più profonde prima di reindossare solamente la calzamaglia. Il regista, che mi ha guardato e soppesato apertamente, si avvicina e comincia. Mi fa lavorare su molte scene e interpretare vari personaggi. E’ un piacere ascoltarlo o vedere come ti presenta il tuo ruolo interpretandolo prima di te: &egrave una persona di una cultura immensa, che ha una sensibilità molto spiccata per capire le persone. Mi rassereno e lavoro con attenzione. Dopo due ore se ne esce con un ‘Bene! Ora facciamo una pausa’. Ci stiriamo i muscoli per far sciogliere la tensione. Mi offre da bere un po’ d’acqua e poi mi invita a sedermi sulla dormeuse. Sono stanco ma felice. Lui continua: ‘ Quindi nel recuperare la forma antica devo avere tutti attori maschi perché ai tempi di Shakspeare le donne non potevano recitare in pubblico.’ ‘Forse anche per questo nei suoi testi non mette mai scene esplicite di sesso’ dichiarai io. Lui di rimando ‘No. Era dovuto alla cultura di allora che evitava di esprimersi in tal senso. Ad esempio prendi la scena VI in cui Padre Lorenzo sposa i due amanti. L’autore se la cava portando fuori dalla scena i due sposi e non facendo vedere che celebra il matrimonio. Ma a quei tempi celebrare il matrimonio voleva dire anche consumarlo e io vorrei proprio aggiungere a questa scena anche la celebrazione e la consumazione del sacramento!’ Da sciocco me ne uscii con ‘Ma come conta di fare’ Con un sorriso mefistofelico e gli occhi brillanti mi disse ‘Perché pensi di non poterla recitare quella scena?’ Deglutii e gli risposi ‘No. Solo che Giulietta &egrave una quattordicenne, non sa nulla di queste cose, mi chiedevo solo come faceva a partecipare’ (oddio guarda dove mi sono andato ad infilare con i discorsi!). ‘Sicuramente &egrave Romeo che prende per mano Giulietta e l’accompagna lungo il cammino della scoperta del nuovo piacere! Vieni che proviamo!’ Non era un invito era un ordine, o almeno così lo interpretai. Max mi sciolse la coda di cavallo dei capelli e accarezzandomi il viso portò il suo volto a contatto con il mio ‘Prima Giulietta cede ai suoi baci e alle sue carezze’ così dicendo cominciò a succhiarmi il lobo dell’orecchio, poi passò alla bocca dove ci perdemmo in un bacio umido e profondo che mi lasciò senza fiato. Le sue mani correvano sotto la maglia fino ai miei capezzoli che vennero carezzati e pizzicati. Poi fu il turno della maglietta di sparire dalla scena, unita alla sua. ‘Romeo ora passa a baciare il corpo di Giulietta ‘ E dopo aver detto queste parole le sue labbra e la sua lingua cominciarono a percorrere lunghe strade sul mio torace. Avevo gli occhi chiusi e la pelle d’oca. Mi piaceva e al tempo stesso ero turbato perché le convenzioni morali non si cancellano con un atto di arbitrio dell’intelletto. Il pizzetto faceva da apripista procurandomi un leggero solletico, poi le labbra e lingua passavano a sedare questo solletico e volte anche a succhiare la mia pelle, specialmente nei punti più delicati e sensibili, negli anfratti e nelle pieghe del corpo. Le sue mani mi avevano sfilato la calzamaglia e, con questa operazione, avevano anche liberato il mio uccello che stava gridando ai quattro venti il suo apprezzamento per la situazione. Passarono poi a carezzare le gambe ed in particolare le cosce, prima sul muscolo poi all’interno, risalendo quindi verso il mio uccello. ‘Dopo essersi denudati, Romeo si dedica al punto massimo di piacere della sua Giulietta’.
Ormai stavo ansando travolto dal piacere e dall’insolita situazione che mi trovavo a vivere, volevo contraccambiare ma non sapevo come fare poi due pensieri mi si affollarono (devi essere come sarebbe Giulietta e pensa a tutte le attrici che devono la loro carriera al letto!). Lasciai che Massimiliano facesse del mio corpo quello che desiderava e mi posi in una insolita posizione ad ascoltare ed assecondare i movimenti e i desideri del mio ‘Romeo’. Egli stava baciandomi le palle, dopo aver leccato l’asta del mio uccello, e con la barba stava stimolando l’interno delle cosce. Allargai le gambe e le sue mani mi spinsero in fuori le chiappe per favorire la sua lingua alla ricerca del mio buco.’Giulietta, mia Giulietta, preparati a ricevere il tuo Romeo dentro di te’ Erano parole pazzesche che mi stavano arrapando e facendo immedesimare sempre più nella parte. ‘Dovrai lasciare che prima la mano poi il mio corpo caldo si insinuino in te facendoti conoscere quello che non hai mai provato prima di allora’. Mi sembrava di impazzire dal piacere; nessuna ragazza mi aveva mai baciato lì e quello che sentivo erano scariche elettriche che corto circuitavano il mio cervello sulla posizione di piacere massimo. Lo sentii armeggiare con le mani distanti dal mio corpo poi il suo dito medio si posò, umido di crema, sul mio buchino e cominciò un lento massaggio circolare teso a distendere la pelle d’ingresso. Avevo delle contrazioni istintive ma non ero stato ancora violato, cercai di rilassarmi con un respiro profondo che però assomigliò ad un rantolo di piacere (e forse lo era), il suo dito ora stava cercando con il movimento circolare di sforzare l’apertura dell’anello e si doveva scontrare con la mia verginità e con le mie contrazioni. ‘Spingi in fuori e poi rilassati’ mi sussurrò il mio Romeo; feci come mi disse e mi ritrovai la prima falange dentro che cercava di spanare il buco con il suo lento ma deciso movimento. D’improvviso estrasse il dito e le mie terminazioni riconquistarono la posizione iniziale, lasciandomi al tempo stesso stremato ma insoddisfatto come se uno strano prurito all’ingresso del culo mi chiedesse (dove &egrave finito quel bel ditino?) Ed il bel ditino, carico di crema, non si fece attendere e riconquistò in un baleno l’ultima posizione conquistata.
‘Fai tu Giulietta il ritmo del tuo piacere spingendo e rilassandoti, ogni volta che vuoi che conquisti terreno in te’. Queste parole mi diedero una scarica incredibile di ormoni e di non so che altro, cominciai allora, prima lentamente poi con frequenza maggiore a spingere in fuori e poi a stringere con il condotto rettale. Ad ogni movimento il suo dito conquistava così in modo naturale centimetri nel mio intestino e quel nuovo terreno conquistato veniva adeguatamente massaggiato e lubrificato. A volte le contrazioni involontarie che mi partivano in maniera asincrona rispetto al suo incedere mi provocavano delle fitte di dolore, ma questo passava, quello che restava erano il piacere e la consapevolezza che il mio corpo era penetrato, che mi stavo donando come mai avevo fatto ad un uomo. Il mio uccello era pieno di secrezioni pre eiaculatorie, ma nessuno lo toccava e io pensai che era sconveniente che Giulietta si procurasse piacere in questo modo autarchico, perciò mi concentrai sul dito che mi stava profanando il culo, sulla bocca che succhiava il mio ombelico e sulla mano che titillava il mio capezzolino.
Alcuni minuti dopo (ma a me sembrarono dei secoli) il mio buco era tutto umido e non avvertivo più lo sforzo dell’anello sfinterico a seguito del sapiente massaggio del mio Romeo; egli passò quindi a raddoppiare il numero di dita, e in pochi minuti anch’essi, umidi di crema si installarono stabilmente nelle mie intimità e le allargarono in modo dolce ma deciso. Romeo, dopo un breve armeggiare, si staccò da me, mi fece mettere sulla schiena guidandomi nel movimento con le dita che mi governavano il culo, posò le mie gambe sulle sue spalle, continuò per pochi istanti ancora a massaggiarmi l’ingresso della mia umida grotta e poi (&egrave il momento! Oh mio dio come farà male!) mi sentii svuotato del mio ospite. I miei tessuti reagirono istericamente un po’ riappropriandosi del proprio spazio vitale un po’ provando nostalgia dell’ospite indiscreto ma piacevole. Sentii le sue mani unte di crema allargarmi le chiappe, poi la sua cappella appoggiarsi all’ingresso. Strinsi inconsapevolmente il cancello d’accesso e ancora una volta giunse rassicurante la voce del mio Romeo.
‘Guida tu Giulietta. Come sai e quando vuoi!’ Con un sospiro di serenità spinsi e rilassai i muscoli fin che potei e . . . ‘Ahhhh!’ l’urlo mi uscì spontaneo quando la cappella fece il suo ingresso nell’anello che proteggeva le mie intimità più profonde e più preziose. ‘Si il dolore adesso passa. Abituati con calma alla mia presenza’ Accompagnò le sue parole con una carezza sulla pancia e, risalendo, sulle mie tettine. Sembrava che non gli importasse nulla di incularmi, che lui fosse solo lì di passaggio per farmi un favore. Io invece ero lì, stavo sudando e, a forza di respiri profondi, stavo prendendo atto che un cazzo non &egrave un dito e nemmeno due. Ma la natura fece il miracolo e anche il cammello che non passava nella cruna del mio culo piano piano mi sembrò assumere dimensioni più consone (o forse fu il mio culo che riuscì ad adattarsi alla deflorazione). Spinsi e rilassai ancora e cominciò così la lenta marcia del suo cazzo duro come il marmo e caldo come lava nel mio culo vergine. Ad ogni passettino mi sembrava di aver raggiunto il limite di sopportazione, poi aspettavo e mi rendevo conto che forse potevo andare avanti ancora un po’, le pareti dell’intestino prossime all’ospite sembravano chiedere di conoscerne i contorni e le pieghe più intime, e allora spingevo e stringevo con i miei tessuti e lui mi invadeva sempre di più.
Infine sentii che era arrivato in fondo, le sue palle sbatterono contro le mie chiappe e lo ebbi tutto dentro. Chiusi gli occhi come quando si &egrave raggiunto un risultato faticoso e poi volli conoscere a fondo il mio ospite. Strinsi lo sfintere e i muscoli intestinali più volte a cogliere le venuzze e i contorni nodosi della mazza che mi stava devastando dolcemente le viscere. Massimiliano dopo qualche istante si chinò sulla mia schiena a baciarmi sulla spalla sussurrando ‘Grazie Giulietta’. Ma facendo così lui uscì a metà! Mi sentii svuotato e privo di qualcosa che mi rendevo completo, un tutt’uno con l’uomo che mi stava possedendo. Istintivamente contrassi i muscoli a catturarlo e . . . lui si fece catturare tutto con maggiore frenesia. Cominciò allora il gioco del dentro e fuori, del riempirmi tutto e dello svuotarmi e poi, pian pianino riempirmi nuovamente. A volte le mie contrazioni non erano a tempo con lo spingere di Massimiliano e allora il dolore attraversava come una scarica la mia spina dorsale per trovare rifugio in qualche meandro del cervello, da dove veniva poi rapidamente scacciato dalla sensazione di piacevole pienezza e di armonia del movimento.
Sentivo che Massimiliano era oramai sull’orlo dell’eiaculazione, ma non aumentava di troppo il ritmo riusciva a controllarsi oppure voleva una scopata molto soft (forse per rispetto del mio culetto vergine e di questo gliene fui grato). Cercai di assecondarlo accelerando io le contrazioni che favorivano il su e giù ed in questo mi sembrava ancora una volta che non ce l’avrei fatta a resistere. Allora urlai ‘Dai. Vieni, vieni o mio Romeo’ ‘Si Giulietta si! Siiiiiiii!’ I suoi ultimi colpi furono violenti e accompagnati da una sensazione di caldo nell’intestino: era la sua sborra che mi stava inondando il condotto rettale. Restammo quindi immobili, Massimiliano svuotato col il cazzo che cercava di tenere occupato il suo premio anche se la tensione lo stava abbandonando, io che con le mie contrazioni salutavo il mio ospite che si stava preparando al congedo dalle mie viscere.
Qualche minuto dopo ci separammo distendendoci l’uno di fronte all’altro sulla dormeuse. ‘C’&egrave dello scottex dalla tua parte me ne passi un po’?’ Mi chiese. Mi girai e ne presi alcuni fazzoletti e gliene passai la metà. Con gli altri mi asciugai dello sperma che mi fuori usciva dal culo, mentre lui ripuliva il cazzo e le mani. ‘Grazie’ mi disse e mi fissò con gli occhi attenti. Attesi un momento poi mi ricordai e sorridendogli gli dissi ‘Grazie a te Romeo!’. Allora un sorriso comparve sul suo volto (che bischero! Pensava ancora alla audizione. Devo ricordarmene sempre!) e lui mi disse ‘Ora prova tu ad interpretare Romeo!’ Dicendo questo i suoi occhi non mollavano i miei quasi a volersi assicurare che il messaggio nascosto in queste parole venisse raccolto, inoltre la sua mano carezzava languidamente il suo petto e poi scendeva lungo i fianchi a toccare le sue chiappe. (Ma voleva che lo inculassi o cosa?) Mi resi conto allora che il mio cazzo, anche se completamente umido, non era ancora venuto e l’uomo che era in me voleva ora la sua parte.
Mi lanciai allora in un percorso di baci sul torace e sull’addome di Massimiliano, che si era disteso sulla schiena allargando le gambe quasi a voler dire fai di me ciò che vuoi. Ma questa volta la mia passione poté esprimersi liberamente. Dovevo solo pensare di avere una donna tutta per me, ma che dico una persona tutta per me, una persona che avrebbe riempito di piacere il mio terminale estremo! Riandai con la memoria a quello che avevo subito prima e allargandogli le cosce cominciai a massaggiare la pelle intorno al buco del culo. Mi lubrificai le dita e cominciai il massaggio pensando che quella era la sua figa, la figa della mia Giulietta (O Dio devo ricordarmi che questa &egrave un’audizione!) ‘Mia dolce Giulietta lascia che il tuo sposo faccia cadere le barriere che la natura ha posto a difesa delle tue intimità e ti offra su un piatto d’argento il piacere che il nostro amore si merita’ e mentre recitavo a soggetto il ruolo del romantico Romeo, le dita del Romeo porcone stavano allargando il buco umido di Max. Lui mi sospirò un ‘Vieni in me dolce Romeo e fammi tua!’ che momenti mi fece venire. Un attimo di imbarazzo per scegliere la posizione migliore (pecorina o missionaria?) poi scelgo di affrontare la mia conquista con il metodo classico e, guardandolo in faccia e facendogli sollevare le gambe mi presento con il mio uccello all’ingresso del suo anfratto. Aspetto un attimo per cogliere il momento giusto tra le sue contrazioni e poi spingo. La barriera sembra insormontabile e allora cresce la pressione fino a che la cappella non scivola dentro l’anello sfinterico. Eccomi accomodato nelle umide viscere della mia Giulietta ma c’&egrave ancora un lungo percorso per cogliere fino in fondo il frutto proibito. Comincio a percorrere l’intestino di Max assaporandomi ogni millimetro quadrato di tessuto fino a che l’asta non tocca con la sua base lo sfintere dilatato del regista. Mi fermo a lungo godendo della sensazione nuova, mista di piacere e di potenza, avverto l’ansimare di Max e capisco che anche per lui, come prima per me questa prova non &egrave priva di lati positivi ed estremamente piacevoli. Mi sfilo lentamente e poi lentamente affondo: voglio ‘godermi’ senza frenesia questa mia prima inculata maschile. Bei propositi che però durano poco perché il mio cervello si corto circuita avvertendo la pressione sempre più forte del liquido seminale nel condotto spermatico e sentendo i sospiri via via più profondi di Max e il suo implorare ‘Sì, prendimi Romeo!’ e io non posso che capitolare ‘Giulietta si, mia Giulietta vengo in Teeeee!’ e sbattendo forsennatamente dentro e fuori il mio cazzo nella sua ‘figa’ fino a che il torrente di lava infuocata non invade il condotto viscerale riempiendolo all’inverosimile. Sono stremato e ansimante ma anche Max mi appare sazio e appagato e ora le sue gambe si stringono attorno al mio bacino quasi a voler godere di ogni istante di erezione residua. Restiamo così per alcuni minuti poi Max si scioglie dall’abbraccio, si prende una manciata di scottex per pulirsi il culo e, voltandomi la schiena mi dice perentorio ‘OK sei preso provvisoriamente perché non ho ancora deciso. Lavorerai per tutto il periodo delle prove e avrai un rimborso spese. Passa dall’amministrazione per farti dare tutti i dettagli.’ ‘Grazie Max mi hai fatto felice’ dico spontaneo e riconoscente ma lui mi fredda con un secco ‘Non rompere i coglioni e vai fuori dalle balle che devo lavorare!’. Avvilito e sconvolto del repentino cambio d’umore mi allontano verso l’amministrazione dove troverò quanto meno risposte alle domande più prosaiche.
ettoreschi@yahoo.it In amministrazione mi diedero tutti i riferimenti e cominciai a compilare le carte per il contratto a tempo determinato e a firmare una montagna di liberatorie. Chiesi dove potevo trovare un posto per dormire e mi venne indicata una pensione lì vicino. Mi recai e trovai una solida matrona che la governava, bella robusta, oltre i cinquant’anni ma comunque non ‘sfasciata’, con i capelli brizzolati corti. Mi sottopose ad un interrogatorio serrato, da dove venivo, cosa facevo e compagnia cantante. Alla fine grugnì, forse per indicare che avevo superato l’esame, e quindi passò a mostrarmi la pensione. Forse il termine ‘pensione’ era molto aulico perché in realtà si trattava di un paio di appartamenti allo stesso piano uniti tra di loro e ristrutturati in modo da ospitare sia la cucina e il salotto dove mi aveva ricevuto la signora Adele, sia la sua camera da letto con un piccolo bagnetto privato che altre quattro stanze e due bagni in comune per gli ospiti. Mi fece vedere le ultime due stanze libere che si trovavano all’altra parte della ‘pensione’, le indicai la prima che mi sembrava più grande e parlammo di prezzi e condizioni di pagamento. Dopo aver attentamente letto il contratto che avevo appena firmato, mi chiese un anticipo contenuto e il saldo dei due mesi alla fine del primo mese. Saltando qualche pasto e senza fare troppi bagordi potevo farcela. Prima di completare l’accordo essa mi fissò negli occhi e mi disse ‘Mi raccomando! Non cercare di trasformare questa casa in un bordello perché altrimenti ti ritrovi fuori in un battibaleno!’. Una stretta di mano suggellò l’accordo e mi avviai verso casa degli zii per ritirare la mia roba e salutare sentendo gli ironici occhi neri della donna seguirmi fino a che non scomparii dalla sua vista.
Trovai la zia Gisella a casa e rimase stupita che fossi riuscito ad avere il posto anche se provvisoriamente, cominciò a guardarmi con occhio diverso e con un po’ più di stima e rispetto. Raccolsi le mie cose e mi preparai a salutare. Ero riconoscente per il loro piccolo ma fondamentale aiuto, reso ancora più importante dal fatto che non avevano molte possibilità economiche, e trasferii tutta la mia gratitudine in un forte abbraccio. Rimanemmo d’accordo di sentirci e me ne tornai dalla signora Adele. Era quasi sera quando tornai per sistemare le mie poche cose e incrociai la padrona di casa. Essa mi guardò con occhio ironico e mi informò ‘Guarda che ho affittato anche l’ultima stanza’ fece una pausa sapiente e poi ‘Ad un tuo collega, uno che deve fare Giulietta! Pensa un po’ te un uomo che fa la donna! Non c’&egrave più religione!’ e così dicendo se ne andò sculettando civettuola e contenta del bel temporale che aveva scatenato nel mio animo. Quindi era stato confermato anche l’altro attor giovine! Accidenti, per un attimo avevo pensato di avercela fatta. Avevo accettato tutte le sue avances, mi ero sottoposto ai suoi desideri sessuali (scacciai dalla mente il fatto che mi era piaciuto) e mi ritrovavo esattamente come prima! Era quasi ora di cena e la curiosità mi divorava: dovevo sapere chi era il mio avversario! Bussai alla porta della camera a fianco della mia ‘Sì?’ ‘Posso entrare?’ chiesi socchiudendo la porta ‘Certo’ mi rispose e così feci rimanendo di stucco. Davanti a me c’era un ragazzo alto come me, capelli biondi e occhi azzurri. Pelle bianchissima e delicata, più magro di me e con un bel culetto pronunciato.
(Cazzo! Pensai tra me e me questo &egrave proprio un osso duro. Se avessi dovuto scegliere solo da un punto di vista estetico non avrei avuto dubbi: era lui Giulietta!). Mi presentai e lui anche, dicendo di essere Andrea e di venire da un piccolo paesino dell’entroterra ligure. Sapevamo entrambi di essere ‘avversari’ per il posto di lavoro e per le nostre aspirazioni, ma nessuno dei due riusciva ad ‘attaccare’ l’altro: eravamo per certi versi così simili! Alla fine mi arrischiai a sondare l’argomento che più mi incuriosiva (e mi inquietava) e gli chiesi ‘Come ti sembra sia andata l’audizione? Max ti &egrave sembrato contento?’ Fu un attimo ma vidi una luce di paura e di vergogna attraversargli il viso ma poi venire dominata dal mestiere e allora capii: anche lui era stato sottoposto all’esame ‘approfondito’ da parte del nostro regista. Non potei trattenermi e dopo gli dissi ‘Anche il mio provino &egrave andato bene anche se devo dire che Max mi &egrave sembrato veramente un porco!’ La mia sincerità fece breccia in Andrea il cui viso si illuminò per la consolazione di avere trovato chi aveva condiviso con lui le stese brutte (o belle o nuove o entrambe) esperienze. Andammo a mangiarci un panino lì vicino e continuammo a conoscerci senza però tornare più sull’argomento che ci aveva turbato.
L’indomani a teatro facemmo conoscenza con tutta la troupe: c’erano oltre a Max coloro che interpretavano le parti principali:
-Goffredo, un attore alto e robusto che era il primo sostituto di Max con cui però non doveva esserci del buon sangue perché un paio di volte litigarono su delle puttanate;
-Fernando, un trentenne che era stato anni prima l’attore giovine e quindi aveva interpretato Giulietta nell’allestimento scandalo;
-Luca, tarchiatello e non molto alto, ma al contempo parecchio simpatico e solare;
-Alfredo, candidato a interpretare Paride;
-Enzo, perfetto per la parte di Frate Lorenzo;
-e per finire Giovanni un bel quarantenne con una barbetta ben curata.
A farci spesso compagnia c’era inoltre Osvaldo il tecnico e tuttofare del teatro che risolveva ogni tipo di problema tecnico si dovesse presentare. A seguire altri attori frutto delle selezioni per l’attor giovine che dovevano fare da corredo e completamento con le piccole parti previste dal dramma.

Max cominciò per prima cosa a spiegarci cosa voleva mettere in scena, quali principi ispiratori, quali scelte registiche. Ci fu discussione, soprattutto da parte dei più esperti. Io e Andrea restammo sostanzialmente zitti. Max spiegò poi che, visto che la tournée sarebbe durata a lungo, ognuno di noi doveva imparare almeno tre parti molto bene in modo da girarci se ci fossero state necessità di sostituzioni per malattia o altro. Inoltre Max aveva studiato la regia in modo che, anche quando dovevano esserci più persone in scena, non ce ne fossero mai troppi. La parte di Giulietta non venne assegnata e quindi la imparammo sia Andrea che io. Dovemmo inoltre studiare anche le parti di Tebaldo e della nutrice. Si lavorava duramente e con pochissime pause: Max era proprio ossessionato dal lavoro. Ebbi modo di vedere come lui e Goffredo finissero per scontrarsi, forse anche a causa del loro carattere deciso. Durante la settimana si decise anche come fare la scena del ‘matrimonio’ che sarebbe stata il clou dello scandalo. Ci furono discussioni, anche feroci, tra Max e Goffredo su come essa si dovesse sviluppare. Io e Andrea venimmo coinvolti in prove e simulazioni il che a volte creava delle eccitazioni imbarazzanti. Ma i due sembravano non accorgersene e continuavano a discutere. Alla fine la scena si sarebbe svolta con Romeo, in piedi davanti a Giulietta, che le sollevava la gonna mostrandone il culo e depositandola, dopo averla baciata a lungo, sopra una chaise longue, dove avrebbe sfoderato il suo randello e avrebbe simulato una scopata che non sarebbe durata più di due minuti. Il tutto mentre in un altro angolo del palcoscenico i Capuleti e i Montecchi continuavano a cercare occasioni per combattere, strenuamente ostacolati dalla nutrice e dal frate.
All’ora di pranzo facevamo una pausa di un paio d’ore, chi chiudendosi nel camerino, chi andando a mangiare insieme ad altri in un bar vicino. Durante una di queste pause, eravamo io e Andrea assieme a Luca e Fernando, e stavamo sbocconcellando un panino quando Luca se ne uscì con un ‘Beh quest’anno ci va bene con ben due attori giovani! Vero Fernando?’ ‘Beh anche l’altra volta durante le prove eravamo in due a fare gli attori giovani. Comunque per tutta la tournee io ero con Max’ Chiesi ‘Ma cosa significa essere attori giovani?’ Luca prima se ne uscì con una risata poi disse ‘Beh devi sapere che Max ha ripristinato una usanza che era diffusa proprio ai tempi di Shakespeare e cio&egrave l’attore giovine funge da quello che sulle navi si chiama mozzo di culo, ossia &egrave la persona che si deve prestare a sollazzare gli altri della troupe quando avvertono un bisogno ‘ sessuale!’ ‘Mi stai prendendo per il culo?’ gli faccio ma qui interviene Fernando ‘No dice il vero anche se Max mantiene una sorta di jus primae noctis sull’attore giovane’ ‘Ma quindi tu la volta scorsa ‘ eri l’attore giovane e ‘ allora ” non riuscivo a completare il mio pensiero perché avevo paura di offenderlo o di metterlo in imbarazzo. Ci pensò lui con un sorriso a togliermi dall’imbarazzante situazione ‘Sì facevo fino in fondo il ruolo di attor giovine, anche se ho passato quasi tutto il tempo con Max’ e dicendo così gli uscì un sospiro come di nostalgia. ‘Ma uno può anche rifiutarsi?’ chiesi incredulo ‘Beh &egrave quello che ha fatto il mio concorrente al posto di attor giovine e Max l’ha cacciato!’ Sia io che Andrea evitammo di approfondire ulteriormente l’argomento ma quando tornammo alla sera commentammo entrambi un po’ preoccupati ‘Ma quello che hanno detto &egrave che ci devono trattare come puttane e anche gratis? Cazzo &egrave proprio dura la gavetta dell’attore!’.
Il venerdì sera, alla fine della prima stancante settimana di lavoro, Max mi ferma in teatro con la scusa di farmi riprovare un passaggio. Nel frattempo lascia pur liberi tutti gli altri. Lavoriamo ancora un quarto d’ora poi mi dice ‘Bene possiamo smettere per questa settimana. Ricordati di portarti il copione e di imparare bene tutte le parti. Che ne dici di una pizza?’ Rimasi interdetto: niente faceva presagire che Max avesse intenzione di avere rapporti più approfonditi con me dopo una settimana di sostanziale distacco. Ovviamente acconsentii. Lui mi propose, ma in effetti era un ordine ‘Andiamo a casa mia e ce la facciamo mandare’ Ci avviammo con la sua coupé verso il quartiere di Monteverde dove mi condusse nell’attico di un vecchio palazzo di pochi piani. Così come l’esterno richiamava una architettura dei primi novecento, così l’interno era un misto, con molto buon gusto, di oggetti e mobili antichi e arredamento moderno. Il tutto creava un’atmosfera molto calda e personale che indubbiamente mi piaceva anche se l’uso dei colori nero e rosso mi creava qualche inquietudine (ero forse entrato nell’antro del diavolo?). Mi invitò a farmi una bella doccia mentre lui ordinava le pizze e mi resi conto di essere venuto via con l’abito di scena senza ricambi. Quando glielo dissi Max rise e ‘Ma se ti ho già visto nudo! Vuoi fare la verginella?’ In effetti era proprio così ma ‘In realtà era per il freddo!’ ‘Già d’estate fa molto freddo! Comunque ti darò un accappatoio’ Bene il compromesso era accettabile. Mi feci una rapida doccia in un bellissimo bagno pieno di marmi e grande come una stanza. Quando uscii, dopo essermi asciugato i capelli, lo trovai che stava ritirando le pizze consegnate a domicilio vestito con un accappatoio di seta nero.
Tanto per cambiare il mio era sul rosso. Ci sedemmo ad un tavolo di cristallo apparecchiato con tovaglioli di stuoia a far da tovaglia. Divorammo in un battibaleno la pizza e, una volta sparecchiato, mi fece accomodare sul divano di pelle. Accese il lettore di CD e mise una musica soffusa e dolce, abbassò le luci e si sedette di fianco a me. Cominciammo a parlare in tono calmo e confidenziale. Max ad un certo punto prese ad accarezzarmi il petto e a stuzzicare i capezzoli piccolini. Lo lascio fare anche perché comincio ad avvertire dei sommovimenti al basso ventre. Lui mi accarezza e si avvicina con il viso al mio. Ci baciamo dolcemente e lasciamo che la libidine lentamente cresca. Avverto il suo profumo di bagno schiuma e di shampoo e mi ci tuffo cominciando a leccargli il collo e le orecchie. Non ho mai fatto preliminari con un uomo ma vado ‘a naso’ come se fosse una donna. Comincio ad accarezzarlo anch’io e dopo qualche minuto ci ritroviamo nudi entrambi e avvinghiati l’uno all’altro. Che strana sensazione stringere un corpo caldo e non sentire le tette ma il suo desiderio caldo e pulsante proprio di fronte al mio e che con il mio si struscia. Mi prende per mano e mi conduce in camera da letto. Le lenzuola sono nere di raso, solo stare nudi sotto di loro &egrave motivo di eccitazione che si aggiunge a quella che reciprocamente ci stiamo donando. Finiamo per metterci a 69 e a inghiottire i nostri uccelli. E’ una sensazione cui non mi sono ancora abituato quella di sentire il suo fallo turgido dentro la mia bocca, scorrergli la lingua lungo tutte le venature, risucchiare la sua cappella e contemporaneamente godere delle medesime attenzioni. Contemporaneamente lo palpeggio dappertutto, con una mano impugno il suo pene, e con l’altra scorro lungo il solco.
L’odore che sale dal suo buco, un misto di sapone e di maschio mi eccita da morire e comincio a leccarglielo con la lingua come mai mi era capitato prima. Max sembra gradire sulle prime, poi bruscamente riprende in mano la situazione e comincia a prepararmi per una penetrazione lubrificandomi il condotto con una pomata misteriosamente comparsa sul comodino. Capisco che vuole essere il maschio e lo lascio fare, godendo delle attenzioni che mi riversa. Quando arriva ad infilarmi e poi a stantuffarmi tre dita, comincio a gocciolare dal mio attrezzo. Pochi attimi poi mi infila un cuscino sotto il fondo schiena, sistema le mie caviglie sulle sue spalle e si posiziona con il suo cazzo palpitante all’imbocco del suo paradiso e, temo, del mio inferno. E’ vero mi ha già deflorato il culo, ma confesso di non essere ancora così esperto e navigato da affrontare una sodomizzazione a cuor leggero. Un respiro profondo, cerco di rilassare i muscoli e ‘ lui entra con tutta la cappella. Un dolore sordo attraversa il mio cervello ma &egrave meno intenso di quanto temevo, &egrave più una pulsazione sorda che nasce dai tessuti dilatati e che lentamente si affievolisce. Come avesse un’antenna posizionata nelle mie terminazioni nervose, non appena si attenua il dolore, Max, che aveva passato il tempo a dedicarsi a baciare il mio collo e le mie tettine, affonda ulteriormente nelle mie viscere. Ora sento perfettamente il disegno delle vene e le nervature importanti della sua verga che avverto pulsare calda e bella dura nel mio intestino.
Trascorrono alcuni minuti dove Max si dedica ad un giochetto di togli e metti che ‘snerva’ ulteriormente il mio buchetto. Oramai lo sento come stanco e sfibrato, privo della volontà di opporsi ai colpi del mio violatore, mentre, all’interno delle viscere cresce un desiderio di essere percorso sempre più intensamente dal suo randello. Mi lascio andare e che faccia di me quello che vuole! Lui capisce che ho ceduto e allora affonda con forza nelle mie intimità ogni colpo sempre più a fondo e ogni volta uscendo quasi completamente dal buco del culo. Pochi minuti poi si ferma, estrae completamente il suo cazzo e mi fa mettere a pecorina sul bordo del letto. Il suo uccello riprende la posizione che aveva faticosamente conquistato e riprende a stantuffare nelle mie budella. Sento la sua mano che mi afferra il cazzo, oramai tutto bagnato, e comincia a menarlo. Continuo ad avere dei corto circuiti ad ogni colpo che mi sferra mentre un calore prorompente mi sale dal basso ventre. Voglio solo godere e gli chiedo di darmi finalmente requie con urla rese roche dal piacere che sale sempre più prepotentemente. Anche lui, con la voce rotta dallo sforzo e dal desiderio, mi incita ‘Dai, godi bello, non &egrave quello che volevi? Non &egrave questo che eri disposto a fare per la tua carriera? Un bel cazzo nel tuo culetto! Eccolo &egrave tutto per te e ti sta sfondando!’ Sono parole di una persona sull’orlo del piacere e allora lascio che ogni remora sparisca e mi getto nelle braccia della goduria che sento salire dal profondo delle viscere, su, fino al cervello. ‘Sì, dai spaccami il culo! Ancora, dai Max! Oh si!’ Sto cominciando ad eiaculare quando avverto il cazzo che mi sta trapanando gli intestini irrigidirsi e poi scaricare il frutto del desiderio con quattro o cinque schizzi copiosi.
Siamo entrambi senza fiato, spompati e io anche sfiancato. Quando i tessuti si ricompongono mi giro verso il mio profanatore, lo abbraccio e lo bacio languidamente riconoscente per l’esperienza profonda che mi ha regalato. Scivoliamo così dalle braccia del piacere senza continuità nelle braccia di Morfeo per un sonno riparatore. E’ bello la mattina dopo risvegliarsi lentamente avvolti nella seta, prendere coscienza del calore della persona vicino a noi, riappropriarsi della consapevolezza piena del proprio corpo centimetro dopo centimetro giù fino ai tessuti che sono stati violati e che ora sono lì a pulsare sordamente per le ammaccature provate. Mi stiracchio intimamente felice e mi accoccolo vicino al mio mentore. Anche lui si sta godendo questo risveglio appagante e mi circonda con le sue braccia attirandomi a se e baciandomi. Continuiamo con le coccole fino a che i nostri uccelli non ci informano prepotentemente che sono pronti a tutto. Guardo negli occhi Max per capire se ha voglia di possedermi ancora. Lui mi sorride con il suo sguardo penetrante e, venendo a leccarmi il lobo dell’orecchio, mi sussurra ‘Alziamoci, altrimenti il tuo culetto corre il rischio di sfondarsi a tal punto che poi non riesci più a camminare decentemente e poi non riuscirai nemmeno a concentrarti sulla tua parte!’.
Facemmo la colazione nudi nella sua grande cucina, poi, lavati e sbarbati, ce ne andammo in giro in centro. Qualche negozio ma soprattutto librerie. All’una un panino al volo e poi ancora vasche a cercare chissà cosa. Max sfogliava vorace molti libri e alla fine ne comprò una mezza decina. Era metà pomeriggio che ritornammo nel suo appartamento. Io ero al settimo cielo, stavo frequentando un mito del teatro e, forse, con la mia disponibilità sessuale, potevo aspirare a una porta spalancata su una fulgida carriera. ‘Mettiti pure nudo’ mi disse quando fummo nel salotto e facendo così se ne sparì in camera, da cui ritornò qualche minuto dopo, nudo anche lui come un verme, con un paio di cuscini sotto il braccio e nell’altra mano l’immancabile pomata lubrificante. Ci stendemmo sul tappeto e cominciò a baciarmi su tutto il corpo. Indugiò sul buchino, poi passò alle palle, infine si imboccò il mio uccello. Io cercai di contraccambiare cercando di mettermi a 69 ma lui mi fermò ‘Adesso aspetta che ti mostro come si fa un signor bocchino, ma attento! Un attimo prima di venire mi devi avvertire che dobbiamo fermarci!’ Era un comando e io obbedii lasciando il mio corpo languidamente indifeso dagli assalti della sua lingua e delle sue mani. Era veramente un maestro con la lingua! Io seguivo tutti i percorsi che faceva e cercavo anche di capire, tra le vampate di piacere che salivano dal basso ventre, come facesse perché non dubitavo che mi sarebbe toccato ricambiare: cominciavo a conoscere la bestia!
Mi portò con una lentezza esasperante a salire lentamente tutti i gradini della scala del piacere fino all’ultimo scalino, oltre il quale c’era il vuoto dell’orgasmo, e sul quale mi trovavo con la punta del mio uccello leccata sapientemente mentre una mano impugnava la base e due dita mi ravanavano il culo. ‘Basta Max. Basta che mi fai impazzire’. Si fermò e mi disse ‘Ora ricambia, ma guarda che mi aspetto un trattamento super!’. Dimenticai allora il mio basso ventre e mi concentrai sul suo corpo. Quel modo di fare mi costringe a prendere coscienza della bellezza del suo corpo, della proporzione degli arti, della muscolatura. Quando il mio naso si infila nel solco vengo travolto dall’afrore che proviene dalle sue intimità e questo mi scatena ancora di più. Ora sono assatanato, mi godo con la bocca tutto il suo bel biscottone, mentre le mani palpano, frugano e poi iniziano a violare il buchetto. Confesso che gustarmi il suo uccello comincia a piacermi, provo a ripetere quello che lui ha fatto a me mentre la lingua copre ogni millimetro del suo attrezzo e mi ritorna tutti i contorni delle vene, delle nervature, della pelle, del prepuzio, del frenulo. Ora il suo uccello &egrave ben insalivato e io lo stringo forte alla base mentre le mie due dita, ben lubrificate, stanno facendo su e giù per il buchetto. Lo sento mugolare di piacere e questo raddoppia i miei sforzi fino a che non lo sento implorare di fermarmi.
Ci prendiamo una pausa e ceniamo con qualcosa di già pronto in frigo. Ne approfitto per chiedere a Max la storia dell’attore giovine. Lui serenamente mi risponde ‘Certo che &egrave così e se ci pensi &egrave una grande occasione di formazione per il giovane, in quanto gli permette di compenetrare le varie personalità ed acquisire quindi una sensibilità maggiore. Perché, non vuoi farlo?’ E formulando questa domanda mi scrutò inarcando leggermente il sopracciglio. Risposi sinceramente ‘Vedi Max, per me fare sesso con un uomo &egrave una cosa cui non ero preparato. Tu mi fai stare molto bene, mi piace stare con te e spero che a te io possa piacere, ma tra questo e pensare di passare di letto in letto come una cavalletta &egrave una idea per la quale devo spendere un po’ di tempo per accettarla e farla mia. E’ come una parte inattesa e non sono ancora capace di recitare a soggetto’ Ero sincero e Max lo percepì perché l’espressione del suo viso si stemperò in un sorriso di dolce comprensione e, accarezzandomi il viso, mi sussurrò ‘Allora devi fare molta pratica’ Mi prese l’incavo del collo e mi avvicinò al suo viso per baciarmi teneramente. Io con un sospiro mi abbandonai nuovamente alle sue sapienti istruzioni.
Riprendemmo il gioco di prima e volle essere lui a portarmi sull’orlo del piacere con la sua bocca e le sue mani. Anche stavolta non volle che venissi e dopo dovetti ricambiare il piacere ricevuto. Questa volta però non attese di giungere all’apice del piacere ma, quando il suo uccello svettò duro e bel insalivato mi ordinò ‘Mettiti a cavalcioni di me e infilatelo tu da solo’ Mi stava chiedendo di fare uno smorza candela. Pur avendo ancora il buco ben slabbrato dalle sue dita, mi sembrava impossibile poter riuscire a infilarmi quel tronco di carne calda e pulsante che avevo tenuto in bocca fino ad un secondo prima. Mi posizionai a cavalcioni, impugnai il suo randello dopo averlo lubrificato per bene, lo pregai di allargarmi le chiappe e puntai la punta incandescente all’ingresso del mio intestino. Feci per un paio di minuti un lento movimento circolare poi infine mi decisi e cominciai a calarmi sulla verga di fuoco. Era una strana sensazione quella di poter regolare da solo i tempi e l’intensità della penetrazione. Avvertivo i tessuti urlare per la tensione cui venivano sottoposti, ma potevo tornare indietro, sostare, fare movimenti circolari, e fu così che conquistai la cima e mi ritrovai completamente impalato sull’uccello del mio anfitrione. ‘Adesso devi fare come se fossi una donna e volessi scoparmi in quella posizione’ Mi disse dopo un paio di minuti che sostavo alla fine della mia corsa. Mi sistemai per bene poi iniziai un movimento in tondo con il bacino dandomi così stille di piacere ogni volta che il suo randello si sfregava contro la mia prostata. Mi muovevo poi in avanti e indietro e così facendo l’uccello scivolava un po’ fuori per poi reinfilarsi dentro nuovamente.
Max si stava godendo la scopata ad occhi chiusi con una mano stretta alla base del mio cazzo che gocciolava in continuazione e l’altra a pizzicarmi i capezzoli. Mi accorgevo che alla fine di ogni giro mi sentivo sempre più eccitato e volevo diventare una troia, la troia del ‘mio’ Max. Accelerai i movimenti e cominciai a incitarlo con la voce roca ‘Si dai, sono tuo! Sfondami, spaccami il culo!’ Ma che cazzo stavo dicendo? Eppure era proprio quello che sgorgava dalle mie intimità. Avvertii l’uccello che mi deflorava diventare più rigido, il respiro di Max farsi più rantolante e frenetico, il mio ventre che mandava al cervello scariche di piacere con maggiore frequenza, e allora mi abbandonai all’orgasmo che sentivo salire. Non passarono che pochi secondi e anche Max raggiunse l’apice della goduria scaricando il suo seme nel mio intestino. Lo abbracciai, mi strinse a se e scivolammo lentamente nel sonno ristoratore.
Anche l’indomani ci svegliammo lentamente, prendendo coscienza poco per volta della presenza dell’altro e delle nostre membra. Io avevo l’uccello già in tiro e mi era venuta voglia di fare un po’ l’uomo: mi era piaciuto ricevere il bastone di Max nel culo ma adesso ero io che avevo voglia di ‘inzuppare il biscotto’! Dopo un bacio sulla bocca scivolai lasciando una striscia di saliva lungo tutto il suo corpo fino a giungere dalle parti del suo uccello. Cominciai a leccare e inghiottire le palle, poi passai alla cappella e quindi lo ingoiai più che potevo. Con l’altra mano intanto mi preparavo con il lubrificante a spianarmi la strada nel suo buchetto. Max stava godendo del trattamento, pensava che stessi facendo le ripetizioni della lezione imparata il giorno prima e mi lasciava fare, anche quando con tre dita nel suo culo cominciai a stantuffare per bene i suoi muscoli perineali. Feci passare un paio di minuti di questo trattamento rallentando intanto il ritmo del bocchino che gli stavo tirando. Quando lo sentii rantolare, presi il coraggio a due mani, gli presi le caviglie e le portai sulle mie spalle, lui era ancora lì che si stava chiedendo cosa stessi facendo quando sostituii le tre dita con la punta del mio uccello. ‘Cosa fai?’ C’era forse un po’ di angoscia nelle sue parole (ma come, se lo avevamo già fatto a teatro?) ‘Ti desidero Max! Voglio darti solo una parte di quello che hai donato a me!’ ‘No, dai!’ ‘Ma cosa vuoi? Vuoi che smetta o che insista?’ Ma oramai avevo preso pieno possesso del suo condotto e avvertivo le sue difese cedere lentamente sotto l’incedere dei colpi che gli stavo infierendo.
‘Sei un porco!’ ‘Si, sono un porco pazzo di te’ e intanto martellavo i suoi intestini con la mia verga sempre più dura, sempre più desiderosa di sfogarsi fino in fondo. Fu quasi un urlo che mi lacerò le orecchie quello con cui Max mi chiese di farlo suo ‘Dai, spaccami il culo, porco!’ e furono come scariche di adrenalina quelle parole perché presi a correre verso il baratro dell’orgasmo trascinandolo con me in questa ricerca del piacere. Restammo ansimanti l’uno nelle braccia dell’altro, scossi dall’intensità del piacere e aspettammo che i tessuti lentamente si ricomponessero. La mattina trascorse tranquillamente tra colazione, lettura e pranzo. Ma cominciavo ad avvertire un progressivo distacco nell’atteggiamento di Max. Dopo pranzo mi ordinò ‘Andiamo a letto per un piccolo riposino’ Ubbidii e mi ritrovai ancora una volta nudo tra le lenzuola di seta. Si avvicinò a me con uno sguardo deciso, mi prese con le mani e mi fece mettere a pecorina. Io ero un po’ deluso perché volevo delle coccole per creare un’atmosfera di intimità tra noi due e cercare così di appianare quelle che avvertivo come crepe. Lasciai che mi lubrificasse il buco anche se fu un po’ più veloce e poi attesi con una certa apprensione la deflorazione. Fu terribile. Sembrava quasi che Max non avesse nessun riguardo che cercasse solo il suo piacere e si disinteressasse del mio benessere. Mi lamentai per il dolore ma ricevetti una risposta che mi lasciò stupito ‘Non mi hai ascoltato oggi quando ti ho chiesto di smettere! Eh? Questa &egrave la tua punizione’ Stringendo i denti per il dolore lasciai che un paio di lacrime scivolassero sulle mie guancie. Ma non era il dolore fisico che mi feriva, anche perché dopo aveva ripreso a muoversi con un certo rispetto dentro di me, era per la mancanza di rispetto che avvertivo nel suo comportamento.
Mi scopò fino a che non raggiunse il suo orgasmo, che comunque arrivò sempre troppo tardi per le mie membra lacerate, e, incurante del mio piacere, si staccò da me. Mi raggomitolai nel letto e attesi di sentire cosa volesse fare. Ma dopo alcuni minuti era già addormentato. Non riuscii a dormire con la mente affollata di pensieri. Quando si risvegliò mi disse ‘Bene. E’ ora che tu vada. Domani non ti accompagno mica a teatro e quindi stanotte te ne torni a casa’ ‘Va bene. E, Max ‘ ‘ ‘Che c’&egrave?’ duro, ‘Beh comunque grazie di tutto. Non volevo farti male’ (Non gli dissi che era stato lui a fare del male a me anche perché penso lo sapesse benissimo). Borbottò qualcosa che non afferrai per bene e fu così che qualche minuto dopo mi ritrovai con calzamaglia e T-shirt a camminare alla ricerca di un autobus che mi riaccompagnasse a casa. Ero incurante degli sguardi che mi lanciavano le persone che incrociavo e quelli che erano presenti sul mezzo. Ero affranto dai pensieri e soprattutto mi stavo chiedendo se avessi definitivamente compromesso la mia ancora giovane carriera.
ettoreschi@yahoo.it La signora Adele mi squadrò da capo a piedi quando arrivai al mio appartamento, ma fu così accorta da non commentare bensì mi informò solo che Andrea era tornato dalla Liguria dove era andato a trovare i suoi. La ringraziai, salutai ma mi fiondai in stanza dove, senza nemmeno mangiare, mi ritrovai a letto a ripensare a queste ultime giornate. Ero un coacervo di sentimenti e di pensieri. Mi erano piaciute le sedute di sesso, l’intimità che avevo provato con l’uomo Max, ma ero stato profondamente ferito dalla sua durezza, quasi dal desiderio di farmi violenza che aveva esercitato l’ultima volta. Un pensiero mi attraversò la mente: che l’atteggiamento di Max fosse premeditato e che lui volesse semplicemente mettermi alla prova. Poi invece pensai che tutto era nato dal mio desiderio di incularlo e che dopo aveva avuto questo desiderio di vendetta. Eppure gli era piaciuto: avevo ancora nelle orecchie il suo ‘Dai, spaccami il culo, porco!’. Con tali nubi nella mente lentamente scivolai nel sonno. L’indomani ero pronto a tutto e mi ero ancora una volta fatto forza con la mia determinazione. Mi dicevo ‘dai non puoi pensare che basta farsi scopare qualche volta per guadagnare un posto al sole!- e così ero giunto alla decisione che, qualunque fosse l’atteggiamento di Max, io dovevo cercare comunque di intessere relazioni con tutti gli altri della compagnia. Male non faceva sia che Max mi volesse sia che mi lasciasse a spasso.
Capii fin dall’inizio che non era la mia settimana. Max sembrava quasi infastidito quando si rivolgeva a me e provava prevalentemente con Andrea, lasciando che fosse Goffredo a sostituirlo quando era il mio turno. All’inizio fu un colpo, ma poi ripensai a quanto avevo determinato da solo durante la notte e decisi di fregarmene. Alla pausa di pranzo, ignorando che Max si chiudesse in camerino con Andrea, mi misi assieme al gruppo degli altri e cercai di legare con tutti. Fu quando ce ne ritornammo in teatro che Fernando mi si avvicinò e mi sussurrò all’orecchio ‘Non ti preoccupare: &egrave il suo modo di tenere le persone sulle spine sempre presenti e decise’ Lo guardai riconoscente anche se non riuscii a trattenermi dal confessare ‘Si però io l’altro giorno l’ho inculato e non vorrei che sia una vendetta!’ ‘Beh, non &egrave che gli piaccia molto farsi inculare però &egrave tendenzialmente un uomo aperto’ Confesso che essermi potuto sfogare con Fernando mi diede serenità e mi portò a riacquistare il mio caratteristico buon umore e la mia solarità. Anche Max se ne accorse e mi guardò con una strana espressione mista di stupore, ammirazione, determinazione che non riuscii ad interpretare. Anche se non era un personaggio importante, non appena ne avevo l’occasione, mi rivolgevo con parole simpatiche e scherzose ad Osvaldo, il tutto fare che godeva della fiducia incondizionata da parte di Max su tutti gli aspetti pratici. Lui mi guardava con i suoi occhietti furbi e poi mi rispondeva con uno spirito ed un umorismo tipico di Trastevere.
Il giovedì successe un fatto importante. Quando venne il momento di andare a riposare Fernando mi chiese di accompagnarlo in camerino. Notai che aveva chiuso a chiave la porta e aspettai con curiosità il prosieguo. ‘Vieni attor giovine!’ e così dicendo mi attirò a se. Una ridda di pensieri ‘oddio adesso mi vuole inculare anche lui! Ma mi era sembrato più sul passivo!- che furono spazzati via dalla delicatezza con cui mi baciò. Un bacio dolce dove le nostre lingue duettarono a lungo, poi si staccò e, leccandomi il lobo, mi sussurrò ‘Ho tanta voglia di assaggiare un uomo!’ Quelle parole furono come un segnale: ci ritrovammo nudi in pochi istanti abbracciati a baciarci e a palparci a vicenda. Aveva un bel corpo, forse un po’ esile ma ben proporzionato. Il suo uccello era liscio, solcato solo da qualche rara venuzza. Ci lanciammo in un 69 superbo. Lui di lingua era veramente bravo! Cercavo di stare al suo passo e al tempo stesso cominciavo a frugare nel suo intestino con un dito umido di saliva. Pochi minuti e riuscii a raddoppiare il numero di ospiti che martellavano le sue viscere. Ma ero sopraffatto dalla sua idrovora che inghiottiva il mio uccello pulsante e poi lo risputava coperto di saliva per poi inghiottirlo nuovamente: stavo quasi dimenticandomi di dare a lui piacere visto che il mio stava avvicinandosi al culmine. ‘Vengo Fernando!’ Gli urlai con voce roca ma, contrariamente a quello che mi aspettavo, impugnò più saldamente l’asta alla base e non mollò la bocca dal suo ‘fiero pasto’ fino a quando non gli inondai il cavo orale con il mio liquido biancastro.
Mi aveva procurato un orgasmo di fuoco lavorando quasi esclusivamente di lingua e labbra: era proprio bravo! Per un attimo pensai che forse non sarei mai riuscito ad eguagliarlo ‘ma che cazzo pensi?-, poi riuscii a concentrarmi nuovamente sul suo piacere segandolo e al tempo stesso leccandogli la cappella e trapanandogli il buco del culo con le mie dita. Con voce roca mi chiese ‘Vuoi che ti sborri in bocca?’ Io rimasi un attimo a pensare poi ‘Ho paura che mi vada per traverso!’ ‘Allora ti spiego io come fare. Quando ti dico che sto per venire tieni in bocca solo la cappella e continua a segarmi il cazzo e il culo, così riesci a controllare i miei schizzi. Comunque se non vuoi non importa’ Mugolai qualcosa infilandomi nuovamente in bocca il suo arnese e ripresi a menarlo e a ciucciare. Ci volle poco a riportarlo sull’orlo del piacere e mi avvisò ‘Sborro Giulio, ah!’ feci come mi aveva detto e mi ritrovai il cavo orale pieno del suo liquido asprigno. Me lo rigirai per la bocca, lo spalmai sulla sua asta che stava diminuendo di consistenza poi mi decisi e cominciai a deglutire. Non era il massimo ma non era nemmeno così schifoso come temevo. Mi eccitò di più quando Fernando mi baciò con la sua bocca ancora insaporita dal mio sperma. Rimanemmo così vicini uno all’altro e, come due vecchie amiche, parlammo di quello che era successo. Gli dichiarai la mia ammirazione per la sua bravura e lui mi diede alcuni suggerimenti. Continuammo una mezz’ora con la sua lezione poi ci rendemmo conto che era ora di rivestirci e tornare alle prove.
Il venerdì pomeriggio ero curioso di vedere se ad Andrea toccava la stessa sorte che mi era capitata la settimana prima o se la lunga frequentazione durante le pause pranzo avesse affievolito le pulsioni sessuali. Ci fece restare entrambi. Si mise a leggere per un paio di minuti, giusto il tempo che uscissero tutti gli altri, poi ‘Beh Giulio in effetti tu puoi andare via perché per i pezzi che voglio provare mi basta Andrea’ ‘Buon fine settimana allora!’ esclamai un po’ ironico, mi girai e con calma, mi avviai all’uscita. Confesso che ero un invidioso di Andrea e avrei fatto carte false per trovarmi al suo posto ma poi riemerse la convinzione che stesse mettendoci alla prova e così andai senza neanche girarmi una volta.
Quella sera mi cucinai qualcosa a casa e la signora Adele mi guardò sorpresa ‘Non passi fuori il week end?’ ‘No. Tocca ad Andrea stavolta’ ‘Ah’ Avevo così rivelato come stessimo frequentando la stessa persona. ‘Deve essere un po’ porco e un po’ carogna il vostro regista!’ Rimasi di stucco che avesse capito tutto ‘Ma come ha fatto ‘ ‘ ‘Giulio caro mio, ho qualche anno più di te e ne ho visto tanti passare per queste stanze e io guardo e sto zitta, ma certe cose le capisco perché, anche se siete attori, quando siete qua non recitate mica e i vostri visi la raccontano lunga!’ Mi venne da ridere ‘Ma guarda te! E io che speravo di farla franca!’ Anche lei scoppiò in una risata e confesso che la trovai simpatica. Mi disse ‘Dai mettiti sul divano che così ti sfoghi un po’ e intanto ti massaggio’ feci come mi aveva detto e, voltandole le spalle, lasciai che le sue mani robuste e forti cominciassero ad accarezzare con maestria e leggerezza le mie tempie. Scesero poi sulle spalle e intanto io cominciavo il mio racconto e più parlavo e più mi sentivo leggero e le sue osservazioni erano estremamente pertinenti. Ragionammo sui motivi del comportamento di Max e lei fu decisa e categorica ‘Sarà anche vero che vuole tenervi sulla corda, ma secondo me lui sotto sotto &egrave passivo e ha paura di confessarlo a se stesso prima che agli altri. Vedrai che quando capirà questo diventerà quasi umano!’
Stavo proprio bene, mi ero sfogato sui miei dubbi, avevo trovato comprensione e non disprezzo, e mi piaceva essere accarezzato da lei che ora faceva scorrere le sue mani sul mio petto dentro la T-shirt e quindi aveva portato la mia nuca a posarsi sul suo seno bello prorompente. Fu questa sensazione o la consapevolezza che avevo una donna che mi accarezzava ma sentii crescere qualcosa ai piani inferiori. Se ne accorse anche Adele che mi stuzzicò ‘Ehi Giulio ma non te ne vorrai mica approfittare di una donna sola! Guarda che ho visto cosa sta spuntando lì sotto!’ Feci finta di niente per capire quanto il gioco doveva protrarsi ‘E cosa mai sta spuntando?’ ‘Eh proprio un bel funghetto! Chissà che sapore avrà mai!’ ‘Beh potrei fartelo assaggiare ma tu in cambio cosa mi fai provare?’ ‘Oh non ti preoccupare per quello che ti farò provare: ti piacerà più di tutti i culi che hai scopato questi giorni!’. Che strano! Non avevo mai pensato ad Adele come ad una attrazione sessuale ma adesso che il gioco era chiaro e scoperto prendevo consapevolezza che aveva un corpo niente male per l’età che dimostrava. Ci baciammo mentre le palpavo le tette ancora consistenti e belle grosse da sopra la camicetta. Sentivo i grandi capezzoli crescere e indurirsi fino a che mi fermò e mi ordino ‘Vieni!’ Entrammo in camera sua e ci spogliammo in un attimo. Volli prima leccarle per bene le tette e i capezzoli succhiandoli con voluttà e violenza a volte. Poi lei volle prendere in bocca il mio uccello e trovai naturale infilare la mia testa fra le sue cosce maestose e leccarle la figa. Dopo un po’ avvertii che cominciava a lubrificarsi naturalmente e pensai che era il momento giusto per cambiare posizione. Lo pensava anche Adele che mi accolse in se come fossi il principe che torna a casa dalle crociate. Che strano trovarsi con l’uccello duro nel suo antro umido e pulsante che emanava un afrore inconfondibile che si avvertiva anche a quella distanza.
Assaporai a fondo la posizione di piena penetrazione e poi cominciai a stantuffare il mio pistone nel suo condotto naturale. Cambiavo ritmo, a volte facevo anche movimenti circolatori con il bacino e la sentivo rantolare con sempre maggiore intensità. Il mio uccello era oramai così duro che credevo quasi mi scoppiasse, e non vedevo l’ora di sfogare il mio desiderio, ma cercai di aspettare per vedere se potevo procuralo anche alla mia partner. Non dovetti attendere molto perché il mio arnese stava risvegliando in lei piaceri credo dimenticati. Quando sentii le sue contrazioni e la furia delle sue dita sulla mia schiena capii che potevo lanciarmi anch’io e così feci. Me ne venni copiosamente dentro di lei e lei mi strinse con le sue cosce a se quasi volesse che non uscisse più dalla sua passera. ‘Sei proprio bravo! Lo sai che hai talento!’ Scoppiai a ridere ‘Beh non &egrave che tu sia da meno!’ ‘Eh ma io sono più stagionata, tu invece sei un giovane stallone! Dai resta a dormire con me che &egrave tanto che non dormo con un corpo caldo al mio fianco’ ‘Come vuoi. Ma se lo scoprono gli altri avventori a te va bene?’ ‘Certo che no! Ma non temere sono tutti via e quindi fino a domenica pomeriggio non c’&egrave pericolo!’ ‘Cos’&egrave una promessa o una minaccia?’ Chiesi scherzando e la sua risata grassa mi aprì il cuore. Dormii di sasso.
Adele era abituata a svegliarsi presto ma avvertii il suo movimento diverso e aprii gli occhi. Avevo il cazzo in tiro e lei mi volgeva le spalle. Pensai alle tette tornite che si trovavano oltre e non resistetti. Gliele abbrancai prendendola da dietro e tirandola verso di me ‘Ehi mascalzone cosa fai?’ ‘Lo sai benissimo cosa voglio farti!’ ‘Ho santo cielo prima niente e adesso ‘ ‘ Le pastrugnavo le tette ma la tiravo anche a me fino a che non riuscii ad infilare nella sua umida fessura il mio bastone caldo e pulsante. Eravamo messi in una specie di pecorina di fianco. I capezzoli si stavano gonfiando sotto le mie carezze mentre con la bocca baciavo la sua schiena mordendole delicatamente anche le spalle e i lobi degli orecchi. Sentii la sua figa liquefarsi e allora la misi nella posizione classica a pecora e mi infilai in quella figa pulsante e gocciolante di lubrificazione naturale. Mi piaceva scopare quella donna con le cosce così possenti che facevano pensare a due colonne poste a salvaguardia del santuario del sesso. E allora lasciai che i miei ormoni giovanili e la mia freschezza atletica facessero il resto e cominciai ad andare su e giù, dentro e fuori con il mio pistone che le alesava la passera. Eravamo lanciati, i nostri rantoli, i mormorii sconclusionati, le urla di possesso o di abbandono lasciavano chiaramente capire che per ognuno di noi l’apice era vicino, a portata di mano, ad un palmo, ad un centimetro, ‘ eccolo! Urlammo il nostro piacere affannati dalla folle corsa e rimanemmo lì come se fossimo stati travolti da un treno lanciato irresistibilmente verso il termine della folle corsa. Adele si girò verso di me e, carezzandomi la testa, mi disse con un sorriso ‘Per fortuna sono tutti via. Ma non sognarti di dire in giro quello che abbiamo combinato!’ ‘Ma a me era sembrata una cosa bellissima! Vorrà dire che dovrai essere sempre pronta a darmi qualcosa per tenermi la bocca chiusa ‘ !’ Fece un gesto come per volermi dare una sberla e mi gridò ‘Porco! Lo dico per te. Che figura ci fai se vengono a sapere che hai scopato per ben due volte una vecchietta come me?’ ‘Beh, a me &egrave piaciuto e non ho voglia di fermarmi a due ” Ci lasciammo con un bacio e andammo ognuno verso le nostre incombenze.
Io dovevo lavare e asciugare le mie T-shirt e le calzamaglie, andai a fare un po’ di spesa per la settimana e a fare un giro per negozi. Anche quella notte scopammo io e Adele, e anche la mattina dopo. Cercai anche di cominciare a sfrucugliare il suo buchino ma trovai resistenza e non avevo tanta voglia di insistere: ne avevo avuto abbastanza di culo in questo periodo! Quando ci lasciammo dopo averlo fatto domenica appena svegli, lei mi disse ‘Per fortuna tornano gli altri! Altrimenti mi procuri una cistite da viaggio di nozze!’ Ci lasciammo entrambi soddisfatti, io anche perché avevo trovato una persona comprensiva, fuori del mio ambiente, cui potevo sempre rivolgermi per consigli o solo per sfogarmi. E poi, prendevo sempre più coscienza del mio corpo, delle sue capacità, delle potenzialità che potevo esprimere. Quella sera stavo preparandomi un po’ di pasta al burro quando vidi arrivare Andrea. Aveva una faccia che era tutto un programma: probabilmente Max lo aveva cacciato come aveva fatto con me. Mi ricordai di quanto avevo sofferto e non pensai neanche un istante che lui era mio ‘avversario’ ma lo chiamai e gli chiesi ‘ Vuoi mangiare un po’ di pasta al burro con me?’ ‘Ma veramente sono stanco e ” ‘Più che stanco mi sembri abbattuto e deluso da come ti ha trattato Max. Mi ricordi lo straccio che ero ridotto io la settimana scorsa. Credimi non ne vale la pena ” Mi rivolse un sorriso timido da cane bastonato e un barlume di riconoscenza che mi intenerì a tal punto che lo attirai a me e lo abbracciai accarezzandogli la testa. Per dieci minuti buoni si sfogò raccontando come era stato prima portato al colmo della gioia e della speranza e poi, bruscamente, fatto precipitare nelle tenebre della disperazione. Gli raccontai di come fossi giunto alla conclusione che questo rappresentava una specie di scuola dove lui, da un lato ci insegnava, dall’altra ci provocava perché voleva ‘forgiarci’ secondo il modello che lui aveva in testa: quello di un attore che assomigliava a lui, determinato, sempre presente, che cerca sempre di migliorarsi.
Quando finimmo la pasta mi sembrò di umore più sollevato anche se sapevo che comunque le ossa dell’anima erano tutte bastonate. Fu con una certa sorpresa che, quando ci salutammo alla porta delle nostre stanze, si avvicinò e ‘Non so come ringraziarti se non così ‘ mi prese il viso e mi baciò. Superai in un attimo la sorpresa e ricambiai il gesto di affetto. Entrando in camera pensavo che mi aveva per certi versi turbato con il suo atteggiamento e con la delicatezza che dimostrava. Capii anche che avrebbe sofferto molto in futuro per il comportamento di Max, forse più di me, proprio perché era una persona profonda. Il lunedì si svolse come avevo aspettato, con Max che sembrava ignorare Andrea e con me che ero ritornato in auge. Gli tirai un bello scherzo. Avevo capito che avrebbe voluto far valere con me la legge dell’attor giovine, ma io con una mossa a sorpresa, mi feci platealmente invitare fuori a pranzo da Luca, Fernando e Osvaldo. Questo fatto gli sconvolse i piani e lo fece incazzare terribilmente tanto che le prove del pomeriggio furono un vero inferno per tutti. Il giorno dopo per ‘punirmi’ invitò davanti a tutti un sorpreso Andrea a pranzo, ma rimase ancora più interdetto quando guardandomi non colse la delusione, bensì un sorrisetto ironico che sembrava dire : ‘Hai visto che ti ho fregato!’. Uscii con gli stessi del giorno prima. Si stava creando un bel clima fra noi. Si scherzava, si cazzeggiava e si rideva. Bevemmo anche un po’ di vino a pranzo, cosa che non avveniva mai, e, fatalmente, successe che, una volta nell’antro di Osvaldo, finimmo con il fare sesso. Fu Luca il primo a chiedermi ‘Ma tu che sei l’attor giovine, te la sentiresti di soddisfare tre porconi come noi?’ ‘ Beh, ci posso provare, ma sai io sto imparando e se qualcuno mi aiutasse ” Fu Fernando, a sorpresa che disse ‘Dai ti aiuto io e vedrai che in quattro e quattr’otto facciamo venire questi due pivelli del sesso!’ La situazione aveva preso una piega inaspettata, io sapevo che dovevo ‘cedere’ alle richieste dei miei colleghi, ma tutto sommato Fernando non era tenuto a sottoporsi a questo ‘sacrificio’: voleva dire che ci teneva e questo confermava l’idea che mi ero fatto di lui.
In pochi istanti fummo nudi come mamma ci aveva fatto, rimirai i corpi e soprattutto gli uccelli di Luca e Osvaldo. Erano diversi, quello di Luca tozzo, ricco di venuzze, grosso, dritto e con le nodosità ben marcate. Osvaldo aveva un uccello più scuro con la cappella rivolta all’insù e un nodo inferiore notevole tanto da sembrare la somma di tre cilindri accostati. Ci fu un attimo di imbarazzo che Fernando risolse impugnando il tronco di Luca e cominciando a baciarlo in bocca. Io non avevo molta voglia di baciare Osvaldo e allora mi accucciai a imboccare il suo uccellone. Mi succhiai per bene la cappella e cominciai un su e giù per l’asta davvero notevole. Con il ditino inumidito di saliva provavo a violare le sue intimità e rimasi sorpreso che mi lasciasse fare. Dopo qualche minuto di questo servizio ormai il suo cazzo aveva raggiunto la giusta durezza e fu Fernando che ci fece cambiare disposizione assumendo quella di un gruppo anziché due coppie. Io e lui ci mettemmo nella posizione del 69 con io a pecora e lui sulla schiena e, mentre ci leccavamo e succhiavamo le teghe oramai durissime, gli altri cominciavano a lavorarci il buco del culo per preparare la successiva penetrazione. Non so da dove, ma spuntò un tubetto di lubrificante anale e i nostri condotti ne furono riempiti per bene. Ero frastornato da questa orgia! Al piacere di succhiare l’uccello di Fernando si univa quello che lui trasmetteva al mio bastone e, su tutto, c’era il languore che cominciava a torcermi le budella che così si preparavano ad accogliere l’ospite. Fernando si spostò, togliendomi il suo cazzo dalla mia bocca famelica, ma aveva necessità di mettere le caviglie sulle spalle di Luca e di favorire il suo ingresso che avvenne subito dopo. Il mio uccello continuava ad essere oggetto delle tenere attenzione della sua bocca e, in quella posizione Osvaldo iniziò a penetrarmi. All’inizio fu dura, perché la mancanza di esercizio per oltre una settimana mi aveva fatto disabituare a questi sforzi dei tessuti, ma poi la calma di Osvaldo e, soprattutto, il lento movimento circolatorio che la sua cappella faceva al mio sfintere ne minarono le resistenze, fino a che, con un sospiro, lo accolsi nelle mie intimità più profonde.
I colpi che Luca sferrava nel culo di Fernando si trasmettevano attraverso la bocca del collega sul mio uccello, mentre l’attrezzo di Osvaldo mi trapanava le budella con il suo bastone turgido e tutto questo creava come un effetto domino come se ci fosse un ping pong che amplificasse ogni movimento ed era una sensazione stranissima, come se stessimo facendo sesso in quattro contemporaneamente, ed era proprio così. Ogni colpo rimbalzava da una coppia all’altra e da questa veniva ritornato amplificato e così via in un crescendo che stava per causarmi il classico corto circuito dell’orgasmo prostatico. Fu verso la fine che ci ‘separammo’, ogni coppia seguendo il ritmo che i componenti davano e ritenevano più consoni per soddisfare il proprio desiderio. C’erano rantolii e sospiri ma su tutto dominava la voce di Osvaldo che ci incitava ‘dai troie! Beccateve sti cazzi nel culo. Fateve sfonnà er culo da sti trapani umani’ e via su questo tenore. Sentivo che stavo per raggiungere il culmine e mi girai verso il fianco a vedere il mio spompinatore squassato dalla frenesia di Luca. Sentivo che nonostante questo, lui continuava a darmi sollazzo e, sentendomi egoista, gli afferrai la base dell’uccello e cominciai a menarlo. Nell’arco di un minuto ce ne venimmo tutti i quattro e, una volta ancora, Fernando si sorbì il mio nettare. Quando ci abbandonammo stremati, il mio compagno di inculata, preso da un impeto di riconoscenza, si rivolse verso Luca e lo baciò in bocca. Non potei fare a meno di pensare che così si era gustato anche lui il mio sperma. Mi girai verso Osvaldo che giaceva soddisfatto al mio fianco. ‘Aho sei proprio bono. C’hai un culo fatto pe’ scopa’ e, me pare de ved&egrave, un uccello de rispetto!’ Così dicendomi mi accarezzò il cazzo ormai moscio. Luca fece ‘Beh Osvaldo sarai contento che hai goduto della legge dell’attor giovine anche tu!’ e io ‘E’ perché io sono democratico!’ Mi beccai un ‘Ma vaffan’!’
Max era visibilmente incazzato. Aveva intuito che mi ero concesso a Luca o a Fernando e questo sconvolgeva i suoi piani di tenere me e Andrea sulla graticola. Voleva deprimere il mio avversario dopo il week end insieme, ma io ero sfuggente e quindi voleva punire anche me e non era abituato a perdere il controllo. Decisi di osare ancora un po’. Il giorno dopo andai da Max e gli chiesi ‘Scusa venerdì vorrei tornare a casa dai miei per il week end. A che ora pensi di darci libera uscita così prenoto il treno e li avviso di venirmi a prendere?’ Mi fissò a lungo poi un leggero sorriso gli increspò il volto quasi a significare ‘Ti ho sgamato fanciullo e ti preparo io un bel piattino!’ poi mi rispose ‘Venerdì lascio liberi tutti alle 17. Tutt’al più mi fermo con Andrea a provare la sua parte di Giulietta’ Era una stoccata, ma avevo scelto io di giocare sul filo del rasoio. Lo ringraziai e tornai in riga. Fino a venerdì mi fece fare sempre le parti minori riservando ad Andrea sia il ruolo di Giulietta che le sue attenzioni durante le pause pranzo. Io invece ne approfittai per tessere le mie trame di conoscenza con gli altri.
Mi dedicai ad approfondire la conoscenza di Enzo, un simpatico attore con un accento toscano, una bella barba e una pancetta incipiente. Con lui passai mercoledì e giovedì ad ascoltare i coloriti racconti delle sue esperienze. Facevamo battute l’un l’altro e lui aveva cominciato a fare riferimento al mio ‘ruolo’ di attor giovine. Nella disperata ricerca di appoggi mi ritrovai a ‘civettare’ anche con lui con un crescendo dei riferimenti sessuali nelle battute. Il secondo giorno mi accompagnò nel mio camerino. Mi spinse dentro con una mano aperta sulle mie chiappe: era chiaro come sarebbe finita. Mi appoggiai alla porta e ricevetti il suo primo benvenuto con un bacio molto pieno di saliva e di desiderio. Nel frattempo mi spogliava e io spogliavo lui. Passò a questo punto a distendermi su una panchina e prese a sforzare con le dita umide di saliva il mio buchino. Io gli passai il tubo di pomata lubrificante, che oramai non mi abbandonava mai, e presi a succhiarmi il palo che aveva in mezzo alle gambe belle possenti e che a breve mi avrebbe violato le intimità. Enzo aveva un cazzo non grossissimo ma più lungo del normale e ricco di venuzze che correvano lungo tutta l’asta. Io lo insalivavo per bene, lo succhiavo, me lo infilavo in fondo fino a che non cominciavano i primi conati. Lui oramai mi aveva aperto il buco tanto da tenerci stabilmente due dita infilate. Continuò così ancora per poco, dopo di che mi fece mettere a pecorina e si posizionò con il suo attrezzo all’imboccatura delle mie grazie. Allargai le chiappe per favorire la deflorazione, lui indugiò ancora un po’ con un movimento circolare all’apertura poi spinse e, flop la cappella scivolò dentro senza grandi fastidi (allora ce l’aveva proprio non molto grosso). Un istante di attesa poi di nuovo a fondo ed ora eccolo piantato tutto dentro il culo umido e pulsante. Non era passato neanche un minuto da quando Enzo aveva cominciato a pompare nelle mie viscere il suo pistone duro che la porta si aprì (maledizione non l’avevo chiusa a chiave!) e sull’uscio apparve Goffredo che, davanti alla scena che gli apparve davanti rimase fermo e basito. Non so cosa mi prese ma reagii come se stessi leggendo un copione e non facendomi sbattere su una panca. ‘Ciao, scusa ma sono occupato di dietro. Però se vuoi darmi il tuo gelato potrei dargli una leccatina’ Goffredo rimase sorpreso dalla mia spregiudicatezza, ma poi un sorriso decisamente da porco increspò il suo viso e, tirandosi giù la zip, si fece avanti.
Enzo, che si era fermato al momento dell’intrusione, riprese a pompare anche se la consistenza del suo arnese era diminuita a causa della distrazione. Goffredo si posizionò davanti al mio viso e tirò fuori il suo cazzo porgendolo verso di me. Lo guardai ammirato: era un bellissimo esemplare di uccello! Grosso, non lunghissimo, ma bitorzoluto: doveva essere molto apprezzato sia nella figa che nel culo. Cominciai a leccare la punta, la insalivai, la scappellai, la inghiottii e cominciai con tutto il mio repertorio migliore. Volevo fare inconsciamente bella figura con un cazzo così maestoso e mi concentrai più su quello che avevo davanti a me che sull’attrezzo che stava ripulendo il mio condotto anale da eventuali ragnatele. Quando lo inghiottivo con la lingua percorrevo tutte le venuzze, poi lo succhiavo, quindi lo usavo come fosse un cono gelato. La mano stretta alla base intanto stava segando l’asta procurandogli, assieme al mio lavoro di bocca, i primi sospiri di piacere. Ma anch’io ero abbacinato dalla goduria che questo pompino mi procurava e attribuivo il motivo alla mazza che riempiva sovrana la mia cavità orale. Avvertivo i sospiri crescere e mi resi conto che anch’io cominciavo ad essere vicino all’orgasmo mentre il mio cazzo oramai gocciolava copiosamente. Accelerai i miei movimenti fino a che non sentii cambiare la consistenza del batacchio di Goffredo. Lui mise una mano sulla mia nuca e spinse: ebbi un attimo in cui credetti di non farcela ma poi, memore di quanto mi avevano insegnato Fernando e Max, riuscii a respirare con il naso e a infilarmelo il più possibile in bocca. Mi faceva male la mascella da quanto era grosso ma non ebbi tempo per distrarmi che tutto si susseguì in pochi istanti: Enzo venne alle mie spalle inondandomi la schiena di sperma, io ebbi il mio orgasmo e Goffredo riempì le mie tonsille con il suo liquido un po’ acidulo, un po’ dolciastro.
Ero sconvolto perché, in tutte queste settimane di sesso tra uomini era la prima volta che fare un bocchino mi aveva dato un piacere quasi superiore alla stimolazione di un cazzo nel mio culo! La cosa però doveva essere reciproca perché Goffredo, infilandosi l’uccello oramai moscio nelle mutande, mi disse piacevolmente sorpreso ‘Cazzo sei stato proprio bravo! E’ il migliore bocchino che mi hanno fatto. Hai un futuro credimi, anche quando finirai di fare l’attor giovine!’ Lo ringraziai e gli feci i complimenti per il suo arnese poi mi rivolsi anche ad Enzo e lo lodai per la trapanata che mi aveva dato (non era diplomatico mettere a confronto i due uccelli perché altrimenti poteva adombrarsi e non ne valeva la pena). Una volta ricomposti tornammo sul palcoscenico e riprendemmo le prove come se niente fosse successo. Quella notte però ripensai all’uccello di Goffredo, al bocchino che gli avevo fatto e a quanto mi era piaciuto e so solamente che mi svegliai al mattino seguente con il cazzo durissimo che ci vollero più di tre minuti prima di riuscire a pisciare! Venerdì a pranzo Fernando mi chiese di andare da lui. Pensai che avesse voglia di fare un 69 ma fui sorpreso. Voleva che lo inculassi. Si stese sulla schiena nudo nel suo camerino e si abbandonò completamente alle mie cure. Lo baciai dappertutto e, memore del trattamento che Max mi aveva riservato, insistetti su tutte le zone erogene. Poi mi decisi e cominciai a leccargli il culo fino a far distendere la pelle perineale e poi, con la lingua saettante cominciai a forzare l’apertura. Ma Fernando era abituato o comunque particolarmente ben disposto che non trovai ostacoli se non le naturali difese pronte però a lasciare posto ai violatori.
Preparai per bene e con calma il suo buco arrivando a scoparlo con tre dita ben lubrificate nel culo e continuai fino a che tra i rantoli non mi implorò di incularlo. Era ciò che aspettavo e non mi feci pregare ulteriormente. Misi le caviglie sulle spalle e lo in fiocinai nella posizione del missionario. Una volta giunto fino in fondo mi arrestai e rimasi lì fermo con la mia verga incandescente piantata nelle sue viscere doloranti e assaporai la conquista. Mi dedicai a carezzargli le tettine, gli leccai i capezzoli, i lobi delle orecchie, ci baciammo, poi ritornai alle orecchie, alle tette, ai capezzoli. Continuai così sempre fermo o applicando solamente una lenta rotazione del bacino fino a che non avvertii che era lui a muovere il bacino cercando uno sfregamento più intenso. Lo accontentai uscendo, sostando all’ingresso e poi rientrando nuovamente fino in fondo e ripetendo l’operazione fino a che non avvertii i tessuti sedere definitivamente e anzi desiderare di essere sferzati dalla mia mazza. ‘Dai sfondami, sfondami tutto! Dai, ti prego’ Cominciai a cavalcarlo sempre più insistentemente affondando ogni colpo di più e aumentando il ritmo per quanto possibile. Ero un coacervo di sensazioni e oramai non capivo più niente, ero un treno senza freni lanciato verso il baratro e il vortice del piacere e della lussuria mi accolse a braccia aperte mentre urlavamo entrambi con voce appena soffocata per non farci scoprire dagli altri.
‘Grazie Giulio! Sei stato magnifico. Mi hai ricordato Max’ Fu una folgorazione e senza controllarmi gli dissi ‘Ma allora lo ami ancora?’ Mi guardò con lo sguardo di un bambino colto con le mani nella marmellata che chiede comprensione e assoluzione. ‘Amore &egrave una parola grossa, ma devo dire che mi manca tanto. Mi manca soprattutto sentirmi suo posseduto da lui. Anche se tu sei bravo a farlo dimenticare, mi rimane dentro, come il ricordo delle stagioni trascorse che appaiono ai nostri occhi sempre le più belle.’ Quel pomeriggio salutai tutti e me ne andai a F., a casa a trovare i miei e soprattutto a portarmi un po’ di cambio per le settimane successive. I miei erano contentissimi e curiosi di sapere come stava andando e così per un paio di giorni tornai anch’io bambino con la mamma che mi lavava, stirava e piegava tutti gli abiti di cui avevo bisogno, mi preparava i piatti migliori che sapeva mi piacevano, mentre mio padre, anche senza dirlo apertamente, si vedeva lontano un miglio che era orgoglioso di questo suo figlio un po’ strano ma che forse si stava riscattando da una vita di merda. La domenica quando tornai nella pensione, trovai Adele che strizzandomi l’occhio mi informò che gli altri ospiti erano già tornati mentre l’unico ancora fuori era Andrea. Quella notte mi crogiolai nel pensiero se non ero stato troppo precipitoso a non volermi sottomettere ciecamente ai voleri e ai giochi perversi di Max, rivendicando quindi una mia dignità anche se lui chiaramente era il mio superiore. Non riuscii a darmi una risposta e solo verso l’una riuscii a prendere finalmente sonno.
ettoreschi@yahoo.it Il lunedì dopo che ero stato dai miei trovai Max deciso a non consentirmi più di scappare e mi disse : ‘Oggi vieni a pranzo con me!’ Era un ordine e non si doveva discutere e io non lo discussi ‘Bene. Sono contento che tu me l’abbia chiesto!’ Lavorammo duro per tutta la mattina poi, alla pausa pranzo ordina panini e bibite e andiamo nel suo camerino a mangiare. Dopo i primi bocconi in silenzio, Max mi guarda e comincia ‘Ma hai deciso di farmi pentire di averti scelto? Dicevi di essere disposto a tutto per seguire il tuo sogno invece sei insubordinato e poco obbediente!’ Lasciai il mio panino, mi avvicinai a lui con lo sguardo da gattina che fa le fuse, tolsi l’elastico che raccoglieva i capelli e li scossi e cominciai ad accarezzare il suo torace ‘So di averti ferito, credo anche di aver capito perché e quando ho violato i tuoi desideri. Se ti conosco so che le mie scuse adesso non ti servono e non te le faccio perché ti offenderesti anche perché sai che mi &egrave dispiaciuto. Tu sei grande e bravissimo e stare vicino a te mi ha abbacinato a tal punto da non saper distinguere cosa &egrave giusto o no ma di seguire solo i miei istinti. Io voglio imparare e, se vorrai, non farti scrupolo di dirmi anche duramente dove sbaglio. Perdonami ‘ e così dicendo mi avvicinai al suo viso e lo baciai come Giulietta bacia il suo Romeo. Passarono una manciata di secondi nei quali il mio cuore stava per scoppiare dalla tensione, poi lui rispose al mio abbraccio e prese in mano la situazione. Fu deciso ma anche delicato al tempo stesso. Mi prese alla missionaria sfoggiando tutto il repertorio di scopatore che mi aveva conquistato. E finalmente in quell’amplesso paradisiaco ma intenso che tutte le tensioni che si erano create fra di noi si sciolsero e ci demmo reciprocamente piacere. Alla fine gli circondai il bacino con le mie gambe e lo strinsi a me quasi a voler sottolineare una intesa ritrovata, lui invece accarezzava i miei capelli e mi guardava dolcemente. Ma lo stronzo che comunque albergava in lui mi scosse ‘Dai non poltrire che dobbiamo riprendere le prove: il lavoro viene prima di tutto il resto!’ Lo guardai con un sorriso dolce e riconoscente al tempo stesso e, senza discutere, mi ricomposi.
La prima metà della settimana fu chiaro a tutti che ero tornato ad essere il ‘cocco’ di Max e Andrea veniva quasi ignorato e vedevo che ne soffriva. Ogni giorno alla pausa pranzo, Max mi ospitava nel suo camerino e scopavamo con l’entusiasmo che aveva guidato il nostro primo week end, solo che questa volta non provavo più a possederlo, mi accontentavo di stimolargli il buco del culo con le dita ma poi lasciavo che fosse lui a cogliere il frutto proibito del mio corpo. Ero Giulietta sempre, sul palco e nel suo camerino e, io speravo, anche nel suo cuore. Mercoledì sera ci trovammo a mangiare io, Andrea e Adele perché gli altri ospiti erano andati a farsi una pizza. Fu Adele a cominciare il discorso perché tra me ed Andrea c’erano sentimenti contrastanti: sapevamo di essere avversari ma al tempo stesso sentivamo di essere uguali ed eravamo in empatia con quello che l’altro provava. ‘Allora il vostro regista chi sta tartassando adesso?’ Risposi io perché il mio collega-avversario era rimasto stupito dalla franchezza di Adele ‘Andrea. Gli fa fare le parti peggiori e non lo vuole neanche alla pausa pranzo’ ‘Ma cosa le racconti? Sono cose nostre’ ‘Eh ragazzo mio, puoi anche non raccontarmi niente ma le vostre facce sono un romanzo scritto a caratteri cubitali’. Il ghiaccio si ruppe e cominciammo a parlare, a sfogarci per le angherie subite in passato o nel presente, per le aspirazioni che sentivamo non essere riposte nelle nostre mani ma in quelle di una persona ingovernabile, e infine anche del sesso. Andrea non aveva riscontrato un Max anche passivo, ma ciò perché era stato solo il suo giocattolo sottomesso, e questa era l’unica differenza oltre al fatto che per Andrea il sesso non era mai disgiunto dal sentimento e gli riusciva difficile a provare la parte di Giulietta con Goffredo in quella di Romeo.
Quando Adele si ritirò nella sua stanza continuammo le confidenze e gli dissi di come avessi fatto sesso un po’ con tutti, mentre lui un po’ arrossendo mi raccontò di come quel giorno Fernando lo avesse chiamato nel suo camerino e che avessero fatto un 69 letteralmente ‘esplosivo’. ‘E’ bravissimo Fernando, ed &egrave anche sensibile!’ ‘Attento Andrea anche lui era l’attor giovine la volta scorsa ed oggi &egrave qui che rimpiange un amore impossibile per Max!’ Su quest’ultima confidenza ci lasciammo per dormire il sonno del giusto. Fu quindi con grande sorpresa che il giorno dopo apprendemmo due notizie di cui ci sconvolsero fortemente. La prima era che Alfredo aveva avuto un piccolo incidente tornando a casa in moto e quindi le prove sarebbero state più pesanti per tutti i componenti della compagnia. La seconda fu riassunta così da Max ‘Bene lo sapete che devo scegliere l’attor giovine che ci accompagnerà in tutta la tournee e che sarà la nostra Giulietta. Abbiamo Andrea e Giulio che sono i candidati e, chi per un motivo, chi per un altro, entrambi possono ricoprire a mio avviso il ruolo: sono bravi entrambi. Ma chi scegliere? Bene ho deciso di affidarmi al Vostro giudizio perché oltre ad essere Giulietta il vincitore sarà il nostro primo attor giovine e dovrà pertanto soddisfare le necessità di tutta la troupe. Avete tre ore di tempo durante la pausa pranzo per decidere chi sarà il Vostro candidato. Alle 16.00 ci rivediamo sul palco e ognuno di voi indicherà uno solo di loro. Chi avrà avuto più preferenze sarà la nostra Giulietta ‘ e il nostro attor giovine!’ Concluse così guardandoci entrambi con un sorrisetto mefistofelico mentre noi eravamo a bocca aperta: tutta la nostra dedizione, lo studio ecc. non contavano niente, quello che avrebbe deciso tutto sarebbe stato il nostro culo!
Mi ripresi e cominciai a pensare a come conquistarmi il maggior numero di ‘voti’ senza farmi sfondare il culo da tutti. Ebbi una folgorazione e mi avvicinai a Fernando sussurrandogli nell’orecchio ‘Vorresti aiutarmi tu che sei stato attor giovine in passato?’ ‘Cosa vuoi che faccia?’ glielo dissi. Ci pensò un attimo poi il suo viso si distese in un sorriso e mi disse ‘Dai possiamo farlo!’. Vidi che Goffredo aveva preso per mano Andrea e lo stava portando nel suo camerino mentre Max era scomparso e al posto suo era riapparso Osvaldo che ci guardava curioso. Mi rivolsi a tutti ‘Ragazzi avete voglia di partecipare ad una festa?’ Ci fu un coro di sì anche perché la maggior parte dei presenti aveva avuto modo di conoscere la mia disponibilità e la mia vena di porcellino. ‘Bene andiamo da Osvaldo dove c’&egrave un bel lettone’. Giunti nell’antro del nostro tuttofare, li invitai a spogliarsi e, una volta tutti nudi, dissi loro ‘Bene ora io e Fernando metteremo a vostra disposizione i nostri buchetti, le nostre bocche e le nostre mani: approfittatene perché farlo in gruppo &egrave molto meglio che da soli!’ Ci fu un coro di esclamazioni tutte sul positivo con varie sfumature. Fernando si stese sulla schiena e io mi misi a pecora ma trasversalmente al suo corpo, non a creare quindi il classico 69. In questo modo i nostri orifizi erano facilmente raggiungibili da tutti. Con un cenno di intesa Luca si dedicò al buchino di Fernando mentre Enzo si posizionava per un bocchino. Io offrii le mie terga ad Osvaldo e la mia bocca a Giovanni.
L’atmosfera stava inebriando tutti perché ognuno di noi avvertiva la presenza dell’altro e questo era un fattore che amplificava il nostro piacere spingendoci a darci goduria con una intensità maggiore. Avevo raccomandato a Fernando di tirarla il più a lungo possibile e anch’io cercavo di evitare di precipitare tutti verso l’orgasmo desiderato. In questo modo la mia mente perversa pensava che, più tardi venivano, meno voglia avrebbero avuto di assaggiare anche il bocconcino di Andrea. Ma non potevamo tenere a lungo il desiderio nei nostri profanatori posteriori che oramai avevano i loro randelli irrigiditi dall’imminenza dell’orgasmo. Capii che dovevo cedere e affrettai anche il lavorio sulla mazza di Giovanni che avvertivo bella dura a riempire il mio cavo orale. Poi non so chi diede inizio alle danze e fu tutto un susseguirsi di urla, di rantolii, di uccelli che schizzavano il frutto del piacere come se fossero strumenti di un’orchestra governata da un misterioso direttore. Giacemmo alcuni minuti a riposare dai nostri sforzi sessuali e intanto la mia mente cercava di trovare una soluzione al problema che mi angosciava. Dovevo trovare un modo per impedire che i miei partner fossero attirati dal desiderio di andare ad assaggiare il boccone di Andrea che, supponevo, sarebbe stato estremamente delicato e piacevole. Ancora una volta fu Fernando ad avviarmi verso la soluzione dell’enigma. Si girò verso Osvaldo ed Enzo, impugnò i loro cazzi ancora mosci e prese a passarseli bocca prima uno, poi l’altro, poi ancora il primo. Capii cosa voleva e mi precipitai a fare lo stesso con gli attrezzi di Luca e Giovanni.
Io e Fernando proseguimmo il nostro encomiabile lavorio fino a che assistemmo alla rinascita lenta dei membri che stavamo trattando di mano e di lingua. Ebbi come un barlume e con la coda dell’occhio afferrai l’immagine di Goffredo che entrava dalla porta e fissava la scena stupito per poi allontanarsi; questo voleva dire che Andrea era disponibile per nuovi assaggi e allora intensificai il mio impegno. Fu così che assaggiai in tutti i modi possibili i cazzi dei due che avevo scelto. Nell’altro gruppetto intanto Enzo si era portato alle spalle di Fernando e stava introducendo il suo paletto nelle interiora del mio sodale. La manovra non sfuggì a Giovanni che volle anche lui godere nell’unico culo rimasto libero: il mio. Fu così che avvertii la caratteristica pressione sulla mia rosetta, la spinta decisa a introdurre la cappella turgida, il lento e deciso avanzare fino a riempirmi completamente il condotto con il suo desiderio. Ero così lancinato da due fonti di piacere: una che subivo nel mio culo, e una che davo con la mia bocca e la mia mano. La tensione era ritornata al massimo e fu chiaro che non saremmo riuscito a trattenere i nostri liquidi ancora. Diedi allora il segnale ‘Dai venite!’ con la voce resa roca dal piacere che comunque questa mega orgia mi stava fornendo e che stava salendo fino alla sua conclusione naturale. Mi rimisi in bocca l’uccello di Luca e, mentre Giovanni mi stantuffava il culo oramai sfatto, lo impugnai e diedi finalmente compimento al suo piacere ritrovandomi in un attimo la gola colpita dagli schizzi dell’uomo. Era tutto un fiorire di espressioni e urla e rantoli a comunicare al mondo intero che ognuno stava raggiungendo l’apice. Eravamo veramente sfiancati, soprattutto io e Fernando, ma vidi dei visi appagati nei volti dei nostri violatori e sperai così di essermi guadagnato i loro voti. Andai vicino a Fernando, stremato e coperto di sperma anche lui, e lo ringraziai di cuore per l’aiuto che mi aveva dato ‘Non ti preoccupare avevo voglia anch’io di una buona dose di cazzi!’. Pensai che se anche Goffredo votava contro tutti gli altri dovrebbero avermi sostenuto. Andammo a ripulirci e scoprimmo con una certa sorpresa che non mancava molto all’ora dell’appuntamento decisivo.
Ci ritrovammo sul palco tutti in cerchio mentre Osvaldo gironzolava lì attorno sistemando alcune cose, ma la mia attenzione era tutta a Max e al gruppo di attori che lo circondava. Max diede la parola per primo a Goffredo che si espresse così ‘Beh credo che anche Giulio sia una persona con molte qualità ma il mio voto va ad Andrea’ 0 a 1e palla al centro. Fu la volta di Fernando che deciso pareggiò il conto ‘Giulio, anche se Andrea &egrave molto bravo e sensibile’ 1 a 1! Luca ‘Credo che Giulio abbia anche la giusta dose di iniziativa che comunque serve’ 2 a 1 (andava meglio) Giovanni ed Enzo mi votarono senza alcuna esitazione: 4 a 1 ora era chiaro che avevo vinto ma mancava ancora la ciliegina sulla torta. Osvaldo, sembrando passare di lì per caso se ne uscì con ‘Beh io non c’entro ma se volete il mio parere il migliore &egrave Giulio’ Ovviamente il tutto pronunciato in perfetto dialetto trasteverino. Max aveva un’espressione enigmatica e credevo di capire il suo dilemma: da un lato voleva favorire me per fare un dispetto a Goffredo, dall’altro Andrea gli era stato indubbiamente più fedele e meno indisciplinato. Alzai la mano chiedendo la parola ‘Non vorrai votare anche tu?’ mi chiese Max ‘No. Volevo far notare una cosa. Alfredo si &egrave fatto male, speriamo tutti non sia niente di grave, ma forse avere due attori giovini potrebbe essere utile’. Andrea, che stava trattenendo a fatica le lacrime per l’inevitabile eliminazione, mi guardò sorpreso. Max invece valutò con interesse la soluzione che gli proponevo: sceglieva me ma teneva anche Andrea così poteva ancora giocare qualche volta su due tavoli e l’idea cominciò a piacergli. Proclamò allora la decisione ufficiale ‘Bene allora la nostra Giulietta &egrave, e non poteva essere altrimenti visto il nome che porta, Giulio!. Andrea resta con noi come secondo attor giovine e speriamo abbia modo di potersi far apprezzare’ Ci fu un boato perché la decisione accontentava tutti e la cosa che mi sorprese gradevolmente fu Andrea che venne ad abbracciarmi e a sussurrarmi all’orecchio ‘Grazie mi hai salvato!’. Max ci informò che, causa una serie di pratiche amministrative e burocratiche non poteva essere presente per il resto della settimana alle prove e quindi potevamo ritrovarci tutti il lunedì mattina per dare avvio alla serie di prove definitive con la squadra formata e al completo: era un vero e proprio rompete le righe.
Prima di congedarmi andai da Max e ‘Grazie!’ ‘Perché mi ringrazi? Sei stato bravo ad attirare i voti degli altri attori e, va bene così’ Gli sorrisi sfoderando tutte le mie doti di dolcezza ‘Mi riferivo al fatto che hai accolto il mio suggerimento. Quando vuoi che ci vediamo per ringraziarti di persona?’ Era un messaggio chiaro di sottomissione ma non volevo che ci fossero equivoci od ostacoli nel seguito della mia prima avventura nel mondo del teatro. Lui mi disse di aspettarlo e, dopo un paio di minuti, rientrò sul palco con un tubetto nella mano che poi mi porse guardandomi con un sorriso sornione ‘Tieni &egrave una pomata per calmare i bruciori e credo che ne avrai bisogno questa sera visto che per il teatro hai dato tutto te stesso!’ Lo ringraziai e feci per andarmene quando la sua voce mi raggiunse ‘Ah venerdì trovati alle 18 e 30 davanti al teatro e ‘ porta lo spazzolino da denti’ Quando mi voltai si era già girato e si stava avviando verso l’uscita. Una volta rientrati nella pensione dovemmo raccontare tutto (o quasi) alla nostra padrona di casa. Anche Adele fu contenta della soluzione e dette un bel bacione sulla fronte ad entrambi. Quella notte la trascorsi con il condotto intestinale cosparso della pomata rinfrescante che doveva lenire il sordo pulsare dei tessuti violati a lungo. Prima di prendere sonno ripensai a tutta la giornata, alla fatica del fare sesso, al piacere che comunque me ne era derivato, alla gioia di essere riuscito nel mio intento e scosso da questi sentimenti contrastanti mi addormentai.
Il giorno dopo dormii a lungo stremato dallo sforzo fisico e mentale di queste settimane e mi ritrovai a far colazione in cucina quando Adele stava già preparandosi il pranzo. Mi rivolse uno sguardo ironico ma anche materno ‘Allora contento attor giovine?’ ‘Oh da morire Adele. Non credevo di farcela ma ho messo tutto me stesso per riuscirci!’ ‘Eh lo so che hai messo tutto te stesso! Basta che adesso che sei famoso ti ricordi ogni tanto di chi ha avuto l’umanità di darti un letto e un tetto dove riposare’ Scoppiammo a ridere. Finita la colazione le chiesi di Andrea. Mi disse che era rientrato poco prima che io mi alzassi. Bussai alla sua porta e mi fece entrare. Mi abbracciò e istintivamente ricambiai. Eravamo lì in piedi stretti l’uno all’altro quando lui mi sussurrò all’orecchio ‘Grazie: sei stato generoso! Te ne sarò eternamente grato!’. La sua dolcezza e per certi versi l’ingenuità che dimostrava mi prese il cuore e trovai naturale accarezzare i suoi capelli biondi e mi colpì la dolce fragranza che essi emanavano. Eravamo con i visi vicinissimi, le labbra socchiuse entrambi, fu un lento movimento di Andrea e ci ritrovammo ad un centimetro l’uno dalla bocca dell’altro. Fu un bacio tenero, dolce, della delicatezza che emanava quel ragazzo dagli occhi azzurri. Non c’era sesso ma affetto, riconoscenza, amicizia. O meglio attraverso questo atto sessuale lui mi esprimeva tutti questi sentimenti. E io, che in realtà non lo avevo mai considerato il mio nemico ma solo la persona che dovevo superare, mi resi conto del forte senso di fratellanza che mi univa a lui. Eravamo stati entrambi ‘vittime’ dell’arroganza di Max, avevamo subito i suoi cambi di umore, naturali o voluti, eppure avevamo mantenuto sempre un canale di comunicazione aperto ed onesto al tempo stesso.
Sentivo che stavo sciogliendomi e che Andrea mi stava dicendo che lui era disponibile. Non presi una decisione ma continuai a baciarlo e lasciai che fossero i miei ormoni a decidere. Non tardarono a farsi sentire e quando il livello di testosterone cominciò a crescere, anche il mio pisello fece sentire la sua presenza andando a cozzare contro il suo dirimpettaio che aveva anche lui una erezione crescente. Infilai la mano sotto la sua maglietta e cominciai a tormentare il capezzolo trovando corrispondenza nel ragazzo. Fu come se fosse scattata un molla e prendemmo l’uno a spogliare l’altro e viceversa e, quando fummo nudi, prima di stenderci sul letto, ci abbracciammo così come mamma natura ci aveva fatto, percependo finalmente il contatto diretto della pelle lungo tutto il corpo. Le nostre due sciabole stavano combattendo una piacevole battaglia fatta di colpi ma soprattutto di strofinamenti e così, quando Andrea impugnò la mia asta io feci altrettanto con la sua e ci gettammo sopra le coltri nella più classica posizione del 69. Ammirai per un attimo il suo prepuzio, le vene, la consistenza bitorzoluta delle sue forme, il pelo biondiccio e, dopo averne annusato brevemente l’odore, lo scappellai e cominciai a leccarlo. Iniziai ad accarezzare le sue chiappe belle sode e rotonde, presi a succhiare le palle per poi ritornare vorace verso l’asta nerboruta mentre lui si stava cimentando in un bocchino da sballo nei confronti del mio cazzo. Mi stavo eccitando sempre di più e, attirato dal dolce afrore che proveniva dalla rosellina posteriore, cominciai il mio assalto con la lingua. Prima distesi per bene la pelle intorno al buco, poi cominciai a succhiare per bene l’imboccatura introducendovi anche la punta della lingua. La tensione cresceva in me anche perché percepivo il rantolare abbandonato di Andrea e questo costituiva un ulteriore eccitante per la mia passione. Lo sentii tramestare sul suo comodino poi mi allungò un tubicino che riconobbi essere la pomata lubrificante di cui non facevo mai a meno da quando erano cominciate le avventure sessuali con i miei colleghi della compagnia teatrale.
Sostituii la lingua con il mio dito medio ben cosparso del liquido miracoloso e presi a carezzare la pelle rugosa fino a distenderla per bene. Poi passai a saggiare le difese e percepii chiaramente il movimento che Andrea fece per favorire il mio ingresso e rilassare i muscoli. Oramai ero tutto concentrato sul suo meraviglioso culo e non vedevo l’ora di farlo mio. Anche lui stava seguendo le mie evoluzioni di mano e aveva abbandonato il mio uccello tenendolo solo impugnato e dandogli ogni tanto delle languide leccate lungo l’asta e una breve succhiata alla cappella. Quando puntai il secondo dito lo sentii sospirare e il movimento antiperistaltico dei suoi muscoli agevolò il deciso dilatarsi dell’anello sfinterico. Ora stavo lavorando su questo per renderlo più cedevole e lubrificato al massimo. Andai dentro e fuori, prima lentamente poi sempre più velocemente fino a che mi parve di percepire un leggero cedimento della muscolatura. Lubrificai la mano ed entrai con tre dita nel suo caldo e umido anfratto: lo sfintere era teso al massimo ma manteneva comunque una certa elasticità così che potei lavorarlo ancora un po’. I sospiri di Andrea si stavano trasformando in rantoli, il mio desiderio cresceva a tal punto che ora mi sembrava che l’uccello mi scoppiasse, così quando lui implorò ‘Dai Giulio prendimi!’ non potei che accontentarlo. Scelsi la posizione alla missionaria con le sue caviglie sopra le mie spalle. Attesi un attimo con l’uccello puntato all’ingresso mentre lui si allargava le chiappe e, quando giunse l’attesa contrazione, spinsi la cappella dentro. Ci fermammo ad attendere che i tessuti si adattassero alla nuova situazione poi fu lui che spinse il bacino a favorire la piena penetrazione. Quando lo riempii tutto con il mio palo di carne calda e pulsante ci fermammo a godere ognuno delle diverse sensazioni che stavamo provando. Mi attirò a lui e ci baciammo a lungo combattendo una lunga battaglia con le nostre lingue, mordicchiandoci le labbra. Io passai a leccargli i capezzoli e così facendo il mio cazzo fuori uscì un po’. Allora cominciai il lento dentro e fuori che doveva precedere l’apoteosi dell’orgasmo. Lo pompai lentamente fino a che non fu lui stesso a chiedermi con i rantoli, con i movimenti del bacino con le sue richieste soffocate ‘Dai Giulio, dai prendimi!’ di penetrarlo con forza, e allora lo accontentai.
Andavo dentro e fuori del suo culo cercando di dare sempre più forza e velocità ai miei colpi, sentivo che si stava sciogliendo travolto dal maglio che lo stava sfondando, volevo riempirlo tutto e perdermi dentro di lui. C’era una inattesa sintonia sia sessuale che emotiva che sentimentale ed era una sensazione bellissima. Così quando lui avvertì l’irrigidirsi del mio membro, preludio dell’orgasmo a lungo atteso, mise fine alla sua corsa verso il piacere segandosi il cazzo e schizzandosi tutto il petto con il liquido biancastro. Le contrazioni del suo orgasmo si trasmisero come un interruttore al mio uccello che eruttò lo sperma copiosamente. Sudati e contenti, eravamo lì stremati e appagati che avremmo voluto che quell’attimo meraviglioso non terminasse mai. Andrea allora mi circondò il bacino con le sue gambe e mi attirò a lui racchiudendomi in una morsa amorosa dalla quale non volevo liberarmi. Ci baciammo ancora a lungo poi infine ci sciogliemmo dall’abbraccio stendendoci l’uno di fianco all’altro e continuando a carezzarci con dolcezza: era stato un orgasmo superbo che ci aveva soddisfatto completamente e svuotato di tutto il desiderio sessuale lasciando spazio solo ai sentimenti. Parlammo scoprendo una inaspettata sintonia e ci raccontammo cose molto intime anche di questo fatto di fare sesso con uomini. Entrambi avevamo cominciato perché ‘costretti’ dal nostro desiderio di sfondare nel mondo dello spettacolo. Andrea mi confessò allora una cosa che probabilmente non aveva osato dire a nessuno, forse nemmeno a se stesso ‘Sai Giulio, quello che mi turba non &egrave fare sesso con un uomo, potrebbe essere una parte da recitare, quello che mi sconvolge &egrave ‘ ‘ ‘Cosa Andrea?’ ‘E’ che mi piace!’ ‘Beh cosa c’&egrave di male? Anche a me &egrave piaciuto farlo adesso con te, mi &egrave piaciuto farlo con Max, mi ha dato piacere il cazzo il Osvaldo nel culo e quello di Goffredo in bocca.’ ‘Oh te lo raccomando Goffredo! Lui ha un uccello mostruoso ma non ha nessuna delicatezza! Ma vedi, anche con lui alla fine comincio a godere e non resisto al piacere. Sono fatto male?’ ‘Oh no perché allora siamo fatti tutti male! Piuttosto come facciamo adesso?’ Sentivamo entrambi che non avremmo voluto spezzare questo legame che miracolosamente si era venuto a creare ma eravamo anche consci che il futuro ci avrebbe riservato delle distrazioni insuperabili: io ero destinato a Max e Andrea doveva fare l’attor giovine per il resto della compagnia. Convenimmo entrambi di riprendere il discorso tra di noi quando sarebbero finite le rappresentazioni.
ettoresci@yahoo.it Aspettando le 18 e 30 di venerdì pensavo a quale dovesse essere il mio comportamento nei confronti di Max. Ricordavo la gioia che mi aveva fatto provare il nostro primo week end insieme, ma anche la profonda delusione che ne era seguita. I ragionamenti che avevamo fatto con Adele ed Andrea erano tutti veri ma razionalmente a freddo senza il contatto diretto &egrave un conto, un altro &egrave quando ci si trova nel vivo dell’azione travolti dalle emozioni e dai sentimenti. Poi mi resi conto di una cosa molto semplice: io ero Giulietta e dovevo comportarmi come avrebbe fatto lei con il suo Romeo-Max. Era una parte e cominciai a cercare di penetrarla, rivissi i momenti positivi con il mio anfitrione e costruii pian pianino il profilo sentimentale della donna che andavo a interpretare, ben sapendo che non dovevo essere troppo effeminato nel comportamento ma solo nei suoi confronti e nell’intimità. D’altra parte oggi le donne sono sempre più spesso aggressive e per niente remissive quindi in pubblico sarei stato un ragazzo sfrontato, mentre al contrario in privato la dolcezza si sarebbe unita alla disponibilità. Lavorai su questo ruolo cercando di farlo mio il più intimamente possibile. Mi feci la doccia scegliendo uno shampoo alla vaniglia, mi lubrificai un po’ il buchino (non si sa mai!), poi scelsi un abbigliamento sportivo e non molto impegnativo (jeans e polo) e quindi, tremebondo come doveva essere Giulietta prima di incontrare il suo Romeo, mi avviai con un certo anticipo all’appuntamento armato del mio zaino, riempito con la trousse, un cambio di abiti e di abbigliamento intimo e l’immancabile pomata lubrificante. Arrivai prima del previsto e continuai a pensare al ruolo che volevo interpretare entrando sempre più nella parte. Ero lì assorbito nei miei pensieri quando uno strombazzare mi distrasse, mi girai e lo vidi a bordo del suo coupé che mi faceva segno di salire. Corsi verso l’auto, gettai lo zaino dietro, entrai, lo baciai sulla guancia sorprendendolo per l’entusiasmo, poi mi allacciai la cintura e lo guardai sorridendo fiducioso: ero la sua Giulietta!
‘Andiamo a fare un po’ di spese’ mi anticipò Max e fu così che entrammo in un negozio di abbigliamento abbastanza centrale e di lusso. Fui molto sorpreso quando scoprii che Max cercava qualcosa ma per me. Imbarazzato anche dai prezzi che vedevo sui cartellini gli sussurrai all’orecchio ‘Max ma non ho tutti questi soldi! Andiamo via’ e lui tranquillo ‘Non preoccuparti &egrave il mio regalo perché sei stato scelto. Provati questi’ Mi rasserenai e indossai i pantaloni che mi passava il mio regista nonché amante. Erano dei pantaloni chiari elasticizzati a vita bassa che mettevano in risalto tutte le mie forme, sia davanti che dietro. ‘Mmh qui ci vuole qualcosa di diverso da quei boxer. Pietro (era il nome del commesso che ci seguiva), portaci dei perizomi, ma non neri, bianchi o color carne’ Fu così che, dopo essermi spogliato tante volte a teatro, lo dovetti fare ancora una volta nel camerino di quel negozio. Quando indossai nuovamente i pantaloni le mie chiappe era proprio belle in risalto e il pacco anteriore in mostra nel suo splendido riposo ‘ pensai preoccupato a cosa sarebbe successo se mi fossi eccitato: correva il rischio di venir fuori!. Poi fu la volta della maglietta e Max scelse una molto attillata che mi disegnava bene il petto e lasciava anche scoperto un filo di pelle sopra la cintura dei pantaloni. Pietro chiese ‘Glieli incarto?’ ‘No li indossa subito: tolga i cartellini’ Fu così che mi ritrovai vestito di nuovo da capo a piedi. Mentre il commesso non ci vedeva mi avvicinai a Max e abbracciandolo lo baciai vicino all’orecchio sussurrandogli ‘Grazie Max!’ con la voce più roca e sensuale che Giulietta potesse trovare. Lui sorridendo mi palpò le chiappe e disse ‘Non ti preoccupare e preparati perché adesso andiamo ad un happy hour da un tizio del giro teatro-cinema-tv. Ah, togliti l’elastico dai capelli e lasciali sciolti’ Obbedii ma non gli nascosi la mia preoccupazione per l’ambiente che non conosceva. Max mi tranquillizzò e per tutto il percorso mi spiegò un po’ di trucchi e che genere di persone avrei trovato.
Ci saranno state una cinquantina di persone tutte accalcate con l’aperitivo in mano a chiacchierare mentre in sottofondo scorrevano le note degli ultimi successi, Max sembrava conoscere tutti e tutti mi guardavano con occhi spalancati ma solo alcuni vollero approfondire e fare la mia conoscenza. Il primo ad avvicinarsi fu un tizio vestito con un completo bianco a lustrini: sembrava lo stereotipo della checca. ‘Oh Max che bel ragazzo che ti sei scelto questa volta! Come si chiama questo bel bocconcino?’ Così dicendo strofinava casualmente il dorso della mano sul mio pacco. Io non mi tirai indietro e lo guardai con uno sguardo sfrontato mentre Max faceva le presentazioni. Lui ci salutò con un sospiro e una raccomandazione ‘Beh quando volete fare un trenino io mi presto a fare l’ultima carrozza!’ Depravato! Ora fu la volta di una bonazza che prima abbracciò e baciò Max anche sulla bocca, poi si dedicò a me Facendomi sentire le sue tette e sussurrandomi ‘Ragazzo mi sembri messo bene! Quando hai finito con Max ” e mi lanciò uno sguardo che era tutto un programma ‘O beh anche prima di finire !’ risposi lanciandole il mio miglior sorriso. Infine fu la volta di un signore azzimato con giacca e cravatta che dopo le presentazioni, poggiò la mano noncurante sul mio culo e mi fa guardando in tono di sfida Max ‘Ma caro Giulio perché mai ti accontenti del cazzetto di Max e non vuoi assaggiare un vero uccello?’ ‘Beh perché Max ha cervello e abbastanza sangue da farlo funzionare assieme al cazzo. E poi il suo cazzo mi riempie così bene che non desidero altro!’ Max sorrise per la mia risposta e cazzeggiò ancora un po’ con il tizio. Io invece fui attratto dalla vista della famosa attrice Barbara ***, una delle preferite di mia madre. Dovevo conoscerla! Mi avvicinai a lei tenendo il mio bicchiere in mano e nuotando nella calca fino a giungere al suo cospetto. ‘Mi scusi signora Barbara, ma volevo conoscerla. Sono ‘ ‘ Lei girandosi con un sorriso ‘Sì sei Giulio il nuovo attor giovine di Max! Benvenuto in questa gabbia di matti!’ e dicendo così mi abbracciò e mi baciò facendo in modo che potessi assaporare il contatto con il suo seno prosperoso ma ancora sodo nonostante i cinquant’anni ben portati. Parlammo per un po’ come fossimo amici di vecchia data e me ne tornai da Max con la sensazione che se avessi provato a spingere con lei avrei ottenuto qualcosa.
Insomma ero carne fresca e tutti, uomini e donne, mi volevano assaggiare per davanti e per di dietro. Era una sensazione strana e anche un po’ intrigante. Passai un’altra ora vicino a Max e ascoltando i discorsi che faceva. Dopo un po’ si era concentrato con una discussione interessata assieme ad un produttore cinematografico e capii che stavano parlando del progetto di fare un film assieme. Terminati i discorsi di affari Max rimase ancora una decina di minuti a cazzeggiare con i presenti poi mi disse ‘Dai torniamo a casa ne ho le palle piene!’. Salutammo e guadagnammo la coupé dirigendoci a Monteverde. ‘E’ un ambientaccio hai visto? Solo che lì puoi trovare anche quelli che hanno i soldi e ti possono far fare le cose che vuoi tu. Comunque amici di qui amici di là, ma appena ti scopri ti azzannano alla gola e non lasciano neanche lo scheletro in giro’ ‘Uah! Ma dimmi come me la sono cavata? Ti ho messo in difficoltà? ‘ ‘No anzi hai messo a tacere un paio di personaggi con la lingua lunga il che non &egrave facile ti garantisco!’ ‘Ma mi sono presentato con pochi ma tutti mi conoscevano’ ‘Beh sai il nostro ambiente &egrave come un paese un po’ pettegolo e quindi anche se tu eri chiuso nel teatro a provare quello che succedeva dentro era risaputo un secondo dopo che succedeva’.
Salimmo nel suo appartamento e quando entrammo fu come ritrovare un vecchio amico. Max si avvicinò alle mie spalle e cominciò a baciarmi sul collo. Io lasciai fare poi sospirando ‘Oh Max!’ mi girai e lo baciai abbandonandomi tra le sue braccia. Lui si comportò come se stesse cercando di conquistare la sua donna ed io fui la sua Giulietta dolce, remissiva, pronta a donarsi ai suoi desideri. Mi accarezzò a lungo godendo di ogni centimetro del mio corpo poi mi prese per mano e mi condusse nella stanza da letto. Come due amici che hanno litigato ma dopo si sono rappacificati e corrono l’uno verso l’altro perché riconoscono che non possono fare a meno di questo legame, così anche noi ci avviammo a sancire la ritrovata sintonia. Volle essere lui a spogliarmi e a baciarmi dappertutto. Si comportava come la prima volta con cui avevamo fatto sesso: era dolce e paziente e percorse tutte le tappe di avvicinamento, ma, quando finalmente fu dentro di me, il gentiluomo lasciò spazio all’uomo infoiato e io, come giunco sbattuto dal vento, non opposi resistenza ma anzi lasciai che lui mi trascinasse. Fu una lenta scalata verso la cima della montagna del piacere o una discesa nella profondità della fossa delle Marianne della voluttà, ma il risultato fu che mi abbandonai a lui completamente e Max se ne accorse e volle premiarmi portandomi all’agognato orgasmo vibrando sotto i suoi possenti colpi di maglio nelle mie intimità. Alla fine, distesi l’uno di fianco all’altro lo carezzai fissandolo riconoscente. Passammo un week end di sesso sfrenato quasi volessimo recuperare quello che avevamo perso. Io mi misi a disposizione e lasciai che fosse il mio maestro ad insegnarmi tutto quello che dovevo fare e lui era veramente un grande docente! I nostri ruoli furono ben definiti e mai messi in discussione. Solo una volta, mentre eravamo immersi in un 69, mi resi conto che gli stavo trapanando con troppa foga e desiderio il culo, mentre lo omaggiavo con uno dei migliori bocchini nella breve carriera di amante.
‘Non riesci proprio a fare a meno di voler fare l’uomo!’ ‘Non &egrave che voglio fare l’uomo! Voglio solo darti piacere come anch’io lo ricevo. Mi attiri e ti amo e, che tu voglia o no, sono anche un uomo e questa pulsione ce l’ho, ma solo per ricambiare l’amore che dai a me!’ ‘Va bene. Vorrà dire che ti lascio libero alla pausa pranzo di scopare qualcuno ” ‘Beh vuoi mettere scopare Fernando rispetto a scopare con te?’ Si mise a ridere e poi mi disse benevolo ‘Vorrà dire che se sei bravo come amante vedrò di concederti le mie grazie qualche volta ma solo se te lo dico io!’ Mi gettai al collo e lo baciai di slancio, lui ridendo mi rovesciò sul letto e, messe le mie caviglie sulle sue spalle, si infilò nelle mie profondità accolto con un sospiro da parte mia. Quel week end mi sembrò di vivere una luna di miele dove io non ero lo sposo ma bensì la sposa e, a parte questo cambio di ruolo, confesso che fu piacevole essere circondato dalle attenzioni del mio amante. Lui voleva che mi istruissi per bene e cercò nella sua biblioteca una decina di libri che riteneva fondamentali per la mia formazione professionale. Passavamo molto tempo sul suo comodissimo divano a leggere, io uno dei libri assegnati, lui copioni e sceneggiature, poi discutevamo su quanto avevo letto ed era uno scambio piacevolissimo da cui mi accorgevo di imparare una quantità di cose enorme! Era non solo il mio amante ma anche il mio mentore. Una sera, prima di addormentarmi ripensai per un attimo alla determinazione che avevo preso quando ancora stavo al mio paesello a subire una esistenza che non mi piaceva e avevo deciso di fare qualsiasi cosa pur di affrancarmi da un destino già scritto di patimenti e duro lavoro senza gratificazione. Mi rividi nel cesso che timidamente cominciavo a stimolare la mia porta del paradiso e mi resi conto che non avrei mai immaginato allora come sarebbe finita, quante volte avrei fatto l’amore per interesse (ma non solo), come mi sarebbe piaciuto scopare con un altro uomo. Ripensai a queste ultime scopate con Andrea e con Max e mi resi conto che non erano state per convenienza ma perché avevo appreso un altro modo di comunicare e rapportarmi con gli esseri umani.
Il lunedì a teatro Max chiamò me ed Andrea e ci portò nel retro in un camerino libero. Lì trovammo una donnina moretta e grassottella con un sorriso simpatico, vestita di nero. Era Giannina la sarta della compagnia e doveva prendere le misure per i nostri abiti. Pur essendo simili come corporatura il vestito di Giulietta fu preso sulle mie dimensioni anche se lei promise di prendere dei provvedimenti perché potesse facilmente essere indossato anche da Andrea. Ci fu una lunga discussione tra Max e Giannina su come dovevo essere vestito per garantire l’effetto che lui voleva dare soprattutto alla scena del matrimonio. E mentre quelli parlavano io e Andrea rimanevamo lì come due pirla in mutande ad ascoltare l’animata discussione. Alla fine si convenne che io avrei indossato due giarrettiere del colore delle calze e del vestito, quindi un perizoma nero così da far immaginare al pubblico che fossi nudo sotto il vestito e quel nero che si vedeva fosse il ciuffo di peli della passera. Max si raccomandò poi che le tette fossero molto plausibili ‘Meglio se sobbalzano quando si muove’ ‘Eh sì e dopo devo farle anche una operazione? Tanto valeva prendere una donna! Sono una sarta mica un santo’ ‘Ma io so che sai fare miracoli!’. Giannina brontolò un po’ quindi disse ‘Beh allora mi lasciate lavorare?’ Max uscì e anch’io e Andrea ci avviammo, quando lei ci fermò dicendo ‘Dove andate che vi devo prendere per bene le misure’. Ci fece spogliare completamente e, con fare professionale, prese a prendere misure su misure. Poi estrasse alcuni capi di intimo e ci fece indossare perizomi e reggiseno. Controllò come calzavano ad Andrea e fece alcuni segni sul reggipetto, poi gli disse ‘Puoi andare. A te prenderò dei perizomi color giallo o marroncino così che il pelo sembri castano. Ma che idee che ha il signor Massimiliano!’ Ridemmo e salutai con affetto Andrea che si rivestì e mi lasciò nelle mani di Giannina. Lei prese un cartoncino dove era disegnato il torace di una figura maschile e cominciò a prendere un mucchio di misure segnando vari punti sul mio torace e sulla schiena con un pennarello e riportandone i numeri sul modello di cartone.
Quindi mi disse ‘Adesso proviamo perizoma e reggiseno, le misure dovrebbero essere queste’ Infilai i campioni che mi aveva passato ma ebbi dei problemi con il perizoma tanto che lei esclamò ‘Eh sei ben dotato se ho sbagliato misura. Prova questi allora!’ Andavano bene, intanto aveva segnato a pennarello sul reggipetto alcune misure per poterci lavorare sopra. ‘E adesso prendiamo le misure delle calze’ Mi tolse il perizoma e cominciò a infilarmi una calza precedentemente arrotolata. La srotolava con lentezza quasi a voler godere del contatto con la pelle più tenera e sensibile della mia gamba. Questo provocò una reazione visibile del mio amico cui non si fece attendere l’intervento di Giannina che lo prese in mano e scostandolo mi disse ‘Dai che dobbiamo lavorare adesso!’ Fattami indossare la calza prese una giarrettiera di stoffa del medesimo colore della calza e me la strinse fino a che la calza non si resse da sola. Dovetti camminare in quelle condizioni un po’ ma la calza non restava su, bensì mi scivolava continuamente. Giannina bestemmiò un po’ quindi mi disse di indossare un reggicalze color carne molto essenziale privo di merletti e pizzi, agganciò la calza e ricoprì il tutto con la giarrettiera. Mi guardò per davanti e dietro ad una distanza di 5 metri poi brontolò abbastanza soddisfatta. ‘Giovedì facciamo le prime prove poi le seconde o venerdì o lunedì prossimo a seconda di quanto mi vorrai far lavorare!’. Decisamente era simpatica e, anche a causa delle sollecitazioni che aveva dato al mio pisellino, la guardavo anche con occhio diverso, quasi a cercarci delle motivazioni a carattere sessuale. Mi rivestii e tornai alle prove. Quel lunedì volevo sdebitarmi con Fernando e gli chiesi se voleva pranzare con me e lui, con un sorriso dolce, disse che apprezzava ‘molto volentieri!’.
Quando fummo insieme durante la pausa gli esternai quanto ero contento della mano che mi aveva dato per conquistare i voti della compagnia, che volevo sdebitarmi e che poteva chiedermi quello che voleva e mi sarei impegnato per soddisfarlo. Lui mi strinse a sé e accarezzandomi il viso e i capelli dolcemente ‘Oh Giulio, vedere te e rivedermi &egrave stato un tutt’uno e poi ‘ avevo anch’io voglia di gustarmi un po’ di begli uccelloni quindi non &egrave che ho fatto molta fatica a darti una mano’ ‘Sì però hai dovuto farlo magari con persone che non ti piacciono molto ‘ ‘ ‘Beh &egrave vero che ho delle preferenze ma ho smesso di provare ad innamorarmi e tu faresti bene a non perdere la testa per Max perché lui ti farà star male, credimi’ ‘Sei un amico! Ma non hai detto cosa vuoi ” ‘Beh di tutti gli uccelli che ho visto un paio mi piacciono di più: quello di Luca e il tuo, quindi se vuoi farmelo sentire dentro bello duro mi faresti impazzire ” Ero sconvolto da questo linguaggio così duro e realista ma al tempo stesso eccitato e lusingato e non potevo mancare di riconoscenza quindi cominciai a spogliarlo. Lui si lasciò fare abbandonandosi completamente nelle mie mani. Ripensai a quello che Max mi aveva fatto di più piacevole durante il week end e cercai di ridare a Fernando la stessa goduria che si era impossessata di me. Preparai con cura il buchino (anche se oramai potevo chiamarlo bucone!) massaggiandolo, allargandolo e lubrificandolo, poi lo feci mettere a pecora e mi posizionai alle sue spalle impugnando il mio attrezzo e puntandoglielo all’ingresso della porta del suo paradiso. Con un sospiro spinse il bacino verso di me e lo infilzai. Mi addentrai ancora e un po’ alla volta arrivai alla fine della corsa. Feci un po’ di su e giù poi mi infilai fino in fondo nuovamente e vi rimasi qualche istante facendo seguire dei movimenti rotatori del bacino. Continuai così svariate volte sentendolo sospirare più profondamente ogni volta di più. Cominciai una galoppata sferzando il suo culo con il mio randello che diventava sempre più duro poi mi fermai e ravanai a fondo con l’uccello incandescente le sue intimità, quindi ricominciai a fare andare su e giù per il condotto intestinale il mio pistone che non aveva altro desiderio che di concludere la sua corsa. Sentivo Fernando sospirare roco preso dal piacere che gli saliva dai lombi e dal profondo del suo essere e questo fu come un interruttore che veniva premuto e che mi fece partire con la mia corsa finale verso il meritato traguardo: ‘Ah Fernando sì, vengo, sì, sì !’ ‘Oh, dai, più forte! Dai, più forte!’ E mentre dal candelotto mi sgorgava il frutto del piacere avvertii l’irrigidimento dei tessuti del mio partner a indicare che anche lui aveva trovato la pace nell’orgasmo che gli avevo dato.
Dopo qualche minuto ci staccammo, lui mi ringraziò, io ribadii che quello era il mio tentativo di sdebitarmi e non chiusi la porta ad altre piacevoli pause pranzo con lui. Dopotutto Max continuava a recitare il ruolo del maschio, anche se lo sentivo, ogni volta di più, dare i primi cenni di cedimento, ma restava il fatto che poter sfogare le mie ambasce da maschio con qualcun altro non mi dispiaceva. Fui folgorato dal ricordo di Andrea e cominciai a pensare a come potevo fare per cercare di avere ancora una volta un rapporto con lui dato che era molto gettonato durante le pause pranzo. Quella settimana io e Max facemmo vita da sposini una volta tornati nella sua casa: cena, lettura poi sesso (prima bocchino con lubrificazione del canale poi penetrazione cambiando ogni sera posizione), quindi sonno e, al mattino seguente, prima della colazione, un po’ di coccole sotto il letto e magari anche un bel 69 ma senza concludere tanto per lasciare un po’ di adrenalina in corpo. E venne il giorno della seconda prova con Giannina. Questa volta si dedicò solo a me. Mi volle nudo ancora una volta e si soffermò a guardarmi il pacco che penzolava forse qualche istante di troppo, quindi cominciò a lavorare. Confesso che fisicamente cominciava ad attrarmi, quella mattina avevamo fatto solo giochetti con Max ma non avevamo concluso e quindi avevo un po’ di ormoni in circolo e quindi decisi di forzare la situazione. Quindi quando mi provò nuovamente le calze lasciai che la fantasia facesse il suo corso e, unita alla piacevole sensazione che il contatto con le sue mani mi dava, mi indurisse l’uccello. ‘Ecco cosa mi ha fatto Giannina! Come posso entrare nel perizoma dopo?’ Lei mi guardò da sotto con un sorriso, me lo prese in mano e lo scostò ‘Dai che dobbiamo lavorare!’ Però lo lasciò lì vicino alla sua guancia e inoltre si accostò di più cominciando a strusciare le tette contro le mie gambe. La questione si faceva interessante! Mi fece indossare poi una specie di reggiseno color carne che si infilava come una camicetta e che aveva sul davanti due sacchetti costruiti a partire da due aureole di tessuto più scuro con al centro un ingrossamento che faceva pensare proprio ad capezzolo. Mi disse che poi essa sarebbe stata riempita con una ‘protesi’ che somigliava come peso e consistenza al tatto ad un seno. Mi legò poi un reggipetto bianco a balconcino e ne prese con attenzione le misure. Le chiesi intanto quale misura avevo conquistato e lei mi rispose che avrei avuto una terza scarsa. Mi fece anche una prova sui capelli per vedere come mi stavano con due trecce ed espresse un grugnito di soddisfazione. Ogni occasione era buona per lei per strusciarsi con le tette o toccarmi il bastone che non accennava a calmarsi, sembrava quasi che giocasse a tenerlo sulle spine. Mi fece infilare poi un vestito di seta celeste lungo fino quasi a terra, ma con uno spacco laterale fino al ginocchio, il vestito aveva una scollatura rettangolare sul davanti coperta però da un tulle trasparente. Capii allora che in tal modo si sarebbero viste le mie tette ma sarebbero rimasti nascosti eventuali trucchi costruttivi. Infine mi dette una specie di sandaletti con una fibbia per racchiuderli e un tacco di circa 4 o 5 centimetri. ‘Caro mio, devi imparare a sculettare, anche perché in scena dovrai portare delle ballerine che non aiutano e quindi più indossi queste meglio &egrave!’ Mi fece fare alcune passeggiate su e giù suggerendomi alcuni cambiamenti di postura quindi rimanemmo d’accordo che ci saremmo rivisti la prossima settimana per le prove, forse, finali dei vestiti. Volli salutarla dandole un bacio sulla guancia e questa fu occasione di un ulteriore strofinamento reciproco. era il mio pensiero ma quello che mi turbava in quel momento era che questi contatti avevano risvegliato in me la voglia del cacciatore, passai in rassegna la situazione e mi venne un’idea all’improvviso.
Poco prima del pranzo feci in modo da chiedere a Fernando, Luca e Andrea se mi facevano compagnia per un panino veloce e tutti mi dissero di sì. Quando ci trovammo seduti al tavolino del bar, esposi loro il mio desiderio. ‘Sentite io ho voglia di stare un pochino con Andrea ‘gli si illuminarono gli occhi ‘ e avrei bisogno del vostro aiuto. Se Luca va con Andrea e io con Fernando, tutti penseranno al fatto che avete fatto valere la regola dell’attor giovine. Poi, se non vi dispiace, io e Luca ci scambiamo di posto e ci ridiamo tutti appuntamento ad un’ora fissata. Ci state?’ Prima di rispondere Fernando e Luca si guardarono negli occhi che, quantomeno quelli del primo, si illuminarono e finalmente arrivò la tanto attesa risposta ‘D’accordo facciamo come dici!’ Dopo neanche cinque minuti eravamo nelle nostre destinazioni, io e Andrea nel camerino di Luca, mentre gli altri due in quello di Fernando. Io e Andrea ci abbracciammo e gli dissi ‘Lo sai che mi manca la pensione di Adele, e anche tu, il fatto di potersi confidare di darsi una mano a vicenda’ ‘Oh anche per me &egrave lo stesso!’ Un dolcissimo bacio suggellò questa rivelazione e costituì il primo passo verso un sano rapporto sessuale. Ci spogliammo con lentezza assaporando ogni singolo movimento, ogni centimetro della pelle dell’altro, il contatto con ogni muscolo e tutta la carne del partner. Sazi di baci passammo ai nostri rispettivi uccelli, leccandone l’asta, scappellando il prepuzio, succhiando le palle una alla volta. Mi tuffai in mezzo alle sue chiappe e fui assalito dall’afrore che saliva dal culo, mi piaceva e cominciai a leccarlo prima a succhiare poi e infine a penetrarlo con la lingua. Sentivo Andrea corrispondere al mio trattamento e allora decisi che era tempo di passare alla lubrificazione e alla preparazione del buchino. Il primo a essere assalito e sfiancato a lungo fu lo sfintere il cui anello venne sottoposto a ogni sorta di massaggio e penetrazione con le mie dita, il tutto finalizzato a favorire la successiva penetrazione. Ad un certo punto Andrea non ce la fece più e si rovesciò sulla schiena sollevando le gambe in modo che potessi mettermi le sue caviglie sulle spalle: voleva che mi infilassi in lui, non voleva attendere più. Non ci fu bisogno di parole, puntai la punta calda e dura all’ingresso e premetti leggermente quasi a chiedere permesso. Ed esso mi fu accordato da un breve movimento del bacino. Infilai la cappella oltre l’anello sfinterico e aspettai che si ricomponesse, poi scivolai fino in fondo riempiendo il condotto del mio collega con tutto l’amore di cui ero capace.
Assaporammo entrambi il piacere di questa posizione, io perché finalmente potevo svolgere un ruolo attivo con una persona che mi piaceva, Andrea perché si sentiva farcito completamente dal mio wurstel caldo. Ma anche questo non ci bastava e cominciammo il nostro su e giù, prima lentamente, poi sempre più velocemente. Vedevo lo sguardo di Andrea attraversato per un attimo dalla smorfia di dolore quando lo sfintere veniva violentato dai suoi compiti istituzionali di baluardo di difesa delle intimità, poi sciogliersi nel piacere quando il suo intestino trovava pace nella carne bollente che lo colmava pienamente. Avvertivo montare dentro di me la marea che porta alla galoppata finale quando le dighe del controllo cedono e lasciano che le acque della passione scorrano finalmente libere. Andrea avvertì questo mio desiderio e lo fece suo implorandomi con voce roca di sfondargli il culo, non attesi oltre e cominciai a pompare quasi volessi spegnere in un colpo solo l’incendio che divorava i miei lombi. Le contrazioni dell’orgasmo del mio amico si trasferirono al mio cazzo procurandone uno analogo anche a me. Ansanti ci fissammo negli occhi per poi placare i battiti e i fremiti del piacere, ricevuto e trasmesso reciprocamente, in una serie di baci dolci e amorevoli. Continuammo a farlo per minuti dopo che i nostri tessuti si erano ricomposti quasi a voler fare il pieno di coccole, di solidarietà, forse di amore. Ci raccontammo un po’ di novità personali mentre dalla stanza accanto giungevano i rumori sommessi dei nostri due complici che finalmente avevano deciso anche loro di dare sfogo ai loro desideri fisici. Poco prima dell’ora fissata ci rivestimmo e io raggiunsi il camerino vicino per scambiarmi ancora una volta con Luca. Incrociandolo mi lanciò uno sguardo di soddisfazione e di riconoscenza e rimasi sorpreso quando entrando nel locale trovai Fernando ancora steso nudo che si beava della pace dei sensi che evidentemente lo stava pervadendo. ‘Ehi &egrave quasi l’ora! Ma cosa fai ancora nudo?’ ‘Non sai che bel regalo mi hai fatto! Luca &egrave proprio una bella persona, per bene. Un vero signore!’ ‘Sono contento per te! Ma non &egrave che ti stai innamorando?’ ‘Magari!’ Si rivestì e tornammo assieme alle prove.
Quel week end fu un’altra luna di miele tra me e Max, ma, questa volta, a sorpresa, fui ricompensato della mia dedizione sessuale la domenica mattina, al risveglio, lui mi concesse finalmente il suo agognato didietro. Avevo capito che la sua era più che altro una remora mentale ed ebbi cura di avvicinarmi alla preda ambita con la circospezione della pantera a caccia di prede. Lo preparai a lungo quasi stessi solo giocando e, solo quando lo sentii fremere sotto le mie dita, mi preparai alla penetrazione. Con dolcezza lo misi a pecorina con la testa giù sul cuscino. Lentamente spinsi fino a che non fu una sua contrazione a farmi entrare oltre la barriera sfinterica. Mi fermai e attesi che i tessuti si adattassero alla nuova situazione, gli impugnai con la mano la base dell’uccello e cominciai a segarlo lentamente con un movimento dolce che accompagnava anche la penetrazione del mio arnese nel suo orifizio. Quando sentii i coglioni sbattere contro i suoi mi arrestai assaporando il traguardo conquistato, poi iniziai un movimento rotatorio con il bacino, quasi volessi allargare tutto il condotto, dall’ingresso fino alla fine. Sapevo cosa stava provando Max, un misto piacevole tra il fastidio della forzatura dell’anello alla porta del suo paradiso e il solletico degli intestini che volevano sentirsi pieni mentre la prostata, sollecitata produceva in quantità significative il suo liquido. Continuai così, senza forzare, ma rispondendo solo alle sue sollecitazioni e alle sue preghiere quasi fosse lui a condurre il gioco pur essendo penetrato. Iniziò a muovere il bacino verso di me quasi a volersi impalare più a fondo oppure a placare l’insano formicolio che cominciava a crescergli all’interno delle viscere. Ed io risposi accelerando il mio movimento ma lasciando che fosse sempre lui a dettare il ritmo e così facendo ben presto lui decise di lanciarsi verso la conclusione naturale di questa sublime inculata. Scelsi di non mollare e rimasi fermo aspettando che fosse lui a muovere il bacino impalandosi sul mio randello o trovando soddisfazione nella mia mano impregnata dei suoi liquidi. Prese a mormorare quasi boccheggiando le frasi sconnesse che anch’io avevo urlato, mi implorò di finire, di sfondargli il culo, di sbatterlo senza pietà fino a condurlo all’apice che oramai intravedeva ad un passo. E io lo accontentai trovando in ciò anche il mio appagamento. Quando poi i nostri respiri si calmarono e ci separammo distendendoci l’uno accanto a loro, mi accostai a lui offrendogli le mie terga quasi a voler sottolineare la mia sottomissione. Max mi strinse a sé e mi baciò teneramente il lobo dell’orecchio. Da quella mattina almeno un paio di circostanze durante la settimana lo inculavo io, ma notavo pure come il suo desiderio di essere passivo crescesse ogni volta di più spingendolo a farlo in posizioni dove il godimento era superiore all’ipocrisia della superiorità.
Quando martedì mattina si presentò Giannina ero proprio curioso di vedere come sarebbe andata a finire e mi ero anche deciso di fare il tentativo fino in fondo. Volle che rimanessi nudo completamente, a parte le scarpette che oramai rappresentavano il mio tormento e la mia abitudine, e iniziò questa volta dal ‘seno’. Lo indossai come una camicia sorpreso del peso che portava, attaccai il piccolo cappio elastico ai capezzoli e poi fermai l’indumento con alcuni ganci posti in posizione strategica. ‘Guardati’ disse Giannina e io alzai gli occhi verso il lungo specchio appoggiato alla parte a qualche metro da noi e rimasi stupito di vedere una persona con un uccello pendulo e due tette che scendevano come pere che si divaricavano: un lavoro eccezionale! Lei prese ancora qualche misura, fece un paio di correzioni, quindi mi fece indossare il reggiseno a balconcino e avvenne il miracolo! Le tette che prima scendevano libere ora si trovavano costrette in un reggiseno che le valorizzava facendole sembrare proprio vere. Un particolare veramente eccitante consisteva nel capezzolo e in metà areola che spuntavano provocatoriamente dal pizzo del reggipetto. Cominciavo quasi ad eccitarmi solo a guardarmi, una sensazione incredibile: stavo entrando a tal punto in una parte da diventare un’altra persona anche fisicamente! ‘Giannina sei bravissima!’ esclamai e lei passando accanto al mio batocchio lo scostò avvisandomi ‘Tienilo calmo che dobbiamo lavorare prima !’ Pensai allora che ci poteva essere anche un dopo. ‘ Mi fissò il reggicalze color carne e quindi provocatoriamente mi chiese di infilarmi le calze. Io seguii la mia memoria e le arrotolai, quindi, accettando la provocazione, mi misi come avevo visto fare in molti film, con un piede sopra una sedia e, lentamente, srotolai il tessuto di seta lungo la mia gamba e la agganciai agli attacchi a slitta. Ripetei l’operazione con l’altra gamba e mi rimirai davanti allo specchio e ad una Giannina visibilmente soddisfatta, sia per il lavoro fatto che per l’erezione che ora dominava la scena del mio basso ventre. Mi venne vicino e accarezzandomi le gambe mi disse ‘Qui dobbiamo depilare tutto!’ ‘Adesso?’ ‘No prima proviamo il vestito’ Mi fece indossare il perizoma ma decisamente non riusciva a coprire che una minima parte delle mie intimità.
Fu la volta del vestito celeste che indossai infilandolo dall’alto e che poi chiusi ai fianchi con alcune asole di broccato. Giannina, dopo avermi fatto sedere, mi preparò le trecce che legò ognuna con un fiocco azzurro così da far pendant con il drappeggio che mi avvolgeva. Poi mi distribuì un bel po’ di fondo tinta, mi stese un sottile velo di rossetto rosa, diede un po’ di colore alle guance e mi mise dell’ombretto sul verde alle palpebre ma molto leggero. A questo punto si staccò da me e mi chiese di alzarmi, poi mi fece fare due o tre volte dei giri, quindi, visibilmente soddisfatta, mi disse ‘Vai a trovare i tuoi compagni e poi torna che dobbiamo fare una certa operazione ”. Mi avviai verso il palco dove i colleghi stavano provando e rimasi stupito di vedere come era realistico il mio seno che si muoveva seguendo l’andamento della camminata ancheggiante proprio come se fosse vero. Lo palpeggiai e rimasi sorpreso della verosimiglianza che offriva al tatto: sembrava quasi di percepire la materia grassa e la ghiandola mammaria. Era quasi come una mia protuberanza perché l’elastico che legava i miei capezzoli li faceva vibrare ad ogni palpata. Quando entrai nel palco ancheggiando naturalmente grazie alle mie scarpette ci fu un attimo di silenzio come se fosse entrato un estraneo poi ci fu un’esplosione corale e fui circondato, toccato, ammirato. Guardai verso Max che mi gratificò di uno sguardo decisamente soddisfatto e che volgeva al libidinoso. Mi congedai e tornai dalla Giannina. Camminando avvertivo la seta che strusciava contro le mie carni e questo mi eccitava da morire. La mia torturatrice volle prima sapere come era andata e poi, soddisfatta del racconto, mi fece togliere il vestito e gli altri ammennicoli, quando giunse al mio nuovo seno e al suo reggipetto disse ‘Questo cerca di portarlo a lungo durante il giorno così ti abitui al peso e non cammini curvo’, poi mi fece distendere nudo su una dormeuse. Impugnò un depilatore elettrico e cominciò la sua opera. Mi rese lisce come la pelle di un bimbo tutte le mie cosce giù fino al ginocchio. Poi tornò su verso il mio membro e tolse tutti i peli che sarebbero stati visibili fuori del perizoma lasciandomi solo un triangolo di pelo sopra l’uccello. In questa operazione era stata delicata ma al tempo stesso ne approfittava sia per palpare che per strusciare il suo seno contro le parti più delicate del mio corpo. Una volta terminato il lavoro avevo il cazzo ancora in erezione e la guardai malizioso chiedendole ‘E adesso come facciamo con questo malanno?’ Lei si avvicinò con un sorriso malizioso e me lo impugnò ‘Dobbiamo trovare una soluzione. Cosa proponi?’ ‘Prima fammi sentire se le mie tette sono poco veritiere ‘ ‘ Le posi le mani sulle coppe e cominciai a palpare quel seno sodo, bello e consistente, avvertendo i capezzoli che cominciavano a indurirsi per il piacere.
Mi chinai su di lei e la baciai mentre la sua mano assaggiava vorace la consistenza del palo di carne che si ergeva in mezzo alle mie gambe. La spogliai e, non appena scoprii i suoi seni mi gettai a baciarli e a succhiarle i capezzoli oramai di dimensioni notevoli a stringerli con una mano mentre l’altra frugava in mezzo alle sue intimità sorprendendosi a trovare l’apertura già lubrificata e gocciolante. Lei mugolava apprezzando visibilmente per il trattamento tanto che la rigirai sulla dormeuse, le salii sopra e mi infilai nella passera gocciolante. Ah era come tuffarsi nel mare d’estate, una sensazione di piacevole naturalezza e per un attimo ripensai invece alla faticata dell’inculata che richiedeva la dedizione e la pazienza di una scalata in montagna, la soddisfazione era forse maggiore ma quanto sforzo! Ero lì e nuotavo in quel mare umido e accogliente e il mio uccello ci sguazzava come fosse il suo habitat naturale. Mi piegavo a succhiarle i capezzoli, poi risalivo a baciarla, poi le mordicchiavo la spalla e il collo, quindi ritornavo a dedicarmi alle sue tette e nel frattempo le pompavo il mio pistone nella sua figa. Sentivo il piacere crescermi dentro i lombi e avvertivo che anche lei era giunta quasi all’apice della sua corsa. Avvolse le sue gambe carnose e tondeggianti attorno ai miei fianchi e così avvinghiati ci avviammo verso la felice conclusione, io che le tiravo fendenti sempre più frequenti e potenti, lei avvinghiata alla fonte del suo piacere. Me ne venni un istante prima che anche lei, con le contrazioni della sua topa, mi confermasse quello che mi stava urlando nelle orecchie con voce roca e distorta dal piacere, l’arrivo prepotente del suo orgasmo. Assaporai ancora per qualche istante l’accoglienza del suo antro e ripensai che era da quando avevo scopato con Adele che non mi concedevo un orgasmo ‘normale’. Ci separammo, lei mi accarezzò poi mi disse ‘Adesso devo tornare al lavoro. Tu ricordati di metterti la crema altrimenti la depilazione ti darà fastidio. Ci vediamo tra due giorni’. Quella sera Max mi trovò estremamente sexy con il mio triangolo di pelo sopra l’uccello e si eccitò prepotentemente tanto da non rispettare il classico cliché del sesso prima di dormire, ma mi prese alla missionaria sul tavolo della cucina e mi sussurrò ‘Quando sarà tutto pronto ti voglio scopare vestita da Giulietta!’
ettoreschi@yahoo.it Quando il mio vestito fu pronto ci fu un consulto tra Max e Giannina e il regista decise il numero di cambi per me e per Andrea, dei vestiti, dei perizomi, dei reggi petti (che volle color carne), delle camicette che sostenevano le tette finte, dei reggicalze, delle giarrettiere, delle calze e delle scarpe. Da quel momento in poi cominciarono le prove con i costumi. La scena più provata fu quella del matrimonio fino a che non si raggiunse la forma definitiva. Mentre fuori Capuleti e Montecchi cercavano lo scontro invano fermati dalla nutrice e dal frate, su un soppalco illuminato da un solo faro e contenente solo una chaise longue molto larga e piena di cuscini, Romeo e Giulietta consumavano il loro matrimonio. Lui si avvicinava alle spalle di lei che aspettava con le braccia incrociate sul davanti, la baciava sul collo poi scostandole le braccia si impossessava delle sue tette, quindi la girava e la stringeva a se baciandola. Le sue mani facevano risalire le gonne fino a mettere in luce il culo della fanciulla che a questo punto veniva deposta sull’elemento di arredo mentre Romeo estraeva dalla calza maglia il suo arnese e, posandosi sopra di lei, cominciava ad andare su e giù. Le luci sul resto della scena si affievoliscono e anche i rumori all’esterno della stanza si attenuano fino a che rimane acceso solo il faro e Giulietta arriva ad urlare il suo primo piacere mentre Romeo continua il suo su e giù (che dovrebbe essere un dentro e fuori). Il tutto doveva durare un paio di minuti circa poi anche il faro si spegne e cala il sipario. Le prove erano puntigliose perché Max voleva la perfezione nei gesti, nella cadenza delle voci e degli urli, nel ritmo e nei tempi. Provammo in tutte le combinazioni possibili, io fui Giulietta con Max ma anche con Goffredo e anche Andrea ebbe la medesima sorte. Confesso che molte volte trovarsi bardato come Giulietta con un maschio che sfregava il suo batocchio contro il tuo cazzo creava delle reazioni imponenti a vedere in entrambi i protagonisti. Ma la cosa più stuzzicante era che queste prove erano come un aperitivo, un eccitante per il sesso che facevamo poi la sera a casa di Max. L’unico motivo per cui non volle che lo facessimo ancora con i vestiti di scena era la paura che Giannina si incazzasse. Ma nonostante questo a volte succedeva che non arrivassimo nemmeno a casa ma che ci chiudessimo in camerino e scopassimo come ricci arrapati.
Fortunatamente dopo queste performances Max si calmava e, spesso, la mattina dopo si concedeva volentieri ai miei desideri maschili e lasciava che lo penetrassi e lo sbattessi a fondo come una troia. Era sorprendente il cambiamento cui avevo assistito nel mio regista, nonché mentore, nonché amante. Io lo attribuivo alla tensione per l’arrivo della prima perché eravamo tutti su di giri e sembravamo delle molle caricate che non vedevano l’ora di saltare. L’ultima settimana facevamo ogni giorno due prove complete senza interruzione come se fossero spettacoli veri e propri e così facendo ci preparavamo agli spettacoli della domenica che erano due (il meridiano e il serale). Telefonai ai miei per sentire se volevano esserci alla prima, ma mi dissero che preferivano vedermi quando sarei venuto in tournee in Umbria. Allora chiamai i miei zii. Furono sorpresi per l’invito ma capii che erano un po’ imbarazzati perché lo spettacolo terminava tardi e non c’erano autobus a riportarli indietro. Li pregai di venire promettendo che avrei dato loro anche i soldi per ritornare con il taxi e allora accettarono. Mi promisero anche la presenza dei cugini, uno dei quali, Matteo, stava svolgendo un corso molto impegnativo per poter entrare nell’esercito e quindi aveva una stanza poco lontano dal mio teatro e che quindi non sarebbe tornato con loro a casa. Chiesi se volessero venire a trovarmi in camerino dopo lo spettacolo, ma declinarono l’invito perché sarebbero stati stanchi per le fatiche della settimana, però si impegnarono perché almeno Matteo venisse a trovarmi. Quindi ripetei le istruzioni perché potessero trovare i biglietti in omaggio e il pass per il mio camerino. Ci salutammo ma anche questi preparativi non facevano che aumentare la tensione. E venne il giorno della prima. Ero nudo nel mio camerino, con i capelli già raccolti in due trecce e fissavo il mio volto da truccare nello specchio. Ripensavo alla fame e alle umiliazioni subite quando ero al paesino, alla mia determinazione per volermi staccare da una vita che non capivo né condividevo e di cercare di perseguire il mio grande sogno: recitare. A cosa ero disposto a fare e a cosa avevo poi fatto, sia di piacevole che di spiacevole. Al piacere che avevo ricevuto e che avevo dato, ai sentimenti che mi avevano animato in questo periodo. Feci un respiro profondo, mi dissi che tutto questo non andava perduto e cominciai la vestizione e il trucco. Ero teso come una donna prima di un matrimonio, volevo che tutto fosse perfetto, il vestito, il seno, le calze. Ripassai tutto almeno due volte, quindi uscii dal camerino e mi presentai nelle quinte dove tutti erano pronti, ognuno seguendo una propria personale scaramanzia.
Si alzò il sipario ed entrarono in scena, dopo che era stata trasmessa la voce del coro, gli attori che interpretavano Sansone e Gregorio. Io attesi perché non entravo in scena prima della terza seguendo con attenzione lo svolgersi dello spettacolo che scivolava perfettamente come non potevamo sperare di meglio. Finalmente viene il mio turno e un blocco alla gola mi prende, ma quando faccio il primo passo per entrare in scena tutto sparisce e comincio la mia parte. Tutto procede come deve e si avverte l’attenzione del pubblico tutto che segue con attenzione l’evolversi del dramma fino a che non si giunge alla scena più provocatoria e simbolica di tutta la rappresentazione. Quando le mani di Romeo mettono in luce il mio culetto si avverte quasi palpabile la tensione del pubblico che si ferma con il respiro in gola a seguire le evoluzioni dei due amanti. Nel momento in cui vengo deposto sulla chaise longue e Romeo estrae il suo randello già bello turgido, si avverte qualcuno deglutire poi il silenzio segue i nostri appassionati gesti. Quando la luce si spegne e cala il sipario scoppia un applauso liberatorio che mi scatena un brivido che percorre la schiena fino a farmi venire la pelle d’oca. Max mi sorride ‘E’ andata! Il resto &egrave in discesa!’. Non era vero perché c’erano ancora scene importanti e dense di emozioni ma l’elemento di novità era stato accettato dal pubblico. Con la giusta tensione la rappresentazione continuò sul filo della tensione e della ripetizione maniacale di quanto avevamo provato e riprovato in tutti questi mesi. Finalmente quando il Principe pronunciò la frase ‘Questa mattina &egrave foriera di una pace che rattrista; il sole pel dolore non mostrerà la sua faccia. Andiamo via di qui, a ragionare ancora di questi dolorosi avvenimenti; a qualcuno sarà perdonato ed altri sarà punito; poiché non ci fu mai storia più pietosa di questa di Giulietta e del suo Romeo.’ E calò finalmente il sipario mentre un caloroso applauso iniziava a salire dalla platea e dalla galleria del teatro. Ci preparammo tutti in fila, io al centro vicino a Max, e quando si riaprì il sipario facemmo un passo avanti per ricevere il tributo del pubblico. Era una standing ovation, tutti in piedi che si spellavano le mani. Avevo il cuore in gola e la pelle d’oca e, conscio anche del mio travestimento e del piacevole contatto con la seta del vestito sul mio culo e le mie gambe, mi stavo eccitando. Sperai che l’erezione che stava crescendo non increspasse troppo il mio abito ma assaporai fino in fondo quell’insieme di emozioni e sentimenti che rappresentano il desiderio e il traguardo di chiunque reciti in teatro.
Finalmente ci potemmo ritirare, ma prima ci abbracciammo tutti, anche con i tecnici e coloro che lavoravano dietro le quinte. C’era una soddisfazione palpabile e soprattutto la tensione che ci aveva sostenuto durante tutta la rappresentazione si stava sfogando. Max aveva organizzato una festa per tutti nella buvette del teatro per un’ora circa dopo l’uscita degli spettatori. Mi portai nel camerino e mi sedetti davanti allo specchio e mi guardai nuovamente allo specchio. Non credo ci sia droga capace di darti una simile sensazione come quella che mi aveva dato la mia prima esibizione come attore professionista sul palco di un grande teatro. Ero immerso nei miei pensieri e non avevo ancora iniziato a struccarmi quando sentii un timido bussare alla porta del camerino. Andai ad aprire e trovai mio cugino Matteo timidamente in attesa. Mi buttai con le braccia al collo e lo baciai con trasporto sulle guance. Cominciai con un effluvio di domande ‘Ti &egrave piaciuto? E ai tuoi? Quale scena di più? E il pubblico come reagiva, cosa diceva? Ecc. ‘ ‘ mentre senza staccarmi da lui lo portavo dentro il camerino chiudendo la porta. Matteo mi rispose timidamente e anche con un certo imbarazzo e solo dopo un po’ mi resi conto che questo disagio era causato da un principio di erezione che cominciavo ad avvertire nel basso ventre del mio parente. Non so era la tensione accumulata o la particolarità della situazione in cui ci trovavamo ma mi sentii troia e cominciai a sedurlo, come avrebbe fatto una qualsiasi velina davanti ad un bel figo, e lui in effetti non era male. Gli chiesi allora ‘Oh Matteo mi aiuteresti a togliermi il vestito?’ E senza aspettare risposta cominciai a slacciare i nastri nei fianchi dell’abito voltandogli le spalle, poi alzai le braccia e gli chiesi ‘Lo tiri su per favore. Ma fai piano altrimenti la sarta mi spara!’ Questo lo costrinse a muoversi con circospezione e soprattutto ad allungare il tempo di vestizione e quindi la possibilità di rimirare il mio culetto coperto solo di un perizoma interdentale e le mie gambe depilate arricchite da calze e giarrettiera. Mi chinai leggermente in avanti con la scusa di dare un’occhiata davanti e mormorai ‘Hai visto come mi hanno combinato?’ Lo sentii deglutire a fondo prima di rispondermi ‘Eh si!’ Sentivo la grossezza del suo pacco che cresceva a contatto con le mie chiappe, sculettai un paio di volte poi, una volta liberata del vestito, che riposi religiosamente, mi voltai verso di lui con il mio cazzo che sbucava malandrino dal sacco del perizoma. Io fissai il rigonfiamento che lo imbarazzava e, come una donna di strada consumata, lo afferrai e gli sussurrai strusciando le mie tette contro di lui ‘Ho combinato un malanno! Come posso fare per rimediare? Io un idea ce l’avrei ” Nel frattempo gli tirai giù la zip e sfoderai il suo arnese dalle mutande e lui finalmente respirò l’aria di cui bisognava per esprimersi nel modo più consono ai sentimenti che attanagliavano il suo padrone. Lo feci stendere sul divanetto del camerino e imboccai la sua asta bella turgida.
Lo sottoposi al trattamento di lusso, succhiando, leccando, imboccando, riempiendo di saliva ogni millimetro del suo batacchio, peraltro proprio ben messo. Nel frattempo gli tolsi completamente calzoni e slip strusciandomi ogni volta con le mie ‘tette’ sulle sue gambe. Oramai Matteo era partito e non si poneva più remore morali ma stava cercando solo di rincorrere il suo piacere inatteso. Decisi allora di cominciare ad approfittarne e, con la mano libera, accarezzai le chiappe, poi mi insinuai nel solco, infine cominciai l’assedio lungo e paziente al suo buchino. Lo sentii fremere quando la lingua si staccò dalle magnificenze del suo uccello per succhiare e titillare il bocciolo di rosa che presidiava l’accesso al paradiso inesplorato. Avevo la pomata a portata di mano (in quel periodo ne consumavo a chili sia per me che per gli altri!) e cominciai con un dito a snervare le difese e al contempo a preparare la strada per l’ingresso trionfale. Lo sentii agitarsi perché sull’orlo dell’orgasmo e mi fermai a toccare il bastone che era sul punto di esplodere ma continuando il lavorio posteriore. Gli detti un morso leggero alla punta e per un po’ l’erezione regredì così da concederci minuti in più di piacere mentre il mio ditino era stato affiancato dal suo fratello. Gli dissi ‘Rilassati, come se stessi per cagare, non opporre resistenza e, vedrai, ti farò morire!’ Mugolò qualcosa di incomprensibile ma avvertii che i tessuti erano più rilassati. Quando ero dentro non mi accontentavo di fare su e giù ma andavo circolarmente a lubrificare le pareti intestinali creando in Matteo la sensazione che avevo imparato a conoscere e apprezzare di sentirsi stimolati a volersi far riempire il condotto, nonostante lo sfintere fosse fastidiosamente dilatato. Dopo svariati minuti di questo trattamento allargato a tre dita, lui era pronto a tutto con il cazzo che gocciolavo di liquido prostatico. Gli chiesi ‘Matteo, vuoi venire alla grande?’ ‘Si, dai, fammi venire’ mi implorò. Allora portai le caviglie sulle mie spalle e mi posizionai all’imboccatura della strada che avevo or ora finito di preparare per la mille miglia del piacere. ‘Rilassati e non temere. Quando vuoi dammi tu il tempo’ Avvertii prima le contrazioni di paura che serravano l’imboccatura prima violata, poi il desiderio intestinale di sentirsi pieno ebbero il sopravvento e lui schiuse il buchino perché potessi fiocinarlo con la mia cappella. Mi arrestai subito dopo aver fatto passare l’orlo del glande e attesi che il trauma della penetrazione passasse. Gli accarezzai il torace e mi soffermai sui capezzoli, circondati da una folta peluria, titillandoli per poi passare allo stomaco.
Quando lo sentii pronto avanzai lentamente fino a che la base del mio cazzo non raggiunse il suo anello sfinterico e le mie palle sbatterono contro le sue chiappe. Anche adesso aspettai, feci alcune rotazioni con il bacino quindi estrassi lentamente il palo che lo stava fiocinando. Fu quasi con sorpresa che si sentì svuotato dell’ospite che aveva ravanato le viscere e non gli diedi il tempo di ricomporsi bensì mi infilai nuovamente nel suo antro umido. Se qualcuno fosse entrato in quel momento avrebbe visto una ragazza con le trecce, due tette da terza, calze legate con giarrettiere che stava pompando il suo legittimo uccello nel culo di un bel maschione moro di quasi un metro e ottanta, ben messo, che mugolava, dilaniato fisicamente dal palo di carne che lo apriva ad ogni colpo, e attraversato da sensazioni contrastanti, il fastidio quando lo sfintere veniva forzato dal movimento penetratore, il piacere che a colpi di fulmini gli attraversava la schiena quando la prostata veniva stimolata, il godimento nel sentire gli intestini placati nel loro anomalo prurito. Sapevo che oramai era giunto quasi al punto di non ritorno, ma volli regalargli la sensazione di essere lui protagonista e gli chiesi ‘Matteo vuoi che ti sfondi il culo?’ ‘Oh si, dai sfondami il culo, spaccamelo, sfasciamelo!’ e così via fu il rantolo implorante che si levò dalla sua bocca mentre la testa veniva scossa a destra e a sinistra. Era quello che volevo. Mi sistemai un attimo meglio come possibilità di spinta e via, gli mollai le ultime randellate, non prima di aver portato la sua mano a impugnare la base del suo cazzo. Bastarono pochi colpi perché l’orgasmo lo prese e, mentre il suo uccello eruttava una quantità di sborra veramente notevole avvertii le contrazioni anali che fecero scatenare anche il mio orgasmo. Non so quanti minuti ci vollero perché i respiri si normalizzassero e i tessuti riprendessero le normali dimensioni ma, quando questo avvenne mi accoccolai vicino al mio cuginone e gli dissi ‘Grazie Matteo, spero di averti fatto godere, anche se forse non te l’aspettavi!’ ‘Oh non me l’aspettavo no ma ” ‘Ti &egrave piaciuto?’ ‘Beh ecco ‘ io ” ‘Matteo, non sentirti in colpa. E’ normale provare piacere quando si viene stimolati in quel modo e non vuol dire che si &egrave recchioni! Quindi goditela e così sai che quando vuoi, hai un altro pezzo del corpo che può darti un piacere indimenticabile’ ‘Forse hai ragione Giulio, il fatto &egrave che non mi aspettavo di farlo con un ‘ beh con uomo, anche se vestito da donna!’ Su questa battuta l’atmosfera di era ristabilita amichevole e io allora lo pregai di farmi compagnia mentre mi spogliavo e mi toglievo il trucco. Parlando mentre svolgevo queste incombenze, lo invitai alla festa che ci sarebbe stata nella buvette. Lo avvertii ‘Stai attento perché ci saranno parecchi marpioni e marpione che cercheranno di accaparrarsi un bel manzo come te!’ ‘Eh ma non mi faccio mica inculare un’altra volta!’ esclamò. Scoppiai a ridere ‘No, no, questa volta sei tu che devi fare il culo a loro. Hai capito come si deve fare perché la lubrificazione &egrave la cosa più importante per poter godere tutti e due’ Gli regalai un tubetto di pomata mezza usata e, dopo una doccia veloce, ci rivestimmo ed eravamo pronti per la festa della prima. Raccolsi i capelli a coda di cavallo, ora non c’era niente di femmineo nel mio vestire e nel mio aspetto se non forse il bel culo che mi contraddistingueva.
La festa era appena cominciata ed era un indescrivibile coacervo di voci, risate più o meno isteriche, pacche sulle spalle, abbracci, baci e tutto quello che avviene di norma. Passai in rassegna tutti i presenti salutando, baciando, abbracciando, ricevendo complimenti da tutti, ricambiando se erano colleghi della troupe, ringraziando se erano giornalisti o ospiti. C’era una fauna variegata ma dominava la tipologia di persone di cui amava circondarsi Max. Fu quando incontrai un produttore cinematografico grassottello e un po’ calvo che, dopo i convenevoli mi additò Matteo chiedendomi ‘Ma &egrave il tuo nuovo ragazzo? Ma non stavi con Max?’ Scoppiai a ridere ‘Oh no &egrave mio cugino che &egrave venuto a fare il tifo per me! Vuole che glielo presenti?’ Guardandolo come una bambina ammira una bambola di Barbie che non &egrave ancora sua ‘Oh con grande piacere!’ Feci le presentazioni e vidi il commendatore attaccarsi a Matteo come una sanguisuga. Poiché era notoriamente passivo, pensai che il mio cuginone poteva rifarsi se lo desiderava. Gli strizzai l’occhio e mi allontanai. Fu con grande sorpresa che trovai Barbara ***, l’attrice di cui mia madre era una fan sfegatata. Mi abbracciò con trasporto e mi sommerse di complimenti ‘Sei stato bravissimo e ti confesso che sono anche stata gelosa del tuo portamento!’ Ridemmo della battuta poi, visto che non mi lasciava e si strusciava con le tette, le chiesi ‘Mia madre &egrave appassionatissima di lei. Credo che se tornassi a casa con un suo autografo mi potrebbe perdonare di aver lasciato il paesello per inseguire il sogno di diventare attore!’ ‘Oh ma caro Giulio non c’&egrave problema. Vieni andiamo di là che ho lasciato la borsetta con una mia foto’ ‘Grazie mille signora ***’ ‘Ma scherzi? Devi assolutamente chiamarmi Barbara perché ti sono amica, veramente’ e così dicendo, visto che mi aveva preso sotto braccio continuò a strusciare le sue tettone. Mi dissi che questa sera correvo il rischio di fare l’en plein! E non sbagliavo. Non appena fummo lontani e fuori dalla vista degli altri, lei si attaccò a me cominciando a slinguazzarmi in bocca per farmi capire che era pronta a sciogliersi per me. Anche a lei dedicai il mio numero migliore. La portai in un palchetto e ci spogliammo. Poi, dopo averla baciata a lungo, le sussurrai ‘Vorrei leccarti tutta!’ ‘Oh sì! Leccami tutta!’ Presi a scendere fermandomi prima alle tette che cominciavano a perdere la forma ma che restavano al tempo stesso consistenti, poi scendendo arrivai fino ai piedi e quindi risalii fino a cominciare a succhiarle il clitoride. Le infilai un paio di dita nella figa che gocciolava degli umori tipici mentre con l’altra mano le palpavo le tette tirandole i capezzoli che si ingrossavano e si indurivano per il piacere. Continuando a leccarla la lavorai per bene nella passera fino a che non avvertii il peculiare rantolio che preannuncia l’orgasmo. E questo arrivò potente e si trasmise alla mia mano che lentamente si arrestò placando così la sete di goduria della donna. Le lasciai un minuto poi mi sedetti su una sedia e la feci accomodare sul mio uccello di fronte a me. Era impalata con le tette all’altezza del mio viso e io non mi feci attendere e mi ci gettai. Con le mani intanto le allargavo le chiappe e le accarezzavo il buchino. Quando la sentii pronta affondai un dito e, con gran sorpresa, non venni respinto ma anzi accolto come un liberatore. La faccenda si faceva proprio stimolante! Lei era travolta dal piacere, si stringeva le tette con le mani per portarle alla mia bocca che vorace le percorreva tutte, leccando, titillando, succhiando, mordicchiando. Dimenando il bacino favoriva il mio lavorio al foro posteriore che iniziava a presentare un allargamento interessante. Quando la ritenni pronta, le chiesi ‘Barbara, vuoi farmi godere?’ ‘Oh sì Giulio!’ allora la sollevai dal mio palo e la sistemai a pecora sul bordo del palchetto. Mentre le allargavo per bene le chiappe e le lavoravo per le rifiniture il buchetto, la pompai un po’ nella passera in modo da raccogliere i suoi umori e così rendere ben lubrificato il mio batacchio. Glielo posai all’ingresso e cominciai a spingere chiedendole ‘Lo vuoi’ ‘Oh sì’ e dopo neanche un minuto l’avevo impalata fino in fondo. Mi soffermai un po’ ma lei era scatenata e cominciò a muovere il bacino per farsi inculare fino a fondo. Le misi una mano sul clitoride ma mi accorsi che non ce n’era bisogno poiché lei stessa si era già infilata due dita nella figa. Pensai a questo punto solo al mio piacere che montava ad ogni colpo stimolato dalle urla della donna. Era una sorpresa sentirla chiedermi di sbatterla, di spaccarle il culo, di farla la sua puttana e per un attimo la rividi in una intervista televisiva quando proclamava il suo amore eterno all’attuale marito. La accontentai e diedi fondo alle mie energie sbattendola contro il parapetto fino a che le nostra urla di piacere non si fusero come il rantolo di un animale preistorico ferito.
Quando fummo calmi e mi tolsi infine da lei, mi guardò con uno sguardo attraversato da una pace celestiale ‘Giulio hai un uccello e una lingua che mi fa impazzire! Ma sei ancora l’amante di Max?’ ‘Credo di sì’ le risposi e lei ‘Che peccato! Comunque per qualsiasi cosa, chiamami, non ti preoccupare di chiedere!’ Le ricordai ‘L’autografo!’ ‘Ma te ne faccio cento di questi autografi, torello!’ Quando ritornammo verso la buvette dove la festa impazzava, cogliemmo vari rumori inconfondibili da altri palchetti. In particolare le parole che venivano da uno di questi mi colpirono e rimasi ad ascoltare: erano inequivocabilmente il produttore con mio cugino che scopavano con Matteo che urlava rantolando ‘Ti spacco il culo troia!’ e l’altro che arrapato rispondeva ‘Si! Sfondami tutto! Sono la tua puttana, sbattimi come sai fare!’ Sorrisi tra me e me e pensai che forse il mio parente avrebbe guadagnato qualcosa in più dell’aver capito come si gode di culo. La festa proseguiva e, poiché io ero, almeno ufficialmente, il legittimo amante dell’anfitrione, rimasi fino alla fine. Max era sparito per un quarto d’ora con un ragazzino biondo ma d’altra parte io avevo fatto le mie cose, la nostra era una coppia molto aperta e comunque quella sera era indimenticabile per moltissimi motivi ma soprattutto perché mi avevano consacrato come attore. Quando arrivammo a casa eravamo distrutti e ci buttammo sul letto senza neanche la forza di baciarci. Verso l’una del giorno dopo lentamente si svegliammo e Max mi chiese ‘Vai a prendere i giornali!’ ‘Ma le edicole saranno chiuse! Aspetta che mi vesto’ ‘non serve perché ho chiesto al giornalaio di portarmeli tutti e di lasciarli fuori della porta sullo zerbino. Fu così che nudo mi affacciai e raccolsi il consistente pacco di quotidiani. Ci mettemmo sul letto sfogliandoli assatanati alla ricerca delle critiche dello spettacolo. Erano quasi tutti entusiasti con qualche stroncatura feroce ‘Me l’aspettavo perché sono giornali cattolici vicini alla curia romana’ Ma le altre parole che leggevamo erano inebrianti e ce le raccontammo a vicenda, poi ci passavamo i giornali e li leggevamo con i nostri occhi e così via ad inebriarci. Quando stanchi li buttammo via dal letto guardai Max negli occhi e gli chiesi ‘Come festeggiamo allora?’ Lui sornione si avvicinò con la leggerezza di un felino e mi sussurrò mordicchiando il lobo ‘Come vuoi festeggiare? Oggi sono la tua donna. Vediamo cosa sai fare per farmi godere! Voglio urlare per il piacere che mi sentano fino ai Parioli!’. Lo accontentai lavorandomelo per bene con lingua e mano per poi, quando oramai era fuori di testa dal desiderio di sentirsi riempito, metterlo a pecorina e pomparlo per bene. Poi, mentre era arrivato sull’orlo dell’orgasmo, mi fermai e aspettai che si calmasse, lo misi di schiena e lo inforcai inchiodandolo sul materasso. Gli gonfiai gli intestini con il mio uccello infuocato e lo riportai al confine del piacere estremo. Giocavo con lui come il gatto con il topo, tanto che Max che subiva tutto questo scuotendo la testa da una parte all’altra e urlando frasi sconnesse, si decise e mi scaricò mettendosi lui a cavalcioni e, dopo essersi conficcato nel culo il mio cazzo duro come il marmo e caldo come lava bollente, cominciò a galopparmi sulla pancia. Si alzava e si abbassava con frequenza sempre maggiore e avvertivo, sia nel mio uccello che nelle sue viscere squarciate dal movimento inconsulto, l’avvicinarsi dell’agognato premio. Non resistetti all’idea di non essere protagonista di questa splendida inculata e ripresi il controllo scalzando il povero Max. Lo rimisi prontamente a pecorina perché anche per me ogni istante di attesa era sprecato e lo sbattei con forza mentre lui implorava di essere percosso come la più laida delle bagasce. Sotto i miei colpi feroci se ne venne schizzando sborra dappertutto e le sue contrazioni intestinali scatenarono anche in me l’agognato orgasmo.
Quella sera la recita fu meno brillante della prima sera ma procedette senza particolari intoppi perché la tensione e l’adrenalina caricata nelle lunghe settimane di prove ci sostenne tutti ma il risultato fu che quasi tutti, una volta a casa, si fiondarono sotto le coperte e presero sonno nel giro di un minuto. Iniziò allora un particolare periodo scandito dalle recite serali, e da quella pomeridiana nei giorni festivi, dalla pausa del lunedì e che durò fino a quando restammo a Roma, ossia per un paio di mesi. Max iniziò a rilasciare interviste, a partecipare a trasmissioni televisive e a talk show. Spesso era al centro di attacchi per l’audacia delle scelte registiche, ma era un animale di spettacolo e l’audience dei programmi che l’ospitavano cresceva. Era inoltre impegnato con il prossimo spettacolo teatrale e con il progetto del suo primo film. Spesso veniva a mancare alle recite e veniva sostituito nella parte di Romeo da Goffredo. A volte, quando mi trovavo tra le sue braccia e lui si sfregava con l’uccello contro il mio, avvertivo una carica di sessualità che desiderava erompere e che trovava conferma nelle parole che mi sussurrava all’orecchio talvolta ‘Vedrai che prima o poi mi darai il tuo prezioso culetto!’ Era arrivato anche ad affacciarsi al mio camerino e, guardandomi con un sorriso sardonico, mi aveva detto ‘Guarda che non sarai sempre protetto da Max e sei ancora l’attor giovine, quindi prepara il tuo buco per il mio uccello’ Io avevo riso e l’incidente era chiuso lì. Alla prima occasione chiesi a Max cosa dovevo fare se Goffredo avesse avanzato le sue pretese su di me, magari durante la tournee che avremmo fatto in tutta Italia successivamente. Lui restò pensoso e dilaniato da sentimenti contrastanti poi risolutamente mi disse ‘Sei l’attor giovine e non posso cambiare le regole per te. E inoltre aiuterà la tua sensibilità recitativa’ Fu anche per questo motivo che, una mattina in cui Max si era dovuto alzare presto per incontrare un produttore e possibili finanziatori, me ne rimasi un po’ nel letto a pensare alla mia storia sessuale e sentimentale.
Sessualmente avevo trascorso un periodo molto intenso dove avevo provato di tutto. Mi piaceva molto andare con le donne, ma la goduria che ti dava l’inculata ad un maschio era per me la gioia suprema. Dovevo però confessarmi che spesso, quando Max o altri cominciavano a carezzarmi il buco del culo, i miei intestini fremevano dal desiderio che un bel cazzo nodoso li sfrucugliasse per bene. Mi piaceva anche portare le mie tette e sentirmi ‘donna’ anche se nell’intimo sapevo che era un ruolo che mi piaceva interpretare ma non era quello mio naturale. Ebbene ero diventato bisessuale e la constatazione che pochi mesi prima mi avrebbe sconvolto e turbato, mi trovava ora sereno e pronto a bere da tutte le fontane che potevano dissetarmi, anche se una di quelle acque era la preferita. La partita si complicava se pensavo all’aspetto sentimentale. Vivevo in quel periodo con Max, ma non mi nascondevo che era una cosa destinata prima o poi a finire. Vuoi perché lui si sarebbe stancato e avrebbe voluto cimentarsi con nuove prove, vuoi perché già adesso la nostra relazione era molto libera e lasciava spazi di indipendenza a entrambi, sicuramente a Max che si doveva essere inculato tutti gli attori assunti appositamente per questa rappresentazione e che non avevano esperienze professionali precedenti. Spesso mi era capitato di percepire, al ritorno da una festa o anche quando lui aveva degli impegni di lavoro, il classico odore di sesso che gli conoscevo. Devo riconoscere che vivere con Max era una opportunità unica per me povero ragazzo di provincia, bastava la sua presenza e tu imparavi qualcosa di nuovo, ma rimaneva il fatto che sapevo nel mio intimo che i nostri caratteri sarebbero prima o poi entrati in contrasto. Avrei cercato di ritardare il più possibile il momento del distacco perché il rapporto con lui mi era molto utile ma prima o poi sarebbe successo e mi preparai a non soffrirne più di tanto. Inspiegabilmente, mentre facevo questi pensieri, mi venne alla mente Andrea. Impulsivamente lo chiamai al telefono e cominciammo a parlare come se fosse la cosa più naturale. Le vicissitudini che avevamo passato ci avevano legato in modo particolare ed era spontaneo parlarci delle questioni più intime. Alla fine di questo piacevole sfogo lo salutai dicendogli ‘Andrea fatti crescere i capelli!’ ‘E perché mai?’ ‘Perché così mi piacerai di più!’. Riattaccando pensai che Andrea era un vero amico e forse anche qualcosa in più ma che lo avremmo potuto scoprire solo più avanti.
ettoreschi@yahoo.it Ogni lunedì andavamo spesso io e Max a feste in locali gay o a casa di amici suoi e con lui avevamo convenuto che la caccia era aperta e ognuno poteva rimorchiare chi voleva bastava avvisare se tornavamo assieme oppure no. Era la nostra serata di libertà. Una delle prime serate di licenza ci trovammo ad un ricevimento da un conoscente del mio amante. Con sorpresa trovai anche Matteo che era in compagnia del suo produttore che se lo portava dietro come volesse far vedere a tutti un trofeo. Lo abbracciai e gli chiesi, quando il suo anfitrione lo lasciò libero per un attimo, come andasse ‘Bene, mi compra di tutto e mi regala parecchie cose. Mi ha anche chiesto di lavorare con lui’ ‘E’ stato positivo allora quello che ti ho insegnato a fare! Però se vuoi un consiglio, goditela finché dura perché sappi che prima o poi finisce perché gente come lui &egrave sempre alla ricerca di un cazzo o più grosso o che lo inculi diversamente. Cerca di fare la tua carriera lavorativa indipendente da lui e vedi di farti dare soldi o gioielli e non solo vestiti! Accidenti mi sento tanto la tenutaria di un bordello che da consigli alla novizia!’ Scoppiammo a ridere e ci lasciammo con un abbraccio complice. Passavo da un gruppetto all’altro e venivo riconosciuto quasi sempre: oramai ero noto per vari motivi: il ruolo di Giulietta scandalosa e la relazione con Max. Ad un certo punto mi girai andando a sbattere contro una montagna bianca ‘Scusami!’ e alzai gli occhi rimanendo così folgorato da aprire la bocca per la sorpresa. Dinanzi a me c’era un negro, bello come Denzel Washington, alto un metro e novanta, vestito completamente di bianco come Richard Gere nel film ‘Ufficiale e Gentiluomo’. Con un sorriso bianchissimo mi rispose ‘Oh non &egrave niente! Posso presentarmi? Sono Jack e faccio l’addetto militare all’ambasciata americana’ e mi allungò la mano. Alla sua stretta vigorosa e maschia risposi con un sorriso ‘Io sono Giulio e faccio l’attore’ ‘Ah sì e dove reciti?’ ‘In Romeo e Giulietta al teatro ” ‘Ma sono stato a vederlo, che parti interpreti?’ ‘Beh io sono Giulietta ‘ Ti &egrave piaciuto come ho recitato?’ Mi guardò con sorpresa ‘Accidenti non ti avevo riconosciuto. Sei stato proprio bravo e convincente, soprattutto quando facevi l’amore con Romeo!’ ‘A tutti piace quella scena ‘ ‘E a te piace anche fuori del teatro ‘?’ Era un sondaggio o cosa? Decisi di scegliere la strada della trasparenza ‘Sì mi piace fare sia Giulietta che Romeo. Se tu recitassi cosa ti piacerebbe fare?’ ‘Tutti preferiscono la mia interpretazione di Romeo ‘!’ Lo rimirai nel fisico ‘Beh credo che tu possa recitare bene anche come Giulietta ” ‘Magari dopo che ho fatto Romeo’ ‘Allora ci vuole tanto tempo ” ‘Vuoi venire nel mio appartamento vicino all’ambasciata con me? Solo che ti devi fermare fino a domattina perché non ti riporto a casa ” Bene, il contratto era stabilito e le parti chiare e senza sorprese, avvisai Max che sarei tornato l’indomani, mi fissò sorpreso dal divano dove palpava l’interno cosce di un ragazzo di origine orientale, ma mi diede cenno di andare e spiò per capire con chi andavo via.
Jack aveva l’auto poco distante. Vi salimmo. Dopo nemmeno dieci minuti, nel corso dei quali cercammo di familiarizzare, arrivammo ad un piccolo condominio costruito nel primo dopoguerra. Parcheggiata l’auto vi entrammo e percorremmo il corridoio fino all’ascensore. Incrociammo che usciva dall’ascensore un paio di maschioni neri di pelle ma non in divisa che scambiarono un paio di battute con Jack ‘Hi!’ ‘Hi! Are you fucking?’ ‘Yes, white ass’ ‘can we also together?’ ‘May be tomorrow evening ” La porta si richiuse e con essa svanì anche la paura che per un attimo mi aveva attanagliato: in che rischio mi ero cacciato? Se Jack, che non conoscevo affatto, avesse accettato l’offerta degli amici, mi sarei ritrovato con tre cazzi da soddisfare e non uno solo e ben messo! Lo ringraziai e fui ancora una volta abbacinato dal suo sorriso bianchissimo (o era solo per contrasto con la pelle?). Una volta chiusa la porta non ebbi nemmeno il tempo di vedere l’appartamento perché Jack mi spinse contro il muro e cominciò a limonare iniziando a spogliarmi. Ricambiai ben volentieri e dopo neanche due minuti eravamo nudi come vermi che ci scambiavamo le lingue e litri di saliva mentre i nostri uccelli cominciavano un duello di cappa e spada che non sappiamo quale risultato avrebbe prodotto. Accarezzavo la pelle delicata come seta di Jack e contemporaneamente lui faceva lo stesso con me, soffermandosi presto però sulle mie natiche. Anch’io palpai voglioso le sue chiappe scultoree ma non indugiai solo su esse bensì percorsi ogni centimetro di pelle attardandomi su tutti i suoi punti erogeni. Finalmente staccammo le bocche e lui ne approfittò per condurmi nella camera da letto e gettarmi sulle coltri per poi posizionarsi sopra di me a 69. Mi ritrovai così con un bellissimo cannolo di cioccolato che danzava davanti agli occhi: lo impugnai e lo portai alla bocca. Un afrore di maschio forte e acre che non avevo mai sentito prima mi fece comprendere che eravamo di razze diverse, ma in quel momento non contava, importava solo quello che avremmo fatto insieme e il piacere che ci saremmo concessi a vicenda. Succhiai a lungo la cappella, girandole attorno con la lingua, indugiando sul buco dell’uretra, e poi ritornando a percorrerne i confini nodosi. Provai a infilare di più quella mazza che sentivo crescere sempre di più e indurirsi ad ogni istante che passava, e cominciai allora a leccare anche le prime vene che irroravano l’attrezzo. Lo tirai fuori e mi dedicai a insalivare per bene con la mia lingua tutta l’asta, soffermandomi sulle nodosità generose e le innumerevoli venuzze. Alla fine le dimensioni del bellissimo batacchio nero, sormontato da un glande appena più rosato e chiaro, erano notevoli ma non eccezionali, ripensai per un attimo alla mazza di Goffredo che avevo leccato solo una volta e mi resi conto che essa era addirittura più grossa di quella del mio amico nero.
Jack intanto, dopo aver assaggiato con piacere il mio arnese, si era dedicato al mio buchino. Aveva allargato le chiappe e ficcato la bocca nel mezzo cominciando a leccare e succhiare causandomi mancamenti continui da come questo trattamento mi stava ammorbidendo lo sfintere. Mai mi ero sentito così desiderato oralmente nel mio buco del culo, mai l’avevo sentito così risucchiato, quasi mi si volesse mangiare l’intestino dopo averlo estratto dall’orifizio. Era una sensazione straordinaria che faceva aumentare in me il desiderio di dare pace al piacevole formicolio che cominciava a invadere tutto il canale posteriore. ‘Oh Jack, dai , sbattimelo dentro!’ mi uscì spontaneo e il mio amico non si fece attendere. Scelse di lasciarmi disteso di schiena e infilarmi alla missionaria. Quando la cappella forzò il baluardo a protezione delle mie intimità ebbi un colpo al cuore perché mi sentii trafitto. In fondo ero stato lubrificato esclusivamente dalla saliva e l’apertura era stata preparata solo dalla lingua e non da un lavorio adeguato di dita o di altri strumenti consoni. Lui se ne accorse e rimase lì senza forzare dedicandosi a leccarmi invece i capezzoli, mordicchiandomeli così intensamente che sembrava li volesse strappare dal mio petto. Questo mi distrasse così che quando mi sentii pronto fui io stesso a cercare di contrarre i muscoli per favorire l’ulteriore penetrazione. In pochi istanti fui riempito completamente dal mio bel cannolo di cioccolato e assaporai la sensazione per alcuni istanti, quindi fu Jack che prese la situazione in mano e cominciò a condurre la danza seguendo la musica che gli correva nel cervello. Era un amante molto capace e a questo si aggiungeva l’eccitazione di vedere la mazza scura sparire dentro il mio culo rosato. Lui alternava violente galoppate con lente e profonde stoccate, capiva quando arrivavo al culmine e aspettava, cambiava ritmo e bersaglio così da prolungare dolcemente l’attesa del culmine parossistico. E quanto più questa spasmodica aspettativa cresceva, tanto più aumentava il desiderio di farsi sbattere con violenza fino a sprofondare nella libidine più laida e maiala. Quello che mi sovrastava era un bronzo di Riace nero, muscoloso ma non palestrato, bello da guardare e da assaporare dentro il proprio culo. Lui volle cambiare e mi fece mettere a pecorina, fece danzare un po’ la cappella all’ingresso del paradiso, poi lentamente la reinfilò riempiendomi nuovamente con quel suo bastone di carne calda e fremente.
Mi afferrò i fianchi e prese a pompare con sempre maggiore frequenza e intensità. A volte cambiava volutamente il ritmo ma non come prima, si avvertiva chiaramente che anche lui cominciava ad essere abbacinato dalla vicinanza al traguardo a lungo inseguito. Fu così che me ne venni mentre Jack continuava a squartarmi gli intestini con la sua mazza colorata. Non passò mezzo minuto che le mie contrazioni anali ebbero ragione del martello pneumatico che mi stava sfondando il culo costringendolo a cospargere di bianca panna il gustoso cannolo di cioccolato. Eravamo ansanti e felici entrambi, ma passarono vari minuti prima che il suo membro riprendesse dimensioni più consone e scivolasse fuori dal mio culo. Ci stendemmo vicini e ci baciammo, dolcemente questa volta. Alla fine gli sussurrai ‘Beh come Romeo sei stato molto capace e prestante. Dopo dovrai essere una Giulietta altrettanto brava!’ Un bacio suggellò questo patto per il futuro che però venne rimandato all’indomani. Quando mi affacciai dalle tenebre del sonno nel chiaro del mondo avevo l’uccello duro come il marmo e percepii immediatamente la presenza del corpo caldo di Jack al mio fianco. Mi girai verso di lui che mi voltava le spalle e cominciai a carezzarlo sofficemente scorrendo le mani delicatamente sopra la sua pelle di seta. Mugolò qualcosa ma il risveglio in lui fu completo quando cominciai a far scorrere la mano vorace tra le sue chiappe alla ricerca della pelle grinzosa intorno al buchino. Misi il volto nell’incavo della spalla e iniziai a leccare, baciare, mordicchiare quella massa di muscoli rivestiti da una pelle scura che mi eccitava viepiù. Ravanai alla ricerca del mio tubetto miracoloso e quindi mi dedicai alla lubrificazione sistematica del favoloso ingresso nel ‘misterioso mondo di Jack’. Oramai ero provetto e la mia abilità spesso era tale che il malcapitato (o ben capitato) era lui stesso a implorarmi di porre termine al lento lavorio che snervava completamente le barriere di difesa e di dare soddisfazione al prurito che si era impadronito delle pareti intestinali. Jack non mi stava supplicando di impalarlo ma mugolava come un gatto che fa le fusa e aveva l’uccello che sgocciolava come un rubinetto che perde. Lo girai di schiena perché volevo vedere il suo volto quando lo avrei infilato. Mise le caviglie sulle mie spalle e con le mani cercò di allargare il possibile le chiappe. Sostai all’ingresso premendo quel tanto che bastava per farmi sentire alle terminazioni sfinteriche e tenere sotto pressione i muscoli fino a quando essi non avessero il segnale di via libera. Jack fece un respiro profondo e ‘ la cappella scivolò dentro risucchiata fino alla base della stessa. Sostai quel tanto che serviva ai tessuti ad abituarsi al nuovo intruso poi spinsi ancora e ancora fino a che la base del mio cazzo rosato non fu completamente avvolta e stretta dall’anello sfinterico perso in quell’immensità nera e l’asta non venne accolta nell’umido antro delle meraviglie.
Guardavo l’effetto cromatico di questi corpi così diversi che si stavano compenetrando ritmicamente ed erano ulteriori scariche che attraversavano il cervello. Era incredibile ma sembrava che quel culo fosse di burro e che accogliesse i colpi del mio martello pneumatico come se non avesse fatto altro da quando era stato forzato la prima volta ( e magari era proprio così). Mi sentivo accolto in quella grotta dei misteri e allora mi procurai di riempirla con il meglio di me stesso. Al contrario di Jack, che era molto bravo a cambiare ritmo quando inculava qualcuno, la mia specialità consisteva nel fermarmi dentro e muovere il bacino ruotandolo in modo da forzare ancora di più l’apertura oppure nell’indugiare in un su e giù frenetico con la sola punta a snervare ulteriormente i tessuti. Eravamo riposati e disponibili l’un l’altro e ci donammo una scopata memorabile. Il culmine fu quando Jack mi volle disteso sulla schiena con il mio attrezzo bello dritto e lui ci si infilò fino alla base. Iniziò allora una galoppata, prima lenta quasi a prendere le misure e il ritmo giusto, poi sempre più travolgente tanto che dovetti aggrapparmi alle sponde del letto per evitare di spostarmi troppo sotto la forza dei colpi che si auto infliggeva. Alla fine la violenza del suo dentro e fuori era tale che mi sembrava di essere squassato da una tremenda tempesta e fu proprio questa la sensazione che venne acuita quando schizzi di nettare bianco vennero a spargersi sul mio torace mentre i miei coglioni secernevano l’equivalente in quantità industriali così da consentirmi di giungere felicemente al mio orgasmo. Il mio amante si accasciò su di me e così rimanemmo fino a quando il mio arnese riprese le dimensioni consuete e scivolò fuori dal culo violato di Jack. Quando rientrai a casa di Max lo trovai ancora a letto con il ragazzo orientale nudo e distrutto da una notte di sesso frenetico. Mi guardò in un modo che non conoscevo e, muto, lo interrogai con gli occhi, ma lui si limitò solo a dirmi ‘Stasera torni a casa vestito da Giulietta perché dobbiamo fare delle prove ” Mi chiesi fra me e me che cavolo di prove bisognasse fare alla sera dopo lo spettacolo. Mah! Quello che aveva in mente mi fu chiaro nel momento in cui, lasciandomi davanti al camerino per vestirmi, mi consegnò un borsa di un negozio che non conoscevo, e disse ‘Qui dentro c’&egrave come devi essere vestito quando ti vengo a prendere dopo la recita’. Una volta dentro sbirciai curioso dentro e allibito fissai un reggicalze nero con calze in tinta, perizoma e reggiseno a balconcino della stessa tonalità, una sottoveste trasparente nera come lo era un vestitino di seta che ad occhio doveva arrivarmi poco sopra le ginocchia. Il tutto comprendeva anche un paio di sandaletti neri con il tacco di 8 centimetri da allacciarsi. Beh almeno era chiaro cosa dovevo recitare stanotte! Mi truccai con la solita attenzione ma, anziché due trecce, raccolsi i capelli sempre a treccia ma con una sola coda che feci spuntare dal lato sinistro.
Lo spettacolo filò bene come sempre, perché oramai eravamo oliati come troupe, così, terminato il lavoro e nuovamente solo nel camerino pensai al nuovo personaggio che dovevo interpretare. Non mi struccai ma tolsi solo i costumi di scena che erano simili a quelli dell’epoca in cui era stata scritta la tragedia, cominciai la lunga vestizione e alla fine mi ritrovai a rimirare allo specchio una dark lady inquietante, ma anche arrapante, tanto che il sentirmi costretto in quegli indumenti con la seta che carezzava la pelle nei punti più sensibili, produsse un principio di erezione molto piacevole. Completai il tutto con i sandali che allacciai alla caviglia e partii sculettando. Mi sentivo veramente donna e ad ogni passo che facevo con il seno che si muoveva, il culo che ondeggiava leggiadro, entravo sempre più nel personaggio che Max aveva deciso di farmi interpretare. Poi fui folgorato e sciolsi i capelli raccogliendoli a coda di cavallo e infilandoli sotto una delle parrucche che mi avevano lasciato per la vestizione di Giulietta, ne scelsi una ovviamente nera come il carbone! Trovai il mio amante alla porta del suo camerino, mi guardò per bene girandomi attorno e controllando ogni particolare, poi, con uno sguardo soddisfatto, mi prese sottobraccio e mi fece avviare verso l’uscita. I tecnici del teatro mi osservavano incuriositi, ammirati e anche un po’ arrapati e per un attimo immaginai che avrei fatto scorrere un po’ di sborra grazie al mio abbigliamento. Salimmo in auto e, con sorpresa, vidi Max dirigersi verso un’altra direzione. ‘Dove andiamo Max?’ ‘A cena da ***’ citando un locale abbastanza alla moda, anche se non di alto livello, dove si mangiava bene senza svenarsi e che era diventato un po’ il punto di ritrovo di gente dello spettacolo. Mi sentii morire! Un conto &egrave travestirsi e recitare in teatro, un’altra cosa &egrave andare in giro conciato come una puttana! ‘Scherzi Max?’ ‘Assolutamente no! D’altra parte vai in giro a farti sbattere da bei negroni e ti preoccupi di questi quattro stracci?’ Allora era quello il motivo: Max era geloso di Jack. Cominciammo a litigare o meglio cominciai a litigare dicendo che non era giusto, che il lunedì era giorno di libertà, che lui si era scopato il giapponesino, sembravo proprio una moglie incazzata tanto che quando me ne resi conto terminai con il mio sproloquio nervoso. Max con un sorriso malizioso si volse verso di me e mi disse ‘Chi di cazzo ferisce ” Giunti al ristorante trovò parcheggio a duecento metri così dovetti sculettare per un bel po’ prima di guadagnare l’agognata sedia. Mi resi conto una volta seduto, che non ero abituato a farlo come una donna, così andai velocemente ai miei ricordi e finalmente trovai una posizione con le gambe parallele un po’ inclinate. Tutti gli avventori sembravano conoscere Max e quindi, sapendo bene quali erano i suoi gusti sessuali, mi radiografavano stupiti senza riconoscere in me (o così speravo) il giovane che lo aveva già accompagnato in quel posto ma vestito da uomo. Lui poi accentuava la curiosità di tutti facendomi la corte come se fossi veramente la donna della sua vita. Ero agitato ma poi pensai che ero un attore e non dovevo preoccuparmi, ma invece entrare nel mio personaggio. Avvicinai il viso a quello di Max e, dopo averlo elargito di un piccolo bacetto gli chiesi ‘Come vuoi che mi chiami stasera?’ Sorrise ‘Giulia, e sarai la mia puttana, la mia amante, mi darai tutti i tuoi buchi e ti farai riempire e farcire come un cannolo siciliano’ Mi venne un brivido ‘La serata si presenta veramente eccitante ” gli sussurrai con voce roca e sensuale mentre con la mano gli carezzavo noncurante l’interno della coscia. Per quanto bravo fossi, mi sentii gelare non appena uno dei paparazzi più noti della capitale entrò dalla porta e cominciò a scattare foto verso di noi. Max, pur essendosene accorto, non cercò in alcun modo di nascondersi, anzi accentuò gli atteggiamenti da innamorato e di corteggiatore. Ad un certo punto mi ribellai alla stronzaggine di Max e mi calai completamente nei panni della donna un po’ equivoca che veniva rimorchiata in un ristorante romano ormai prossimo alla chiusura. Ricambiai ogni carezza, gli mordicchiai il collo, lo baciai sul collo e anche in bocca un paio di volte. Sentivo il rumore continuo degli scatti della macchina fotografica.
Quando finimmo di mangiare ci alzammo in piedi e allora mi aggrappai al braccio del mio cavaliere e mi strusciai contro di esso con il mio ‘seno’ e avanzai sculettando al fianco del mio corteggiatore. Il fotografo continuava imperterrito e immaginava già i titoloni a caratteri cubitali ma soprattutto alle migliaia di euro che valeva quel servizio. Ci seguì e volle immortalarci mentre varcavamo la soglia della casa dove Max abitava. Chiusa la porta dell’appartamento Max si girò sorridendo verso di me ‘Mi piace la tua capacità di improvvisare e di entrare nel personaggio: hai proprio talento!’ mi tirò a se e mi baciò. Quando terminò gli mordicchiai il lobo ‘Io invece trovo che certe volte sei veramente impossibile quando vuoi mettermi in crisi! Ma sei anche un bel montone ” ‘Vuol dire che ho le corna?’ ‘No, vuol dire che hai un uccello che non teme confronti con altri ” beh era una piccola bugia ma in certi momenti aiuta! Il mio partner si stava infoiando a carezzare le mie forme coperte di seta, a scostarle e finalmente conquistare al palpo le carni tenere che si trovavano al confine tra le calze e il perizoma. Ero penetrato a tal punto nel mio personaggio che anch’io mi sentivo eccitare ,come penso facesse ogni donna, e, per un attimo, credetti anche di avere la figa gocciolante di desiderio. Non arrivammo alla camera da letto ma mi prese sul divano. Scostò il perizoma, mi stese con il culo sul bracciolo del divano e sollevò il vestito che intralciava il suo desiderio, slacciò i pantaloni, estrasse il suo pistolone già eretto e lo puntò sul mio culo. Non ero lubrificato ma anche se la pantomima della serata aveva sicuramente allentato un po’ di tensione allo sfintere e nonostante mi sentissi desideroso come fossi una sposa la notte di nozze, scelsi di frenare i bollenti spiriti del mio partner e mi inginocchiai a imboccare per bene il suo randello caldo. Lo leccai per non più di due minuti passandomi al contempo un paio di dita umide di saliva sul buco del culo, ma non riuscii a tenerlo distante dalle mie intimità di più perché come un toro infuriato mi tirò su, mi tolse il vestito lasciandomi solo con la sottoveste, sfilò invasato il perizoma togliendomi anche i sandali e si riposizionò all’imboccatura del paradiso. Pochi secondi e cominciò a spingere. Avvertii un sordo dolore ma era accettabile, rilassai i muscoli più che potevo e mi aggrappai a lui baciandolo e spogliandolo. Lui intanto mi pastrugnava le ‘tette’, mi palpava il culo, e nel frattempo pompava il suo cazzo dentro le mie viscere. Lo sentivo bene con le pareti dell’intestino che si dilatavano ad ogni colpo assaporando ogni singola vena del pene turgido che occupava le mie budella. Percepivo chiaramente la libidine che colpiva il mio uomo e, complici i pochi abiti rimasti, mi lasciai prendere anch’io dalla lussuria sfrenata e presi a muovermi come una femmina in calore. Cercavo ad ogni colpo che esso fosse il più profondo possibile, muovevo il bacino perché la penetrazione non cessasse mai e producesse gli effetti più piacevoli nel mio didietro. Imploravo che mi trapanasse fino a spezzarmi in due e lui urlava infoiato tutto il suo desiderio di fottermi fino a che esso non trovò il giusto coronamento quando il suo vulcano caldo non eruttò la lava biancastra e bollente. ‘Dormi così’ Mi sussurrò all’orecchio una volta che i nostri membri avevano assunto dimensioni normali. Lo baciai dolcemente e andammo così, lui nudo, io coperto a malapena dalle mise che mi erano rimaste, verso il letto e ci infilammo sotto le lenzuola.
Feci fatica a prendere sonno con le mie tette ma alla fine Morfeo mi accolse tra le sue braccia. L’indomani mi risvegliai appagato e, quando mi resi conto di come ero combinato, mi venne prepotente una erezione. Mi girai verso Max che mi dava le spalle e lo abbracciai strusciandomi tutto contro il suo corpo. E lui avvertì prima le mie tette sulla sua schiena, poi il mio randello caldo contro le sue chiappe e, inaspettatamente rispetto a quanto aveva fatto la sera prima, spinse il culo verso di me. Oramai conoscevo questo movimento e la mia erezione si rafforzò ancora di più al pensiero di godere del suo antro umido. Ci stavamo eccitando entrambi perché l’uso della biancheria intima che indossavo acuiva i sensi in entrambi. Non mi aspettavo di trovare un Max così disponibile, ma dieci minuti furono sufficienti a prepararlo, tanto che fu lui stesso a mettersi a pecora aprendosi con le mani le chiappe. Lo infilzai per bene e dovetti trattenermi per evitare di eiaculare subito. Vedermi vestito come una puttana che stavo inculando il mio amante era un’immagine così forte e arrapante da farmi impazzire. Anche per lui doveva essere lo stesso, proprio perché poteva seguire la scena sullo specchio di fronte al letto. Lo sentivo mugolare frasi sconnesse ma poi esse si fecero chiare: erano implorazioni perché voleva essere sfondato tutto, avere il culo spaccato dalla sua troia. Non mi feci pregare e lo pompai, alesandogli il buco con la mia mazza, eccitandomi ad ogni colpo quando vedevo il mio cazzo circondato da biancheria femminile nera fiondarsi nelle sue intimità a riempirle completamente. Era una visione estatica che mi procurava scariche di piacere che, unendosi alla goduria dello sfregamento del membro contro le pareti sfinteriche mi stavano portando rapidamente all’orgasmo. Quando le contrazioni anali di Max rivelarono il suo raggiungimento del culmine agognato, anche la mia sborra a lungo trattenuta, se ne uscì copiosa. Poi fu solo delicatezza e dolci carezze. Qualche giorno dopo uscì un servizio su un settimanale di gossip con alcune delle foto riprese quella sera e la domanda che campeggiava era ‘Chi &egrave la Dark Lady misteriosa di Max?’. Credo che se i tecnici del teatro non mi avessero visto uscire con lui quella sera vestito in quel modo, nessuno della troupe avrebbe sospettato di chi fosse la dama sconosciuta.
Ci regalammo un altro paio di serate così, ma senza fare uscite nei locali pubblici, e a queste serate di fuoco seguirono dei risvegli altrettanto libidinosi a parti invertite ma con gli stessi abiti indossati da me. Per il resto il menage stava scivolando decisamente verso la routine e, anche se avevo le mie soddisfazioni come attore attivo (e non solo passivo) nel rapporto, avvertivo che il rapporto si stava esaurendo. Fu proprio per questa ragione che cercai di riprendere i contatti con Andrea anche al di là della frequentazione professionale. Ci vedemmo un giorno a pranzo per un tramezzino e una birra. Fu come ritrovare un amico che conosci da tempo: parlammo di tutto e passammo due splendide ore al bar. Avvertivamo entrambi che la confidenza e l’intimità che il parlarci ci aveva dato avevano bisogno anche di un segno palese, esteriore, che lo ribadisse. Andrea tra le altre cose mi confessò che da quando erano cominciate le rappresentazioni, cio&egrave passato il periodo delle prove quando quasi quotidianamente doveva subire le avances degli attori più ‘anziani’ e concedersi come attor giovine, non scopava quasi mai se non occasionalmente con Enzo e un paio di volte con Goffredo. Rimanemmo allora d’accordo che il prossimo lunedì avremmo detto entrambi che saremmo andati alle nostre case natali e invece ci saremmo imboscati nell’appartamento della signora Adele. La nostra uscita non destò sospetti nei colleghi e soprattutto in Max, che, almeno a mio avviso, si stava stancando di me. Portai con me anche il costume da scena di ‘Giulia’ la dark lady. Adele mi rivide con gioia e mi abbracciò in modo da farmi commuovere, anche perché anche quella era stata per un periodo ‘casa’. Ci chiudemmo in camera con un po’ di provviste e di bibite e dimenticammo il mondo oltre la porta. Furono 24 ore molto strane ed intense. Parlavamo, ridevamo, scopavamo o facevamo petting, riposavamo e poi di nuovo senza seguire uno schema ma solo quello che ci dettava il cuore o l’uccello o il culo. I momenti clou furono quando vestii Andrea come ‘Giulia’ e scopammo così conciati e martedì mattina una volta svegli. Stavo accarezzando i capelli biondi che crescevano sempre di più fino ad avere oramai una lunghezza tale da poterli raccogliere in un piccola codina quando mi venne in mente una curiosità. ‘Ma, da quando siamo qui, sei mai riuscito a scopare tu qualcuno, a parte Fernando?’ Incerto rispose ‘No’ ‘Vorresti farlo con me?’ ‘Perché me lo chiedi?’ ‘Perché se sono solo io che scopo te il rapporto &egrave sbilanciato e potrebbe non durare, dobbiamo vedere se possiamo anche scambiarci qualche volta ” ‘Beh, forse hai ragione ‘ In effetti in questi tempi mi sono fatto condizionare troppo dalla scoperta che mi piace tanto il cazzo nel culo, da non pensare a come potrebbe essere il viceversa!’
Eravamo già nudi e riprendemmo il discorso tante volte fatto e terminato questa volta però a parti invertite. Come sempre si parte da un sessantanove solo che adesso &egrave Andrea a prendersi cura particolare del mio buchino: lo insaliva, lo viola, lo lubrifica, lo profana fino a riempierlo con tre dita, gliele pompa dentro fino a che io stacco la bocca dal suo uccello durissimo e umido e lo imploro di porre fine al mio languore. Vuole prendermi guardandoci in faccia, alla missionaria. Si posiziona, punta il suo attrezzo svettante e comincia a premere dolcemente. Si vede che molte volte &egrave stato dall’altra parte e sa bene cosa fare per rendere piacevole il momento della violazione. Io mi sto sciogliendo come il burro sulla spiaggia a ferragosto e lo accolgo tutto dentro di me, cingendolo e stringendolo con frequenti contrazioni intestinali. Ha un cazzo medio ma &egrave un piacere sentirselo tutto dentro che ti riempie gli intestini o questa sensazione &egrave dovuta solo al fatto che &egrave lui, Andrea? Lui si sofferma, mi bacia, si dedica ai capezzoli e intanto, lentamente comincia il suo dentro e fuori. Arretra fino a che la cappella non si ritrova circondata dall’anello sfinterico, quindi si ricaccia nel profondo del cavo umido che gli offro. Sto sgocciolando di piacere ma la goduria non &egrave dovuta solo al randello che sta percuotendo le mie viscere, ma anche che a farlo &egrave una persona con cui mi lega un’amicizia che diventa più profonda ogni volta che ci frequentiamo. Lo sento diventare duro come l’acciaio e capisco che oramai &egrave prossimo all’acume della cavalcata e allora cerco di mollare anch’io tutti i muscoli sfinterici e lo imploro di spaccarmi in due, di rompermi il culo e lui mi accontenta con gli ultimi profondi colpi. Due colpetti e anch’io espello il frutto del piacere, ansimanti ci abbracciamo. Accarezzavo i biondi capelli di Andrea e lui si era steso sopra di me. Quella scopata era stata il degno completamento di 24 ore straordinarie e aveva anche rafforzato il nostro legame perché entrambi avevamo capito che non ci usavamo solo per i nostri desideri sessuali ma volevamo costruire qualcosa di più profondo.
ettoreschi@yahoo.it Alla fine anche le rappresentazioni a Roma terminarono e ci dovemmo preparare per la tournee che ci avrebbe portato in giro per l’Italia fino a concludersi, nella stagione invernale a Milano con due mesi di repliche già prenotate. Ci fu il periodo intenso e frenetico dei preparativi sia a teatro, che a casa con la preparazione delle valigie (in alcuni casi dei bauli) per restare fuori di casa parecchio tempo. Quando per gli altri era festa, per noi attori la fatica era doppia. Fu durante la seconda settimana che arrivammo vicino al mio paese e potei finalmente invitare i miei genitori a vedere la rappresentazione (al termine gli pagai il taxi perché tornassero a casa) e li accolsi poi in camerino. Inutile dire che le lacrime e l’emozione si sprecarono. Fu un momento molto intenso. Per il resto, anche se cambiavamo spesso albergo e avevamo ognuno la sua stanza, facevo spesso sesso con Max. Nessuno degli altri mi faceva avances perché evidentemente mi ritenevano una ‘proprietà’ di Max o quanto meno che egli esercitasse una sorta di diritto di prelazione sul mio culo (e il mio cazzo ma questo non lo sapevano). Andrea invece era spesso ‘corteggiato’ dai vari satiri che affollavano la nostra troupe e si doveva concedere agli attori anziani che ne facessero richiesta. Chiesi nuovamente a Max come mi dovevo comportare se qualcuno avesse chiesto le mie prestazioni e lui imperturbabile mi disse che dovevo concedermi senza esitazioni. Lo provocai chiedendogli ‘E se mi rifiuto?’ Fu lapidario ‘Lasci immediatamente la compagnia e senza un quattrino perché impugno l’articolo 27 del contratto’ Non dubitai nemmeno un attimo che l’avrebbe fatto. Qualche sera dopo eravamo ad Orvieto e ci stavamo preparando per lo spettacolo quando Max ricevette una telefonata urgente. Parlò per una decina di minuti poi ci chiamò tutti in palcoscenico. ‘Ragazzi devo tornare a Roma perché si sta concretando un importante progetto artistico cui sto lavorando da anni. Starò via qualche giorno. Il mio posto come Romeo lo prende Goffredo e lui svolgerà le mie veci in questo periodo’ I due si allontanarono poi per qualche minuto e mi resi allora conto che quella sera non avrei avuto la ‘protezione’ di Max e quindi avrei dovuto sottomettermi ai desideri del primo che mi avesse richiesto. Ripensai a quello che mi aveva detto una volta Goffredo e temetti che mi toccasse proprio lui. Proprio così avvenne. Mi avvertì poco dopo essere ritornato sul palco ‘Preparati a essere la mia Giulietta sia durante la rappresentazione che dopo!’. Volle subito ripassare la scena del matrimonio perché non eravamo affiatati come con Max e ‘dovevamo trovare il ritmo e i tempi delle battute’.
Devo ammettere che la prova fu molto arrapante ma ero inquieto perché avvertivo chiaramente il desiderio prorompente dell’uomo, potevo quasi respirare il profumo del suo testosterone in circolo. La rappresentazione andò come sempre bene perché eravamo un congegno ben oliato grazie al lavoro pesante che ci aveva fatto fare Max nei lunghi mesi di prove. Fu dopo cena quando arrivammo all’albergo che Goffredo si fece di nuovo avanti prendendomi da parte e chiedendomi ‘In camera tua o nella mia?’ ‘Goffredo sarei un po’ stanco ‘ sai il viaggio ” ‘Cara la mia Giulietta, posso dire che lascerai fare a me ‘ vengo io da te tra cinque minuti, vedi di non lasciarmi troppo fuori dalla camera’ E se ne andò verso la sua stanza. Non sapevo come comportarmi, come vestirmi, perché ero talmente abituato a scopare solo con Max con il quale si era trovato un equilibrio ed era facile capire cosa voleva l’altro, mentre adesso mi trovavo con uno che voleva incularmi ma con cui non c’era stato neanche un po’ di corteggiamento (come con Jack). Scelsi di spogliarmi tenendomi gli slip e la canottiera, tirai fuori il mio tubetto e tutte le cose che potevano servire. Avevo appena finito che sentii bussare alla porta ‘Vengo subito’ e gli aprii. Goffredo era con un accappatoio e si infilò veloce nella stanza. Non feci in tempo a girarmi che mi fu addosso e cominciò a baciarmi e a palparmi dappertutto. Ero sopraffatto come da un ciclone. Sentivo che era infoiato come un riccio in calore e allora mi abbandonai. Lasciai che il suo desiderio avesse il sopravvento e feci che fosse lui a condurre tempi, ritmo e modi del rapporto. Dopo un minuto eravamo nudi sul letto con lui che si era gettato a leccarmi il culo come se fosse una torta al cioccolato di cui non doveva perdere neanche una briciola. Mi ritrovai davanti il suo randello che, come ben ricordavo era notevole soprattutto come grossezza. Ebbi un attimo di paura per il mio buchino perché si trattava indubbiamente della nerchia con il maggior diametro che avesse mai esplorato le mie intimità, ma poi mi dedicai alla lubrificazione della canna. Mi facevano male le mascelle da quanto era bello tosto! Fui colto da alcuni fremiti perché il lavorio di lingua dentro il buchino mi stava sciogliendo e allora presi a mugolare il mio gradimento. Lui allora si staccò e prese a lubrificarmi l’accesso con un bel ditone nel culo. ‘Hai fatto la puttanella ritrosa perché ti scopava il grande uomo! Eh? Ma stasera assaggerai finalmente un vero cazzo e non quella tegolina che ha il genio del teatro. Preparati perché non ci saranno sconti’ Questo fu l’inizio di uno sproloquio assatanato da parte di Goffredo nei dieci minuti che impiegò ad aprirmi per bene il didietro con le sue tre dita. ‘Come vuoi prenderlo cara? A pecora, a smorza candela, alla missionaria?’ Ansimando risposi che preferivo vederlo in viso. Mi stese sulla schiena e mi mise un paio di cuscini sotto le chiappe e, mentre io tenevo le mie gambe aperte e sollevate si posizionò all’ingresso delle mie intimità e cominciò a premere delicatamente. ‘Sei pronto?’ mi chiese. Io feci un respiro profondo, attesi pochi istanti, poi cercai di rilassare i muscoli e lo invitai dentro di me. Prese a spingere e non si fermò se non quando mi aveva schiaffato dentro il culo tutto il suo batacchio enorme. Ero senza fiato a bocca aperta per il dolore che avvertivo tanto che urlai un ‘Ahi!’ inatteso dopo tutti questi mesi di uccelli presi ma il fastidio era veramente tanto. Avevo proprio la coscienza piena di ogni increspatura, di ogni vena e di ogni bitorzolo del suo grande uccello, tanto che avrei potuto disegnare una mappa precisa al millimetro. Credevo che una frazione di millimetro ancora e mi sarei diviso in due da quanto era grosso. La mente inseguiva immagini che scorrevano davanti agli occhi, paure ancestrali e sentivo le contrazioni del mio ano attorno a questo scomodo ospite. Goffredo se ne stette calmo e fermo dentro di me senza muoversi, anche perché, se lo avesse fatto, poteva veramente spaccarmi il culo!
Scelse giusto il momento per ritirarsi dal canale intestinale per poi farvi ritorno prepotentemente. Ebbi ancora una volta un colpo al cuore ma stavolta il dolore mi sembrava più sordo, quasi sopportabile. Fu così che, colpo dopo colpo, il mio intestino si abituò a quel bel calibro che mi stava sfondando tutto. Dopo cinque minuti circa l’attenzione della mente era scivolata dallo sfintere violato all’interno del canale e a come veniva farcito da quel wurstel super, le terminazione nervose riuscirono a trasmettere segnali di piacere che sovrastarono il fastidio provato. Presi pienamente coscienza di quel ben di dio che mi stava trapanando le viscere e mi attaccai al ritmo dell’inculata per vedere se anch’io sarei riuscito a ricavarmi uno spazio di goduria. E mentre mi pompava per bene Goffredo mi sussurrava ansimante parole di bramosia ‘Ti piace questo cazzo nel culo, eh? Godi troia che un cazzo così lo ricorderai finché vivi!’ Sicuramente lo avrei ricordato per le dimensioni e il dolore iniziale ma ora cominciava a farsi strada una coscienza diversa e stranamente gradevole. Ero pieno, posseduto completamente da un uomo, fonte di piacere per lui e per me stesso. Fu come se ci fosse un corto circuito nel mio cervello e da quel momento in poi ricevetti solo impulsi positivi. Ora volevo essere tutto suo, allargarmi ancora di più, sentire scorrere dentro le mie budella quel bel cazzo rugoso, lasciare che ogni sua protuberanza lasciasse un segno indelebile nelle pareti intestinali. Mi muovevo per favorire l’inculata, biascicavo frasi che denotavano chiaramente il mio cambio d’atteggiamento. ‘Dai, sì, prendimi, fammi tuo’ ‘Si! Lo senti questo cazzo? E’ tutto per te. Te lo infilo tutto fin dove vuoi. Ti riempio come un uovo’ Cominciammo una parossistica corsa verso il piacere dove ogni colpo che Goffredo mi infliggeva diventava una scossa di piacere che mi offuscava il cervello. I colpi erano oramai tremendi, se me lo avessero detto prima che avrei goduto sotto quel martello pneumatico, duro come il marmo e bollente come lava infuocata, non ci avrei creduto, ma adesso accadeva e mi aggrappai alla sua forza e potenza e lasciai che mi portasse dove voleva. Ero la sua donna come mai ero stato prima di nessun altro e volevo che mi penetrasse e sfondasse ancora di più, di più, al di là del dolore e del piacere, di più. Me ne venni che Goffredo non aveva ancora ultimato il suo percorso ma poco dopo si accasciò su di me ansante e appagato. Gli circondai i fianchi con le mie gambe e lo strinsi a me. ‘Mi hai sfiancato e sfondato tutto !’ ‘Ti &egrave piaciuto il mio uccello eh? Pochi possono dire di non averlo apprezzato!’ e detto questo mi baciò con passione perché la scopata era piaciuta anche a lui. Ci addormentammo abbracciati l’un l’altro.
Al mattino mi risvegliai con il culo dolorante e l’uccello duro, Goffredo alle mie spalle era con il cazzo eretto che puntava le mie chiappe. Per un attimo ebbi un brivido al pensiero di essere riempito da quello splendido esemplare di minchia, ma subentrò poi la razionalità e il timore di spaccarmi definitivamente. Mi girai verso il mio partner e cominciai a sbaciucchiarlo dappertutto. Si svegliò completamente e ‘Hai ancora voglia di prenderlo tutto nel tuo culetto?’ ‘Magari stasera, perché se me lo infili ancora non ce la farò a recitare dopo. Perché non facciamo un bel 69?’ Detto questo scivolai con la bocca verso le sue intimità soffermandomi un po’ sui capezzoli per poi raggiungere il randello di carne che spuntava dal bosco dei peli pubici. Anche Goffredo si lanciò verso il mio batacchio e cominciò a succhiarlo dimostrando una particolare abilità. Io intanto mi dedicavo al suo totem, lo leccavo, ne succhiavo la punta, lo segavo, gli leccavo le palle, poi passavo anche al buchino, quindi ritornavo al primo amore. Come folgorato da un’idea un po’ porca cominciai a stimolare anche il retro con un ditino malandrino. Lo sentii irrigidirsi un po’ ma poi rilassarsi e accogliere il simpatico intruso. Non dovetti attendere molto perché anche il mio culo ricevesse la visita del suo ditone. Cominciò allora una simpatica gara su chi procurava all’altro più piacere con la bocca e con le mani. Stavamo ansimando entrambi e mentre tre dita scavavano nelle nostre intimità, le lingue non risparmiavano le aste che venivano lentamente segate dall’altra mano. Sentivo un po’ di fastidio allo sfintere ma avvertivo anche che esso era più allargato e morbido di quello che stavo violando con la mia destra. Le mie tre estremità ora entravano e uscivano attraverso il valico poco usato per renderlo pronto al piacere che il culo poteva dargli. E questo arrivò sorprendendo Goffredo che, rantolando, cessò di dedicarsi a me ma si aggrappò al movimento della mia mano lasciando che l’orgasmo gli facesse contrarre le pareti intestinali e contemporaneamente schizzare il suo nettare bianco, liquido che cercai di intercettare con la bocca trattenendone un po’ dentro. Lui riuscì a riprendere il controllo dopo un minuto e si dedicò a portarmi finalmente al compimento desiderato. Gli inondai il viso di sborra biancastra e, per scusarmi risalii verso il suo viso e lo baciai trasferendo un po’ del suo seme che ancora albergava nel mio cavo orale. ‘Sei un po’ porco Giulio!’ ‘Però ti &egrave piaciuto che facessi il porco e questa sera lo farò con il tuo uccello dentro di me ” Con questa promessa ci lasciammo.
Prima della rappresentazione incrociai Andrea e gli chiesi ‘Ma hai mai preso il cazzo di Goffredo?’ ‘Oh sì &egrave enorme!’ ‘E non ti &egrave piaciuto?’ ‘Beh, quello che non mi piace sta nel fatto che ti fa sempre male all’inizio perché non cura bene la preparazione del partner. Tu sei molto attento e io ‘ ti preferisco’ Arrossì un po’ dicendomi questo, quindi ci salutammo. Sul palco, durante la scena del matrimonio, Goffredo fece una variante, mi scostò il perizoma e quindi i nostri due uccelli scorrevano l’uno contro l’altro senza alcuna separazione a dividerli. Avevamo entrambi i bastoni duri e lunghi, ma soprattutto questo non era altro che l’aperitivo di quanto sarebbe avvenuto dopo in albergo. Avvertivo un insano formicolio dentro l’intestino: l’inculata della notte precedente aveva lasciato il segno perché non vedevo l’ora di farmi infilare dal batocchio del mio partner e dare così pace al prurito che mi tormentava le viscere. Quando lui bussò alla porta ero già nudo e avevo cominciato a spalmarmi un po’ di lubrificante, gli aprii come ero e lui mi abbracciò cercando voglioso le mie labbra. E mentre mi baciava le sue mani percorrevano voraci la mia pelle alla ricerca del piacere del tatto. Mi stese sul letto e, frenetico, mise le mie gambe sulle sue spalle: era proprio infoiato! Non mi penetrò subito ma mi titillò il buchetto con il suo glande durissimo per un po’ fino a che non cedetti e lo accolsi in me. Gli bloccai i fianchi perché non entrasse tutto subito e lui capì arrestandosi appena dopo l’anello sfinterico e rimandando a dopo la deflorazione completa del mio culo. Mi ciucciava i capezzoli, mi baciava in bocca, poi tornava al mio petto e infine mi infilzò tutto con la sua fiocina ed io, come un pesce spada attraversato dall’arpione, ebbi uno scatto del bacino verso l’alto. Assaporò il pieno contatto con le mie pareti intestinali e poi prese a venire su e giù dentro di me. Cominciavo già ad essere eccitato, rantolavo ansante parole sconnesse, il mio uccello gocciolava liquido prostatico, assaporavo pienamente il mio donarmi completo al profanatore delle viscere. Dopo qualche minuto si fermò, estrasse completamente lo strumento di piacere e volle che mi posizionassi a pecorina, affamato di cazzo mi girai subito stendendo la testa sul letto e aprendomi le chiappe con le mani fino a che lui non riconquistò le posizioni precedentemente occupate. Ogni colpo era una scarica elettrica che partiva dalla mia intimità più profonda per attraversare poi il cervello iniettando raffiche di piacere puro. Non potevo donarmi maggiormente al mio defloratore e lasciai allora che fosse lui a guidarmi nei meandri della goduria verso le vette del piacere. Mi sentivo dilaniato, aperto, violato profondamente, ma al tempo stesso volevo che aumentasse fino quasi all’annientamento completo. Anche quella notte me ne venni con un orgasmo anale squassante prima che il mio amante spargesse il suo liquido a coronamento del suo piacere. Ci stendemmo su un fianco senza neanche togliere il suo uccello dal mio culo ma lasciando che i tessuti si ritirassero autonomamente e così prendemmo sonno. Nella medesima posizione mi risvegliai l’indomani, cosciente che il cazzo di Goffredo premeva contro il mio didietro. Avevo le terga indolenzite ma il ricordo del piacere goduto a piene mani ebbe il sopravvento e mossi le chiappe verso di lui. Mugolando si risvegliò trovandosi con un culo che si muoveva verso la sua asta. Quel mattino mi inculò con dolcezza, quasi al rallentatore, mentre stavamo sul fianco entrambi e così ebbi modo di assaporare con pienezza tutto il suo bitorzoluto randello, millimetro quadro per millimetro quadro, esplorai con le mie pareti intestinali ogni singolo punto di quel magnifico esemplare di cazzo. Venne prima lui stavolta ma continuò a segarmi fino a che anch’io non raggiunsi la vetta agognata.
Quando giungemmo nella nuova città dove la sera dopo avremmo recitato ritrovammo Max che ci aspettava. Aveva un paio di giorni liberi dai suoi impegni e si sarebbe fermato con noi per le rappresentazioni. Facemmo una visita e una prova nel nuovo teatro per abituarci alle misure quindi libera uscita per tutti. Ma x prese direttamente una matrimoniale per me e lui. Una volta in camera volle sapere chi mi ero scopato. Mi incazzai ‘Sei uno stronzo! Prima vuoi che tenga il mio culo a disposizione di tutti e poi ti incazzi se qualcuno ne approfitta!’ Rise ‘Ma potresti sempre appartarti con Fernando che sicuramente non ti violerebbe ” ‘Oh bella! Ma non sai che Fernando fa coppia fissa con Luca da due mesi? Prendono oramai la camera matrimoniale in ogni albergo ..’ Sorpreso ‘Ah si? E gli altri che fanno?’ ‘Beh Andrea &egrave a disposizione e Goffredo ed Enzo sono quelli che ne approfittano. Ma Enzo, Giovanni e Osvaldo si fanno ogni sera un ragazzo della troupe diverso a testa. Hai proprio messo in piedi un bel carnaio! Tanto &egrave vero che quel paio che si trovano con il culo disoccupato si scopano tra di loro!’ ‘Ah e succede tutto questo sotto i miei occhi!’ ‘Beh proprio sotto i tuoi occhi non direi visto che non te ne eri accorto. Ma non era questo che volevi?’ ‘Non cambiare discorso. Io volevo sapere chi ti ha scopato’ Lo guardai malizioso ‘Perché lo vuoi sapere. Vuoi forse scoprire cosa faccio di strano, o se godo di più, o cosa ‘ ?’ intanto gli avevo aperto la patta e stavo massaggiando voglioso il suo uccello. ‘Non hai risposto ‘ ‘ ‘E’ stato Goffredo che ha scopato con me. Vuoi sapere come &egrave stato?’ La mia mano aveva scoperchiato l’altarino e lo stava segando voluttuosamente. Max sembrava gradire il trattamento tanto che mi attirò a sé e mi baciò, chiedendomi poi ‘Volevo solo sapere se ti ha trattato bene ” Ero convinto che fosse una balla ma era meglio non fare chiarezza e tenersi nel vago anche perché i rapporti tra i due erano strani e non ben definiti. Si capiva che si stimavano ma al tempo stesso erano come due galli nel pollaio. ‘E’ stato violento, tu sei molto più dolce, ma per questo non meno duro ” Quella sera scopammo come ragazzini innamorati e Max mi inculò alla missionaria. Ma, quasi come sempre, l’indomani fui io a ricambiare la visita nel suo didietro e lui mostrò di gradire assai il trattamento quasi fosse qualcosa che gli era mancata.
Cominciò una settimana strana, quando c’era Max scopavamo insieme una volta passivo, un’altra attivo. Quando lui era impegnato con gli affari che stava portando avanti, era Goffredo che mi voleva nel suo letto matrimoniale inculandomi alla sua maniera e facendomi toccare vette di piacere mai toccate prima. Fu una mattina quando ci risvegliammo assieme nel lettone che fui colto da un desiderio un po’ porco. Avevo notato le sue natiche sode e pronunciate, mi ero immerso nell’afrore del suo culo quando l’avevo leccato, avevo violato le sue intimità fino a portarlo all’orgasmo con tre dita piantate dentro, mi mancava solo di incularlo. Cominciai allora un bocchino mentre lui si stava lentamente risvegliando. Lo lavorai per bene come quando ci concedevamo dei bei 69. Ma non mi concentrai solo sul suo splendido bastone, cominciai a tormentare anche l’ingresso all’umida caverna del piacere. Lo avevo fatto altre volte e lui lasciò che continuassi assaporando così un risveglio che si stava rivelando estremamente piacevole. Passavano i minuti e il suo buco veniva violato e lubrificato con costante applicazione tanto che oramai il rantolio del suo respiro si era fatto ancora più affannato e lui non reagiva più ma si era abbandonato al ritmo del piacere che gli stavo procurando. Scivolai davanti a lui senza abbandonare la posizione nel suo culo, posizionai le gambe sulle mie spalle, presentai il mio birillo all’ingresso del paradiso. Goffredo fece un gesto come se volesse respingermi o se avesse paura ma poi lasciò che il destino avesse il suo corso e, quando spinsi dolcemente, non fece resistenza. Al contrario di quanto faceva lui, avanzavo lentamente, aspettando che i tessuti si adattassero all’intruso e, solo quando fui dentro fino in fondo rimasi lì un minuto a godermi la calda sensazione di sentirmi l’uccello stretto e circondato dalle umide pareti intestinali. Feci qualche movimento rotatorio con il bacino, leccai e succhiai i suoi capezzoli, poi lentamente come ero entrato me ne uscii. Lui era con gli occhi sbarrati, sorpreso da quanto gli stava succedendo, ma, credo, anche dal piacere inaspettato che lo stava avvolgendo come una calda coperta in una sera d’inverno. Cercai di dare il meglio del mio repertorio e seppi di esserci riuscito quando fu proprio la sua voce roca a chiedermi ‘Spaccami il culo! Dai rompimi tutto’ Era fatta, allora sciolsi le briglie e partii per la cavalcata che portava, attraverso le praterie della libidine, alle vette più alte del piacere. I colpi si succedevano con intensità e frequenza sempre maggiore fino a che non avvertii le tipiche contrazioni dell’orgasmo anale e gli schizzi di sborra cominciarono a spargersi sulla mia e la sua pancia. Diedi ancora qualche colpo e poi anch’io mi accasciai pago su di lui. Qualche minuto dopo, ritrovato il ritmo regolare del respiro, mi fece ‘Mi hai preso alla sprovvista ma non ti ci provare ancora ” ‘Perché non ti &egrave piaciuto?’ ‘No &egrave che ” ‘Il motivo &egrave che tu sei un galletto attivo e credi che sia infangante prenderlo nel culo, ma soprattutto godere di culo!’ ‘Beh può essere però ..’ ‘Goffredo hai un cazzo che farebbe la felicità di tutti i culi e le fighe della terra, ma perché vuoi negarti altri piaceri? Non pensi che stasera mi scoperai meglio proprio perché stamani hai goduto come un vero porco con il tuo culetto?’ Erano argomenti molto convincenti e lasciai che si sedimentassero nella sua mente: certe cose si capiscono ma sono difficili da accettare.
La sera, come previsto, fu molto più dolce nella sua penetrazione e si curò anche del piacere del partner: fu un’inculata memorabile. Sarei diventato passivo se avessi saputo che ogni volta sarebbe stata come questa! Il mattino ripetemmo l’esperimento con lui penetrato da me. Un paio di giorni così poi cambio di città e anche stavolta giunge Max in una pausa dei suoi affari. Dopo la recita e la cena tutti in albergo. Ci presentiamo in quattro al bancone: io, Max, Goffredo ed Andrea. Goffredo precede tutti e mi fa ‘Allora Giulio ti aspetto in camera mia’ Max lo guarda incazzato e replica ‘No Giulio viene da me!’ ‘E perché visto che sono stato io a chiederlo per primo?’ ‘Perché quando ci sono io lui &egrave sempre stato con me ” Stavano per litigare e li bloccai subito ‘Adesso vi metto d’accordo io! Tra dieci minuti tutti e due nella mia stanza solo con l’accappatoio!’ Mi girai e me ne andai in camera. Ebbi appena il tempo di spogliarmi e di mettere un po’ di tubetti in giro vicino al letto da una piazza e mezzo quando sentii bussare. Andai ad aprire e me li ritrovai entrambi davanti che si guardavano in cagnesco. Li portai vicino al letto e presi in mano i loro batacchi cominciando un bel discorso ‘Allora miei cari, mi sembra che sia ora che la smettiate di fare i ragazzini che giocano a chi piscia più lontano. Fate tanto i galletti però quando ve lo metto dentro mi implorate di non smettere ‘ ‘ ‘Cosa?’ esclamarono entrambi guardandosi adesso con uno sguardo di interesse. ‘Penso che sarebbe il caso che cominciaste a conoscervi bene anche sessualmente perché nessuno di voi deve vincere, ma dovete godere tutti e due. Forse sarebbe interessante se cominciaste con un bel 69 ‘ E così dicendo li spinsi l’uno nelle braccia dell’altro. Fu come se fosse caduta una diga: si abbracciarono e baciandosi cominciarono a palparsi vicendevolmente. Io mi allontanai in silenzio, aprii la porta controllando che non ci fosse nessuno in corridoio e, nudo come un verme, andai a bussare alla porta di Andrea. Mi aprì quasi subito fissandomi stupito nel vedere in quale stato mi trovavo. Entrai di corsa e lo abbracciai mentre chiudevo la porta. ‘Abbiamo tutta la notte per noi!’ ‘E gli altri?’ ‘Stanno approfondendo la conoscenza!’ Ridendo ci gettammo tra le coperte e cominciammo a scopare come liceali. L’indomani ci svegliammo in tempo per andare a fare la colazione prima che chiudesse il bar dell’albergo e grazie ai cambi di Andrea non ci dovetti andare nudo. Trovammo nel salone Giovanni che non appena ci vide mi assalì ‘Ma cosa hai combinato questa notte che non sono riuscito a chiudere occhio per tutta la notte?’ ‘Oddio si sentiva tutto’ ‘Tutto? Ti posso anche dire cosa urlavate: prima uno ‘sfondami tutto fino in fondo- poi l’altro ‘rompimi il culo col tuo cazzone- e poi tutto il resto. Basta domani chiedo di cambiare stanza!’ E se ne andò borbottando. Recuperammo un vassoio con due porzioni di caff&egrave, succo, torte e brioche e andammo in stanza mia. Li trovammo teneramente abbracciati, i muscoli del viso finalmente rilassati. Ci sedemmo a bordo del letto svegliandoli dal loro meritato riposo. ‘Se non ci fossimo noi mi sa che saltavate la colazione e sarebbe un peccato ” ‘Perché ?’ fece Goffredo ‘Perché dovete recuperare le energie e, mi raccomando la prossima volta cercate di fare meno casino perché c’&egrave gente che non ha chiuso occhio dal casino che usciva da camera mia’ Risero entrambi scambiandosi uno dolce sguardo complice ‘Sapete io avrei un paio di idee da sottoporvi’ ‘Parla’ ‘La prima &egrave questa: che ne dite se dalla prossima città prendiamo due matrimoniali, una ufficialmente per Max e me, l’altra per Andrea e Goffredo, solo che in una ci andate voi e nell’altra ci andiamo io e Andrea?’ Scambio di sguardi e Max disse ‘Si può fare. E l’altra cosa?’ ‘Per l’altra cosa avrei pensato che ”
Una settimana più tardi arrivò Giannina per prendere le misure anche per Andrea, perché la seconda cosa che avevo proposto, e che era stata accolta, consisteva nel fatto che a Milano avremmo cambiato squadra: io sarei stato Romeo e Andrea invece Giulietta. Oramai i suoi riccioli biondi erano sufficientemente lunghi per poter essere acconciati come quelli di una fanciulla veronese. Chiesi di poter assistere alle prove dei vestiti per dare il mio contributo di utilizzatore e fui accettato. Giannina faceva come al solito la provocatrice strusciandosi con le tette e toccando appena possibile l’uccello di Andrea che subiva divertito le sue avances. Ma questa volta eravamo in due e la sartina un po’ birichina avrebbe trovato pane per i suoi denti o meglio cazzi per la sua figa. Finite le prove Andrea si stese nudo con il batacchio in tiro su un divano e cominciò a scuoterlo quasi fosse un’esca per la passera di Giannina. Questa non si fece attendere e si mise a cavalcioni del mio amico e si infilzò completamente il randello nella figa umida. Ma lei non si aspettava che anch’io avessi un ruolo attivo, e che ruolo! Le arrivai alle spalle e la spinsi in avanti con la schiena e mi posizionai a leccarle il buchino che così era esposto e provocante. Fu un lento lavorio per snervare le difese ataviche, ma lei non riusciva a gestire due assalti contemporaneamente davanti e dietro, e fu così che dovette cedere. Quando la sentii pronta cominciai a forzare l’apertura posteriore lentamente. Era strano sentire, mentre mi infilavo, le oramai note forme dell’uccello di Andrea che si fregavano con il mio separate solo da un leggerissimo diaframma, ed era anche estremamente eccitante. Lo era anche per la nostra sarta che ora così faceva il ripieno del tramezzino. Ero solo io che mi muovevo e provocavo eccitazione con lo scorrimento del mio membro contro quello di Andrea che intanto stava palpando e succhiando le belle tette della nostra vittima. Ad un certo punto fu come se si fosse rotta una diga e venimmo travolti entrambi dallo scatenarsi dell’orgasmo di Giannina che, incurante dell’innaturalezza della posizione, iniziò a dimenarsi scomposta facendosi infilare ora dal mio uccello ora dal randello di Andrea. Sentivamo crescere l’onda del piacere e la seguimmo fino a che essa non trovò il suo giusto compimento. Passarono diversi minuti prima che ritrovassimo il ritmo giusto del respiro e i tessuti squassati dalla goduria più laida si ricomponessero. Giannina sfiancata era distesa in mezzo a noi due ed accarezzò la testa ad entrambi mormorando ‘Siete proprio due birichini!’.
Una settimana dopo eravamo pronti per la prima a Milano. L’aria che si respirava era tesa come quando stavamo per esordire a Roma. Milano era una piazza molto importante e sarebbe stato significativo riuscire bene anche qui perché avrebbe significato la consacrazione del gruppo. Prima di prepararmi dietro le quinte, sistemai la mia parrucca da paggetto, passai nel camerino di Andrea e lo rimirai: aveva finito di truccarsi e di preparare le trecce bionde. Se non avessi saputo chi era l’avrei scambiato per una ragazza, una bella ragazza, la mia ‘ragazza’. Si perché oramai passavamo ogni minuto libero assieme ed era piacevole scoprire che avevamo molti gusti in comune e che ci completavamo a vicenda su tanti aspetti della vita comune. Oltre che per il sesso. ‘Come va?’ chiesi ‘Me la sto facendo letteralmente addosso! Sarò andato tre volte al cesso nell’ultima ora!’ ‘Beh sei più bravo di me perché io ci andai quattro volte. Stai tranquillo perché basta che fai quello che combiniamo di solito e vedrai che non avrai nessun problema!’ Gli diedi un bacio in fronte e mi avviai dietro le quinte. Al solito la tragedia venne seguita con un silenzio innaturale fino a che non ci fu la scena del matrimonio e calò il sipario per il cambio di scena. Fu un uragano di applausi e alcuni spettatori urlarono anche la loro approvazione: il più era fatto! Il seguito proseguì in discesa e ci portò alla fine e al tripudio conclusivo quando l’intera troupe venne chiamata più volte a ricevere l’ovazione entusiasta della platea e del teatro tutto. Era andata! L’indomani tutti i quotidiani se ne uscirono con commenti esaltanti e il cui commento di fondo era sempre che Max aveva colpito un’altra volta ma anche che erano nate due stelle: io e Andrea. Terminata la tournee ce ne ritornammo tutti a Roma e, questa volta, io e Andrea cercammo un appartamentino in affitto con due camere (era meglio non inquietare troppo le nostre famiglie) e ci sistemammo per un breve periodo di riposo e vi passammo un paio di mesi. Sessualmente le cose filavano molto bene tra noi, io ero prevalentemente attivo ma non disdegnavo a volte di assaggiare il biscotto di Andrea nel mio culo. Ci eravamo tenuto l’armamentario di Giulietta e talvolta lo usavamo per il nostro diletto e le fantasie sfrenate. Di tanto in tanto percepivo un prurito strano all’interno nelle pareti intestinali e questo significava solo una cosa: che avevo nostalgia del cazzo superbo di Goffredo. Ne parlammo e fu Andrea stesso a proporre: ‘ma perché non organizziamo una serata a quattro visto che Max e Goffredo sono ancora insieme?’ Detto fatto un paio di settimane fa telefoniamo a Max il quale esordisce dicendo ‘Ci avete preceduto. Siete invitati a cena stasera a casa mia perché io e Goffredo dobbiamo parlarvi di una novità’. Accettammo di buon grado e, puntuali, ci presentammo con tanto di mazzetto di fiori, dolce e bottiglia di vino.
Ci accolse un Max con il suo solito accappatoio ma senza il pizzetto mefistofelico e con i capelli tagliati decisamente in maniera diversa. Ci abbracciammo e ci baciammo sulle guance e riuscii a sbirciare un attimo tra le pieghe dell’indumento che copriva Max scorgendo che era agghindato con calze nere e relativo reggicalze in tinta. Accidenti come era cambiato! Ci venne incontro anche Goffredo sorridente con i capelli rasati alla Luca Zingaretti e fu molto bello riabbracciarlo. La prima parte della buonissima cena fu dedicata ai pettegolezzi: era tutto un susseguirsi di ‘Lo sai che sta facendo Giovanni?’ oppure ‘Lo sai con chi si scopa Enzo?’ e via dicendo. Mi venne in mente una persona cui dovevo essere molto riconoscente e chiesi di Fernando. Max scoppiò a ridere ‘Lo sapete cosa ha combinato il nostro caro Fernando? Ha talmente ubriacato con il suo culo Luca che l’ha convinto ad andare in Spagna dove si sono sposati e adesso sono in luna di miele ai Caraibi. Gli ho telefonato che se non ci manda una cartolina lo cancello da tutte le prossime rappresentazioni e lui mi ha cinguettato ‘ devo trovare il tempo quando Luca mangia o dorme perché siamo sempre molto impegnati- Che tipo!’ ‘Beh son proprio contento per entrambi!’ me ne uscii e Goffredo mi fece ‘Già ti ha aiutato molto nella scelta dell’attore giovine! Mi ricordo ancora quando sono entrato nel camerino per incularti ed eravate tu e lui in mezzo a quel carnaio che prendevate cazzi da tutti! Per forza hai avuto tutti quei voti!’ Poi si passò a parlare di lavoro. Max aveva chiuso un contratto per la realizzazione di un film che sarebbe stato presentato a Cannes e stava lavorandoci con la collaborazione di Goffredo che scriveva la sceneggiatura con lui. Non avevo dubbi su chi comandasse in quella parte di relazione. L’interesse dei due per noi era dovuto al fatto che dovevano cercare due protagonisti giovani, uno biondo e uno castano, per il film e avevano pensato a me e ad Andrea. Era una proposta eccezionale e la accogliemmo come si accetta la manna dal cielo, anche perché economicamente era proprio interessante. Oramai avevamo finito di mangiare e parlammo per un bel po’ del film che ci aspettava, dei tempi, dove sarebbe stato girato, eccetera. Fu in un momento di pausa che me ne uscii rivolto a loro ‘Però non avete parlato molto di voi. Come vanno le cose tra voi? Ho fatto bene a portarvi in camera mia quella sera oppure non ho capito niente di voi due?’ I visi di entrambi si sciolsero in una espressione di dolcezza, si strinsero la mano sopra la tavola e, guardandosi negli occhi risposero ‘Hai fatto benissimo!’ ‘Stiamo proprio bene e mi chiedo perché abbiamo buttato via tanto tempo’. Andrea arrischiò un ‘Ma la vostra &egrave una coppia chiusa o aperta?’ Max se ne uscì con un ‘Ragazzo mio io oramai di chiuso non ho più neanche il naso! Però non ci concediamo scappatelle singole, se dobbiamo cambiare lo facciamo in compagnia’ ‘Quindi una serata a quattro ” gettai l’amo. Max mi guardò attentamente ‘Eh l’ho capito bene cara la mia Giulietta di prima scelta, hai assaggiato il biscotto del mio maschietto e adesso me lo vuoi mangiare tutto con il tuo culetto’ ‘Beh anche Andrea ha un cazzo che non scherza. Non come quello di Goffredo &egrave ovvio, ma se la cava bene lo stesso e credo che non veda l’ora di inchiappettarti mentre indossi le tue belle calze nere!’ Vidi che l’idea lo attirava ma a questo punto intervenne Goffredo ‘Non preoccupatevi Max &egrave una fonte di fantasia e di porcate che non ha fine. Di sicuro non ci annoieremo! E poi in fondo ci conosciamo bene tutti ed &egrave come se restasse tutto in famiglia ” Contenti e un po’ eccitati ci avviammo verso la stanza da letto con le lenzuola di seta che oramai avevo scordato. Pensavo camminando con gli altri alla strada che avevo fatto dal mio paese, alla determinazione che mi aveva spinto ad accettare ‘tutto’ pur di trovare la mia strada, a come mi fossi avvicinato al sesso tra uomini quasi per dovere e solo in seguito esso fosse diventato fonte di autentico piacere, sia nel dare che nel ricevere, ed in questo percorso avevo trovato l’amore. Ora invece mi dedicavo al piacere puro e, con un brivido, pensai all’uccello di marmo di Goffredo che a breve avrebbe squartato le mie viscere ‘
ettoreschi@yahoo.it

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