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Racconti Erotici

206 . Io e mia sorella, una notte intera

By 21 Febbraio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

‘Il clitoride, adesso. Ti prego’.

è davvero la tua voce che mi sta supplicando? O solo un gemito che ti sfugge dalle labbra? Alzo lo sguardo e contemplo il tuo volto rilassato che affiora dietro la curva dei seni.
Hai una pelle straordinariamente lucida e luminosa. Liscia. Le mie dita vi hanno disegnato sentieri appena arrossati. Ti guardo in controluce standoti inginocchiato accanto. Tu, nuda. Io ancora in boxer e maglietta.
Boxer un po’ gonfi, ok. Ma è già stato uno sforzo non spogliarmi subito.
Da quanto tempo siamo qui? Da quanto stiamo in silenzio?
Solo il fruscio delle mie mani sul tuo corpo rompe l’immobilità della stanza.
è come se il tempo si fosse fermato, siamo sospesi nel nulla in questa camera d’albergo sconosciuta, bagnata dal primo sole di primavera.
Immagino i tuoi occhi castani che si muovono appena dietro le palpebre abbassate ad inseguire pensieri e sensazioni, ma le mie mani restano immobili ad ascoltare ogni tuo movimento. è così che comunichiamo, oggi. Le parole passano attraverso le mie dita. Il desiderio si trasmette pelle a pelle.
Da questo momento tacerò. Da questo momento parleranno le mie mani.
E pensare che poco fa stavamo davvero parlando, seduti uno di fronte all’altra al ristorante. Ridevamo, intrecciavamo collane di risate, gesti e sguardi. E intanto il desiderio cresceva e trovava sbocco in un’occhiata più prolungata, in un toccare affettuoso della mano sulla mano, incuranti della gente che ci stava accanto.
La conversazione procedeva spigliata, lieve come una danza. Le parole non tradivano quello che il corpo voleva comunicare. Poi, hai appoggiato il bicchiere di Coca Cola, ti sei asciugata la bocca con il tovagliolo. Un cenno, e ci siamo alzati; in silenzio ci siamo diretti in camera sfiorandoci appena.

‘Adesso ci penso io, a te’, ti ho sussurrato all’orecchio, chiudendo la porta con il piede.

Ho avvertito un brivido, mentre ti spogliavo e le mie dita accompagnavano la stoffa di quel vestito leggero che speravo avessi indossato per me.

‘Sai come si chiama il gioco di oggi?’.

” ‘.

‘Il piacere è tutto tuo’.

Hai sorriso, chinando indietro la testa. I capelli si sono sparsi sulla schiena.

‘Un regalo ”.

Hai aperto il pacchetto che ti stavo porgendo con gli occhi stupiti di una bambina.

‘è molto buono; è olio di mandorle’, ti spiegavo mentre svitavi il tappo della bottiglietta di vetro e l’avvicinavi al naso.

‘Lo vuoi provare?’.

Il tuo sì è stato solo un cenno.
E pensare che solo poco fa, al ristorante, con un altro cenno avevi chiamato una cameriera simpatica ma un po’ maldestra per le ordinazioni: ho aspettato che tu facessi la tua. Avevo provato a immaginare cosa avresti scelto, e affidavo a quel dettaglio una conferma del nostro feeling.
E intanto ti guardavo cercando di indovinare il segreto nascosto dietro ai tuoi occhi. Perché tutti abbiamo un segreto sepolto nel profondo degli occhi. E non importa che ci conosciamo da una vita o da un minuto: resta un mistero che affiora solo poco alla volta. A noi stessi, innanzitutto, e poi agli altri. E guai a voler seguire la volpe nella sua tana. Guai a squarciare il buio con luci troppo crude.
E mentre le parole seguivano un proprio filo, il pensiero vagava oltre, lungo altri sentieri. Guardavo i tuoi occhi per scorgere i dettagli nella penombra del tuo cuore.

‘Il clitoride, ti prego ”.

E invece no. Non ancora. Le dita scivolano lentamente lungo l’addome, il ventre, i fianchi vellicando appena il riccioluto pube. Le mani si separano per accompagnare il profilo delle cosce, scendono ma poi risalgono aumentando lievemente la pressione con i pollici ancora a sfiorare il Monte di Venere.
La tua reazione è quasi impercettibile. La avverto solo attraverso i polpastrelli. Terminali nervosi. Sensi all’erta.
Tu, nuda. Io ancora semi vestito. Sul comodino la bottiglietta di olio, che ogni tanto afferro per ungermi nuovamente i palmi delle mani. Ne verso qualche goccia sul tuo ventre, una pozzetta si forma nell’ombelico.
Da lì, un dito inizia il suo viaggio verso il tuo piacere. Compie giravolte sul Monte di Venere, scende lungo le labbra, rasenta l’ingresso della vagina, che ancora non ha dischiuso il suo segreto.
E poi riparto dalle dita dei piedi, risalendo le gambe, le cosce, chiedendoti con la spinta delle mani di aprirle per me. Convergo nuovamente verso il tuo inguine.
Dietro ai tuoi occhi è racchiuso il tuo segreto. Dietro le tue labbra, le parole che vorresti dirmi. Dietro le pieghe del tuo sesso parzialmente depilato, il piacere che vorresti regalarmi.
Sono eccitato dalla tua stessa eccitazione che ti imporpora la carne. Godo del tuo godere, ancora così contenuto e trattenuto. Sento l’impeto dell’erezione che chiederebbe soddisfazione. Ma voglio lasciarla così, a farmi da guida in questo viaggio sul tuo corpo.

‘Il clitoride, ti prego ”.

Adesso sì, ora è il momento. Ti sfioro con il polpastrello e subito inarchi il bacino, stringi le cosce. Le mani si muovono sicure, esperte, decise.
Cresce il ritmo delle mie carezze mentre un dito si fa strada in te e accompagna dall’interno il movimento esterno.
I tuoi gemiti sono ora più forti, il respiro accelerato.
Allungo una mano, ti pizzico forte un capezzolo, tu gemi ancora un pochino più forte ‘
Potrei penetrarti.
Ma non voglio perdere il contatto tra le mie mani e il tuo corpo. Attraverso di loro, tu ti stai rivelando a me. Ascolto con la pelle parole che non ho mai udito con le orecchie.
E forse mai ascolterò.
Mi chino su di te e affondo la faccia tra le tue gambe.
Assaporo il tuo lago. Mi ci tuffo.
Aggiungo saliva al tuo umore.
La danza riprende con nuovi ballerini.
Sono serpente tra le foglie.
Sono tigre al pasto.
Metti una mano sulla mia testa e mi stringi i capelli muovendo il bacino al ritmo della mia bocca.
Godi.
Io contemplo il tuo volto trasfigurato, ma tu non apri gli occhi nemmeno un istante.
Il capezzolo che prima stringevo è viola, gonfio, forse dolorante ‘.
Lo so, sei mia sorella, lo so, lo so. Ma se i tuoi occhi ora, in questo magico istante si posassero su di me, io ne sono certo, non potrei più fare a meno di te.

Sento il suono inquietante della sveglia, apro gli occhi, guardo l’ora, le otto del mattino, il lavoro mi attende, ho come sempre il pene rigido, stamane particolarmente dolorante, mi alzo, mi lavo, mi vesto, vado in cucina. Tu sei lì, solerte e dolce, mi guardi e mi dici ‘

‘Vieni, il caffè è pronto ”

‘Grazie ”

Lo bevo e ti bacio sulla fronte, vedo sotto la vestaglia ampiamente aperta, un capezzolo, mi pare gonfio e violaceo ‘
Forse ho le traveggole, sognavo l’incesto oppure ‘.

by ombrachecammina
e-mail: alexlaura2620@libero.it

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