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Cap. 6
Dopo qualche giorno Elisa ricevette la telefonata di Franco, un loro amico anche lui socio in uno studio di architettura: “Ciao Elisa, ma cosa è successo? questa mattina mi ha chiamato Marco, mi ha chiesto se poteva iniziare a lavorare con noi, mi è sembrato sotto a un treno”. “Qualche diverbio personale e professionale, non lavora più con noi. Se vuoi un consiglio non lo prendere, è assolutamente inaffidabile”.
Nel mondo ristretto degli studi di architettura la notizia della loro separazione si diffuse abbastanza velocemente, così come si diffuse lo stigma su Marco, nessuno sapeva cosa fosse successo ma per tutti lui era colpevole, e così anche negli altri tentativi che fece per cercare un posto gli fu opposto un cortese ma fermo rifiuto.

Nello studio nessuno commentò con Elisa il licenziamento di Marco, divenne però il principale argomento di conversazione quando i dipendenti uscivano per la pausa pranzo. La notizia che era rimasto disoccupato e disperato iniziò a circolare anche fra il personale dello studio. Tutti erano però felici della sua scomparsa; Marco era un capo insopportabile, esigente e arrogante.
Da quando l’organizzazione del lavoro dipendeva solamente da Elisa il clima era notevolmente migliorato, Elisa aveva anche offerto una cena a tutti per festeggiare il successo dell’ultimo lavoro e soprattutto aveva distribuito un bonus extra.
Aveva inoltre dato a tutti maggiore autonomia nel gestire il proprio lavoro e aveva assegnato a Matteo incarichi di maggiore responsabilità e in virtù del nuovo ruolo aveva conquistato la postazione che era stata di Marco.

Quando Marco tornò a bussare alla porta di quella che era stata la sua casa aveva perso ogni sicurezza e ogni forma di arroganza. Non rispose nessuno e Marco rimase lì davanti deciso ad aspettare il ritorno di Elisa, le doveva assolutamente parlare, nei 40 giorni che erano passati da quando era stato cacciato aveva capito che senza di lei era perso; non valeva niente né come uomo né come architetto; l’unica cosa che desiderava è che lei lo riprendesse, avrebbe accettato ogni condizione, se solo fosse riuscito a parlarle avrebbe capito e forse gli avrebbe anche perdonato i suoi errori. Dopo mezz’ora Elisa arrivò, era stata a fare jogging, indossava dell’abbigliamento tecnico della nike, i pantaloni aderenti fino al polpaccio e il top da running che le sosteneva il seno e le lasciava scoperta la pancia dove correvano alcune gocce di sudore. Marco la trovò bellissima, gli sembrò quasi impossibile che potesse essere stata la sua donna. Lei non sembrò troppo stupita di trovarlo lì e lo guardò con un misto di disprezzo e di sufficienza che aumentarono il suo imbarazzo. “che cosa vuoi?”.
“Elisa, ti devo assolutamente parlare, ti prego”. Elisa non gli rispose, aprì la porta ed entrò senza richiuderla, Marco la seguì in cucina, non disse nulla mentre lei dal frigorifero prese una bottiglia di ACE da cui iniziò a bere in modo avido. Marco non si stupì che non gli offrì nulla. Dopo essersi asciugata la bocca con il dorso della mano gli disse “mi devo andare a fare la doccia quindi hai cinque minuti per dirmi la cosa così importante che mi devi dire” si tolse poi l’orologio e lo mise sul tavolo davanti a lei, segno inequivocabile che il tempo concesso a Marco iniziava a correre. “Lo so che sei incazzata con me e hai tutte le ragioni del mondo. Sono stato uno stupido. Ho capito che senza di te io non esisto, ti prego di perdonarmi, riprendimi con te, sono disposto a fare tutto quello che vorrai”. Nonostante volesse mostrare indifferenza Elisa fece un piccolo sorriso di soddisfazione che controllò immediatamente. Mentre Marco parlava si era tolta le scarpe e i calzini e Marco notò che alle unghie aveva messo uno smalto grigio che non le aveva mai visto prima. “Quello che posso fare ora per te è riprenderti allo studio, per il resto vedremo in seguito. Vieni domani a mezzogiorno così ho il tempo per far preparare il contratto. Ora vai via”. Si voltò e si diresse verso il bagno, il tempo a disposizione di Marco era finito.

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