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La moglie dell’ingegnere – 13. Se lo dovrà ricordare…

By 21 Aprile 2022No Comments

Saziata nelle scorse ore quella che solo ora mi rendo conto essere stata una fame primordiale frutto di anni e anni di repressione, superata la vertigine del crollo del muro di rassegnazione del quale mi ero circondata, divorata a colpi frenetici di reni la scoperta di una sessualità gioiosa e appagante, metabolizzata la sorpresa di scoprire in me una donna fiera di dare e ricevere piacere, mi dedico ora all’esplorazione di questo mondo nuovo ed eccitante.

Comincio da quello che ho a portata di mano, o meglio, di bocca: i suoi capezzoli. E mi diverto a mordicchiarli e a leccarli mentre riacquisto a poco a poco la padronanza della situazione. Copro di baci languidamente lenti i suoi addominali piatti e li sento guizzare sotto la mia lingua. La insinuo curiosa nel suo ombelico per poi passare, fingendo di ignorare quel bastone teso che ha la consistenza della pietra e il calore della lava, a solleticargli con i capelli l’interno delle cosce, infilandoci in mezzo la testa e muovendola leggermente.

Da quella posizione, mi giro sulla schiena sdraiandomi sotto di lui e comincio ad accarezzare le sue gambe dal basso verso l’alto. “Bel panorama!” commenta divertito alla vista del mio sesso offerto così al suo sguardo. Bel panorama davvero… penso mentre osservo incuriosita da quella prospettiva nuova il suo pene tendersi in avanti, il profilo asciutto delle sue natiche leggermente pelose, e quello strano sacchetto grinzoso che con decisione improvvisa mi protendo a baciare.

Lo sento contrarsi e gemere di piacere (o forse dolore, sarò stata troppo brusca?) e allora lo slinguo teneramente prima di risalire pian piano verso la punta, lungo l’asta vibrante, gustandomi ad una ad una tutte le venuzze che la percorrono, fino a trovarmi finalmente faccia a faccia con la cappella tesa e lucida: c’è un’altra di quelle strane goccioline, e mi affretto a leccarla via strappandogli un altro gemito che, questa volta ne sono sicura, è solo di piacere.

Osservo quello splendido animale protendersi cieco verso di me: aspetta solo di scomparire tra le mie labbra, ma io ho ancora delle scoperte da fare, e lascio la lingua vagabondare pigra intorno alla sua circonferenza in cerca dei punti più sensibili. I gemiti ora sono quasi un’implorazione e improvvisamente mi rendo conto che un piacere nuovo, tutto di testa mi sta invadendo.

Nessuna parte del mio corpo è oggetto di stimolazioni, eppure sto godendo. E se sto godendo la causa non può essere che la sensazione del controllo totale, del potere assoluto che in questo momento sto esercitando su di lui. Dalla mia bocca, e solo da essa, dipende il suo piacere: un delirio di onnipotenza che mi scalda le vene e mi inonda le cosce.

Non c’è niente che lui possa fare: se vuole godere nella mia bocca, deve aspettare che io decida di porre fine a questo gioco sottilmente perverso. E finalmente mi dico che il momento è giunto: è ora di restituirgli il piacere che mi ha dato… è ora di assaggiare finalmente il sapore di un uomo.

Lo faccio sparire piano nella mia bocca fino a sentirmelo in fondo alla gola, fino ad avvertire un lieve conato poi, prese le misure, inizio a pompare a ritmo crescente. Indietro, fino a imprigionare il glande nell’anello delle mie labbra mentre lo tormento freneticamente con la lingua… avanti, facendolo scomparire in me fino quasi a soffocare… indietro… avanti… indietro… avanti… e ancora… ancora… ancora, al ritmo dei suoi gemiti e dei suoi mugolii che ormai si levano alti.

Non mi pongo nemmeno il problema di cosa farò quando mi spruzzerà in bocca… qualcosa farò, per ora mi godo la consistenza, il volume, il calore e le vibrazioni della magnifica preda della quale sono signora e padrona.

Il lampo di un pensiero osceno mi balena in testa: “Se lo dovrà ricordare, questo pompino!”, poi ci sono solo i fiotti caldi del suo sperma che zampillano impetuosi nella mia bocca, la riempiono, scivolano in gola, colano fuori dalle labbra… e la sua voce strozzata che invoca il mio nome.

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