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Rebecca cap 7: il quartetto completato

By 19 Agosto 2023No Comments

La settimana successiva a quella in cui mi ero lasciata andare con Michele, mi chiamò un paio di volte con delle scuse. Esordiva chiedendo cose di cui non mi occupavo direttamente per poi passare al personale. Non avevo intenzione di ricascarci ma già me lo ero detto l’altra volta eppure non ci avevo messo molto a cedere alla lusinga del cliente ed a farmi sbattere peraltro con grande piacere. Il tormento era questo e cresceva man mano che passavano i giorni. Con mio marito facevo l’amore un paio di volte alla settimana ma sempre in maniera molto dolce mentre con Michele l’unica volta che eravamo stati insieme mi aveva sbattuto usandomi anche se si era preoccupata anche del mio piacere. Il fatto che avesse un cazzo asinino era un plus ma la sua attenzione sessuale mi sarebbe interessata ugualmente. Cercavo di non pensarci ma il ricordo di quel cazzone in bocca e dentro di me mi facevano bagnare. Dopo tre settimane un giorno chiamò e mi chiese una cosa di cui mi occupavo, in pratica si era inventato un business con gli altri tre per fare in modo da poter avere a che fare ancora con me. Ero lusingata dalla cosa ma non capivo, frequentavano donne molto più belle e vistose di me, vestite come pin-up sicuramente molto più esperte di quanto fossi io, aveva avuto il suo trofeo perché mi cercava. I miei pensieri si accavallavano e Michele, essendo stato presente quando avevo partecipato al weekend in cui si era discusso e concluso il mega affare con Bruno, sapeva che all’occorrenza sarei stata disponibile per un intero weekend. I quattro fecero in modo da imbastire una situazione complessa con un cliente che era disponibile per concludere un affare da qualche milione di euro, solo nel weekend. Richiesero ovviamente la mia presenza ed il mio capo mi promise una provvigione del 10% su quanto avrebbe ricavato lo studio da questo affare, erano 20.000€ e sicuramente ci avrebbero fatto comodo per completare la ristrutturazione di casa senza sacrifici lasciandoci anche il margine per una vacanza. Questa era la versione ufficiale a casa e quella che spacciavo, in realtà speravo che fosse l’occasione per farmi dare una nuova ripassata da Michele e dentro di me pensavo con curiosità a come sarebbero stati gli altri a letto. Cercavo di scacciare i pensieri lubrici ma invece mi bagnavo e mi capitava che dopo aver chiuso una telefonata con uno dei quattro mi bagnassi e dovessi correre in bagno a masturbarmi.
La mia vena da porca stava avendo il sopravvento, ero sicura che ci avrebbero provato e nemmeno tanto leggermente. Sapevo qualcosa di più perché era capitato di andare a prendere un caffè e mentre Michele era in bagno di spiargli il telefonino in particolare la chat con gli altri 4 ed avevo scoperto che tutti mi volevano prove, che l’affare era una scusa e che il massimo sarebbe sato “scoparcela tutti insieme”.
Venne il weekend ma il giorno prima Michele e Marco mi convinsero che essendo il posto dove ci saremmo recati di alto livello, sarebbero stati necessari almeno un paio di abiti di un certo tipo e così il giovedì, uscita dall’ufficio alle 18, ci recammo presso un negozio di una grande firma e feci la prova di diversi vestiti, quelli più sobri venivano rigorosamente cassati dai due e così uscii dal negozio con tre vestiti che arrivavano tre dita sotto il culo e con scarpe clamorosamente alte. Il pacchetto con i vestiti lo avrebbero portato loro. Il giorno dopo anticipai l’uscita dall’ufficio alle 16, andai a casa a darmi una sciacquata e prendere la valigia ed alle 18 si presentò Mario con un veicolo enorme con i vetri oscurati. Quando salii scoprii che nelle due file dietro c’erano tre ragazze oltre ad i quattro amici. Alla guida un autista.
A casa mi ero organizzata come per la volta precedente, il fatto di avere a bordo altre ragazze più giovani di me (la più vecchia non raggiungeva i 25 anni) non mi tranquillizzava, i quattro volevano fare bisboccia, avevo visto al castello il ruolo di queste ragazze copertina, se non erano escort poco ci mancava e la cosa non mi piaceva proprio.
Partimmo ed arrivammo dopo un paio d’ore ad una tenuta con un bellissimo edificio molto grande, decine di stanze con una corte davanti, ognuno aveva la sua camera e questo mi tranquillizzò; almeno formalmente avevo un appiglio nel caso mio marito avesse sospettato qualcosa. Andammo a rinfrescarci quindi cena nel salone della grande villa. Oltre a noi c’era altra gente. Questa volta non era un incontro in un posto privato, cominciai a rilassarmi un pochino. Avevo messo per la cena uno dei vestiti che mi erano stati comprati. E mi accorsi che scopriva molto di più di quello che ero abituata a mostrare, di fatto ero omologata alle ragazze immagine di 10 anni più giovani ed abituate a portare certi vestiti e certi tacchi. Mi guardai allo specchio con occhi critici, non potevo dire di stare male, anzi. Se fossi andata ad un matrimonio civile con una stola sulle spalle avrei anche potuto usarlo (ma non sarebbe stata la mia prima scelta) ma in quel contesto sarei sembrata il brutto anatroccolo in mezzo ai cigni. Presi la decisione di mettere uno dei miei che forse inconsciamente, avevo deciso di portare. Era quello che piaceva di più a mio marito, stretch rosso, lunghezza sopra il ginocchio e con una buona scollatura da metter con un reggiseno a balconcino o senza nulla ma nell’intimità. Non ci potevo fare nulla se non ero quello che volevano. Io ero venuta per l’affare anche se sapevo che la piega che poteva prendere l’evento sarebbe stata questa.
CI eravamo dati appuntamento per le 21:30 ed i quando uscii i quattro mi aspettavano fuori insieme alle altre tre ragazze, quando videro che non indossavo nessuno dei vestiti che mi erano stati comprati due di loro (Andrea e Michele) accusarono un poco il colpo. Probabilmente il vestito era un segnale che l’esito del portarmi a letto non era poi così scontato. Marco disse a Michele: “che ti avevo detto, caccia i soldi” e Michele tirò fuori dal portafogli sbuffando un biglietto da 200€. Gli altri due cominciarono a prenderlo in giro e capii che l’oggetto della scommessa era se avrei indossato o meno i vestiti “a luce rossa”.
“Ma voi scommettete sempre su tutto?” mi lasciai scappare facendo riferimento inconscio alla scommessa di cui ero stata oggetto fra i quattro su chi mi avrebbe portato a letto per primo (ndr Capitolo 6: un nuovo incontro), fortunatamente non capirono, o furono abilissimi a non farlo capire, il riferimento a quando ero andata a letto con Michele ed avevo scoperto dal suo telefonino di essere stata oggetto di scommessa.
Andammo a cena e ci misero in un tavolo con altre 4 persone, 6 coppie, ero la donna più vecchia ma comunque più giovane dell’uomo più giovane le altre due Barbie erano in linea con le tre della nostra compagnia. La serata fu anche abbastanza piacevole anche se le ragazze parlavano quasi esclusivamente di vestiti e vacanze in posti esotici come Maldive Dubai ecc. rigorosamente in hotel 5* o superiori. Una sola sembrava poter reggere anche altri discorsi e fortunatamente la avevo di fronte così parlammo anche di lavoro. Era una ragazza di 22 anni, iscritta a giurisprudenza e prossima alla laurea. Di umili origini la sua bellezza la aveva aiutata e si era mantenuta agli studi viaggiando da pendolare e facendo la modella ma non accettando, almeno inizialmente, compromessi. Poi un riccone si era innamorato di lei e la aveva corteggiata in modo serrato, ci era andata a letto e quello il giorno dopo la aveva scaricata. Aveva allora deciso di usare la sua dote fisica per finire gli studi senza più dover penare e dipendere da autobus e treni, entrando così nel giro delle modelle “disponibili”. Ad un certo momento le ragazze andarono in gruppo al bagno ed io con loro e fu lì che mi confessò quanto prima descritto.
“Tu chi ti prendi?” scoprii che le ragazze avevano tirato a sorte con chi avrebbero passato la notte, io per esclusione sarei dovuta andare con Marco. Tutto sommato insieme al fatto che aveva scommesso contro il mio look più da porca, mi sembrò il male minore. L’uomo non ni dispiaceva ma mi dispiaceva il fatto che lo avrei mandato in bianco, forse. La sera passò veloce con la cena ed una specie di serata danzante. Nel salone c’erano diversi divanetti appartati ed all’ombra e pian piano si formarono le coppie che iniziarono ad appartarsi per poi ritirarsi nelle camere. Daniela (la ragazza con cui avevo parlato), aveva pescato John, per lei uno o l’altro erano lo stesso, non le importava chi la avrebbe scopata ma solo i soldi che le erano stati dati per quel weekend. Aveva messo in conto che probabilmente non sarebbe passata dalle lenzuola di uno solo. Previsione che nel chiacchiericcio nel bagno delle donne, parve molto probabile. Un poco la invidiavo, i quattro uomini con cui ero in viaggio erano tutti attraenti ma non avendo mai fatto l’amore con un ragazzo di colore prepondevo per lui ma di certo non avrei fatto nulla per visitare la sua camera. Quando alla fine rimanemmo soli Marco ed io bevemmo ancora un bicchiere. Non li avevo contati, mi ero lasciata un po’ andare quando mi ero rassicurata vedendo la scommessa e che ero cascata con Marco. Mi sbagliavo, cominciò ad allungare le mani ed io non feci nulla per contrastarlo, troppo brilla ma non abbastanza da vomitare. Mi ero scoperta desiderosa di sesso ben oltre quello che mi poteva dare mio marito ed in quel momento decisi che non sarei andata mai due volte con lo stesso uomo. Lo avevo fatto con Bruno a causa di una circostanza particolare (ndr Capitolo 4: il viaggio di ritorno), mi sarei divertita ed avrei portato a casa il mio compenso per il lavoro fatto. L’andare a letto non faceva parte della mia tariffa, quello era una mia scelta sottolineata dal vestito. Lo dissi chiaramente a Marco complice l’abbondate alcool che avevo in corpo e lui sorrise. “Sono contento che tu sia qui con me anche se mi dispiace che ti avrò solo una volta, sei diversa dalle altre, inutile giraci attorno, Michele magari facendo un po’ lo spandone, ci ha detto che la tua arte amatoria si vede che è naturale, magari sei un po’ inesperta, mi ricordi la protagonista di 50 sfumature di rosso”. Mentre mi dicava queste parole mi sorreggeva tenendomi una mano fra la vita ed il sedere. L’effetto combinato dell’alcool e dei tacchi era deleterio, arrivammo alla sua stanza ed entrammo, crollai sul letto e mi addormentai. Ebbi un sonno breve ed agitato, tre ore e poi verso le 4 del mattino aprii un occhio e mi ritrovai sotto le coperte completamente nuda. Non ricordavo se lo avevo fatto, l’ultimo ricordo era il crollo sul letto. Mi toccai le parti intime, non avevo residui né di sperma né di sapone ma non voleva dire se Marco mi avesse scopata con il preservativo, come probabile, non ci sarebbe stato nulla. Lui dormiva su una chaise longue le Corbusier davanti al letto. Sul soffitto c’era un enorme specchio, così come il pannello che ricopriva l’armadio, era un’ottima scenografia per un set porno! Guardai Marco con tenerezza e dolcezza, si meritava un premio. Se me lo ero già fatto non avrei aggiunto nulla, invece se non ci avevo ancora scopato mi sarei divertita ed avrebbe apprezzato a conclusione del discorso fatto qualche bicchiere prima. Fortunatamente non avevo mal di testa e così uscii dal letto, mi inginocchiai davanti a lui che indossava boxer e maglietta, gli tirai fuori l’uccello e cominciai a leccarglielo sentendo che cresceva docilmente fra le mie labbra e la mia bocca.
Marco aprì un occhio assonnato, capì la situazione ed emesse un gemito se non di piacere almeno di soddisfazione. Ormai il suo cazzo era completamente duro. Cominciai a tenerlo in bocca ed a fare un lento su e giù, i suoi gemiti cominciarono ad aumentare. Per un attimo vidi che si era distratto, passarono un paio di minuti e sentii due mani che si posavano sui miei fianchi ed un uccello che si strofinava sulla mia patatina e che dopo un paio di strusciate penetrava facilmente dentro di me. Non potevo girarmi, capii chi era perché un’altra bocca si unii alla mia nel succhiare il cazzo di Marco. Era Daniela, sapevo che era andata in camera con John e le dimensioni del cazzo che mi stava scopando, seppur non ancora completamente eretto, erano le più grandi che avevo mai provato. Eppure nonostante questo scivolava bene dentro di me. Scoprii poi che John, a causa delle dimensioni del suo cazzo e di esperienze negative che lo avevano fatto andare in bianco, si portava sempre un gel commestibile che gli consentiva di scopare praticamente ogni figa per quanto stretta fosse si trattava solo di trovar e la giusta quantità di lubrificante. Realizzai tutto in un attimo che stavo facendo sesso con due uomini e condividendo, baciando, anche una donna. Che mi era successo? Da timida moglie insoddisfatta a vacca scatenata senza remore e che prendeva soldi per scopare. Questo pensiero mi diede fastidio, dovevo dimostrare a chi c’era nella stanza che ero una zoccola non una puttana!
Mi girai e facendo una faccia in estasi feci sfilare il cazzo di John dalla mia figa e lo imboccai lasciando a Daniela quello di Marco. Lo scambio era stato completato ma mi ripromisi in un lampo di farmi penetrare anche da Marco per correttezza. Mi tuffai a succhiare il cazzo di John continuando a fare la faccia di un bambino goloso in pasticceria che può scegliere quello che vuole. John apprezzò anche se lo avevo fatto uscire dalla mia passera, mi mancava già ed allora, sempre senza mollare l’uccello del ragazzo di colore, sculettai all’indirizzo di Marco autosculacciandomi ed indicandogli di scoparmi. Daniela non aveva problemi a mollare il suo cazzo e lo guidò con le mani verso di me. Marco mi prese a pecorina senza un fiato. Avevo la figa slabbrata dal passaggio di John. Contrassi i muscoli più che potevo ma anche così il cazzo di Marco non mi dava molta soddisfazione ed immagino non ne desse nemmeno a lui. La mia figa a causa del gel messo da John e dei miei umori era un lago, infilai un paio di dita insieme al cazzo di Marco e cominciai a masturbarmi riducendo lo spazio a disposizione dell’uomo. Mentre facevo andare avanti ed indietro due dita, col pollice titillavo il mio ciccetto. Il clitoride era gonfio e quando Marco parve cominciare a divertirsi estrassi le dita e me le misi in culo aprendolo e lubrificandolo. Quindi liberai il cazzo di John, lo spinsi in modo che si sdraiasse, e gli montai su indicando a Marco di mettermelo dentro. Ero piena di John ed il mio culo, sebbene lubrificato, non ne voleva sapere di prendere altro cazzo ma mi impegnai e la cappella di Marco, dopo qualche tentativo e dopo che John aveva estratto parte del suo pistolone, entrò. Marco fu lesto approfittando sempre dello spazio lasciato dall’altro uomo, ed infilò tutto il suo uccello nel mio culo.
John se ne stava con la sola cappella che faceva avanti ed indietro più masturbandomi che scopandomi peraltro con grande mio piacere, Marco mi pompava furiosamente in culo apprezzando la caverna ancora non troppo esplorata e Daniela, messa dietro John, gli porgeva le tette da succhiare ed ogni tanto mi baciava. Movimenti saltuari ed anche scomodi ma posizioni che non avevo non solo mai visto ma nemmeno immaginato nella loro complessità. L’ora successiva mi vide presa dai due cazzi in ogni possibile configurazione. Ogni tanto facevano un salto anche nei buchi di Daniela ma erano i miei ad essere al centro della loro attenzione. Marco venne una prima volta mentre John andava avanti imperterrito senza dare segni di cedimento (mi disse Daniela poi che le aveva già sborrato dentro un paio di volte). Venni tre volte urlando il mio piacere, Marco mi tappava la bocca per evitare che le mie urla di godimento fossero disturbanti per i vicini. Alle 6 John e Daniela scomparvero così come erano apparsi, puf e non erano più li lasciando dentro di me un grande vuoto. Il cazzo di quel ragazzo lo volevo riprovare. Oh merda, mi dissi, i buoni propositi di non prendere due volte lo stesso uccello dove stavano finendo. Li ricacciai indietro e mi infilai nella doccia seguita da Marco che mi lavò dolcemente la schiena cosa che ricambiai, provai anche a succhiarglielo per farlo ritornare duro ma ormai aveva dato tutto quello che aveva, mi fece cenno di lasciare stare e mi mormorò all’orecchio che aveva apprezzato molto l’inizio di pompino che gli avevo fatto quando era addormentato segno della mia sensualità.
“Sempre del parere di non fare bis con lo stesso uomo?” mi disse mentre stavamo coricandoci nudi per riposare almeno un paio d’ore.
“Vedremo” fu la mi risposta, in realtà avrei dovuto dire “dipende” sarebbe perlomeno stato più onesto. Mi addormentai di botto e quando la sveglia suonò erano già le 9:30 di domenica. Come sarebbe passata la giornata? Non lo sapevo ma lo avrei scoperto presto.
La colazione era prevista per le 9, avevo dormito li da Marco ed avevo il problema di non farmi vedere uscire da lì quindi gli chiesi di uscire e di darmi il via libera per andare in camera senza che nessuno mi intercettasse. Marco lo fece e chiusi la porta appena in tempo prima che una coppia già di ritorno dalla colazione, girasse l’angolo.
“Vestiti per camminare” mi aveva detto Marco, indossai un tanga e dei leggings, sopra reggiseno ed una maglietta tecnica molto elastica e quindi aderente, per essere un po’ più sobria mi misi una giacca della tuta da ginnastica comoda che mi copriva sia davanti che dietro. Marco mi aspettava alle scale, scendemmo e facemmo in tempo a prendere un caffè ed una brioche. Avevano organizzato una specie di “giochi senza frontiere”, quattro squadre miste, io capitai con John e la cosa mi fece piacere. La mattinata scorse via rapida fra una corsa coi sacchi ed una arrampicata, l’ultima prova fu di squadra, tiro della fune, John si mise subito dietro di me e durante la prova mi strofinai non sempre involontariamente sul suo corpo scultoreo e lo strofinamento, anche se era impegnatissimo a tirare, gli fece diventare il cazzo barzotto. Arrivammo in finale ma perdemmo. Poco male in paio c’erano prodotti della tenuta ed il premio ce ci toccò furono un paio di bottiglie di vino e dei salumi locali. Il pomeriggio si doveva firmare l’accordo per cui prima tutti a fare la doccia e poi a pranzo. Mi infilai nella mia stanza e non chiusi la porta a chiave. La sentii che si apriva, era John.
“Non dirmi che non lo hai fatto apposta, ne vuoi un’altra dose?” me lo disse mentre si abbassava i pantaloni della tuta con l’uccello pronto per essere usato. Mi ipnotizzò, non risposi nulla e mentre faceva dei passi verso di me io li feci verso di lui gettandomi a capofitto sul suo cazzo. Lo avevo finalmente tutto per me ma mi fece capire subito che non sarebbe stata una passeggiata. Mi prese la testa con una mano e la guidò sul cazzo, allo stesso momento mi tappò il naso così spalancai la bocca per respirare ma era piena di quell’enorme membro rischiavo di soffocare ma John, con un tempismo studiato, estrasse la verga appena in tempo per non farmi svenire, Aspirai tutta l’aria possibile e, mentre mi dedicavo alla sopravvivenza John mi strappò nell’ordine giacca della tuta, squarciò la maglietta con le mani e strappò il reggiseno facendomi anche un po’ male. Quindi mi costrinse ad inginocchiarmi davanti al letto dove si era seduto ed a fargli una spagnola. “Gustatelo tutto, ho sentito come ti strofinavi durante il tiro alla fune, sei una gran zoccola e voglio punirti, ammesso che sia punirti visto come hai dimostrato la tua voglia”. Ero stata così palese? Non mi sembrava ma evidentemente lui la aveva presa così e mi andava bene. Farmi dare una ripassata in modo un po’ ruvido mi ispirava da tempo. Mio marito mi rispettava troppo per questo tipo di sesso da cui però io ero attratta. Accondiscesi ad ogni sua richiesta e mi scopò in ogni buco. Dietro non mi lubrificò. “Ti deve bruciare il culo tutto il pomeriggio così penserai a me, vediamo se riesci a tenere la concentrazione, vacca”. Le sue parole anziché offendermi mi eccitavano da matti. Non avevamo troppo tempo, venni però due volte. La seconda mentre mi pompava in culo e con due dita che mi sgrillettavano. Venne anche lui e con il cazzo ancora saldamente piazzato nel mio culo si diresse alla doccia aprì l’acqua ci si buttò sotto. Inizialmente la temperatura era fredda ed i capezzoli si rizzarono come due chiodi, la pelle d’oca mi ricoprì ed istintivamente mi schiacciavo verso di lui per cercare un po’ di calore. Quando l’acqua fu calda estrasse il cazzo dal mio buco posteriore, mi fece inginocchiare e se lo fece ripulire poi, sempre in ginocchio, mi passò il sapone e mi disse di lavarglielo per bene. Maneggiai quella specie di pitone che non si era ridotto del tutto e con il desiderio di farci un altro giro di giostra. Fu lui ad interrompermi ricordandomi che ci aspettavano per pranzo e che non potevamo fare tardi ma che avrei avuta altro cazzo prima di sera.
Il pomeriggio passò in una sala riunioni, riuscii a concentrarmi nonostante il culo mi bruciasse, fortunatamente avevo portato una crema emolliente alla calendula e così riuscii a resistere e concentrarmi su quello per cui ero ufficialmente venuta. Venne sera ed ora di tornare, andai nella mia stanza ed indossai un mio completo molto semplice, gonna al ginocchio con spacchetto posteriore, collant nero velato camicetta bianca e giacca dal taglio classico dello stesso tessuto e colore della gonna, un grigio ferro. Le scarpe erano in tinta con un tacco da “soli” 8 centimetri nemmeno tanto sottile. Pensavo di aver finito le mie attività sessuali almeno per il weekend. A mio modo di vedere ero vestita aldilà di ogni tentazione ed invece ….
Venne alla mia stanza Andrea e prese la valigia. “Cambio di programma, gli altri sono partiti col pulmino perché dovevano essere a casa più presto. Ho fatto portare la mia auto e ti riporterò a casa io”.
Scendemmo e trovai una Porsche Cayenne ad aspettarci, il ragazzo che la aveva portata davanti alla soglia prese i bagagli e li caricò aprendo il portellone posteriore, Andrea gli mise in mano un biglietto da 50€ come mancia. Voleva far colpo su di me pensai.
Mentre Andrea guidava pensavo fra me e me che era l’unico del gruppo che ancora non mi aveva scopata. Era il meno prestante fisicamente ma il più simpatico ed il viaggio fu molto divertente. Ad un certo punto Andrea si fermò ad un autogrill. “Ho bisogno di un caffè”.
Scendemmo e ci recammo al bar. Prendemmo lui un caffè ed io una spremuta di arancia poi andai in bagno. A causa di un problema idraulico il bagno delle donne era chiuso ed Andrea si offrì di accompagnarmi. Scendemmo insieme nel sotterraneo dove c’erano i bagni. In quel momento, data anche la tarda ora, non c’era nessuno. Mi prese una gran voglia ed una curiosità. Visto il fisico minuto non doveva avere un gran cazzo ed un po’ di massaggio alla figa leggero non i sarebbe dispiaciuto. Mentre nella mente mi passava questo pensiero entrai nel box e, forse inconsciamente, mi dimenticai di chiudere col chiavistello. Alzai la gonna ed abbassai collant e mutandine ed iniziai a fare pipì. Ero arrivata a metà e vidi la porta aprirsi leggermente ed Andrea spiare. Anziché indignarmi gli feci cenno di entrare. Aveva già un rigonfiamento fra le gambe e si mise davanti a me per vedermi meglio, chiuse la porta del box ed io gli abbassai la cerniera. La mia sorpresa fu enorme come il cazzo che aveva fra le gambe. Non arrivava ai livelli di John ma era comunque molto promettente. Gli feci un inizio di pompino ma le dimensioni anguste del box non consentivano dei gran movimenti anche in considerazione di come ero vestita. Il collant mi impicciava. Dopo averlo fatto rizzare completamente gli feci segno di stare in silenzio. Avevo visto uno sgabuzzino, gli feci segno di ricomporsi ed uscimmo. Non c’era ancora nessuno così mi diressi verso la stanza delle scope che si dimostrò abbastanza capiente. Li accesi la luce e chiusi la porta a chiave e mi rituffai su quella bella sorpresa. Andrea nel frattempo aveva perso ogni remora e mi spogliò. Sembrava una piovra, mi palpava ovunque, in breve rimasi completamente nuda appoggiata ad una specie di scrivania con figa e culo bene esposti. Andrea cominciò a strofinare il suo cazzo ben lubrificato sia dalla mia saliva che dalle sue secrezioni sulla mia passera. Dopo meno di 10 secondi ne avevo dentro più di metà. Dopo un minuto stavo già sentendolo tutto dentro ed a sentire un’onda di calore che mi saliva dentro. Fu un orgasmo lungo, e mentre lui aggrappato alle mie tette mi appellava con troia, vacca zoccola mignotta, il mio piacere cresceva. La situazione particolare, gli insulti, la scopata anche un po’ ruvida fecero di quell’orgasmo uno di quelli che ricordo con più piacere. Avevo appena finito di godere quando Andrea fu prossimo a venire. Estrasse il suo uccello e mi spinse ad inginocchiarmi davanti a lui, si era scopato sicuramente almeno una delle altre escort ma quando venne eruttò comunque una buona dose di sperma segandosi ed indirizzando il suo seme sul mio volto e sulle mie tette. Fortunatamente non mi colpì nei capelli ma fece una cosa che mi umiliò e mi eccitò ancora. Prese col suo dito lo sperma che aveva addosso e me lo portò alla bocca. Succhiai tutto quello che mi mise davanti simulando un pompino alle dita che mi porgeva ripulendole ad ogni passata. Quando ogni goccia fu stata rimossa, Andrea che in tutto questo tempo si era solo calato i pantaloni, si tirò su le mutande e si allacciò le braghe. Uscendo mi disse: “resto qua fuori a farti da palo quando ti sarai vestita saliremo insieme”.
Trovai la cosa molto dolce, quando fui pronta dopo essermi ripulita seno e volto con un fazzoletto umidificato, dovetti aspettare perché sentii delle voci nel bagno. Spiai dal buco della serratura e riuscii a vedere un paio di uomini che si stavano lavando le mani. Passarono un paio di minuti ed Andrea bussò: “via libera”.
Salimmo le scale del seminterrato ed uscimmo. Parcheggiato di fianco alla Porsche di Andrea c’era il veicolo con cui eravamo partiti all’andata. Fra i due mezzi gli altri tre, nessuna traccia delle ragazze.
Michele quando mi vide disse: “alla fine hai completato il quartetto, peccato che non fai il bis però fino a che non ti avremo riportata a casa non siamo ancora in “area bis” siamo nella prima scopata. So che ti sei fatta un paio di noi insieme, che ne dici di fare un bel poker?”.
“Per chi mi avete preso? Vero che mi avete scopata tutti ma 4 insieme non li ho mai presi, e fino ad oggi nemmeno due e la cosa è stata frutto delle circostanze”.
Intervenne John “ed ora le circostanze ti offrono una grossa opportunità da non perdere se vuoi mantenere fede al tuo proposito di non fare bis”.
Portatemi a casa e basta. I 4 uomini ci rimasero un po’ male, stavo per salire sulla Porsche quando vidi Andrea che saliva sul Van seguito dagli altri.
“E chi mi porta a casa?” dissi.
“Nel Van c’è posto, ci sono due ore di viaggio per arrivare a casa e se vieni sono certo che non te le dimenticherai più” mi rispose John.
Ero nei pasticci, potevo tenere il punto ma come sarei tornata a casa, non avrei nemmeno potuto fare casino visto che essendomeli fatti tutti e 4 bastava una loro parola e sarei rimasta senza marito. Le parole di John mi avevano al tempo stesso spaventato ed eccitato. Non avevo scelta per cui decisi di salire.
La porta scorrevole si aprì e dentro non c’era nessuna delle ragazze, i divanetti dell’andata avevano lasciato posto a delle poltroncine girevoli.
La porta si chiuse dietro di me, i miei sogni ed incubi si sovrapponevano, mi ero eccitata a pensarmi in mezzo a loro 4 oggetto del loro piacere ed al tempo stesso se mio marito avesse potuto perdonarmi un paio di corna, non avrebbe certo accettato una moglie che si era scopata 4 uomini diversi in un weekend perdipiù insieme ed in circostanze anche abbastanza particolari.
Mi sedetti su di una poltroncina mentre il Van partiva, poco dopo partì della musica.
“Ti raddoppiamo il premio se soddisferai ogni nostro desiderio” mi disse Michele.
“Non avete capito un cazzo” esplosi. “Lo faccio per il mio piacere non per il vostro per cui farò solo quello che mi aggrada. Se non vi va riponete gli uccelli nelle mutande altrimenti una volta fuori vi denuncerò a costo di perdere mio marito”.
La sfuriata sembrò fare effetto per cui si rimisero tranquilli. Li feci sedere due per lato sulle poltroncine e mi misi in mezzo, mi tolsi quasi tutto restando solo con collant tanga e scarpe. Cominciai da John e Marco seduti sullo stesso lato. Tirai fuori il pitone del ragazzo di colore e lo massaggiai con due mani fino che cominciò ad inturgidirsi un pochino ed allora cominciai a leccarlo e succhiarlo ed iniziai con una mano a segare Marco. Dopo 5 minuti di questo trattamento i due cazzi erano pronti, li lasciali dicendo loro: “adesso faccio diventare duri anche gli altri due, voi mantenete duri i vostri uccelli segandovi, ricordatevi che oggi comando io”.
Così mi girai, trovai gli altri due che sorridevano, si erano già tolti i pantaloni e si segavano lentamente con i cazzi già belli duri.
“Fatemeli sentire in faccia” dissi loro. I 4 si avvicinarono e, lasciandomi in mezzo, presero a “manganellarmi” con le loro verghe. Quando mi capitavano a tiro li leccavo. Io ero fradicia, i capezzoli erano dritti come chiodi ed il grilletto uscito dalle mutande sfregava sul collant.
Andrea se ne accorse: “guardate la troia come sta godendo solo ad essere schiaffeggiata, credo che apprezzerà tutti i nostri uccelli. Detto questo mi sollevò di peso. Era quello che volevo, essere strapazzata. Strappò il collant, spostò il tanga e mi penetrò in un colpo solo alla pecorina. Intanto gli altri 3 facevano a gara a chi me lo metteva più vicino alla bocca. Decisi di mettere fine a quella competizione. Mi misi a succhiare John mentre con le due mani segavo Marco e Michele.
“Sdraiati John” intimai e appena fu supino mi calai su di lui senza nemmeno faticare per farlo entrare tutto. Per un attimo pensai che quando avessi scopato con mio marito non avrei sentito più nulla ma il piacere che mi dava quella scopata fece subito passare in secondo ordine il brutto pensiero.
Salivo e scendevo sull’asta di John mentre leccavo e segavo gli altri tre i quali mi tormentavano e titillavano i capezzoli mentre a volte mi scopavano in bocca. Pensai che avrei dovuto essere io a guidare ma che essere usata mi piaceva molto di più.
Scelsi di prenderlo in culo da Andrea che era quello più piccolo. Avendo già un mamba in fica non volevo rischiare che non ci stesse. Gli feci segno di girarmi intorno e di incularmi. Non se lo fece dire due volte e dopo avermi lubrificato col cazzo il buchetto, aspettò una fase di uscita della verga di John per piazzare con un colpo solo il suo cazzo nelle mie viscere. Cominciò una fase in cui dovevamo coordinarci. Quando fummo bene sincronizzati ripresi a succhiare gli altri due. Andammo avanti così per 10 minuti ma volevo fare una cosa che non avevo mai provato. Mi sfilai da John facendogli segno di alzarsi ed indicando a Michele di mettersi al suo posto. Scivolò dentro come un coltello rovente nel burro e quasi non mi accorsi quando fu tutto piantato dentro, quindi feci cenno a Marco con un dito richiamandolo e dicendogli di mettersi dietro. “Non nel culo però, ne voglio due in figa”.
Non ci mise molto, il passaggio di John aveva aperto una galleria e Marco entrò insieme a Michele mentre gli altri due guardavano da vicino la scena.
“E’ il tuo momento Andrea, mettimelo nel culo e tu John fammelo succhiare”. La mia frase fece un grande effetto i due cazzi dentro di me si intostarono ancora di più. La posizione era difficile ma volevo provarla, ormai non avevo nulla da perdere ed il piacere era la mia bussola. Andrea si mise a cavalcioni sopra di me, appoggiò l’uccello al culo e riuscì ad infilare la cappella mentre gli altri due erano un po’ ritirati. John prese la mia testa e mi scopò in bocca fino quasi a soffocarmi. Un paio di minuti così poi smettemmo la posizione troppo scomoda.
Avevo avuto ancora un paio di orgasmi ed era passata un’ora e mezza, ormai non mancava più tanto, dovevo fargli svuotare il residuo delle palle nel giro di 10 minuti per avere poi il tempo di sistemarmi un poco. Si misero tutti e 4 intorno a me ma all’improvviso John si sfilò infilando la sua cappella nel culo facendomi un po’ male.
“No non lì” dissi ansimando, la voce diceva una cosa il corpo e l’intonazione un’altra. John non si spostò anzi diede un colpo e mezzo cazzo entrò nel mio povero sfintere. Ero sfondata sia davanti che dietro. Gli altri tre intanto si stavano segando furiosamente eccitati da quello che John mi stava facendo. Eruttarono le ultime stille di sborra rimaste dal weekend su mio volto e sulle mie tette. Ebbi improvvisamente un orgasmo anale stringendomi intorno al pene di John il quale non resistette e mi scaricò nelle viscere tutto il suo carico.
Si ritirarono tutti e cominciarono a rivestirsi. Io ero senza fiato quando sentii il rumore del telepass che segnalava che stavamo uscendo dall’autostrada. Avevo 20 minuti. L mio telefono era silenziato, chissà se Fortunato mi aveva chiamato, sapeva che questi meeting spesso sforano nei tempi ma eravamo almeno 3 ore oltre l’orario previsto per il rientro. Presi dalla borsetta qualche fazzolettino di carta ed altri umidificati, mi ripulii per bene. Restava però un problema, il collant era sfondato ed il culo pieno di sborra. Figa e culo stavano cominciando a ritrarsi, ficcai velocemente un fazzolettino come tappo al buco del culo, riaggiustai quello che restava del collant e mi rivestii. Mi lasciarono davanti casa e scaricarono la mia valigia.
Fortunato dalla finestra ci aveva visto arrivare così scese e prese la valigia dalle mani di Andrea.
“lei è un uomo fortunato di nome e di fatto, sua moglie è una perla rara, senza di lei non avremmo risolto alcuni problemi che abbiamo continuato a discutere in macchina con il cliente collegato. Siamo riusciti a venirne fuori solo all’uscita dall’autostrada, ecco perché sua moglie non ha mai risposto alle telefonate, era troppo presa da quello che stava facendo. Apprezziamo talmente tanto il suo lavoro che abbiamo deciso di raddoppiare il premio promesso” disse Andrea a mio marito.
Che paraculo pensai, non aveva detto bugie solo che l’interpretazione era suscettibile di essere molto varia.
Salii in casa in ascensore con Fortunato che mi baciò teneramente.
“Che strano sapore hai in bocca cara”. Mi ero ripulita e poi mangiato una mentina ma evidentemente qualche residuo di uno dei cazzi che avevo preso in quel weekend era ancora presente.
Ricambiai il bacio per non insospettire mio marito poi gli dissi che ero stanchissima, che volevo fare una doccia e sgaiattolai in bagno.
Mi tolsi in tampone dal culo e scaricai tanta aria insieme ad un po’ di sborra di John quindi mi misi nella doccia dove restai per più di 10 minuti. All’uscita mio marito mi porgeva l’accappatoio.
Che tenero pensai, non posso perderlo, mi sarebbe piaciuto che mi strapazzasse anche lui così ma mi aveva conosciuto come una ragazza timida che dava poco spazio alla fantasia. Ero cambiata col tempo diventando più esperta del mio corpo ed attenta ai segnali di desiderio che mandava. Questo lui però non lo aveva captato e mi trattava sempre gentilmente e dolcemente. Chissà se sarei mai riuscita, senza insospettirlo, a farmi maltrattare un po’ anche da lui. Mi infilai sotto le coperte e quando la testa toccò il cuscino ero già addormentata.

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