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La vita può non essere facile per chi, come me, ha delle piccole perversioni che la gente si sente in dovere di etichettare come immorali e condannare. Io mi chiamo Lenny Miller ed ho un amore sconfinato per i piedi maschili. Disgustoso? Beh, forse per la maggior parte di voi. Però sono sicuro che tra chi legge, ci sia qualcuno che condivida la mia passione e che farebbe qualunque cosa pur di vivere quello che è successo a me. Bene, cari amici perversi, è a voi che vorrei raccontare la mia storia, non per farvi invidia o niente del genere, sia chiaro! Solamente per farvi capire che nella vita le occasioni si presentano, basta saperle cogliere al momento opportuno. Beh, direi d’iniziare da quell’afoso pomeriggio di fine estate in cui Adam arrivò a casa mia.

‘Ma certo che sono felice che tu sia qui Adam, che domande fai! Puoi restare quanto vuoi, ci mancherebbe, sono tuo fratello o no?’ in realtà non era esattamente vero. L’aitante ventenne che mi stava di fronte era il mio fratellastro. Mio padre si era risposato cinque anni prima con una donna più giovane e io avevo guadagnato un adolescente viziato ed arrogante con cui dividere la stanza. Non che la cosa mi dispiacesse, anzi! Scopertomi omosessuale intorno ai 25 anni (ma mai dichiarato), di colpo avevo la possibilità di ammirare il suo corpo snello ed atletico quando girava per casa in mutande con il pacco in bella mostra, oppure leccarmi le labbra lanciando occhiate fugaci alle sue imponenti erezioni mattutine spesso malcelate dai pantaloncini che indossava. Purtroppo non avevo avuto il piacere di vederlo completamente nudo, però avevo rimirato a lungo ciò che di lui amavo di più: i suoi bellissimi piedi. Aveva le dita lunghe e le piante larghe e i talloni belli tondi. Semplicemente perfetti, un sogno per uno come me. In effetti devo dire che è stato proprio grazie a lui che mi sono reso conto di essere un feticista, prima non ci avevo fatto caso veramente. Si, mi era capitato qualche volta di fissare i piedi ai ragazzi magari negli spogliatoi, ma non mi era chiaro il perché, o comunque non mi ero mai posto il problema. Vivere con lui, invece, nella stessa camera, mi aveva fatto capire che il mio interesse era ben più che semplice curiosità. Innumerevoli le volte in cui dovevo rinchiudermi in bagno a segarmi solo perché magari l’avevo visto guardare la TV con i piedi nudi appoggiati sul pouf. Ne ero attratto irresistibilmente.
Ovviamente non ero mai andato oltre il guardare, non avrei mai fatto niente per turbare il nostro rapporto. Aveva dieci anni meno di me ed ero pazzo di quel ragazzino. Gli volevo un gran bene! E’ vero era impertinente e presuntuoso e soprattutto molto furbo ma in fondo non era cattivo e sapeva essere un tesoro, specialmente quando voleva ottenere qualcosa. Francamente con me non aveva neanche bisogno di esserlo, gli bastava abbagliarmi con quel suo sorriso impudente e sapeva perfettamente che le avrebbe avute tutte vinte.
La convivenza però non era durata a lungo. Io avevo accettato un lavoro molto ben pagato come consulente finanziario in una grossa ditta di import-export e mi ero trasferito per comodità a New Haven dopo meno di due anni dal matrimonio. Chiacchieravamo al telefono e ci vedevamo nel weekend ma non era più come vivere insieme. Tra l’altro Adam, finito il liceo, si era arruolato nell’esercito, seguendo le orme di quell’idiota fanatico di suo padre, pentendosi della decisione ed odiando ogni minuto di quella vita dal principio. Ecco perché adesso me lo ritrovavo sulla porta. Si era congedato dall’esercito, dopo poco più di un anno ed era tornato a casa. Stare con sua madre e il suo patrigno, però non gli andava decisamente a genio, quindi aveva fatto domanda per il college e, all’ultimo tuffo, era stato accettato a Yale. Eravamo tutti orgogliosi di lui naturalmente e sua madre era particolarmente contenta perché non era troppo lontano da casa (abitavano a Hartford, quindi poteva correre dal suo bambino in meno di un’ora), ma soprattutto perché, a detta sua, io potevo in qualche modo tenerlo d’occhio. Avendo fatto domanda all’ultimo momento non aveva avuto diritto ad un alloggio in campus, quindi la soluzione più ovvia era stata di farlo stare da me almeno per i primi tempi. Dopotutto la sua facoltà era a dieci minuti da casa mia e io ero felice di passare del tempo con lui anche se sapevo che i suoi modi di fare e le sue abitudini mi avrebbero dato un bel po’ da fare.
‘Grazie Lenny, lo apprezzo molto!’ mi sorrise. Che gran pezzo di ragazzo che era! Con quei capelli corti, nerissimi, gli occhi di un bel celeste brillante e quell’espressione fanciullesca sul visetto imberbe, era così tenero! Indossava una t-shirt blu attillata con la scritta YALE sul petto gonfio di muscoli, un paio di Jeans strappati e delle Hogan che avevano senz’altro visto tempi migliori.
Il mio appartamento da scapolo non era molto grande, c’era una sola camera con un letto ad acqua. Adam lo vide e ci si buttò sopra:
‘Woah! Che figata, è ad acqua! Ho sempre voluto provarne uno, hehe!!’ ballonzolava contento come un bimbo e io non resistetti:
‘Mi fa piacere che ti piaccia, perché è lì che dormirai!’ gli dissi sorridendogli. Lui mi guardò sorpreso:
‘Ma dai amico è il tuo letto, non potrei mai privartene!’ mi disse.
‘Ma scherzi? Non me ne privi, anzi mi fai un favore! Io non posso più dormirci, ho….’ frugavo nei miei pensieri alla disperata ricerca di una scusa ‘…ho un problema alla schiena, ho bisogno di una superficie più dura, il divano andrà benissimo…’ lui mi guardò per un paio di secondi con un sopracciglio alzato. Non mi credeva, era palese che stessi mentendo solo per essere ospitale con lui, ma questo non gli impedì minimamente di accettare di buon grado. Scrollò le spalle con un sorriso noncurante:
‘Ok, meglio per me! Hehe!!’ e riprese a dondolarsi sul letto. Io sorrisi di nuovo. Era mio dovere viziarlo un po’ sono pur sempre suo fratello maggiore, no?
Fece un paio di grossi sbadigli e io colsi la palla al balzo per essere nuovamente oltremodo gentile con lui. Mi veniva così naturale:
‘Tu riposati, marmocchio, che sei sicuramente stanco del viaggio, io vado a prendere le tue cose e le porto su, dammi solo le chiavi della macchina!’ di nuovo mi guardò sorpreso ma allo stesso tempo divertito. S’infilò una mano in tasca a mi lanciò le chiavi:
‘Grazie Lenny, a buon rendere!’
‘Si, certo, come no!’ pensai. Si stese accomodandosi, guardandosi intorno, prendendo possesso della camera che, nell’arco di un istante, aveva cessato di essere mia.
‘Credo proprio che mi piacerà stare qui!’ mi sorrise contento, rassicurato dal fatto che certi schemi comportamentali del passato funzionavano ancora alla grande.

Scaricare la macchina non fu cosa da poco, si era portato dietro un arsenale di roba e mi ci vollero tre o quattro viaggi per portarla su tutta. Ogni volta che entravo in camera per appoggiare i suoi borsoni in un angolo, lui non faceva altro che guardarmi con le braccia incrociate dietro la testa, gli auricolari nelle orecchie, sorridendomi. All’ultimo viaggio entrai in casa che stava parlando al telefono:
‘..si, si, senza problemi…….. si, lo sta facendo Lenny……. beh, si è offerto lui, non è che l’ho costretto……. si, si, lo so…..’ entrai in camera ‘….senti adesso devo andare, ci risentiamo!’ e chiuse la comunicazione. Mi guardò alzando gli occhi esasperato:
‘Mia mamma dice che non devi farmi da schiavetto…’ mi disse come fosse una cosa assurda che lei lo suggerisse. Io gli risposi sinceramente:
‘Ma che sciocchezze, ne sono più che felice!’ non era quello che volevo dire, io intendevo che non mi dispiaceva ospitarlo o aiutarlo con i bagagli ma quello che mi era uscito dalle labbra era ben differente. Lui mi guardò di nuovo un po’ sorpreso ma sempre più divertito, poi mi confuse di nuovo con quel suo sorriso perfetto e scrollò le spalle, godereccio:
‘Ok, fico! Hehehe!!’ mi resi conto troppo tardi di quello che avevo fatto. Cercai di cambiare argomento e perlustrai la stanza per trovare qualcosa di cui parlare. Guarda caso notai le Hogan. Con la suola aveva sporcato tutto il copriletto e il mio senso di precisione maniacale m’impedì di tacere.r32; ‘Adam potresti toglierti le scarpe, per favore, stai sporcando la coperta!’ Lui fece una smorfia e mi disse con quell’adorabile faccia da schiaffi:
‘Aaaaaahhhh sono troppo stanco fratello, potresti farlo tu? Ti pregooooooo!!’ Alzai gli occhi al cielo in esasperazione e sbuffai ma la verità era che non mi dispiaceva affatto e m’inginocchiai sul fondo del letto. Gli slacciai le scarpe luride e consunte e gliele sfilai. I piedi, com’era prevedibile, gli puzzavano di sudore ma ce li avevo più vicini di quanto mai li avessi avuti prima. Lui mugolò lamentoso:
‘Cavolo, sai che mi fanno proprio male! Mia mamma mi ha fatto scarpinare come un mulo stamattina per aiutarla con quelle cazzo di piante in giardino!’ commentò con nonchalance ruotando le caviglie per sgranchirle. Sapevo che questa era un’opportunità che non si sarebbe mai più ripetuta e mi feci avanti:
‘Vuoi che te li massaggi?’ gli chiesi cercando di sembrare il più neutro e sincero possibile. Lui rise:
‘Hehehe! Certo! Come no!’ mi disse scherzando. Ignorai il sarcasmo nella sua voce e cominciai a massaggiarglieli. Finalmente glieli toccavo, ce li avevo tra le mani! Ricordo che portava dei calzini di spugna neri piuttosto umidi. Mi guardò un po’ allibito:
‘Scherzavo Lenny, non devi massaggiarmeli, credevo mi stessi prendendo per il culo! E poi non potrei mai farti fare una cosa così degradante! Cazzo è troppo umiliante per te amico, ho i piedi tutti sudati!!’
‘Non è affatto degradante per me, anzi! Ho fatto un corso di riflessologia plantare ma non ho mai avuto nessuno su cui provare tutte le cose che ho imparato!’
‘Riflessolo…che??!’ mi chiese divertito. Cominciai a spiegargli i meravigliosi benefici che un buon massaggio ai piedi può dare al corpo. Lui in realtà non mi stava ascoltando si godeva le mie dita al lavoro sulle sue piante larghe. Aveva un sorriso beato sul viso, si stava rilassando davvero. Io gli premevo l’alluce tra un dito e l’altro percependo la forza e la possenza di quelle meraviglie. Quando finì di parlare mi disse:
‘Beh, non ne so un accidente di questa roba però mi piace un casino, potrei abituarmi a farmene fare uno tutti i giorni!’ Come potevo lasciarmi scappare quest’opportunità d’oro? Avere il piacere di stare ai piedi di un giovane adone come Adam. Ero eccitato come un ragazzino la vigilia di Natale e lui dovette accorgersene. Mi sorrise dall’alto della sua comoda posizione e mi chiese:
‘A te non dispiace farmene uno, una volta ogni tanto, vero Len?’ mi chiamava così quando voleva qualcosa, era un nomignolo affettivo che funzionava sempre. Fino a due minuti prima riteneva fosse degradante e ‘troppo umiliante’ per me, adesso l’idea di vedere il suo fratellastro ai suoi piedi non gli dispiaceva affatto. Io gli sorrisi:
‘Assolutamente, anzi mi fa piacere!’ gli dissi tentando di tenere a bada la mia eccitazione.
‘Grande! Ti prometto che mi farò una doccia la prossima volta, sicuramente puzzano da vomitare, li sento io da qui!’ mi disse quasi vergognandosi.
‘Ma no, figurati! Non l’avevo neanche notato!’ mentì. Lui sorrise:
‘Non l’avevi notato? Ma come? Senti qua!!!’ e mi appoggiò il piede sul naso ridendo. Che odore pungente. Io risi con lui come fosse niente più di uno scherzo da caserma ma mi eccitai di brutto.

Non ci volle molto perché i nostri ruoli si delineassero ben bene. Adam viveva la vita di un giovane universitario senza pensieri, io ero diventato il suo zerbino. Pulivo la casa, compresa camera sua che lasciava sempre in uno stato di devastazione sconfortante, raccoglievo i suoi vestiti sporchi dal pavimento, compresa la sua biancheria (che non mancavo mai di annusare di nascosto), gli facevo il bucato, gli stiravo, gli cucinavo, lo aiutavo con lo studio e di fargli pagare metà dell’affitto (com’era nei patti) non se ne parlava neanche. Anzi, spesso e volentieri si faceva prestare soldi che non avrei mai più rivisto. Per non parlare poi delle tipe che si portava a letto, quasi ogni settimana vedevo uscire una nuova ragazza dalla sua camera, in genere la mattina. Ricordo una sera che rientrò piuttosto tardi con una biondina che credo si chiamasse Sophie. Io ero già sul divano e feci finta di dormire quando entrarono. La ragazza mi vide e gli chiese chi fossi. Lui con una gran faccia tosta le rispose:
‘Ah, quello? E’ solo il mio fratellastro, sai l’hanno sfrattato di casa poveraccio, così gli permetto di dormire sul divano finché non trova una sistemazione’ poi se l’era portata in camera e i due piccioncini c’avevano dato dentro fino alle tre del mattino. Tra l’altro erano davvero chiassosi e io la mattina dopo dovevo andare al lavoro. Così, appena sveglio, decisi di parlarci una volta per tutte. Aspettai che Sophie se ne fosse andata e lo trovai spaparazzato sul letto con in dosso solo i boxer. Il suo corpo mi fece venire la bava alla bocca, era un po’ che non lo vedevo in tutto il suo splendore e i miei pensieri si annebbiarono. Le spalle, il petto, gli addominali, le cosce… non ero più sicuro del perché lo volessi rimproverare. La presi alla larga:r32; ‘Uhmmm…. Adam, ma con quante ragazze…’ non volevo sembrare scurrile ‘…esci?’ Lui rise:
‘Non ci esco Lenny, me le scopo! E’ diverso! Hahaha!!!’ io sorrisi e lui continuò cercando di sembrare innocente:
‘Non è colpa mia, mi saltano addosso a gambe aperte, te lo giuro, mi sembra brutto dirgli di no! hahaha!! E poi il mio amico qui ha una gran fame! Hehehe!!’ disse indicandosi il pacco. Dio mio credevo di cominciare a sbavargli addosso.
‘E’ un lavoro duro soddisfarle tutte fratello, ma qualcuno deve farlo no?’ Mi disse con un sorrisetto di scherno. Poteva essere forse una frecciatina al fatto che io non scopavo affatto? Fece una smorfia.
‘A proposito, ti spiacerebbe portarmi la colazione a letto per oggi? Quella tipa era insaziabile, sono a pezzi stamattina!’ aggiunse stiracchiandosi a gambe aperte e grattandosi il sedere senza tante cerimonie. Fortuna che aveva i piedi coperti dalle lenzuola o sarei venuto nelle mutande.
‘Ok, va bene ma solo per stamani!’ tentai in vano con voce incerta.
‘Hehehe! Certo Lenny, contaci! Hahaha!!!’

Si stava ovviamente approfittando di me in qualunque modo volesse ed amava farlo. Non mi aveva mai ordinato di fare nessuna di queste cose, non ne aveva alcun bisogno, sapeva che avrei fatto qualunque cosa per lui. Naturalmente si faceva massaggiare i piedi, solo che non accadeva una volta ogni tanto. Ogni pomeriggio, tornava dalle lezioni e si preparava al suo massaggio. Io lo accontentavo sempre e, se all’inizio fingeva almeno di essersi dimenticato di lavarsi: ‘Oooops! Cavolo, ho di nuovo dimenticato di fare la doccia, Len! Hehe! Ma per te non è un problema, vero?’ dopo un paio di settimane era la regola che i suoi piedi puzzassero terribilmente. A volte si metteva gli anfibi che aveva usato da militare e credetemi, quando accadeva mi lacrimavano gli occhi per l’odore. Gli piaceva avermi ai suoi piedi. Non perdeva mai occasione di toccarmi il viso o di accarezzarmi i capelli, facendo finta che fosse una svista. Certe volte fingeva di appisolarsi appoggiandomeli sulla testa per poi svegliarsi di colpo e dire:
‘Oooops! Scusa fratello, è che stavo così comodo!’ A me ovviamente non pareva il vero di essere toccato da quelle estremità divine, fasciate in quella spugna odorosa. Ma dopo qualche settimana mi decisi a fare un passo in più.
Aveva preso a giocare a calcio in una squadretta locale e un venerdì pomeriggio dopo gli allenamenti rientrò fradicio di sudore.
‘Oy! Fratello! Sono a casa! Massaggio!’ mi disse entrando in camera sua. In un mese e mezzo l’avevo inconsciamente incoraggiato a diventare sempre più arrogante e tutto di lui, adesso, mi dominava completamente. Lasciai da parte quello che stavo facendo e andai da lui. Era sdraiato sul letto e aspettava:
‘Il coach ci ha massacrato oggi, sto sudando come un maiale, toglimi le scarpe!’ mi disse come mi avesse chiesto di passargli il sale. Mi chinai e gli obbedì. I piedi gli puzzavano da paura, non gli stavo quasi vicino. Mi accorsi che i calzini che aveva, li portava tipo da una settimana, erano luridi ed intrisi di sudore. Cominciai a massaggiarglieli come avevo fatto un’infinità di altre volte, lui s’infilò le cuffie e s’immerse nella sua musica chiassosa per rilassarsi meglio. Dopo una decina di minuti raccolsi tutto il mio coraggio e feci una cosa che non avevo mai fatto prima: glieli liberai da quella prigione di spugna. Finalmente davanti a me avevo la perfezione che avevo sempre rimirato. Le sue estremità nude mi chiamavano odorosamente invitanti. Ripresi a massaggiarle ma la mia resistenza venne meno e con il cuore a mille gli leccai la pianta dal tallone fino alle dita. Che sapore! Sentì di colpo mille brividi in tutto il corpo, ero arrapato come non mai. La sua risata mi riportò alla realtà:
‘Hehehe!! Era ora che ti decidessi a farmi un servizietto completo fratello, hahaha!!!’ io lo guardai imbambolato ma lui mi sorrise:
‘Su, continua a leccarli, tanto lo so che non aspetti altro!’ inghiottii una volta poi gli ubbidì, felice che l’avesse presa così bene. Che buoni, che buoni che erano quei piedi sudati:
‘Hehe! Bravo, così! Non smettere finché non te lo dico!’ io annuii ascoltandolo a malapena, quasi non credevo alla situazione. Lui si rinfilò gli auricolari e mi guardò lavargli i piedi dal sudore e dallo schifo accumulato dentro quelle calze lerce per più di mezzora con un ghigno trionfante dipinto sul volto. Non mi rivolse una parola. Stava solo lì a guardarmi. Quando ne ebbe abbastanza si tirò su, mi mise una mano sulla testa e mi sorrise guardandomi dall’alto:
‘Che ne dici se aggiungiamo questa nuova mansione alla lista dei tuoi doveri quotidiani?’ io gli sorrisi ed annuii entusiasta.
‘Hehehe!! Che fico! Ho trovato uno che mi lecca i piedi, e in senso letterale, hahahaha!!’ Questa novità lo faceva impazzire, cominciò a farseli leccare di continuo: mentre faceva colazione a letto, mentre guardava la TV la sera, persino mentre navigava su internet seduto alla scrivania. Ormai bastava che schioccasse le dita e io m’inginocchiavo, pronto a servirlo. Mi diceva roba tipo:
‘Lenny! Mi sudano i piedi, hai voglia di uno spuntino?’ oppure ‘Muoviti Lenny!! Ho bisogno della tua lingua!’
Non faceva che camminare scalzo per casa e quando doveva infilarsi le scarpe per uscire mi chiamava a leccare lo sporco sulle piante annerite.
‘Anche in mezzo alle dita Len! Possibile che devo dirtelo ogni volta?’ mi apostrofava ridendo, probabilmente di quanto fossi patetico.
Una volta a cena superò se stesso. Eravamo a tavola e io avevo cucinato una frittata. Un pezzetto finì per terra sotto il tavolo e lui, senza farci caso, la pestò:
‘Aaaahhh cavolo!’ si lamentò guardandosi la pianta. Poi sorrise e mi guardò furbastro. Sbatacchiò il piede sulla tavola a pochi centimetri dal mio piatto e mi disse con quella sua facceta teneramente diabolica:
‘Abbiamo finito lo scottex, non ti dispiace usare la lingua, vero?’ io gli sorrisi divertito, scossi la testa e lavai con cura la sua giovane pelle, schiavizzato com’ero da quel suo ghigno perfetto.

Ma non gli bastò tenermi tutto per se. Circa due settimane dopo, rientrò a casa dopo gli allenamenti con altri due ragazzi della squadra. Indossavano ancora le uniformi ed erano evidentemente molto accaldati.
‘Lenny questi sono Miguel e Leo! Gli ho detto di quella cosa della riflessologia e vogliono provare!’ io lo guardai un po’ stranito ma il suo sguardo la diceva lunga. Non c’erano mai state minacce da parte sua, semplicemente facevo tutto quello che mi diceva e lui aveva capito molto bene le regole di quel gioco perverso.
‘Ok’ gli dissi ‘accomodatevi pure’ m’inginocchiai per primo davanti all’ispanico, un ragazzo forse un anno o due più giovane di Adam. Gli tolsi le scarpe e cominciai a massaggiargli i piedi umidi.
‘Ma davvero non gli da fastidio l’odore?’ chiese Miguel a Adam come se io non fossi neanche nella stanza.
‘Nah, anzi gli piace annusarli, vero Len?’ feci un timido cenno di assenso e Adam continuò:
‘Avanti, fagli vedere quanto ti piace!’ morivo d’imbarazzo ma gli obbedì e affondai il naso nei piedi che avevo davanti inspirando a pieni polmoni. I ragazzi risero e cominciarono a farmeli annusare a turno, il massaggio ormai era soltanto un pretesto. Naturalmente anche quella diventò un’abitudine.

Per cinque mesi ho annusato, baciato e leccato i piedi ad Adam e ai suoi due amici godendo di tutto quel meraviglioso testosterone dall’odore e dal sapore così virilmente pungente. Adam usava l’appartamento come un porto di mare, andavano e venivano come e quando volevano, io ero poco più di un giocattolo in esso contenuto. Se penso ai festini fino alle quattro del mattino oppure le partite di football che guardavano insieme sul divano, mentre io li servivo facendo loro da poggiapiedi o leccando, grato della loro generosità. Tutte occasioni che lasciavano puntualmente la casa in condizioni pietose, casa che io dovevo ovviamente ripulire al termine, mentre Adam dormiva cosicché potesse svegliarsi nel pulito. Quanti bei ricordi! Poi una sera mentre lo servivo davanti alla televisione mi disse inaspettatamente che si sarebbe trasferito:
‘…abbiamo trovato un appartamentino con tre camere, non è lontano da qui e se dividiamo le spese dovremmo farcela…’ io rimasi di sasso.
‘Ma perché? Non ti trovi bene qui?’ Gli chiesi smettendo per un attimo di succhiargli l’alluce. Lui rise:
‘Hahaha!! Certo che mi trovo bene qui e non ho alcuna intenzione di rinunciare a nessuno dei tuoi servizietti, fratello! Semplicemente ho voglia di andare a vivere con i miei amici, lo so che tu li vedi solo come due paia di piedi da leccare…’ mi disse ridacchiando ‘…ma Leo e Miguel sono in gamba, sai?!’ concluse canzonandomi tronfio. Aveva dello sporco nerastro sotto il mignolo e ripresi a leccare.
‘Per quanto riguarda le pulizie direi che per cominciare puoi venire da noi un paio di volte a settimana, così puoi portarti a casa tutta la nostra roba da lavare e riportarcela la volta dopo.’ annuii cercando di capire come la mia vita si sarebbe dovuta aggiustare alle sue esigenze.
‘Ah, a proposito, il letto me lo porto via, tanto tu non puoi dormirci giusto?’ che sorriso ammaliante che aveva.
‘No, no, è tuo…’
‘Fico, ci si scopa da dio, sai?! hehehe!’ sorrisi.
‘Beh, ti credo sulla parola, di pratica ne hai fatta tanta!’ rise.
‘Dopo gli allenamenti verremo sempre qui a rilassarci, a farci un paio di birre mentre tu lecchi…’ prese un sorso di birra ‘…lo sai? Quello è in assoluto il momento migliore per farsi leccare i piedi, quando ti sudano! C’è qualcosa di confortante a pensare che c’è qualcuno disposto a ingoiarsi con amore tutto quello schifo in qualunque momento tu voglia!’ gli sorrisi e lui sorrise a me.
‘Mi mancheranno i nostri momenti d’intimità, tipo questo, o la colazione insieme…’ gli dissi un po’ nostalgico. Lui rise.
‘Hey, guarda che non mi trasferisco mica dall’altra parte del mondo, sto a dieci minuti a piedi da qui amico, pensi che non ti chiamerò per farmi servire quando ne ho voglia?’ cercai di gustarmi quelle piante odorose fino all’ultimo, chissà quando mi sarebbe ricapitato.
‘Il problema è che io ho molto più bisogno di te che tu di me, Adam!’ sorrise.
‘Hehehe! Nah, non esserne sicuro fratello, ormai mi sono abituato ad una vita MOLTO facile e non ho nessunissima intenzione di rinunciarci, puoi stare tranquillo! Hehehe!!’ mi sorrise incoraggiante e io tornai a leccare sollevato.

Ormai sono due mesi che sono tornato a vivere da scapolo. Vedo Adam, Miguel e Leo tutte le settimane. A volte capita che loro siano in casa quando vado a pulire il loro appartamento. In quei casi spesso mi fanno rimanere a cena, o per meglio dire mi fanno preparare la cena per loro tre e in cambio mi permettono di accucciarmi sotto al tavolo e deliziarmi a leccargli i piedi mentre mangiano. Quello è uno dei miei momenti preferiti. Sono così abituati a me che a volte si dimenticano persino della mia esistenza chiacchierando tranquillamente come tre ragazzi farebbero a cena.
Ooops! Sono quasi le cinque, mi stanno aspettando! Oggi mi tocca pulirgli il bagno, cavolo neanche ci provano a pisciare nel buco, ogni volta che ci vado c’è sempre uno schifo sul pavimento! Beh, volete sapere qual è la morale? Non sono sicuro che ce ne sia una, in effetti. Io so solo che adesso sono molto più felice. Ora devo andare veramente ragazzi, spero che la mia esperienza possa esservi stata utile. Ricordate: le occasioni ci sono, basta sapere approfittarne.
A presto.

Lenny

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