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Rubrica “Lettere a Cinzia”

By 15 Settembre 2012Febbraio 9th, 2020No Comments

Prima del massiccio uso di internet da parte di chiunque, collaboravo con una pubblicazione quindicinale -rigorosamente su carta pattinata!-, di squisito carattere pornografico per scrivere brevi racconti, in modo da dare una cornice narrativa alle sequenze fotografiche che pubblicavano ed anche per occuparmi della rubrica delle ‘Lettere a Cinzia’.
L’incarico mi divertiva, perch&egrave spesso i lettori avevano goffe curiosità, chiedevano imbarazzati chiarimenti o raccontavano -spesso in un italiano accidentato!- avvenimenti che avevano vissuto e che volevano condividere con una platea più ampia possibile.
Quando queste lettere rasentavano l’oltraggio alla lingua italiana, prima di dare la mia immancabile risposta od il mio breve commento, cercavo di… tradurre in italiano comprensibile gli scritti (quasi tutti a mano, spesso con grafie non di rado difficilmente interpretabili!) anche se cercando di rendere lo… spirito dell’autore e poi, sul mio antico pc, salvavo i lavori.
Un giorno mi arrivò una di queste narrazioni scritta da un uomo, abbastanza lunga e faticai un paio di pomeriggi per… tradurla, ma trovai i fatti narrati assolutamente piacevoli ed adatti ad incontrare il gusto dei nostri lettori.
Ovviamente, la storia mi rimase scolpita nella mente e, dopo circa un mesetto, arrivò alla nostra casella postale un’altra lettera, dove una lettrice raccontava, in modo molto articolato e -con mio grande sollievo!- in un buon italiano, una vicenda che, man mano che proseguivo la lettura, mi ricordava qualcosa…
Frugai nella memoria del computer e notai che era la stessa vicenda raccontata il mese prima dal tizio di cui parlavo; il controllo del timbro postale sulle due missive, mi confermò che entrambe provenivano dalla stessa città.
Per una strana combinazione, ero in possesso delle due versioni di un identico fatto, anche se la seconda lettera mi illuminava sul prosequio della vicenda.
Lì a qualche tempo, poi, arrivò in redazione anche la lettera di una terza persona ed anche questa raccontava -in pratica- il seguito di quella vicenda…
Buona lettura!

La lettera di Giulio
Devi sapere che, dopo qualche tempo dal mio matrimonio, mia moglie decise di partecipare ad un concorso pubblico e, vista la sua refrattarietà a certe materie, le feci dare lezioni private da un giovane professore. Questi disse che del compenso se ne sarebbe parlato successivamente e che tutto sarebbe dipeso dall’intelligenza di mia moglie (che il professore aveva voluto conoscere prima).
Io notavo che, per andare a queste lezioni, mia moglie si truccava, si vestiva elegantemente ed anche con una certa civetteria (tacchi alti, minigonne o gonnellone, scollatura profonda) e ciò mi piaceva, ma il pensiero che il suo professore potesse rivolgerle particolari attenzioni addirittura mi eccitava e parecchie volte mi sono tirato una sega in preda a tali pensieri.
Casualmente, un giorno venni a sapere che il professore non era uno stinco di santo e quando chiesi a mia moglie, mentre la montavo con particolare furore, come si comportava il professore, lei mi rispose che lui “non era insensibile alla sua bellezza”. Feci finta di non capire quella risposta, ma le straripai in fica tutto d’un colpo il fiume di caldo sperma che avevo in corpo.
Un giorno notai che sotto il cappotto mia moglie aveva indossato una vertiginosa minigonna per andare a lezione. La mia eccitazione fu enorme. Aspettai che mia moglie tornasse e mi feci trovare davanti alla televisione mentre mi masturbavo dolcemente. La feci avvicinare, le sbottonai il cappotto e quindi, alzatale la minuscola minigonna e abbassatele le mutandine (la porcella indossava calze autoreggenti anziché i soliti collant!), le leccai la fica appassionatamente ingoiando tutti gli umori della fica di mia moglie fino a che non venne.
Da quella volta, quasi tutte le volte che mia moglie ritornava dalle lezioni, era lei stessa ad avvicinarsi e mi dava la fica da leccare.
Sostenuti gli esami, mia moglie entrò in graduatoria ed il professore mi disse che non voleva alcun onorario perché mia moglie era stata “molto comprensiva e molto brava”.
Per disobbligarmi in qualche modo, allora, invitai il professore a casa nostra per un sabato sera, a cena. Mia moglie fu entusiasta dell’idea e lei stessa prese accordi con il suo professore per l’ora e per la scelta dei piatti.
Quel sabato sera, poi, indossò un’arditissima minigonna che le copriva appena la fica, una camicetta scollatissima e tacchi alti che le allungavano le belle ed affusolate gambe in modo meraviglioso; entrando, inavvertitamente, in camera mentre si stava vestendo, mi accorsi che non aveva indossato gli slippini e la cosa mi sconvolse i sensi.
Il professore ci sapeva fare, era un uomo di mondo. Durante la cena non finiva mai di rivolgere apertamente complimenti a mia moglie, a mano a mano sempre più pesanti, e rivolgerle concupiscenti sguardi e sia le frasi che gli sguardi erano bene accetti da lei e segretamente graditi anche da me che non riuscivo più, ormai, a nascondere la mia eccitazione.
Dopo il pasto ed abbondante vino (a me girava perfino un pochino la testa), mia moglie mise un disco; una musica dolce, era un lento; lei ed il professore cominciarono a ballare allacciandosi strettamente l’un l’altra.
Seduto su una poltrona, vedevo che lui biascicava parole alle orecchie di mia moglie, che non faceva nulla per evitare lo strofinio del cazzo del professore sulla sua fica. Lei, anzi, mettendogli le braccia intorno al collo, se lo sorbiva tutto. A questo punto lui, dopo una rapida occhiata verso di me e rassicurato da un mio vago sorriso, cominciò a spogliarla lentamente, mentre continuavano a ballare, finché mia moglie non rimase completamente nuda. Io non mi trattenni più: tiratomi fuori l’uccello, cominciai a spararmi davanti a loro una grandiosa sega.
Allora mia moglie si mise in ginocchio davanti al suo partner, tirandogli fuori un meraviglioso cazzo, grosso e lungo, e cominciò a leccarglielo golosamente come una puttana di professione, con dovizia di movimenti di lingua e di labbra, fino a quando lui le sborrò furiosamente in bocca e lei, da vera troia, ingoiò tutto lo sperma. Indi, messosi nudo pure lui, fece sdraiare mia moglie sulla sponda del divano e con un paio di colpi da toro, sapientemente assestati, prima la chiavò e poi la inculò e tutte le volte che sborrava portava il cazzo alle labbra di mia moglie che glielo puliva diligentemente ingoiando tutto, mentre io mi godevo lo stimolantissimo spettacolo.
Da quella sera, il professore &egrave l’amante di mia moglie, che si fa chiavare spesso in mia presenza sia da lui che da alcuni suoi amici (anche tre o quattro alla volta!) ed il professore, dopo le primissime volte, ha cominciato a chiedermi prima piccole cortesie (come porgergli da bere mentre montava mia moglie, o aprire la porta ai suoi amici che venivano a chiavarla), poi ha cominciato a volere che preparassi e servissi la cena a tutti, o di tenermi pronto ad asciugare le secrezioni che colano dai buchetti di mia moglie, tra un maschio e l’altro, prima semplicemente con una salviettina e poi leccandola direttamente. E’ giunto (perfino!) a chiedermi di eccitare con le mani e con la bocca un suo amico perché mia moglie lo aveva troppo stancato e non sarebbe riuscito ad incularla bene; anzi, da quella volta, spesso mi viene richiesto di riportare in tiro i loro cazzi, anche se qualcuno non si controlla troppo e mi sborra in bocca! Poi, ha preteso che facessi tutti questi piccoli servizi prima con una parrucca bionda, poi addirittura vestito da cameriera ed ora con solo un paio di calze autoreggenti, la parrucca, tacchi a spillo ed un grembiulino. Io, per quieto vivere, ho accettato tutto, ma lui adesso vorrebbe inculare pure me. Ma, mi viene da domandarmi, cosa penserebbe mia moglie, di me, nel vedermi sotto i colpi del suo amante?

Caro Giulio.
Ho letto con vivo interesse la tua particolareggiata lettera.
Devo anzitutto dire che &egrave stato molto bello, da parte tua, preoccuparti affinché la tua giovane mogliettina fosse perfettamente in grado di partecipare a quel concorso pubblico.
Evidentemente, però, sei riuscito a trovarle un insegnante di fortissima personalità che, se può essere una dote eccellente per chi si limita ad insegnare, può avere effetti sconvolgenti sulla routine di una coppia pacifica come la vostra.
D’altra parte diciamo che tu ti sei reso puntualmente conto dell’evoluzione del rapporto tra l’insegnante e tua moglie ma, per una chiara forma di tuo masochismo mentale, del quale -forse- non ti eri neanche mai reso conto, ti sei adattato perfettamente alla parte che questa commedia aveva in serbo per te: quella del marito becco e contento.
Già dopo aver ascoltato le dicerie sul docente, infatti, hai lasciato correre ed anzi ti eccitava notevolmente che tua moglie confessasse di non essere -assolutamente!- disprezzata (come femmina!) dall’insegnante. Quando, poi, l’hai sorpresa con un abbigliamento più adatto ad un incontro carnale che ad una dura sessione di studio (ed anzi leccandole il sesso rorido di umori anche non suoi), non ti sei minimamente scomposto.
Dopo il superamento dell’esame, inoltre, avresti dovuto capire che, se l’insegnante non chiedeva una monetizzazione delle sue prestazioni, doveva aver avuto qualche altro genere di pagamento! Pagamento che &egrave continuato alla famosa cena per sdebitarsi, come l’hai definita tu rivestendola con un sottile velo di ipocrisia, dove hai finalmente (finalmente per te, che non aspettavi altro che poter incontrovertibilmente vedere la tua lei con un altro!) potuto… toccare con mano quanto tua moglie fosse in sintonia con il docente, fingendo di essere ubriaco per meglio goderti lo spettacolino di tua moglie che dimostrava una grande pratica ed un grande affiatamento con il corpo e le voglie dell’altro.
La forte personalità del professore, poi, ha avuto facile gioco nei tuoi confronti nelle tappe successive di questo erotico gioco dell’oca: hai accolto in casa tua gli amici di lui che venivano a godere dei favori di tua moglie, ti sei lasciato piegare ad accoglierli -da perfetto padrone di casa-, a rendergli piccoli servigi mentre godevano la tua compagna e poi -via via, in un crescendo rossiniano- a detergere tua moglie tra un accoppiamento e l’altro, dimostrando anche una certa omosessualità latente che, probabilmente, avevi sempre rifiutato di riconoscere…
Adesso mi poni la questione di con quali occhi tua moglie ti guarderebbe, se tu cedessi alle intenzioni di sodomizzarti del professore; voglio rassicurarti: ai suoi occhi, tu saresti sempre la stessa persona: succube, femminilizzato, già abile a spompinare e -vedrai!- diventerai anche molto abile a far godere i maschi col tuo culo.
Buona vita!
La lettera di Barbara
Carissima Cinzia, vorrei un consiglio da te.
Devi sapere che, circa un anno fa, ho deciso di partecipare ad un concorso pubblico e che, per essere aiutata nelle materie più difficili, mio marito mi ha fatto prendere lezioni private da un professore.
Questo professore, che si chiama Mario, &egrave un uomo molto bello, alto, bruno, ben fatto, con una erotica voce bassa e decisamente affascinante. Prima di accettare di darmi queste lezioni ha voluto conoscermi, per valutare le mie potenzialità, come diceva lui. Mi sono presentata vestita in modo sportivo, una gonnellona di flanella a fiori, un maglione ed il montone, lui mi ha guardato, mi ha fatto restare in piedi e mi ha chiesto di girare su di me, lentamente.
Perplessa, ho eseguito e lui, alla fine, mi ha fatto un meraviglioso sorriso e mi ha fatto sedere. Poi mi ha detto che lui &egrave un insegnante molto severo, ma che col suo sistema sarei stata certa di entrare in graduatoria; però avrei dovuto ubbidirgli senza alcuna esitazione. Ti devo confessare che questo discorso mi aveva un po’ impaurita ma, tenendo molto a quel posto, ho accettato.
Lui allora mi ha sorriso e mi ha detto: “tirati su la gonna!”. io l’ho guardato stupita e lui si &egrave arrabbiato molto: “Ti ho detto che dovrai eseguire qualunque ordine senza alcuna esitazione, stupida!”. Mi sono vergognata molto, sia della situazione che dell’epiteto, ma ho ubbidito.
Allora mi ha fatto un altro meraviglioso sorriso (come se non fosse successo niente), mi ha chiesto di fare un’altra piroetta, osservandomi bene le gambe ed i fianchi, e poi mi ha detto che ero molto bella, ma che non avrei mai dovuto indossare pantaloni o collant perché non mi stavano bene, precisando che quello era un ordine. Stavo per levarmeli, soggiogata dalla sua personalità, ma mi ha sorriso ancora, mi ha detto che la cosa valeva dalla prossima volta e ci siamo accordati per la prima lezione.
Abbiamo cominciato a studiare assieme e se non soddisfacevo le sue aspettative, si arrabbiava e mi faceva paura. Un giorno che per distrazione avevo fatto uno stupido errore, mi ha afferrato per i capelli, mi ha messo per traverso sulle ginocchia, mi ha alzato la gonna, abbassato gli slippini e mi ha sculacciato molto forte, dandomi venti colpi (contati!).
Le sue mani sembravano di ferro e, alla fine, mi sentivo il sedere in fiamme. Dopo qualche minuto, mi disse di tornare a sedermi accanto a lui, ché dovevamo andare avanti, ma non riuscivo a stare seduta. Allora mi ha detto di sdraiarmi sul divano e di tirar su al gonna e mi ha spalmato una pomata anestetica.
Io mi sentivo molto turbata, addirittura eccitata e, mentre mi stava spalmando la crema, schiusi un pochino le cosce; la sua mano esitò un attimo, poi riprese a scorrere delicatamente sulle mie natiche arrossate. Allora allargai ancora un pochino le gambe e, dopo un’altra breve esitazione, le sue dita cominciarono a sfiorarmi sempre più dappresso l’attaccatura delle cosce. Sollevai un pochino il sedere, allargando ancora un pochino le ginocchia e venni finalmente ripagata dalle sue dita che mi accarezzavano lievissimamente le labbra della mia topina, sfiorandomi appena i peluzzi e provocandomi un brivido di piacere.
Non ricordo se mi scappò un gemito, ma sentii le sue dita schiudermi la micetta ed insinuarsi dentro, mentre mi cominciava a baciare sul collo. Allora mi voltai, lo baciai a mia volta e, presa da un turbine di libidine, gli cercai la patta dei pantaloni, gli aprii la lampo e mi trovai in mano uno stupendo cazzo di dimensioni assolutamente grandiose.
Facemmo l’amore e, da quella volta, diventammo amanti.
Mario pretendeva che io, in casa sua, non indossassi mai le mutandine, obbligandomi a levarle ed a rimettermele, di solito, nell’ascensore.
Era diventato sempre più imperioso ed esigente; un giorno mi sodomizzò (era la prima volta, non lo avevo mai voluto concedere neanche a mio marito!) e sentii molto male, ma non me ne importava.
Frattanto, mio marito doveva aver cominciato a sospettare qualcosa, ma anziché arrabbiarsi, mi dava l’idea che la situazione lo eccitasse: una sera, mentre stavamo facendo l’amore (ma quanto era banale e noioso, dopo aver conosciuto l’uragano dei sensi con Mario!), mi chiese se il professore mi avesse fatto qualche proposta ed io, sulla difensiva, gli risposi ambiguamente che non era insensibile alla mia bellezza e lui venne in un attimo, eccitatissimo dalla mia risposta; un giorno -poi- rientrata dalla lezione, ero ansiosa di andare in bagno per rinfrescarmi (Mario mi veniva sempre dentro e non voleva che mi lavassi a casa sua: “così mi porti a casa con te!” era solito dirmi, torcendomi i capezzoli), ma lo trovai in soggiorno con il cazzo in mano; mi fece avvicinare, mi slacciò il cappotto, mi alzò la minigonna, mi tolse gli slippini (annusandoli, eccitato) e cominciò appassionatamente a leccarmela, facendomi il bid&egrave che desideravo tanto.
Dopo quella volta, ogni volta che tornavo a casa, ero io stessa a cercarlo per farmi leccare.
Un giorno arrivai dal mio fantastico professore e, appena mi aprì la porta, lo baciai gettandogli le braccia al collo. Solo in un secondo tempo mi accorsi che c’era un altro uomo, ma lui disse che non importava, che avrebbe atteso la fine della lezione.
Cominciammo a lavorare sui libri e lui cominciò, come suo solito, ad accarezzarmi la topina: la carogna sapeva che, facendo così andavo in libidine, ma continuò incurante del fatto che l’altro fosse nella stanza, dietro di noi.
Dopo un pochino, ero già su di giri, mi afferrò la nuca e mi bacio con energica passione. Mentre contraccambiavo il bacio, sentivo che l’uomo era venuto vicino a noi e che probabilmente, stava osservando la mano che Mario mi teneva tra le gambe; cercai di socchiuderle, ma lui me le forzò ancora più aperte con la mano e, contemporaneamente, mi girò la testa dall’altra parte, dove trovai a pochi centimetri dalle labbra, il cazzo dell’uomo. Feci per rifiutare, ma mi ordinò di succhiarlo ed io obbedii.
Mentre ero alle prese col cazzo dell’uomo, che mi teneva con le due mani per la testa, Mario mi fece alzare, mi alzò intorno alla vita la gonna e mi spinse, con un colpo brutale, il suo cazzo nel culo. L’allenamento che mi aveva fatto alla parte, mi permise di sentire solo una fuggevole fitta e presto, incalzata dai colpi possenti di lui, godetti.
Allora si sfilò, mentre sentivo il suo seme colarmi dal buchetto allargato giù lungo le cosce e sempre lasciandomi in balia dell’uomo che mi stava pilotando per la testa in un lungo pompino, ed andò ad aprire la porta di una stanza dietro di me: dopo pochi secondi, avvertii la presenza di alcuni uomini e feci per girarmi, per andare via, ma subito sentii un cazzo (sconosciuto) che mi entrava nella topina.
Poi… poi non ricordo altro che di essere stata portata, di peso, nel letto e di aver fatto all’amore con tutti gli uomini insieme, cinque. Avevo sempre qualcuno che mi metteva il cazzo nella fichina, o nel culetto, od in bocca, o che si faceva masturbare da me, o che mi leccava dappertutto sia da solo che in concerto con altri.
Fu un pomeriggio molto lungo, dove studiai molto poco, ma dove godetti da impazzire e fu solo il primo di altri ugualmente affollati e goderecci.
Alla fine arrivò il giorno del concorso, dove riuscii ad entrare in graduatoria. Mio marito chiese a Mario quando gli dovesse di onorario, ma lui (che era solito definirlo con gravi epiteti e che, fondamentalmente, lo disprezzava) disse che non gli doveva niente perché mi ero dimostrata “molto comprensiva e molto brava”. Allora mio marito, per sdebitarsi, lo invitò a cena un sabato sera e mi incaricò di accordarmi con Mario per quanto riguardava l’ora e le pietanze.
La sera fatidica, decisi di indossare una minigonna assolutamente favolosa, una camicetta molto leggera ed un paio di scarpe coi tacchi a spillo, che mi slanciavano le gambe in maniera veramente arrapante. Stavo dimenticando che Mario detestava gli slippini e me li tolsi poco prima che arrivasse.
A tavola, la cultura ed il fascino di Mario lo resero il centro dell’attenzione, anche se mi rendevo conto che continuava a riempire il bicchiere di mio marito con l’ottimo vino che avevamo; durante tutta la cena, inoltre, continuava a gettarmi occhiate maliziose ed a farmi complimenti, prima garbati e civili, poi sempre più spinti e che mi turbavano piacevolmente; dal vago sorriso ebete di mio marito e dalla sua incongrua erezione, capivo che, su di lui, il vino aveva fatto il suo bell’effetto.
Dopo cena, decidemmo di sentire un pò di musica e misi sul giradischi un lento: Mario mi invitò garbatamente a ballare, stringendomi forte. Mentre mio marito ci osservava svagatamente da una poltrona, lui mi mormorava osceni programmi nell’orecchio, facendomi anche sentire il cazzo duro contro il pancino e sfidandomi a fargli un pompino davanti a mio marito.
La cosa mi intrigava, devo essere onesta, e lui cominciò, sempre mentre ballavamo, prima a slacciarmi la camicetta, poi a sfilarmela e poi mi slacciò la gonna, facendomela cadere attorno ai piedi. Come la minigonna toccò il pavimento, mio marito tirò fuori il suo cazzetto e cominciò a farsi una pippa lì davanti a noi. Allora mi inginocchiai davanti a Mario e glielo tirai fuori, leccandolo e succhiandolo come mi aveva ben insegnato. Dopo un pochino, sentii il cazzo del mio amante ingrossarsi ancora di più e, in pochi attimi, mi riempì la bocca di sperma, che mi affrettai ad inghiottire, golosa.
Mentre mio marito continuava a guardarci ed a farsi il suo seghino, Mario si spogliò completamente, mi depose sulla spalliera del divano a pancia sotto e mi chiavò ed inculò potentemente. Io godetti come una pazza e, dopo che era venuto, gli pulivo con passione il cazzo leccandoglielo accuratamente.
Da quella volta, Mario pretese di scoparmi sempre in presenza di mio marito e devo dire che mi eccitava, contribuire ad umiliare quel cornuto, che continuava con le sue pugnette.
La fantasia di Mario era scatenata: cominciò a chiedere a mio marito di portargli da bere mentre facevamo l’amore (e quello obbediva scodinzolando!), poi, quando decise di far venire a casa mia anche i nostri amici (quelli che erano soliti fare all’amore con me a casa di Mario), gli ordinava di andargli ad aprire la porta e di comportarsi da perfetto padrone di casa, aiutandoli a levarsi i cappotti, offrendogli da bere ed introducendoli nella camera dove io e Mario facevamo all’amore. Poi ha preteso che preparasse la cena e la servisse a tutti noi e che fosse sempre pronto, a suo comando, ad asciugarmi lo sperma dai miei vari buchetti e di dosso, prima con una salviettina, poi direttamente con la lingua.
Un giorno decise che l’educazione di mio marito necessitava di un “salto di qualità”, come lo definì lui, e lo costrinse, con una scusa, a fare un pompino ad uno degli amici; da quella volta, dopo che qualcuno veniva con me, andava da lui a farselo ridiventare duro e lui ci dava dentro, con la bocca e le mani, per non farsi fare urlacci da Mario.
Alla fine gli regalò una parrucca da donna -bionda, coi ricciolini- e gli impose di tagliarsi i baffi e fare tutto ciò che lui ordinava con la parrucca ed una divisa da cameriera indosso.
Adesso mio marito, quando ci fa da cameriera, indossa solo la parrucca, un paio di calze autoreggenti, il grembiulino ed i tacchi a spillo, e Mario sta accarezzando l’idea di fargli anche il culo (fargli significa che lui sarà il primo e poi anche gli altri ci daranno dentro: ormai siamo un bel gruppo affiatato!); devo dirti che l’idea mi stimola molto, anche perché Mario &egrave molto abile, in questi addestramenti: pensa che, ogni tanto, riesco ad ospitare nel culetto perfino due cazzi per volta e non vedo l’ora che anche mio marito (che tanto come uomo non &egrave gran cosa) riesca ad essere così ospitale.
Dopo questo lungo preambolo, vengo alla domanda: Mario ha visto una foto di mia cognata, una stronzetta di diciott’anni che si da un sacco di arie, e l’ha giudicata graziosa.
Cosa ne penseresti se convincessi Mario a sedurla, ad introdurla nelle nostre movimentate festicciole (con suo fratello, cio&egrave mio marito!, nel ruolo di Sissy, di cameriera culattona), per farle un pò abbassare le arie, farle ben aprire la fichetta (che, da come si comporta &egrave convinta di avere solo lei!) ed il culetto e, con un pò di tempo e di applicazione, farla diventare la mia schiavetta personale obbligandola, per esempio, a leccarmi per bene la fica ed il culetto dopo che mi ci hanno sborrato dentro?
Rispondimi con celerità, ti prego.

Dolce Barbara.
Ti rispondo con la massima celerità possibile dai nostri tempi di uscita in edicola e spero che sia sufficiente.
Riguardo al quesito che mi poni, devo confessarti che un po’ mi mi dispiace per tua cognata, che finirebbe in mezzo ad un meccanismo che potrebbe portarla molto lontano dalla vita che forse immaginava.
Una diciottenne semplice, inesperta, in balia di un uomo della Personalità di Mario e vittima delle tue turpi voglie…
La immagino al centro dei vostri festini, abusata da un numero sempre crescente di persone, che le chiedono sempre di più, che la portano a scoprire i suoi limiti, fisici e psichici, per travolgerli e spostarli un po’ più avanti ogni volta…
Beh, son felice di non essere IO tua cognata!
D’altra parte, lasciando in secondo piano l’aspetto -diremo così- umano della cosa, trovo estremamente suggestivo il tuo progetto e, se mai lo metterai in essere, faresti la mia gioia a farmi sapere se &egrave andato a buon fine.
Un abbraccio, terribile Signora! La lettera di Paola
Ti devo assolutamente raccontare cosa mi &egrave successo da un tre mesi a questa parte.
Devi sapere che con mia cognata non andavo molto d’accordo, perciò non frequentavo granché mio fratello Giulio; magari lo sentivo una volta al mese, per telefono, ma nulla più.
Puoi immaginare il mio stupore quando Barbara mi ha telefonato, tutta miele, per invitarmi a cena a casa loro. Pur non essendoci eccessivamente simpatiche, mi sembrava scortese rifiutare, tanto più che aveva accennato alla presenza di un loro amico, a questa cena.
Pensai ad una serata un pò pallosa, con questo loro amico che mi immaginavo, come Giulio, oltre i trent’anni, ma per quieto vivere -ed anche perché mio fratello mi aveva caldamente pregato di accettare- mi sono fatta forza e ci sono andata.
Avevo deciso, non so neanch’io perché, di vestirmi sexy, con una minigonna mozzafiato, scarpe col tacco alto, un’ampia canottiera scollata per divertirmi ad eccitare questo loro misterioso amico e per fare irritare un pochino Barbara.
Stefano, il mio ragazzo, mi aveva chiesto anche lui di uscire, quella sera, ma… non ne avevo voglia: lui &egrave gentile, delicato, educato, quando facciamo all’amore mi scopa con discreta passione, ma sempre frenato dalla paura di farmi male, di rompermi -manco fossi di cristallo!- (e non &egrave che il suo cazzo sia poi quella gran cosa che lui crede!) ma… non te lo so spiegare: mi sentivo stranamente attratta da questo inaspettato invito a cena.
Arrivata a casa loro, mi ha aperto Barbara e ci siamo scambiate il solito formale bacio sulla guancia, anche se lei mi ha abbracciato con più slancio di quanto mi aspettassi e mi ha presentato al tizio, un certo Mario come “la sua adorabile cognatina”. La cosa avrebbe dovuto puzzarmi, ma ero intenta a rimirare Mario: alto, nero, viso abbronzato in cui spiccavano due occhi azzurri, un naso forte ma molto virile ed un mento con la fossetta, con una bella figura muscolosa, una stretta di mano asciutta e salda, una voce bassa molto sensuale e, sopratutto, una maniera di guardarmi, di spogliarmi con gli occhi che, non lo nego, mi aveva provocato un brivido di eccitazione.
Bevemmo qualcosa come aperitivo e notai che Giulio, che si era tagliato i baffi, pendeva dalle labbra di Mario -che aveva chiesto che fosse mio fratello a servire gli aperitivi- e, mentre Giulio era girato verso il mobile bar per mescere le bevande, Mario aveva accarezzato il culo di Barbara, ma senza fretta, come se facesse qualcosa che aveva il diritto di fare e non gli importasse essere di essere visto da Giulio.
Ci sedemmo a tavola (io alla destra di Mario e di fronte a mio fratello, che aveva la moglie a fianco) e Giulio servì lui la cena, mentre l’uomo si dimostrava un conversatore affascinante e mentre continuava a farmi brindare alle mia bellezza.
Durante la cena, Barbara si scostò un poco dal tavolo e notai che non indossava mutandine. La cosa mi stupì solo un poco: cominciavo a capire che lei e Mario andavano fin troppo d’accordo.
Arrivati quasi al dolce, mi sentivo languida per il vino bevuto e mi accorsi che il mio vicino mi aveva messo una mano sul ginocchio e che aveva cominciato ad accarezzarmi la coscia, pur continuando a conversare con Barbara. Mi girai verso di lui per provare a protestare, ma la sua mano mi strinse molto energicamente la gamba, facendomi perfino un pò male. Allora decisi di vedere dove voleva arrivare: mi intrigava anche pensare di sedurre l’amante di mia cognata e proprio davanti a lei!
La sua mano, sempre seguendo la coscia, si infilò sotto la mini e arrivò contro il tanga che indossavo sotto: me lo grattò lentamente con le unghie, provocando vibrazioni che si trasmettevano piacevolissimamente alla mia fichetta, tanto che, dopo qualche istante, schiusi maggiormente le gambe; dopo qualche minuto, le sue dita cercarono di scostare il bordo dell’indumento e si impazientirono. Mentre la conversazione proseguiva (ridevamo molto), Mario levò di scatto la mano dalla mia fichetta e se la mise rapidamente in tasca; poi tornò sotto la mia gonna e sentii il freddo di qualcosa di metallo: aveva preso un coltellino e con quello mi tagliò le stringhe del mio tanga (nuovo!) prima che potessi, in qualche modo, evitarlo. Mentre la mano dell’uomo armeggiava tra le mie gambe, impossessandosi della spoglia dell’indumento (che mise in tasca assieme al coltellino) Barbara fece vistosamente cadere il tovagliolo ed infilò la testa sotto il tavolo, vedendo cosa il suo amante stava combinando. Quando rialzò il capo, mi guardò fissa negli occhi, con un’espressione indecifrabile negli occhi; decisi di sostenere lo sguardo e di rivolgerle un sorrisetto, pensando di aver vinto. Lei distolse deliberatamente lo sguardo ed io gongolai, dentro di me, per lo smacco inflittole.
Dopo cena, Giulio mise un ellepì di lenti sullo stereo e Mario, galantemente, mi invitò a ballare: accettai con vero piacere e ballammo molto stretti, con gli occhi di mia cognata sempre addosso. Mario mi faceva sentire il suo cazzo inalberato contro il pancino ed io mi godevo l’arrapante attrito: l’uomo aveva una dotazione di tutto rispetto. Cominciò a mormorarmi dolci porcate all’orecchio e dopo un pochino, Giulio e sua moglie cominciarono a sparecchiare; mentre erano in cucina, Mario mi disse di fargli un bocchino: ovviamente rifiutai, con mia cognata e mio fratello nei paraggi! Allora lui mi afferrò per i capelli, mentre si tirava fuori il cazzo, e mi abbassò fino all’altezza giusta, spingendomelo poi tutto in bocca. Ti devo confessare che, da una parte, i modi brutali dell’uomo mi eccitavano, come mi eccitava il suo cazzo spinto fino in gola, ma dall’altra avevo il terrore che tornasse mia cognata e che mi facesse una scenata. In effetti, mia cognata tornò e mi sorprese in quell’imbarazzante situazione: “bene -disse- ma guarda come la santarellina si dà da fare, in casa mia!”. Io provai a divincolarmi, ma la stretta dell’uomo ai miei capelli si fece ancora più ferrea. Stranamente, però, Barbara, dopo quel commento tornò in cucina e Mario mi pilotò, sempre tenendomi per i capelli, verso il tavolo da pranzo che era, ormai sgombrato. Poi, mi fece rialzare, mi stese prona sul tavolo ed io sentii il suo cazzo pulsante che mi entrava nella fica, sempre tenendomi saldamente per la mia povera capigliatura. Io provai ancora a ribellarmi, ma ero pressata contro il bordo del tavolo dal peso dell’uomo che -me ne resi conto in un lampo- mi stava violentando! Però, in fondo, devo dire che la brutalità di Mario mi stava eccitando moltissimo e sentivo la mia fichetta pulsare e non me ne fregava più niente di mio fratello e di quella stronza di sua moglie: volevo solo quel cazzo stupendo che mi stava scavando la fica!
Poi sentii Barbara che si avvicinava e che, parlando con Mario, gli chiedesse se fosse di suo gradimento la fichetta della sua cognatina: L’uomo rise e commentò, minaccioso: “certo, ma adesso le esplorerò per bene anche il culo!” No! Il culo no! Avevo provato una volta -con un mio amichetto che non aveva neanche un granché di uccello- e mi era bastato! Cercai di ribellarmi, ma vidi Barbara che si accucciava accanto a noi e, dopo pochi istanti, sentii due lacci che mi bloccavano le caviglie contro le gambe del tavolo. Mario, sdraiato su di me, mi teneva bloccati i polsi, dando modo a quella troia di Barbara di legarmeli solidamente alle altre due zampe del tavolo.
Quando fui così immobilizzata Mario, col suo maledetto coltellino, mi tagliò la canotta e la minigonna, lasciandomi completamente nuda.
Mia cognata, allora, prese i brandelli della mia canottiera e me li forzò in bocca, legando poi il tutto con una striscia di gonna annodata dietro la nuca, imbavagliandomi: “Scusami, Paola, ma non sopporto sentire gridare!” mi disse, poi, la troia. Poi mi scostò le natiche e sentii la spinta potente di Mario nel mio povero culetto, che venne spalancato a forza.
Dio chemmale!! Pensavo di svenire ma, dopo qualche minuto, sentivo il dolore che si tramutava in piacere e cominciai ad assecondare i movimenti del palo che mi stava squassando lo sfintere con adeguati movimenti del bacino.
Sentii il cazzo che si inturgidiva dentro di me e Mario, ringhiandomi in un orecchio, mi riempì il culo di sborra.
Pensavo che i miei patimenti fossero finiti, tanto più che sentii il mio violatore ordinare (sì, quello era proprio un ordine!) a mio fratello di preparare una “bella aglio, olio e peperoncino”, perché, disse, gli era venuta fame.
Mio fratello venne sulla porta della sala da pranzo (probabilmente non aveva ben capito) e mi vide così, con un sottile rivolo di sperma che mi colava dal culetto dilatato giù lungo una coscia, legata al tavolo ed imbavagliata. Lo vidi impallidire, poi arrossire, non sapeva più neanche lui cosa fare; Mario rise forte, brancicando il culo di mia cognata e gli disse: “Davvero brava -sai?- tua sorella. Ha un culetto che &egrave la fine del mondo, anche se quello di tua moglie &egrave mille volte meglio. Lo vedi -no?- che &egrave sporca! Leccala tutta bene!” Giulio cercò di rifiutarsi, ma Mario gli tirò un tremendo manrovescio e mio fratello, con gli occhi gonfi di lacrime, cominciò a leccarmi prima la colatura sulla gamba poi, risalendo il mio povero martoriato buchetto, arrivando ad infilarmi la lingua dentro.
Io, se da una parte mi vergognavo come mai in vita mia, dall’altra stavo godendo delle leccate di mio fratello! E, come &egrave logico che finisse, arrivai all’orgasmo.
Mario, come se ne accorse, spedì Giulio in cucina a preparare la pastasciutta e mi venne a sussurrare nell’orecchio: “Voglio farti diventare una perfetta schiava ed ho capito che la cosa ti darà molto piacere. Però dovrai dimostrartene degna: adesso ti toglierò il bavaglio e ti metterò la fava in bocca, ma non per un pompino: per bere il mio piscio. Se sei d’accordo, fai sì con la testa.” La cosa mi sconvolgeva: non lo avevo mai fatto in vita mia e mi faceva schifo! Non lo avrei mai fatto, io! Mica ero una troia come Barbara, checcazzo! Poi, però, mi sentii pizzicare dolorosamente con le unghie il clitoride: quella stronza di Barbara mi ci stava piantando le unghie dentro e con le altre dita mi stava sgradevolmente graffiando l’interno della fica e del culo, senza che potessi assolutamente impedirlo: alla fine, annuii.
“Bene, Paola, sono contento che tu sia d’accordo -disse Mario, perfidamente-, però ti avverto: dovrai ingoiare tutto; se lascerai uscire soltanto una goccia, ti farò frustare da Barbara, che non vede l’ora!”
Terrorizzata, mi affrettai ad annuire di nuovo e Mario mi si avvicinò con il cazzo mezzo floscio in mano. Poi ebbe come un’ispirazione e chiamò forte: “Giulia!” (con la a, al femminile!) e mio fratello apparve di corsa. Mario si informò dettagliatamente di come andasse la preparazione dell’aglio-e-olio e, quando sentì che mio fratello aveva appena unito il peperoncino sbriciolato all’olio con l’aglio, sembrò soddisfatto. “Torna pure di là, ora… Ma prima guarda un pochino i buchi di quella stronzetta di tua sorella”. Giulio si avvicinò e mi guardò, con una certa voglia, mi sembrava di capire! “no, non così da lontano: guardala più da vicino, fatti più sotto!” E sentii il respiro affrettato di mio fratello che mi scompigliava i peli. “E’ vero che tua sorella ha proprio una bella fica ed un bel culo?” Lui annuì. “Ti ho fatto una domanda, idiota!” “Sì… sì, &egrave vero: mia sorella ha u… una bella fica ed un bel culo” ” E allora accarezzaglieli: spingici dentro le dita, dai!”
Lui ubbidì ed io sentii le sue dita allargarmi la fica ed il culo: provai un moto di fastidio fisico, ma non capivo perché. Poi, dopo avermi anche sfiorato col polpastrello del pollice il grilletto, venne spedito da Mario in cucina.
Bastarono pochi istanti e mi sentii andare a fuoco la fica ed il culo; capii perché l’uomo aveva obbligato mio fratello a preparare la pasta e perché lo aveva obbligato a toccarmi: perché così lo avrebbe fatto con le mani sporche di peperoncino! dio, che bruciore! Mi agitavo e piangevo, ma i due stronzi mi guardavano sorridendo: “Ovviamente, adesso che ti leverò il bavaglio, non devi dire una parola, o gemere, altrimenti ti affiderò alle cure di Barbara”.
Così mi liberarono la bocca (se ne occupò mia cognata) che fu subito riempita dal cazzo di Mario, il quale cominciò subito a liberarsi la vescica. Il primo istante, lo confesso, fu terribile, assolutamente rivoltante; poi… poi riuscii a visualizzarmi in quella situazione (praticamente riuscii a vedermi come se fossi diventata un’altra persona che guardava me, legata al tavolo ed umiliata così) e… beh, devo dirti che l’immagine mi eccitava. Il bruciore nella mia fichetta e nel mio culetto martoriato era terribile ed agitavo il bacino, in fiamme; anzi mi agitavo tutta e -ovviamente- capitò: forse i miei movimenti, forse un deliberato movimento di Mario, ma il suo getto zampillò per un istante sul mio viso.
Lui non si scompose: finì di pisciarmi in bocca, si asciugò l’uccello con i miei capelli e se lo rimise nei pantaloni, mentre la sua complice mi imbavagliava nuovamente. Poi l’uomo si sfilò la cintura dai passanti dei calzoni e la porse a Barbara, che cominciò subito a colpirmi tra le reni e le ginocchia, con deliberata casualità e notevole entusiasmo.
Il dolore era orribile, ma dopo i primi cinque o sei colpi (ne arrivarono una ventina), una strana ondata di caldo piacere cominciò a pervadermi: ero forse masochista? Quando l’estremità della cintura, ad un certo punto, colpì l’interno delle cosce e andò a dare un rovente bacio al mio grilletto… beh, devo confessarti che in quel momento mi sentii esplodere dal piacere! Era un’esperienza assolutamente sconvolgente!
Finito di frustarmi, Barbara mi infilò brutalmente un dito nella fica e disse a Mario: “La troietta ci ha preso gusto: &egrave zuppa di ciprigno!” Effettivamente, ero stranamente (molto!) eccitata e, non so perché, decisi che non detestavo poi così tanto la mia arrogante cognata.
Mario aveva preso una macchina fotografica (di quelle compatte, col flash) e mi stava fotografando da tutti i lati, oscenamente bloccata sul tavolo.
Poi chiamò, a voce alta, mio fratello che arrivò subito, indossando -assurdamente- solo un paio di calze da donna autoreggenti, un paio di scarpe col tacco a spillo ed una parrucca bionda coi riccioli.
La cosa che mi colpì di più, però, e che il suo petto -accuratamente depilato- mostrava un qualcosa, un inizio di seno che, vista la sua figura asciutta, non poteva assolutamente imputarsi ad un aumento di peso. (Poi ebbi da lui la spiegazione: avevano deciso di femminilizzarlo e gli stavano facendo assumere delle medicine per fargli crescere il seno!)
Mi guardò con gli occhi colmi di imbarazzo, ma il suo cazzo nudo cominciò ad ergersi, alla vista del mio corpo così oscenamente offerto ai suoi occhi.
“Giulia, sii gentile -disse Mario con la sua voce suadente- scopati la nostra ospite” Giulio mi guardò negli occhi, poi il suo sguardo cadde sulla mia fichetta, luccicante di umori, e… e mi penetrò di colpo!
Quante volte, quando avevo quattordici anni, avevo immaginato quella scena! Ed ora si avverava, così!
Mio fratello, seguendo le precise istruzioni dell’amante della moglie, mi chiavò, poi me lo mise nel culo e, dopo che Barbara mi levò il bavaglio, me lo diede da succhiare. Io, che nel frattempo ero stata liberata da mia cognata, ero in uno stato d’animo tale che, con naturalezza, contraccambiavo le effusioni di Giulio: finalmente, dopo averlo sognato per tante notti – anni prima- facevo all’amore con mio fratellone!
Mario fotografava -aveva già cambiato due rullini!- e commentava ad alta voce le nostre evoluzioni; poi passò la macchina fotografica a Barbara, si tirò fuori il cazzo, nuovamente duro, e pretese che glielo leccassimo io e Giulio.
Io, ebbra di quella strana situazione, lo leccai lungo l’asta, facendo danzare la lingua sul filetto e sulle palle, mentre mio fratello ne imboccava la cappella congestionata; poi… poi successe: io e Giulio ci baciammo -in bocca- come se non fossimo fratello e sorella, bensì due amanti…
Dopo il bacio, ricominciammo a dedicarci al cazzo di Mario, che aveva fatto capire la sua contrarietà al nostro… intermezzo afferrandoci per i capelli.
Poi, sempre pilotata dalla ferrea stretta dell’uomo, venni obbligata a leccare il sesso di Barbara (si passarono i miei capelli, da stretta a stretta!) e Mario inculò Giulio.
Quando entrambi venirono, Giulio venne obbligato a pulire -alla perfezione- il membro che lo aveva penetrato ed ad introdurlo nella fica di Barbara.
I due cominciarono a scopare ed io… beh, mi era piaciuto essere presa da mio fratello ed, ormai, il ghiaccio era rotto…
Quando la lunga serata finì -dopo ore-, venni rimandata a casa, con una mini ed una camicetta imprestatemi da mia cognata -e null’altro!- ed ancora vibrante del piacere che l’aver scoperto al mia vena masochista mi aveva dato. Mi doleva il culetto, brutalmente violato, mi doleva la fichetta -che aveva dovuto ospitare la mano di mia cognata-, i capezzoli che erano stati stretti e maltrattati dalle forti dita di Mario, ma ero -finalmente- soddisfatta.
Qualche giorno più tardi, ricevetti una telefonata di Barbara.
Dopo le solite -fasullissime- banalità, mia cognata giunse al sodo: “Lo sai che ci sei rimasta molto bene, nelle foto che abbiamo fatto l’altra sera? Tu e mio marito, tu ed io, tu e Mario: veramente belle! Pensavamo di mandarne qualcuna a qualche tuo compagno di liceo, od a qualche tuo vicino di casa, od anche a qualche bottegaio lì nei dintorni… così, tanto perché anche loro possano apprezzare la tua bravura. Domani sera diamo una piccola festicciola: potresti venire, così ne parliamo. Vieni vestita esattamente come l’altra sera, quando sei andata via. Non accetto scuse!”
Immaginai quelle foto circolare in classe, nei negozi, tra il vicinato: a parte i molti, ipocriti commenti, pensai ad i tanti che si sarebbero sentiti autorizzati a provarci, con le buone o con le cattive… e la cosa mi eccitò a tal punto che dovetti cercare sollievo sulla punta del polpastrello. Poi, però, pensai anche a mio fratello, mentre il respiro cominciava a calmarsi: nella sua attività sarebbe stato additato, sbeffeggiato, deriso, insultato, rovinato; no, avrei fatto tutto ciò che volevano per non rovinarlo! E poi… cosa poteva capitarmi di “peggio” -un brivido di piacere mi scorse lungo la schiena- di quello che mi era capitato qualche sera prima?
Quando suonai alla porta della casa di mio fratello, venne ad aprirmi un tizio che non avevo mai visto ed ebbi un istintivo moto di ritrosia; lui mi afferrò per un braccio e richiuse la porta dietro di me, poi si girò verso il soggiorno e disse “E’ arrivata la troietta!” introducendomi nella stanza dove una decina di uomini e quattro donne stavano conversando -in piedi-, sorseggiando delle bibite servite da Giulio, che era “vestito” con calze e scarpe femminili, parrucca, grembiulino da colf e null’altro.
Mentre passavo tra questa gente, molti di loro mi infilarono una mano sotto la gonna, tirandomi i peluzzi e pizzicandomi dolorosamente le natiche -uno arrivò perfino a sondarmi il buchetto posteriore con un dito!- o mi torsero i capezzoli. Al primo di questi contatti, cercai di abbozzare una qualche reazione, ma l’uomo che mi aveva aperto mi sussurrò di proseguire dritta, senza fermarmi, “come una modella ad una sfilata”. La cosa era stata un pochino dolorosa ed -eccitantemente- umiliante.
L’uomo che mi aveva aperto, mi pilotò in camera da letto e mi ingiunse di spogliarmi. quando fui completamente nuda, davanti a lui, mi ordinò di voltarmi, mi piegò a forza e mi penetrò dal culetto, con spassionata brutalità, a freddo.
Non nego che la cosa mi fece dolere brutalmente la parte, nei primi momenti, ma poi cominciai ad apprezzare la violenza.
Finito che ebbe, mi spiegò cosa dovevo fare: sarei stata sotto il tavolo da pranzo, carponi, e pronta ad accorrere -al primo schiocco di dita- a leccare e succhiare il sesso dei convitati o, se avessero schioccato le dita due volte, per bere la loro pisciata. Le regole di questo loro gioco erano che: se stavo succhiando o leccando e qualcuno schioccava le dita, dovevo interrompere immediatamente e correre al nuovo sesso, mentre se stavo servendo qualcuno impegnato con la vescica, dovevo attendere che avesse finito; non avrei, inoltre, dovuto versarne neanche una goccia, pena gravi punizioni. Accettai (come se avessi avuto alternative!), pensando che il piano del tavolo mi avrebbe nascosto dagli sguardi dei presenti.
Mi condusse nella sala da pranzo e mi fece prendere posto, sotto ad un tavolo che non avevo mai visto: anziché il solito, che ricordavo fin dall’altra volta, di teak ed adatto per sei convitati, questo era composto da quattro zampe di legno che sostenevano un piano di cristallo -spesso almeno due dita!- che era apparecchiato per una quindicina di persone, senza alcuna tovaglia. Il mio antico pudore mi fece arrossire, immaginandomi nuda, impegnata a correre carponi da un sesso all’altro sotto il loro sguardo vigile. Poi, però, una certa eccitazione mi fece prendere posizione con una certa attesa ansiosa.
Dopo pochi minuti, i convitati presero posto a tavola e vennero serviti da mio fratello, mentre io cominciai ad accorrere ad ogni schiocco di dita da una parte all’altra del grande tavolo, leccando e succhiando sessi (e le più impazienti, dei miei servigi erano le quattro donne!) e bevendo con avida attenzione qualunque secrezione mi versassero in gola (più complicato con le donne, devo dire!).
Dopo un lunghissimo periodo di tempo, la cena finì e, se ti devo essere onesta fino in fondo, avevo le mascelle e le labbra indolenzite, oltre allo stomaco in subbuglio.
Giulio sparecchiò e servì champagne da bere e Mario, che aveva condotto brillantemente la conversazione senza degnarmi di uno sguardo, mi impose di uscire da sotto il tavolo e di sdraiarmici -prona- sopra.
Poi prese una bottiglia di champagne stappata -dalla quale avevano versato solo un piccolo fl’te- e me la piantò nel culo, cominciando poi a muoverla come per scoparmi. Sai meglio di me, cosa succede agitando una bottiglia di champagne: venni inondata dalla spuma frizzante e, perciò, cominciai a godere.
Come se ne accorse, strappò il collo della bottiglia dal mio buchetto martoriato e rise.
Nel prosequio della serata, gli ospiti decisero di fare un gioco di società -credo fosse una specie di Monopoli-, ma io dovetti farmi legare e sospendere a certe funi, in modo che il mio sedere fosse ad una quarantina -scarsa- di centimetri da terra.
Mario prese una bottiglia magnum di champagne e, dopo averla in qualche maniera solidamente fissata al pavimento, mi imboccò il collo nel culo.
Con un sistema di carrucole e con un blocco adatto, assistetti al gioco appesa con la bottiglia che mi violava il culetto.
Ad un certo punto, uno dei giocatori, che aveva guadagnato un bel pò di banconote del gioco, parlò con Mario e glie ne diede una certa quantità: allora lui si alzò ed andò al fermo della fune che mi sosteneva, mollando due denti della ruota di blocco e facendo penetrare maggiormente in me la grossa bottiglia.
Sentivo il buchetto del culo teso allo spasimo, ma avevo capito che quello era solo l’inizio: in effetti, ogni volta che un giocatore realizzava una certa cifra, la usava per comprare da Mario qualche centimetro di corda in più per farmi maggiormente penetrare dalla mostruosa bottiglia.
Cominciai a piangere e singhiozzare dal dolore (non potevo gridare perché ero stata preventivamente imbavagliata!) e la cosa parve eccitare maggiormente la compagnia, che cercava con maggiore entusiasmo di vincere al gioco la somma per potermi far penetrare maggiormente; in particolare, una giovane donna -una certa Elisabetta- si accaniva al punto che, ad un certo momento, fece fallimento: la pena, per lei, fu farsi scopare ed inculare da quasi tutti i maschi presenti -un paio declinarono l’invito- e poi mi sostituì nei servigi resi sotto il tavolo.
Alla fine del gioco, la fune sopra di me era allentata ed io gravavo, con tutto il mio peso, sulla gigantesca bottiglia che mi premeva sulle ossa del bacino.
Venni -infine- tolta da quella dolorosa posizione e stesa prona sul tavolo, dove i presenti mi ispezionarono il mio povero culo bruciante, inserendomi – me ne accorsi solo in un secondo tempo!- le loro mani fino al polso!
Poi… poi venni obbligata a leccare di nuovo tutti i presenti, venni violentata nella fica dagli uomini -due, addirittura, insieme!- e nel culo: anche lì mi trovai ad ospitare due cazzi contemporaneamente! Le donne mi spinsero le loro mani dentro la fica ed il culetto -e quella stronza di Elisabetta non si tolse gli anelli! puoi immaginare il male!- ed il festino durò tutta la notte; alla fine, venni fatta scopare anche dal mio adorabile fratellone -che era stato inculato ed aveva spompinato tutta la notte- e ci costrinsero ad un sessantanove per pulire l’altro da tutte le eiaculazioni ricevute. Devo dire che la lingua di Giulio mi fu di molto sollievo, nei miei poveri buchetti e che il suo culo era -forse- addirittura più slabbrato del mio.
Inutile farti notare che, durante tutta la serata, erano state fatte foto su foto e che, quando le vidi, mi stupii dei livelli di masochistica troiaggine ai quali ero riuscita ad arrivare..
Me le mostrò Barbara, un giorno che mi aveva convocato a casa sua -come spesso, ormai, succedeva- per farle da ancella, da schiava sessuale e per offrirmi alle voglie dei suoi ospiti -situazione che accettavo con enorme, anche se segreto, piacere!
Capitò che mi mostrò le foto e poi mi ingiunse di fare compagnia ad un suo amico, un uomo molto anziano.
Seguendo una certa, strana ispirazione da troia, mi rifiutai e lei rinnovò la minaccia di mettere in circolazione le immagini. Io, facendomi coraggio, la sfidai, dicendole che non ne avrebbe avuto il coraggio e me ne andai.
Gli effetti del mio gesto -da me sperati- non tardarono a manifestarsi: venni avvicinata, per strada, da un tizio che mi torse un capezzolo e mi ordinò di seguirlo, perché sapeva che ero una porca e che voleva godermi.
Dopo lui, tre miei compagni di classe, insieme! E poi il panettiere che mi inculò nel retrobottega, il postino che si fece fare una pompa sulla soglia di casa -e siccome passava quello del piano di sopra, dovetti servire pure lui. Dopo ci fu la mia parrucchiera, che mi impose di tornare dopo tre giorni e mi fece trovare un gruppetto di sue clienti -che dovetti servire mentre erano sotto il casco- e tre ragazzi che erano a militare lì vicino e che mi fecero prostituire con alcuni loro commilitoni, un paio di camionisti di passaggio, un enorme senegalese che lavorava in fonderia -che mi portò una sera con lui, in un locale frequentato da extracomunitari, dove venni violentata da tutti gli avventori, almeno una ventina di persone.
Ora, grazie a quel rifiuto fatto a Barbara, ho una vita sessuale intensissima -pensa che porto sempre minigonne o gonne molto ampie e sempre senza mutandine sotto!- e, pur continuando a godere delle sadiche attenzioni di mia cognata, di Mario e dei loro amici, non passa giorno che non abbia almeno quattro cazzi e due fichette tutte per me; magari, mentre vado per la strada, si ferma un’auto od un camion, mi viene ordinato di salire e poi… &egrave sempre meraviglioso!
Ma vengo, dopo questa lunga divagazione, a chiederti consiglio: nonostante la mia vita che &egrave diventata molto movimentata e che quindi lo trascuri come prevedibile, il mio ragazzo &egrave sempre più innamorato di me ed io, anche se lo trovo ormai terribilmente… banale, mi accorgo che in fondo mi fa piacere stare con lui, che mi rassicura, mi tranquillizza e diciamolo!: mi rilasso anche quando stiamo insieme.
Comunque ecco la questione: mi ha proposto di andare a vivere insieme ed io devo dirti che sarei dell’idea di accettare.
Ma poi mi chiedo: quando capirà in che tipo di vortice mi sono lasciata coinvolgere, cosa farà?
Aiutami, ti prego!

Cara Paola.
Effettivamente, dopo tutte le situazioni che hai così nitidamente descritto, capisco che non &egrave facile decidere di andare a vivere con una persona al di fuori del giro, del vortice come lo definisci tu, che volontariamente frequenti…
Il mio consiglio, dato -bada bene!- senza sapere nulla di lui!, &egrave che potresti studiare come coinvolgerlo; o parlandogliene apertamente oppure, magari!, tirandolo a mezzo di peso, come sei stata tu.
Se decidessi quest’ultima soluzione, forse sarebbe meglio affidarti a Marco ed a tua cognata. Mi spiego: se tu dicessi ‘voglio far entrare anche un mio amico’ o ‘il mio ragazzo’, loro potrebbero anche rifiutartelo.
Ma se invece ti ‘scappasse detto’ che hai un fidanzato, che mai e poi mai vorresti che ti vedesse in quei frangenti, son sicuro che loro si impegnerebbero per coinvolgerlo e poi, secondo la sua personalità (che ignoro) potrebbero farlo diventare loro complice oppure sottometterlo e farlo diventare una sissy come tuo fratello…
Pensaci, giovane amica mia!

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