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DIARIO DI UN FIGLIO DEGENERE E DEPRAVATO OSSESSIONATO DALL’INCESTO (parte 1)

By 2 Novembre 2021No Comments

Sono un ragazzo di 25 anni, vivo con i miei genitori in una vecchia casa nella campagna della Romagna. Fino a un paio di anni fa conducevo una vita normale; la classica vita da ventenne, impegnato fra gli studi, un lavoro come buttafuori nei locali per pagarmi l’affitto a Bologna, i divertimenti con gli amici e del volontariato svolto saltuariamente, poi, ad un certo punto, ho mollato tutto questo e sono rientrato nel paesino di campagna rintanandomi nella casa rustica che i miei hanno ereditato dai nonni.

Non ho dato a nessuno grandi spiegazioni del perché l’abbia fatto, anche perché non ho saputo darne nemmeno a me stesso. Un po’ alla volta mi sono sentito meno soddisfatto di tutto, mi sono chiesto in maniera sempre più ossessiva che senso avesse costruirsi una vita restando schiavi delle imposizioni della società; uniformati alle regole del vivere civile, sottomessi alle leggi del denaro, del potere, dell’etica, della morale.

Questo pensiero, sempre più ossessivo, ha finito per farmi estraniare da tutto. Ho smesso di frequentare l’università, di stare con gli amici e fare volontariato. Il mio atteggiamento apatico e da depresso ha fatto sì che mi lasciasse la ragazza con cui stavo insieme da due anni, ma la cosa non mi ha procurato nessun dispiacere. Quando lei, in lacrime, mi ha annunciato che non se la sentiva più di stare con me, con una espressione glaciale, l’aspetto trasandato e le mani in tasca mi sono limitato a risponderle che non me n’è fregato mai niente. Non gliel’ho detto con rancore, per ripicca. No, gliel’ho detto con la più totale indifferenza stampata in faccia. Da vero bastardo.

Non mi sono più posto il problema di costruirmi un futuro attraverso lo studio, non me n’è fregato più nulla del futuro, mi sono sintonizzato solo sul presente ma un presente fatto di ossessioni, deliri, apatia e disinteresse per tutto ciò che non mi procurasse “qualcosa” degno di essere provato.

Nonostante ero tornato a stare con i miei, la convivenza con loro si limitava semplicemente ad abitare lo stesso spazio fisico. Dialogo non ce n’era. Non ne volevo. Mi sono chiuso nel silenzio e nell’indifferenza.

I miei hanno reagito e affrontato in maniera diversa il mio… cambiamento. Mio padre, da uomo all’antica e di mentalità contadina e ristretta era poco avvezzo a capire cosa fosse successo alla mia testa, ci rinunciò subito bollandomi come un rammollito, un viziato, uno smidollato. Mia madre si approcciava in modo più comprensivo, dimostrandomi che si impegnava per capire le ragioni del mio disturbo e a volerlo affrontare insieme.

Il mio ritorno lì da diseredato, trasandato come un barbone e il mio vivere alienato era diventato il motivo per cui presero a litigare di continuo. A pranzo, a cena, ogni volta che ci ritrovavamo tutti e tre in casa. Il mio vecchio mal sopportava il vedermi così. Mi dava del fallito e affermava con convinzione che tutti i miei problemi erano dovuti alla droga che mi aveva bruciato il cervello.

“Tuo figlio è un drogato!”

Sbraitava contro mia madre che, dal canto suo, reagiva sbattendo i piatti e per difendere me non trovava miglior modo che rinfacciargli tutti i suoi fallimenti di uomo e di padre; l’essere uno zotico buono a zappar la terra e a governare pollame. In effetti avevo da sempre considerato i miei come una coppia male assortita; lei una bella donna, dolce, premurosa e simpatica; per me e mia sorella Lara non solo una mamma ma una compagna di giochi della nostra infanzia. Lui invece un taciturno, burbero e sempre immusonito.

Sono sempre stato attratto da lei, è sempre stata una bella donna anche adesso che ha da poco superato i 50. Si chiama Anita Monti detta Tina, è una signora davvero piacente con un corpo sano, ruspante e le forme rotonde e burrose. Ho sempre fatto sogni incestuosi su di lei e fin da ragazzino ho trovato ad ogni risveglio il pigiama e le lenzuola macchiate di sperma. Allora e in seguito, per tutti gli anni della adolescenza, ho reagito a quei continui sogni con vergogna e cercando di scacciarli dalla mia testa. Quando poi mi sono dato al delirio, all’ossessione e a rinnegare ogni legge morale mi sono sentito libero di sottomettermi volontariamente a ogni fantasia e pratica che soddisfacessero la mia depravazione. E così quelle fantasie incestuose per anni relegate nei meandri dei sogni le ho accettate e liberate senza provarne alcun disagio.

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